Santità, per favore, riaccenda quella luce

L'Appartamento pontificio
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 11.05.2025 – Vik van Brantegem] – La Sala Stampa della Santa Sede ha comunicato che questa mattina, al termine della recita del Regina Caeli dalla Loggia delle Benedizioni della Basilica Vaticana, il Santo Padre Leone XIV – alla presenza del Camerlengo di Santa Romana Chiesa, S.Em.R. il Signor Card. Kevin Joseph Farrell, del Segretario di Stato, S.Em.R il Signor Card. Pietro Parolin, del Sostituto per gli Affari Generali, S.E.R. Mons. Edgar Peña Parra, del Segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, S.E.R. Mons. Paul Richard Gallagher, e del Reggente della Casa Pontificia, Mons. Leonardo Sapienza – ha riaperto l’Appartamento pontificio del Palazzo Apostolico, rimuovendo i sigilli apposti nel pomeriggio del 21 aprile 2025, in seguito alla morte di Papa Francesco.

«In questi primi giorni del Pontificato di Leone XIV sono molti gli auspici espressi dagli esperti e dai semplici fedeli. E non mancano certo le analisi su questo o quell’aspetto, su questa o quella parola del nuovo Papa. Io, da figlio della Chiesa, vorrei solo rivolgergli una preghiera. Nella maniera più umile e cordiale (cioè dal cuore).
Santità, per favore, riaccenda quella luce. La luce della finestra del Papa che vedevamo fino a sera inoltrata e che testimoniava una presenza. La presenza del Padre, lassù a vegliare su Roma e sul mondo. Come una benedizione Urbi et Orbi permanente. Quella luce ci faceva sentire tutti, anche i non credenti penso, figli amati, accarezzati, persino un po’ coccolati. Quella luce segnava sì la salutare distanza del rispetto che sempre deve accompagnare il rapporto figli-genitore, ma anche la singolare vicinanza nell’affetto, nella preghiera, nella fede. Quante persone si fermavano di sera sotto quella finestra a recitare un’Ave, un Pater, un Gloria. E così a poco a poco quella finestra, quella luce, quella presenza, diventavano un segnale stradale che indicava la strada verso il Cielo e verso Cristo. Perché lei ha ragione, Santità, il Papa deve scomparire e deve crescere Cristo. Ma intanto, poiché siamo figli imperfetti, il Papa vogliamo continuare a vederlo e sentirlo vicino anche e soprattutto nelle notti buie del mondo. Come un Padre che ci rassicuri di fronte ai brutti sogni di noi eterni bambini. “Non abbiate paura, il male non vincerà”.
Caro Santo Padre, per favore, riaccenda quella luce. La fede cristiana, lei ce lo testimonia, è fede di segni, cioè di concretezza. Persino i sacramenti lo sono. E allora quella luce accesa in un periodo di tenebre spirituali e materiali sarà per noi il segno tangibile che il Papa ci è accanto. Che veglia senza sosta il Custode d’Israele. E che il nostro cuore, come dice il suo e nostro Sant’Agostino, può finalmente trovare pace nel Signore» (Mimmo Muolo).

Papa Leone, ritorno nel Palazzo apostolico: Prevost accetta l’invito della curia. Ma la dimora papale dovrà essere ristrutturata
Dopo 12 anni di “abbandono” la dimora papale dismessa da Bergoglio dovrà essere ristrutturata: ci sono infiltrazioni d’acqua, il tetto è pieno di erbacce e il cornicione di travertino rischia di crollare
di Franca Giansoldati
Il Messaggero, 11 maggio 2025

È difficile che Leone XIV possa ignorare le precise richieste che si sono ascoltate, chiare e forti, all’interno delle Congregazioni Generali, nei giorni precedenti al conclave. Diversi cardinali, nella disamina sullo stato generale della Chiesa, a tal proposito, hanno tirato in ballo anche la questione della dimora papale, facendo notare all’assemblea che occorre recuperare la tradizionale residenza pontificia nel Palazzo Apostolico come è sempre stato fino all’arrivo di Francesco, il quale, tra le varie anomalie, ha terremotato anche questo simbolo. E forse già da oggi Prevost potrebbe traslocare lì.

