Un Conclave alla presa con la Chiesa del prossimo futuro

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 02.05.2025 – Jan van Elzen] – Il Sussidiario ha pubblicato il 30 aprile 2025 [QUI] un’intervista a cura di Federico Ferraù al vaticanista americano John L. Allen, riconosciuto tra i più autorevoli: «Chiesa divisa, serve un compromesso. E attenti alla “preghiera” di Ruini». Secondo Allen, un Conclave veloce non è scontato. Anzi. Ci sono problemi densi che potrebbero esigere una mediazione difficile. Scrive Il Sussidiario: «Cardinali, per lo più fuori dai giochi, che continuano a rilasciare interviste. Altri che si affidano a “spinte” molto mondane. Altri ancora che tacciono, evitano i giornalisti e tendono a scomparire. I porporati elettori entreranno nella Sistina il 7 maggio. Risuonerà l’“Extra omnes” e nessuno saprà più nulla fino a quando il nuovo successore di Pietro verrà annunciato al mondo».
Oltre l’intervista ad Allen su Il Sussidiario, seguono:
- Becciu, il caso scuote il Conclave. Paura per Parolin, arrivano i medici di Nico Spuntoni su Il Tempo del 1° maggio 2025
- Bergoglio, dubbi su un altro Francesco. Quel prete degli ultimi che a Roma era un Papa Re di Francesco Capozza su Il Tempo, 1° maggio 2025
Preghiera per la Chiesa del prossimo futuro
di Camillo Card. Ruini
«L’eredità di Papa Francesco è una questione che interroga in profondità e scuote la Chiesa. In queste righe la affronterò in un’ottica fiduciosa, perché fondata sulla potenza misericordiosa di Dio che guida i nostri passi sulla via del bene.
Formulerò quattro auspici – che sono anche invocazioni – per la Chiesa di un futuro che spero molto prossimo. Confido in una Chiesa buona e caritatevole, dottrinalmente sicura, governata a norma del diritto, al suo interno profondamente unita. Queste sono le mie intenzioni di preghiera, che vorrei largamente condivise.
1. Anzitutto, dunque, una Chiesa buona e caritatevole. L’amore portato a efficacia di vita è infatti la legge suprema della testimonianza cristiana e quindi della Chiesa. Ed è ciò di cui la gente, anche oggi, ha maggior sete. Nel nostro stile di governo va quindi eliminata ogni inutile durezza, ogni piccineria e aridità di cuore.
2. Come ha scritto Benedetto XVI, oggi la fede è una fiamma che minaccia di estinguersi. Ravvivare questa fiamma è pertanto un’altra grande priorità della Chiesa. Serve per questo tanta preghiera, serve la capacità di rispondere in chiave cristiana alle sfide intellettuali di oggi, ma servono anche la certezza della verità e la sicurezza della dottrina. Da troppi anni stiamo sperimentando che, se queste si indeboliscono, tutti noi, pastori e fedeli siamo duramente penalizzati.
3. C’è poi la questione del governo. Il pontificato di Benedetto XVI è stato insidiato dalla sua scarsa attitudine a governare e questa è una preoccupazione che vale per ogni tempo, compreso il prossimo futuro. Guai inoltre a dimenticare che si tratta di governare quella specialissima realtà che è la Chiesa. Qui, come ho detto, la legge fondamentale è l’amore: lo stile di governo e il ricorso al diritto devono essere il più possibile conformi a tale legge, per chiunque assai impegnativa.
4. In questi anni abbiamo avvertito alcune minacce – che non vorrei esagerare – all’unità e alla comunione della Chiesa. Per superarle, e per far venire in piena luce quella che amo chiamare la “forma cattolica” della Chiesa, è decisiva, ancora una volta, la carità reciproca, ma è anche importante risvegliare la consapevolezza che la Chiesa, come ogni corpo sociale, ha le sue regole, che nessuno può impunemente ignorare.
All’età di 94 anni il silenzio si addice più delle parole. Spero tuttavia che queste mie righe siano un piccolo frutto del bene che voglio alla Chiesa».
L’intervista a John L. Allen
su Il Sussidiario
Nell’intervista, Il Sussidiario ha raccolto alcune osservazioni di John L. Allen sul Conclave imminente, dalla sua possibile brevità – ma potrebbe anche diventare lunga – alla necessità di trovare un compromesso. Dopo Francesco, infatti, la Chiesa si presenta “sorprendentemente divisa al suo interno”, osserva Allen, non senza ironia.
Non è facile valutare l’eredità di papa Bergoglio. I cardinali ne stanno discutendo in queste ore.
