Di giuramenti e linguaggi pontifici. Vademecum sulle domande sul Conclave

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 08.05.2023 – Andrea Gagliarducci] – C’è qualcosa di straordinariamente drammatico e solenne nell’apertura di un Conclave, e la cosa che un giornalista può fare è semplicemente accompagnare quei momenti, cercando di osservare i dettagli. Il Conclave, infatti, è uno di quei linguaggi pontifici che hanno senso e significato nella loro ritualità, segretezza, e (incredibilmente) pubblicità.
Ogni cardinale che giura racconta, con il suo volto, la tensione, o la sicurezza, con cui si presenta all’appuntamento con la storia. Si leggono nei loro occhi tutte le preoccupazioni per il compito gravoso di dare un Papa alla Chiesa, o anche le loro aspirazioni, perché c’è chi, in cuor suo, sa che potrebbe essere Papa e non ci sta nemmeno troppo male. È una sorta di parata dell’animo umano, che poi si collega all’anima, a quello che si vive nella preghiera e che non può che essere enfatizzato dal giudizio universale di Michelangelo.
Ci sono alcune domande ricorrenti in questi giorni, cui ho cercato di rispondere quando mi è stato richiesto. Ne faccio un piccolo vademecum qui, come promemoria, in caso a qualcuno potesse servire.
1. Il Conclave è un rito, non è una elezione. È un rito che inizia con la Missa pro eligendo Romani pontificie della mattina in cui inizia il Conclave e termina con la elezione del pontefice. Se non comprendiamo il fatto che il Conclave è un rito, non comprendiamo nemmeno perché c’è tutto un cerimoniale intorno al Conclave. È che tutto deve riportare a Dio, perché si crede che sia lo Spirito Santo ad ispirare l’elezione. E ogni momento del Conclave richiama alla responsabilità somma, perché non si dà un capo alla Chiesa, ma si sceglie il Vicario di Cristo. Per questo i cardinali devono giurare ogni volta che pongono il loro voto nella scheda. Perché devono ricordare che la loro scelta ha un peso, una conseguenza non solo per loro, ma per la Chiesa. Non si sta eleggendo un organo di governo. Si sta eleggendo il Papa.
2. Il Conclave non è un momento politico. È ovvio che i cardinali si parlino, e che nelle Congregazioni generali (le riunioni di tutti i cardinali) che precedono il Conclave si creino dei gruppi formati da cardinali che, in qualche modo, la pensano allo stesso modo, o che ritengono di dover sostenere questo o quell’altro candidato. Ma, al di là della normale umanità di questo fatto, il Conclave non può essere preceduto da alcun accordo di tipo elettorale. Per quello c’è la scomunica. Se tutti prendono seriamente il fatto che il Conclave è un rito, non possono fare accordi. Si lasciano poi ispirare dallo Spirito Santo. Incredibilmente, succede. O almeno i cardinali provano a farlo. Quante volte si entrava con l’idea di dare un voto, e si convergeva su un altro candidato che aveva più voti non per calcolo politico, ma perché convinti che lo Spirito Santo stesse andando in un’altra direzione?
3. Il Conclave non riguarda il programma di governo della Chiesa che verrà. Durante le Congregazioni generali si parla dei grandi temi che la Chiesa dovrà affrontare, ma anche di tante piccole questioni interne e di governo. Tuttavia, il voto non riguarda una linea precisa di governo, quanto piuttosto il profilo della persona che governerà. Anche qui, ci sono delle considerazioni umane, troppo umane, e per questo squisitamente pratiche. La logica della scelta spesso riguarda anche il timore di non voler essere governati da questo o da quel porporato. E tuttavia l’idea che si voti un programma di governo è lontana dalle logiche dei cardinali. I cardinali sono chiamati a scegliere il Vicario di Cristo. È una cosa molto diversa.
