Novendiali: papa Francesco artefice di unità

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Da mercoledì 7 maggio i cardinali elettori si riuniranno nella Cappella Sistina, immersi nella bellezza degli affreschi michelangioleschi, mentre continuano i preparativi, sia un punto di vista logistico, sia soprattutto per ragionare intorno alle questioni che il 266^ successore di Pietro dovrà affrontare in comunione con tutta la Chiesa. Intanto sul tetto della Cappella Sistina è stato montato il comignolo, mentre i cardinali hanno parlato di evangelizzazione e di Chiese orientali, di testimonianza dell’unità, ma anche dell’importanza del Codice di Diritto canonico, dell’ermeneutica della continuità negli ultimi tre pontificati, della liturgia e della sinodalità.

Nel frattempo proseguono le cerimonie dei Novendiali, nei quali il card. Claudio Gugerotti, già Prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, ha sottolineato la fede nella resurrezione: “La risurrezione, infatti, come ci ricorda la prima Lettura, non è un fenomeno intrinseco alla natura umana. E’ Dio che ci fa risorgere, mediante il suo Spirito. Dalle acque del Battesimo noi siamo emersi come nuove creature, familiari di Dio, suoi intimi o, come dice San Paolo, figli adottivi e non più schiavi…

A questo grido si associa la creazione intera che, nelle doglie del parto, aspetta la sua guarigione. Sembrano avere così poco valore oggi il creato e la persona umana. Eppure tra noi ci sono cardinali, come quelli provenienti dall’Africa, che sentono spontaneamente la bellezza del frutto di queste doglie, perché una nuova vita è per i loro popoli un valore inestimabile”.

Nella resurrezione la creazione prende nuova forza: “Intorno a noi non facciamo altro che percepire il grido della creazione e in essa quello di chi è destinato alla gloria ed è la finalità per la quale la creazione è stata voluta: la persona umana. Grida la terra ma soprattutto grida una umanità travolta dall’odio, a sua volta frutto di una profonda svalutazione del valore della vita che, come abbiamo sentito, per noi cristiani è partecipazione alla famiglia di Dio, fino alla concorporeità e consanguineità con il Cristo Signore, che stiamo celebrando in questo sacramento dell’Eucaristia”.

Infatti nell’omelia il card. Gugerotti ha sottolineato il valore della vita: “Chi ama la sua vita la perderà, ci ricorda il Vangelo secondo Giovanni, e chi odia la propria vita la troverà. In questa frase così estrema il Signore esprime la nostra specificità di cristiani, considerati dal mondo seguaci di un perdente, di uno sconfitto della vita, che attraverso la morte, e non attraverso l’edificazione di un regno terreno, ha salvato il mondo e redento ciascuno di noi”.

Tale vangelo della vita è sempre stato insegnato da papa Francesco: “Papa Francesco ci ha insegnato a raccogliere il grido della vita violata, ad assumerlo e presentarlo al Padre, ma anche ad operare per alleviare concretamente il dolore che suscita questo grido, a qualsiasi latitudine e negli infiniti modi con cui il male ci indebolisce e ci distrugge”.

Nonostante le incomprensioni del passato oggi la Chiesa sta ritornando a respirare con due polmoni: “Papa Francesco, che ci ha insegnato ad amare la diversità e la ricchezza dell’espressione di tutto ciò che è umano, oggi credo esulti al vederci insieme per la preghiera per lui e per l’intercessione di lui. E noi ancora una volta ci impegniamo, mentre molti di loro sono costretti a lasciare le loro antiche terre, che furono Terra Santa, per salvare la vita e vedere un mondo migliore, a sensibilizzarci, come aveva voluto il nostro papa, per accoglierli e aiutarli nelle nostre terre a conservare la specificità del loro apporto cristiano, che è parte integrante del nostro essere Chiesa cattolica”.

E le liturgie orientali sono ricche di bellezza: “La loro liturgia è tutta intessuta di questo stupore. E così, ad esempio, in questo tempo liturgico, la tradizione bizantina ripete senza fine questa esperienza ineffabile, dicendo, cantando e comunicando agli altri: ‘Cristo è risorto dai morti, calpestando con la morte la morte, e ai morti dei sepolcri ha elargito la vita’. E lo ripetono costantemente, come per farlo entrare nel cuore proprio e degli altri.

Questo stesso stupore esprime anche la liturgia armena, nel pregare con le parole di quel san Gregorio di Narek che proprio Papa Francesco volle ascrivere tra i Dottori della Chiesa e che la tradizione ha reso parte integrante dell’eucologia eucaristica… Ecco solo due esempi della forza vibrante con cui l’emozione del cuore si mescola in oriente alla lucidità della mente per descrivere la nostra immensa povertà salvata dall’infinità dell’amore di Dio”.

Mentre nel sesto giorno dei Novendiali il card. Víctor Manuel Fernández, già Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, ha evidenziato la tenerezza di papa Francesco nell’annunciare Cristo: “Papa Francesco è di Cristo, appartiene a Lui, e ora che ha lasciato questa terra è pienamente di Cristo. Il Signore ha preso Jorge Bergoglio con se sin dal suo battesimo, e lungo tutta la sua esistenza. Lui è di Cristo, che ha promesso per lui la pienezza della vita.

Sapete con quanta tenerezza parlava di Cristo papa Francesco, come godeva il dolce nome di Gesù, come buon gesuita. Lui sapeva bene di essere suo, e sicuramente Cristo non l´ha lasciato, non l´ha perso. Questa è la nostra speranza che celebriamo con gioia pasquale sotto la luce preziosa di questo Vangelo di oggi. Non possiamo ignorare che stiamo celebrando pure la giornata dei lavoratori, che stavano tanto a cuore a papa Francesco”.

E’ stato un ricordo particolare nella giornata della festa del lavoro: “Ma permettetemi presentare pure papa Francesco come un lavoratore. Lui non solo parlava del valore del lavoro, ma tutta la sua vita è stato uno che viveva la sua missione con grande sforzo, passione e compromesso. Per me è stato sempre un mistero capire come poteva sopportare, anche essendo un uomo grande e con diverse malattie, un ritmo di lavoro così tanto esigente. Lui non solo lavorava al mattino con diverse riunioni, udienze, celebrazioni ed incontri, ma anche tutto il pomeriggio. E mi è sembrato veramente eroico che con le pochissime forze che aveva nei suoi ultimi giorni si è fatto forte per visitare un carcere”.

Al termine ha ricordato la particolare devozione del papa a san Giuseppe: “Infine, fatemi ricordare l’amore di Papa Francesco verso san Giuseppe, quel forte e umile lavoratore, quel falegname di un piccolo paese dimenticato, che col suo lavoro si prendeva cura de Maria e di Gesù. E ricordiamo pure che quando Papa Francesco aveva un grosso problema, metteva un pezzetto di carta con una supplica sotto l’immagine di san Giuseppe”.

(Foto: Santa Sede)

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