Papa Francesco lascia dietro di sé un’eredità di grande attivismo geopolitico, soprattutto su questioni centrali come l’immigrazione, la guerra e il cambiamento climatico, e di grande attivismo pastorale, anche su questioni come la comunione ai cattolici divorziati e risposati civilmente e la benedizione delle persone in unione omosessuale. La prima è generalmente considerata positiva, anche dai cardinali che eleggeranno il prossimo Papa, mentre il secondo è molto più controverso.
Com’è la Chiesa che Papa Francesco lascia ai cardinali elettori e al suo successore?
Una Chiesa profondamente legata alle problematiche del momento e che ha suscitato interesse anche tra persone ostili o indifferenti ad alcuni dei suoi insegnamenti. Ma che è anche sorprendentemente divisa al suo interno.
Esiste un gruppo di cardinali più sensibili alle istanze di Francesco?
Alcuni cardinali sono ovviamente più “filo-Francesco” di altri, in termini di impegno verso l’intera portata della sua eredità, compresi i controversi elementi intra-ecclesiastici. È improbabile, tuttavia, che questi cardinali “francescani” al 100 per cento abbiano i numeri per eleggere un Papa da soli. Vorrà dire che sarà necessario trovare una sorta di compromesso.
Questo conclave è arrivato tutto sommato in modo improvviso? Oppure qualcuno sta lavorando da tempo?
I cardinali sono ben consapevoli che l’elezione di un nuovo Papa è la scelta più importante che faranno, e sarebbe irresponsabile aspettare semplicemente che arrivi il momento e poi cercare di improvvisare. La maggior parte di loro ci sta pensando da tempo e alcuni ne hanno parlato tranquillamente con i colleghi cardinali. Questo non vuol dire che le decisioni siano già state prese, ma sarebbe ingenuo credere che i cardinali entrino nella Cappella Sistina come delle lavagne vuote e preghino che avvenga un qualche tipo di intervento divino.
Molti osservatori dicono che i cardinali non si conoscono. È vero?
È certamente vero che molti di questi cardinali, soprattutto i cosiddetti cardinali delle periferie, non si conoscono bene. È una realtà che potrebbe avere due conseguenze.
Quali?
Potrebbe significare o un Conclave più lungo, perché il consenso richiederà più tempo per essere raggiunto, o uno molto breve, perché questi outsider seguiranno semplicemente la guida dei cardinali che percepiscono come meglio informati e con più contatti.
I cosiddetti cardinali “influencer”. Ad esempio?
Sospetto che la “preghiera” diffusa dal Cardinale Ruini, per esempio, sarà studiata con attenzione da alcuni dei cardinali più conservatori. Ma diciamocelo: per la maggior parte del mondo, l’unica domanda che conta è chi sarà il prossimo Papa. Il modo in cui i cardinali ci arriveranno sarà per la gente un dettaglio.
La distinzione progressisti-conservatori è criticata da tutti, ma ricorre continuamente. Cosa ne pensi?
Come molti modi di analizzare i cardinali che prenderanno questa decisione, la divisione progressisti (liberal, nda)/conservatori è utile per certi versi e fuorviante per altri. In particolare, sinistra contro destra è un concetto fondamentalmente occidentale che non si applica perfettamente ai Paesi in via di sviluppo, dove è del tutto normale, ad esempio, essere molto “progressisti” su questioni di giustizia sociale – guerra, povertà, pena di morte, cambiamento climatico – ed estremamente “conservatori” su questioni etiche come aborto, omosessualità, divorzio e controllo delle nascite.
Te la senti di fare una previsione?
In questo conclave il mondo in via di sviluppo conterà più degli Stati Uniti, il che rappresenta una bella dose di umiltà per gli americani.
Becciu, il caso scuote il Conclave
Paura per Parolin, arrivano i medici
di Nico Spuntoni
Il Tempo, 1° maggio 2025
La misura di quanto il caso Becciu abbia terremotato questa parte iniziale del pre-conclave la dà la decisione della congregazione dei cardinali di diffondere una dichiarazione ad hoc ieri mattina. La comunicazione non è stata affidata agli aggiornamenti quotidiani della Sala Stampa della Santa Sede ma direttamente ad una nota firmata dalla congregazione. «L’eminentissimo cardinale Giovanni Angelo Becciu – vi si legge – ha preso atto che egli, avendo a cuore il bene della Chiesa, nonché per contribuire alla comunione e alla serenità del conclave, ha comunicato la sua decisione di non partecipare ad esso. Al riguardo, la congregazione dei cardinali esprime apprezzamento per il gesto da lui compiuto ed auspica che gli organi di giustizia competenti possano accertare definitivamente i fatti». Un’iniziativa che, in base a quanto risulta a Il Tempo, sarebbe stata decisa già lunedì dopo l’intervento di Becciu in Aula nuova del Sinodo con cui ha annunciato la volontà di fare un passo indietro.