4. Il Conclave è segreto perché così si evitano le influenze. Abbiamo visto che i media, in questi giorni, hanno definito profili, lanciato candidati, raccontato di possibili Papi o meno, con nomi più o meno fantasiosi. Ma tutto questo può influenzare i cardinali fuori dalla Sistina. Nel momento in cui si entra in Conclave, tutto cambia. Non ci sono giornali, non c’è internet, non hanno i cellulari, le finestre delle stanze sono sigillate. Ogni contatto con il mondo esterno svanisce. I cardinali ovviamente pensano a quello che si può dire fuori riguardo la loro permanenza in Sistina, sentono una pressione psicologica di non far vedere la Chiesa divisa. Ma le pressioni mediatiche, e anche quelle delle lobby governative (perché tutti vogliono il Papa che desiderano in fondo) restano fuori dalla Sistina. Durante le Congregazioni generali, le discussioni sono coperte da segreto, ma in realtà poi qualche dettaglio viene sempre fuori. Ci sono cardinali che parlano, o anche segretari del Conclave che parlano, o qualunque persona coinvolta a vario titolo nelle Congregazioni che parla – oltre alle dichiarazioni ufficiali della Sala Stampa della Santa Sede, beninteso. Questo crea pressione. In Conclave, ogni discussione è protetta. Niente viene fuori. Persino gli appunti vengono bruciati insieme alle schede dei voti. Questo garantisce libertà. Rende possibile ai cardinali di essere netti e schietti in caso ci sia una discussione o una richiesta particolare. Non è detto che i cardinali scelgano il meglio – a volte è il meglio relativo – ma la scelta deve comunque essere libera.
5. La dimensione rituale è importante. Il motivo per cui tutti aspettano la fumata è perché questa ritualità ha segnato un pezzo di storia e resta dentro la vita delle persone. Tutti vogliono sapere chi è il Papa, e tutti sono attratti in piazza San Pietro da un evento che magari non capiscono, ma che sanno che segnerà la storia. Ma tutta la Sede Vacante è in realtà caratterizzata da rituali ben precisi, scanditi, dove ogni cosa è dettagliata al millesimo. Dalla esposizione del corpo del Papa defunto, alla sua traslazione in San Pietro; dal funerale del Papa alla ritualità delle Congregazioni generali. E c’è un linguaggio forte, vivo, che non può essere cancellato. Papa Francesco aveva, per esempio, permesso che al Sinodo si andasse in clergyman anche quando era presente il Papa. Ma alle Congregazioni generali tutti i cardinali andavano in filettata rossa, riprendendo il linguaggio della Chiesa che si era un po’ perso all’annuncio della morte.
6. Dove guardano i media? I media perdono di vista la dimensione simbolica, spesso, perché c’è ansia di semplificazione. Rendere le cose semplici non significa semplificare. Questo Conclave ha reso visibili diversi momenti, tra cui anche la rottura del sigillo papale, che avveniva durante le Congregazioni generali e che spetta da sempre all’ufficio del Calligrafo. Ma nessuno ha spiegato quei momenti, nessuno ha dato un vademecum di quello che stava accadendo. E così, i media hanno potuto sbizzarrirsi con ricostruzioni fantasiose addirittura [QUI]. I media guardano alle questioni politiche perché sono quelle che riescono a riconoscere meglio, ma non riescono a entrare nel linguaggio del Conclave. Il Conclave va spiegato, perché ogni momento ha una dimensione particolare ([QUI] una mia mappa dei luoghi del Conclave). Il Conclave ha una storia. Il Conclave è più di una elezione.
Dovremmo ricordare tutto questo mentre aspettiamo la fumata. E, ricordando che c’è un rituale, ma anche la possibilità per i cardinali di parlarsi prima del rituale, non dovremmo fare calcoli precisi su quando o come ci sarà la fumata. La fumata succederà, in un momento o nell’altro, e ci sarà un nuovo Papa. A noi spetterà soprattutto cercare di capire chi è e cosa vorrà fare. Ricordando, però, che il Papa è chiamato a dare una unità alla Chiesa, ma che la dottrina della Chiesa non cambia con un nuovo Papa. A noi, basta essere credenti e vivere secondo la fede. Perché la Chiesa resterà.
Questo articolo è stato pubblicato dall’autore sul suo blog Vatican Reporting [QUI].