Papa Leone XIV invita ad ascoltare la Parola di Dio

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“E’ sempre più preoccupante e dolorosa la situazione nella Striscia di Gaza. Rinnovo il mio appello accorato a consentire l’ingresso di dignitosi aiuti umanitari e a porre fine alle ostilità, il cui prezzo straziante è pagato dai bambini, dagli anziani, dalle persone malate”: al termine della sua prima udienza generale papa Leone XIV ha lanciato un appello per la situazione che sta vivendo la popolazione di Gaza, territorio divenuto ormai da un anno e mezzo sinonimo di morte, violenza, distruzione, fame, enclave attualmente assediata e devastata dai ‘Carri di Gedeone’, la massiccia operazione militare israeliana in corso.

Mentre nella prima udienza generale in piazza san Pietro, papa Leone XIV ha proseguito il ciclo giubilare iniziato da papa Francesco su ‘Gesù Cristo Nostra Speranza’, sviluppando la catechesi sulla parabola del seminatore: “Continuiamo oggi a meditare sulle parabole di Gesù, che ci aiutano a ritrovare la speranza, perché ci mostrano come Dio opera nella storia. Oggi vorrei fermarmi su una parabola un po’ particolare, perché si tratta di una specie di introduzione a tutte le parabole. Mi riferisco a quella del seminatore. In un certo senso, in questo racconto possiamo riconoscere il modo di comunicare di Gesù, che ha tanto da insegnarci per l’annuncio del Vangelo oggi”.

Quindi ha spiegato che la parabola è una ‘piccola’ storia’ presa dalla realtà: “Ogni parabola racconta una storia che è presa dalla vita di tutti i giorni, eppure vuole dirci qualcosa in più, ci rimanda a un significato più profondo. La parabola fa nascere in noi delle domande, ci invita a non fermarci all’apparenza. Davanti alla storia che viene raccontata o all’immagine che mi viene consegnata, posso chiedermi: dove sono io in questa storia? Cosa dice questa immagine alla mia vita? Il termine parabola viene infatti dal verbo greco paraballein, che vuol dire gettare innanzi. La parabola mi getta davanti una parola che mi provoca e mi spinge a interrogarmi”.

Infatti questa parabola introduce alla dinamica dell’opera della Parola di Dio nella vita personale: “La parabola del seminatore parla proprio della dinamica della parola di Dio e degli effetti che essa produce. Infatti, ogni parola del Vangelo è come un seme che viene gettato nel terreno della nostra vita. Molte volte Gesù utilizza l’immagine del seme, con diversi significati. Nel capitolo 13 del Vangelo di Matteo, la parabola del seminatore introduce una serie di altre piccole parabole, alcune delle quali parlano proprio di ciò che avviene nel terreno: il grano e la zizzania, il granellino di senape, il tesoro nascosto nel campo. Cos’è dunque questo terreno? E’ il nostro cuore, ma è anche il mondo, la comunità, la Chiesa. La parola di Dio, infatti, feconda e provoca ogni realtà”.

Papa Leone XIV ha, perciò, invitato ad ascoltare la Parola di Dio: “All’inizio, vediamo Gesù che esce di casa e intorno a Lui si raduna una grande folla. La sua parola affascina e incuriosisce. Tra la gente ci sono ovviamente tante situazioni differenti. La parola di Gesù è per tutti, ma opera in ciascuno in modo diverso. Questo contesto ci permette di capire meglio il senso della parabola. Un seminatore, alquanto originale, esce a seminare, ma non si preoccupa di dove cade il seme. Getta i semi anche là dove è improbabile che portino frutto: sulla strada, tra i sassi, in mezzo ai rovi. Questo atteggiamento stupisce chi ascolta e induce a domandarsi: come mai?”

Quindi la Parola che Dio offre a tutti senza nessun calcolo di ‘guadagno’: “Noi siamo abituati a calcolare le cose (e a volte è necessario), ma questo non vale nell’amore! Il modo in cui questo seminatore ‘sprecone’ getta il seme è un’immagine del modo in cui Dio ci ama. E’ vero infatti che il destino del seme dipende anche dal modo in cui il terreno lo accoglie e dalla situazione in cui si trova, ma anzitutto in questa parabola Gesù ci dice che Dio getta il seme della sua parola su ogni tipo di terreno, cioè in qualunque nostra situazione: a volte siamo più superficiali e distratti, a volte ci lasciamo prendere dall’entusiasmo, a volte siamo oppressi dalle preoccupazioni della vita, ma ci sono anche i momenti in cui siamo disponibili e accoglienti”.

In questo modo Dio mostra la propria misericordia: “Dio è fiducioso e spera che prima o poi il seme fiorisca. Egli ci ama così: non aspetta che diventiamo il terreno migliore, ci dona sempre generosamente la sua parola. Forse proprio vedendo che Lui si fida di noi, nascerà in noi il desiderio di essere un terreno migliore. Questa è la speranza, fondata sulla roccia della generosità e della misericordia di Dio”.
Dio ha offerto Gesù come Parola, che muore per donare vita: “Raccontando il modo in cui il seme porta frutto, Gesù sta parlando anche della sua vita. Gesù è la Parola, è il Seme. E il seme, per portare frutto, deve morire. Allora, questa parabola ci dice che Dio è pronto a ‘sprecare’ per noi e che Gesù è disposto a morire per trasformare la nostra vita”.

Papa Leone XIV, quindi, ha offerto l’immagine di un dipinto del pittore fiammingo Van Gogh, che offre speranza: “Ho in mente quel bellissimo dipinto di Van Gogh: ‘Il seminatore al tramonto’. Quell’immagine del seminatore sotto il sole cocente mi parla anche della fatica del contadino. E mi colpisce che, alle spalle del seminatore, Van Gogh ha rappresentato il grano già maturo. Mi sembra proprio un’immagine di speranza: in un modo o nell’altro, il seme ha portato frutto.

Non sappiamo bene come, ma è così. Al centro della scena, però, non c’è il seminatore, che sta di lato, ma tutto il dipinto è dominato dall’immagine del sole, forse per ricordarci che è Dio a muovere la storia, anche se talvolta ci sembra assente o distante. E’ il sole che scalda le zolle della terra e fa maturare il seme”.

Ed ha concluso la prima udienza con l’invito a meditare i frutti che la Parola di Dio offre a ciascuno: “Cari fratelli e sorelle, in quale situazione della vita oggi la parola di Dio ci sta raggiungendo? Chiediamo al Signore la grazia di accogliere sempre questo seme che è la sua parola. E se ci accorgessimo di non essere un terreno fecondo, non scoraggiamoci, ma chiediamo a Lui di lavorarci ancora per farci diventare un terreno migliore”.
(Foto: Santa Sede)

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