Nelle cinque righe pesano le parole utilizzate con attenzione ma ancora di più quelle non utilizzate. Infatti non c’è traccia di alcun riferimento ai famosi due documenti attribuiti al Papa che sono stati portati nella quinta congregazione generale e che hanno sollevato le perplessità pubbliche del cardinale Giuseppe Versaldi, incredulo per la loro mancata pubblicazione. Anche perché, come abbiamo svelato ieri, il secondo è stato presentato addirittura come un “motu proprio” ed è risalente al ricovero al Gemelli di Francesco lo scorso marzo. La dichiarazione ufficiale della congregazione lega la mancata partecipazione di Becciu in conclave al suo generoso gesto di farsi da parte mentre non fa alcun accenno all’applicazione delle disposizioni papali contenute nei due documenti. Un’assenza significativa specialmente alla luce dell’acceso dibattito sulla validità di quelle carte. L’esclusione dal conclave non può in alcun modo essere direttamente connessa alla condanna in primo grado per truffa e peculato dal momento che è stata pronunciata da un tribunale secolare qual è, a tutti gli effetti, il Tribunale di prima istanza della Città del Vaticano.
Il divieto per la Sistina matura, quindi, nell’ambito di una decisione autocratica del Pontefice che nell’ambito canonico è anche supremo legislatore. Nonostante ciò, la Congregazione dei cardinali ha voluto inserire nella nota un passaggio sulla vicenda processuale che riguarda Becciu e su cui martedì sera Alessandro Sortino ha svelato ulteriori dettagli inquietanti in un servizio andato in onda nel programma Le Iene. I cardinali hanno espresso l’auspicio che «gli organi di giustizia competenti possano accertare definitivamente i fatti». Ed è quel «definitivamente» a far riflettere perché ricorda a tutti che la parola fine nel caso giudiziario non è stata ancora detta. Possibile che il Papa, sostenitore della presunzione d’innocenza in una dichiarazione fatta in volo nel 2021 proprio a proposito del suo ex collaboratore, abbia disposto in punto di morte una punizione così severa sulla base di una sentenza di un tribunale secolare non ancora definitiva? Insomma, la congregazione dei cardinali non si è limitata a riconoscere l’onore delle armi a Becciu, ma in qualche modo ne ha stabilito una riabilitazione pubblica che i media vaticani avevano finora negato come dimostra emblematicamente un editoriale dello scorso 30 ottobre firmato da Andrea Tornielli su Vatican News. Il Direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede aveva usato toni perentori nel presentare quello vaticano come un processo giusto e all’insegna della trasparenza, non risparmiando anche osservazioni moralisteggianti in base alle quali sarebbe stato «positivo che all’interno dello stesso sistema della Santa Sede si siano sviluppati gli “anticorpi” che hanno permesso di portare alla luce i fatti oggetto del processo, nella speranza che non si ripetano più». Alla luce di quello che sta emergendo sulla genesi del memoriale di Monsignor Alberto Perlasca, teste chiave del coinvolgimento di Becciu, l’editoriale di Tornielli sembra davvero invecchiato male. E in ogni caso arrivava, con i suoi toni definitivi, prima dell’appello. Mentre ieri i cardinali hanno messo nero su bianco che l’accertamento definitivo dei fatti deve ancora arrivare e arriverà in Corte d’Appello.
Il paradosso è che la vicenda processuale di Becciu, dopo l’Appello, potrebbe finire in quella stessa Corte di Cassazione vaticana presieduta dal Cardinale Kevin Joseph Farrell, ovvero colui che in quanto Camerlengo di Santa Romana Chiesa sarebbe stato destinatario dei due documenti sul Conclave e li ha tenuti nel cassetto fino alla recente rivelazione. Non solo: Farrell è anche membro dell’APSA che si era costituita parte civile nel procedimento penale conclusosi in primo grado con la condanna per peculato e truffa a Becciu. Circostanze che fanno alzare il sopracciglio sull’opportunità che sia lui a poter dire l’ultima sulla sentenza d’Appello nel caso in cui ci dovesse essere un ricorso. In ogni caso, toccherà al nuovo Papa eventualmente confermarlo in quel ruolo dove Francesco lo ha voluto nonostante sia privo di competenze giuridiche idonee e nonostante i numerosi altri incarichi rivestiti in Curia. Intanto, ieri pomeriggio, in Vaticano è scattato l’”allarme” per la salute del segretario di Stato e tra i “papabili” al soglio di Pietro, Pietro Parolin. Il cardinale 70enne è stato raggiunto da un’equipe medica che lo ha assistito per un’ora. Parolin sarebbe comunque fuori pericolo. Si sarebbe trattato solo di uno sbalzo di pressione.
