La prima Udienza Generale di Papa Leone XIV: prosegue il ciclo di catechesi sul tema “Gesù Cristo Nostra Speranza”

Papa Leone XIV
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.05.2025 – Vik van Brantegem] – il Il Santo Padre Leone XIV ha svolto questa mattina alle ore 10.00 in Piazza San Pietro la sua prima Udienza Generale, incontrando gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nel discorso in lingua italiana, il Papa riprendendo il nuovo ciclo di catechesi che si svolgerà lungo l’intero Anno Giubilare, “Gesù Cristo nostra speranza”, ha incentrato la sua meditazione sul tema “Il seminatore. Egli parlò loro di molte cose con parabole (Mt 13,3a)”. Dopo aver riassunto la Sua catechesi nelle diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli presenti. Quindi ha rivolto un appello per la situazione nella Striscia di Gaza. L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

Udienza Generale

Oggi, nella sua prima Udienza Generale in Piazza San Pietro, Papa Leone XIV ha ripreso il ciclo di catechesi giubilari sul tema Gesù Cristo Nostra Speranza, iniziate da Papa Francesco, annunciando che sarà questo il tema per tutto l’anno giubilare. Le parabole di Gesù, ha spiegato il Santo Padre, “ci aiutano a ritrovare la speranza, perché ci mostrano come Dio opera nella storia”. La prima parabola scelta dal Pontefice è quella del seminatore, definita “una specie di introduzione a tutte le parabole”. “In questo racconto possiamo riconoscere il modo di comunicare di Gesù, che ha tanto da insegnarci per l’annuncio del Vangelo oggi”, il riferimento al Vangelo di Matteo: “Ogni parabola racconta una storia che è presa dalla vita di tutti i giorni, eppure vuole dirci qualcosa in più, ci rimanda a un significato più profondo. La parabola fa nascere in noi delle domande, ci invita a non fermarci all’apparenza”. “Davanti alla storia che viene raccontata o all’immagine che mi viene consegnata, posso chiedermi: dove sono io in questa storia?”, la proposta del Papa: “Cosa dice questa immagine alla mia vita? Il termine parabola viene infatti dal verbo greco pearaballein, che vuol dire gettare innanzi. La parabola mi getta davanti una parola che mi provoca e mi spinge a interrogarmi”.

Poi, Papa Leone XIV ha concluso la sua prima catechesi con una bella immagine: “Ho in mente quel bellissimo dipinto di Van Gogh: Il seminatore al tramonto. Quell’immagine del seminatore sotto il sole cocente mi parla anche della fatica del contadino. E mi colpisce che, alle spalle del seminatore, Van Gogh ha rappresentato il grano già maturo. Mi sembra proprio un’immagine di speranza: in un modo o nell’altro, il seme ha portato frutto. Non sappiamo bene come, ma è così. Al centro della scena, però, non c’è il seminatore, che sta di lato, ma tutto il dipinto è dominato dall’immagine del sole, forse per ricordarci che è Dio a muovere la storia, anche se talvolta ci sembra assente o distante. È il sole che scalda le zolle della terra e fa maturare il seme”.

Nei saluti in varie lingue ai fedeli dopo la catechesi, il Papa ha esortato: “In questo mese, dedicato alla Madonna, vi invito a recitare il Santo Rosario, mezzo efficace per ottenere la vera pace nei nostri cuori”. “In questo mese mariano, vorrei ribadire l’invito della Vergine di Fatima: pregate il rosario ogni giorno per la pace. Insieme a Maria, chiediamo che gli uomini non si chiudano a questo dono di Dio e disarmino il loro cuore”.

“È sempre più preoccupante e dolorosa la situazione nella striscia di Gaza”, ha denunciato il Papa, al termine della sua prima Udienza Generale in piazza San Pietro. “Rivolgo un accorato appello a consentire un ingresso dignitoso agli aiuti umanitari e a porre fine alle ostilità, il cui prezzo straziante è pagato dai bambini, dagli anziani e dalle persone malate”.

Catechesi del Santo Padre
Udienza Generale del 21 maggio 2025
Ciclo di Catechesi

Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza
II. La vita di Gesù. Le parabole.
6. Il seminatore.

Egli parlò loro di molte cose con parabole (Mt 13,3a)

Cari fratelli e sorelle,

Sono lieto di accogliervi in questa mia prima Udienza generale. Riprendo oggi il ciclo di catechesi giubilari, sul tema «Gesù Cristo Nostra Speranza», iniziate da Papa Francesco.

Continuiamo oggi a meditare sulle parabole di Gesù, che ci aiutano a ritrovare la speranza, perché ci mostrano come Dio opera nella storia. Oggi vorrei fermarmi su una parabola un po’ particolare, perché si tratta di una specie di introduzione a tutte le parabole. Mi riferisco a quella del seminatore (cfr Mt 13,1-17). In un certo senso, in questo racconto possiamo riconoscere il modo di comunicare di Gesù, che ha tanto da insegnarci per l’annuncio del Vangelo oggi.