Le criticità

La dimora – chiamata semplicemente l’Appartamento con la A maiuscola – venne dismessa dodici anni fa e da allora nessuno ci ha più rimesso piede. In questo lasso di tempo l’incuria ed, evidentemente, una scarsa manutenzione esterna hanno prodotto danni evidenti e di una certa consistenza, alcuni dei quali visibili persino ad occhio nudo. Per esempio il sospetto di una brutta infiltrazione d’acqua dal tetto (dove ormai crescono rigogliose fila di infiorescenze gialle) o forse un tubo rotto. Fatto sta che in corrispondenza delle due finestre della cucina, il cornicione di travertino di Clemente VIII Aldrobrandini si sta tristemente distaccando e così, a fine marzo, erano stati mandati velocemente due operai a tamponare il disastro con una rete di protezione ma solo per evitare che cadere di sotto pesanti pezzi di marmo. L’umidità rilevata dai tecnici, secondo quanto si apprende, era stata anche oggetto di diverse segnalazioni agli uffici tecnici competenti, sia in Governatorato che in Segretaria di Stato. Tuttavia non hanno avuto seguito in piani di intervento adeguati e di recupero sostanziali.

Un po’ come è accaduto anche per la Sala Regia – la magnifica sala accanto alla Sistina – dove per evitare che continuassero a cadere pezzi di stucco (sempre a causa dell’umidità) è stata posta una rete di protezione evitando lavori di restauro e rifacimento costosi e impegnativi. C’è chi fa notare sarcasticamente che lo stato di conservazione del Palazzo Apostolico sembra lo specchio della condizione generale della Chiesa. Danneggiata e bisognosa di interventi urgenti. Ora ci penserà Papa Leone XIV.

L’Appartamento

L’Appartamento pontificio – ora destinato a Prevost – è rimasto disabitato per dodici anni anche se fu ristrutturato e rinfrescato subito dopo le dimissioni di Ratzinger per dare modo al nuovo Papa di abitarlo. Ma Bergoglio, uscendo dalla Sistina, decise di restare per sempre nell’albergo a quattro stelle di Santa Marta. E a nulla valsero i consigli dei cardinali sbigottiti. «Santità non lo faccia» gli fu detto, ma Francesco si dimostrò irremovibile spiegando in seguito che vivere isolato, in un posto lussuoso e troppo grande, lo avrebbe fatto precipitare nella depressione (o qualcosa di simile). Lui disse che lo faceva per motivi “psichiatrici”, amando il contatto con la gente. E così fu.

Il grande dilemma abitativo si è ripresentato inevitabile. Continuare con la linea bergogliana, di demolizione delle insegne papali oppure ritornare ad abitare nel luogo conforme alla storia e alla tradizione? In questi primi giorni da pontefice contraddistinti dalla novità del momento, Prevost ha preferito non restare nella stanza che gli era stata assegnata a Santa Marta ma di appoggiarsi momentaneamente a casa sua, un grande appartamento nel palazzo dell’ex Sant’Uffizio. Si era appena trasferito alcuni mesi fa. La sera dell’elezione si era fatto accompagnare a casa dai gendarmi usando non più la 500 bianca del predecessore (altro simbolo bergogliano) ma una berlina scura di marca Volkswagen, naturalmente sempre targata SCV1, la targa che spetta al Pontefice. Non appena Papa Leone è arrivato a casa è stato salutato da un gruppo di religiosi e da una ragazzina che gli ha fatto firmare una Bibbia. Lui ci ha scherzato sopra, «devo imparare a firmare con la nuova firma». Poi è salito a casa.

Vista mozzafiato

Posto che la decisione di dove andare ad abitare spetta solo a lui, la scelta per il nuovo Papa sembra già tracciata. In ogni caso nella Terza Loggia quell’Appartamento certamente non regale resta un luogo speciale. Lungi dall’essere lussuoso e gigantesco, come diceva Francesco, si presenta spazioso ma non troppo: cappella privata, cucina, due stanze e due bagni, un soggiorno, una sala da pranzo, uno studio. Da sempre è stata la residenza permanente dei Papi che prima del 1870 abitavano anche al Laterano e soprattutto al Quirinale. Fu Pio X a organizzare l’Appartamento così come è oggi.

Di speciale e unico, quasi regale, in quella dimora resta la vista che è veramente spettacolare.

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