Bergoglio, dubbi su un altro Francesco
Quel prete degli ultimi che a Roma era un Papa Re
di Francesco Capozza
Il Tempo, 1° maggio 2025
Tra i porporati che da giorni discutono sul futuro della Chiesa dopo il pontificato di Jorge Mario Bergoglio si fa largo la convinzione che non potrà esserci un Francesco II. Non è una questione di nome pontificale ovviamente, ma di qualità umane, spirituali, caratteriali difficilmente replicabili e individuabili in un pur larghissimo consesso elettorale come quello che si riunirà tra pochi giorni al cospetto del Giudizio Universale. Per moltissime eminenze, e non solo per loro, Bergoglio era un po’ come la Russia per Winston Churchill: «Un rebus avvolto in un mistero che sta dentro un enigma». Tutti Oltretevere sanno perfettamente che Francesco aveva una personalità controversa, contorta, spesso difficilmente decifrabile anche dai suoi più stretti collaboratori; una doppia faccia della stessa medaglia, quella pubblica e quella di governo. Un uomo «venuto dalla fine del mondo» per togliere definitivamente la polvere accumulatasi nei secoli sul trono di Pietro; per rendere la Chiesa più moderna e al passo con i tempi; per aprire anche alle donne quel misterioso mondo curiale da sempre appannaggio del genere forte (seppur in sottana); per spalancare ai poveri e ai reietti la Casa del Padre di cui egli, come suo Vicario su questa Terra, era il custode.
Bergoglio è stato certamente tutto questo, ma allo stesso tempo egli è riuscito ad incarnare perfettamente – forse come nessun altro predecessore in epoca recente – il ruolo di Sovrano assoluto proprio del Sommo Pontefice. Un Papa misericordioso con gli ultimi, vicino ai migranti, ai detenuti, alle masse, ai popoli oppressi dai numerosi conflitti che attanagliano il mondo, ma inflessibile con chiunque osasse anche solo velatamente criticarlo, disapprovare questo o quel provvedimento, sollevare dubbi su alcune scelte troppo ardite. Tutti questi sono stati reiteratamente «misericordiati» in ben altro modo. Francesco era anche un Pontefice aperto ai mezzi d’informazione, il primo a mettere piede in uno studio televisivo, ad intervenire in un talk show, a fare le videochiamate con lo smartphone ai missionari sperduti in ogni angolo della terra, ma anche colui che quando una sola virgola di un articolo giornalistico non lo compiacesse andava su tutte le furie. Uomo imprevedibile sotto ogni aspetto, ha innalzato alla dignità cardinalizia semplici preti missionari ma anche vescovi di diocesi microscopiche lasciando senza berretta rossa i titolari di megalopoli come Milano, Sidney, Los Angeles o della sua stessa Buenos Aires.
Papa Francesco ha internazionalizzato come nessuno mai il Collegio dei Cardinali convocando dieci Concistori in dodici anni di pontificato rispetto ai nove tenuti da Giovanni Paolo II in più di un quarto di secolo. Facile quindi pensare che egli abbia plasmato a propria immagine e somiglianza il Sacro consesso che di qui a sei giorni si chiuderà a doppia mandata nella Sistina per eleggerne il successore. In realtà anche in questo Francesco è stato ondivago e imprevedibile come in qualsiasi altro atto del suo Governo e accanto a fedelissimi che sembrano stampati con il conio come il suo connazionale Victor Manuel Fernandez, il lussemburghese Jean-Claude Hollerich, il maltese Mario Grech o il confratello gesuita canadese Micheal Czerny, ha imposto la berretta rossa anche a numerosi presuli dall’impronta più o meno conservatrice. Citare tra questi il discepolo di Ratzinger, Gerhard Ludwig Muller sembra ormai diventato lo sport giornalistico nazionale, ma la realtà fotografa oggi un’Assemblea di porporati piena di uomini nominati da Bergoglio che con Bergoglio non hanno nulla a che fare sotto molteplici aspetti. Come non pensare a Marcello Semeraro, potentissimo Prefetto per le cause dei Santi e al suo amore per la liturgia più tradizionale che tanto inorridiva Francesco? O al congolese Fridolin Ambongo Besungu, presidente della Conferenza episcopale africana, che dopo la decisione papale sulla benedizione alle coppie gay (si è rifiutato di applicarla) è atterrato a Roma lancia in resta disponendo di quasi tutti i 18 voti dei suoi connazionali? Il Conclave che si aprirà mercoledì prossimo è il più imprevedibile dei tempi recenti, ma l’unica certezza che aleggia tra le tonache purpuree è che no, dopo Francesco non potrà esserci una sua replica.