Ogni parabola racconta una storia che è presa dalla vita di tutti i giorni, eppure vuole dirci qualcosa in più, ci rimanda a un significato più profondo. La parabola fa nascere in noi delle domande, ci invita a non fermarci all’apparenza. Davanti alla storia che viene raccontata o all’immagine che mi viene consegnata, posso chiedermi: dove sono io in questa storia? Cosa dice questa immagine alla mia vita? Il termine parabola viene infatti dal verbo greco paraballein, che vuol dire gettare innanzi. La parabola mi getta davanti una parola che mi provoca e mi spinge a interrogarmi.

La parabola del seminatore parla proprio della dinamica della parola di Dio e degli effetti che essa produce. Infatti, ogni parola del Vangelo è come un seme che viene gettato nel terreno della nostra vita. Molte volte Gesù utilizza l’immagine del seme, con diversi significati. Nel capitolo 13 del Vangelo di Matteo, la parabola del seminatore introduce una serie di altre piccole parabole, alcune delle quali parlano proprio di ciò che avviene nel terreno: il grano e la zizzania, il granellino di senape, il tesoro nascosto nel campo. Cos’è dunque questo terreno? È il nostro cuore, ma è anche il mondo, la comunità, la Chiesa. La parola di Dio, infatti, feconda e provoca ogni realtà.

All’inizio, vediamo Gesù che esce di casa e intorno a Lui si raduna una grande folla (cfr Mt 13,1). La sua parola affascina e incuriosisce. Tra la gente ci sono ovviamente tante situazioni differenti. La parola di Gesù è per tutti, ma opera in ciascuno in modo diverso. Questo contesto ci permette di capire meglio il senso della parabola.

Un seminatore, alquanto originale, esce a seminare, ma non si preoccupa di dove cade il seme. Getta i semi anche là dove è improbabile che portino frutto: sulla strada, tra i sassi, in mezzo ai rovi. Questo atteggiamento stupisce chi ascolta e induce a domandarsi: come mai?

Noi siamo abituati a calcolare le cose – e a volte è necessario –, ma questo non vale nell’amore! Il modo in cui questo seminatore “sprecone” getta il seme è un’immagine del modo in cui Dio ci ama. È vero infatti che il destino del seme dipende anche dal modo in cui il terreno lo accoglie e dalla situazione in cui si trova, ma anzitutto in questa parabola Gesù ci dice che Dio getta il seme della sua parola su ogni tipo di terreno, cioè in qualunque nostra situazione: a volte siamo più superficiali e distratti, a volte ci lasciamo prendere dall’entusiasmo, a volte siamo oppressi dalle preoccupazioni della vita, ma ci sono anche i momenti in cui siamo disponibili e accoglienti. Dio è fiducioso e spera che prima o poi il seme fiorisca. Egli ci ama così: non aspetta che diventiamo il terreno migliore, ci dona sempre generosamente la sua parola. Forse proprio vedendo che Lui si fida di noi, nascerà in noi il desiderio di essere un terreno migliore. Questa è la speranza, fondata sulla roccia della generosità e della misericordia di Dio.

Raccontando il modo in cui il seme porta frutto, Gesù sta parlando anche della sua vita. Gesù è la Parola, è il Seme. E il seme, per portare frutto, deve morire. Allora, questa parabola ci dice che Dio è pronto a “sprecare” per noi e che Gesù è disposto a morire per trasformare la nostra vita.

Ho in mente quel bellissimo dipinto di Van Gogh: Il seminatore al tramonto. Quell’immagine del seminatore sotto il sole cocente mi parla anche della fatica del contadino. E mi colpisce che, alle spalle del seminatore, Van Gogh ha rappresentato il grano già maturo. Mi sembra proprio un’immagine di speranza: in un modo o nell’altro, il seme ha portato frutto. Non sappiamo bene come, ma è così. Al centro della scena, però, non c’è il seminatore, che sta di lato, ma tutto il dipinto è dominato dall’immagine del sole, forse per ricordarci che è Dio a muovere la storia, anche se talvolta ci sembra assente o distante. È il sole che scalda le zolle della terra e fa maturare il seme.

Cari fratelli e sorelle, in quale situazione della vita oggi la parola di Dio ci sta raggiungendo? Chiediamo al Signore la grazia di accogliere sempre questo seme che è la sua parola. E se ci accorgessimo di non essere un terreno fecondo, non scoraggiamoci, ma chiediamo a Lui di lavorarci ancora per farci diventare un terreno migliore.

Appello
per la popolazione della Striscia di Gaza

È sempre più preoccupante e dolorosa la situazione nella Striscia di Gaza. Rinnovo il mio appello accorato a consentire l’ingresso di dignitosi aiuti umanitari e a porre fine alle ostilità, il cui prezzo straziante è pagato dai bambini, dagli anziani, dalle persone malate.