E se un giorno…

Papa Pio IX
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 27.04.2025 – Roberto Bonaventura] – Riportiamo, con suo consenso, dei post del Maestro Roberto Bonaventura dalla sua pagina Facebook: “E se un giorno…”, con l’aggiunta di “Le persone davvero libere sono quelle disposte a tutto pur di non perdere la Verità…” e una nota sui segni e simboli. Parole Cattoliche che ci trovano al 100% d’accordo [V.v.B.].

E se un giorno…

E se un giorno lo Spirito Santo ispirasse l’elezione di un Papa che, senza proclami roboanti, riportasse semplicemente ordine, sacralità e verità? Un Pontefice che non si vergogna dell’ermellino, delle scarpe rosse, della croce d’oro sul petto [*]. Un uomo che sceglie un nome da Papa – Pio, Leone, Benedetto – come a dire: non invento nulla, custodisco.

Non più solo “Vescovo di Roma”, ma Romano Pontefice, Successore del Principe degli Apostoli, Vicario di Cristo. E mentre il mondo preme per una Chiesa fluida, lui ristabilisce il latino nella liturgia, celebra la Missa Romana secondo l’usus antiquior, ridando voce all’eternità delle parole: Introibo ad altare Dei. Ad Deum qui laetificat juventutem meam.

Un uomo che si inginocchi solo dinanzi all’Ostia Santa, come un mendicante della Grazia. Che esorti i sacerdoti a tornare alla talare, non per nostalgia folcloristica, ma per testimoniare al mondo che si è di Cristo, per sempre. Un Papa che non teme la santa intransigenza di chi sa che il peccato non si accarezza, si combatte. Un successore di San Pietro che annunci e denunci. Che rimarchi con implacabile precisione evangelica che la porta stretta esiste, e chi cerca scorciatoie smarrisce l’anima. Un Papa odiato ferocemente dai miscredenti e amato teneramente dai cristiani autentici.

Un Papa che ricordi, con voce ferma, che l’assoluzione richiede il pentimento e proposito fermo di non peccare più; che la Comunione non è un diritto da rivendicare, ma un dono che esige conversione; che i sacramenti non sono timbri di approvazione morale, ma ferite aperte da Dio stesso per guarire l’uomo.

E allora? Allora parte la macchina del fango. La plebaglia mediatica, teologica, clericale – usiamo pure il termine con benevola ironia – griderà allo scandalo:

«È rigido!»

«Non sta dalla parte degli ultimi!»

«Parla di inferno!»

«Si è rinchiuso negli appartamenti papali!»

«Non è un papa buono, non è una versione aggiornata dei papi detti “buoni”!»

Ma forse, finalmente, sarebbe un Papa giusto. Giusto per un mondo che ha sete di sacro, che ha bisogno di qualcosa che innalzi l’anima al Creatore e la salvi, più di qualsiasi altra cosa studiata a tavolino.

Un Papa che sospenda e rimuova senza alcuna pietà dalle sedi usurpate tutti coloro che spargono eresie e scandali.

Un Papa giusto come lo è chi ama davvero, e perciò corregge. Giusto come chi non teme di proclamare che Dio non è un’idea da modellare, ma una Presenza da adorare. Giusto come chi sa che l’abito fa il monaco, eccome se lo fa, perché forma mentis e forma corporis vanno insieme.

Forse un Papa così servirebbe, non per piacere al mondo, ma per salvare coloro che temporaneamente lo abitano.

E sarà coperto di improperi, sì. Ma chi ama la Verità, chi ancora crede che salvarsi l’anima sia l’unica vera urgenza dell’uomo, lo riconoscerà. E tornerà a respirare. Perché non c’è misericordia senza verità, né tenerezza senza giustizia.

Preghiamo davvero.

Nel rispetto di tutti, ma mai a discapito di Dio. Preghiamo con la Speranza accesa che il Signore voglia ridare slancio alla Barca di Pietro. E che chi oggi è considerato “rigido”, un giorno venga riconosciuto come colui che ha avuto il coraggio di non tradire.

Spero in un Papa capace di eclissarsi, di sottrarsi ai riflettori mediatici, perché solo di Nostro Signore Gesù Cristo e di Maria Santissima si odano, e si lodino, i santi e benedetti nomi.

P.S. Chi è tentato di togliermi l’amicizia a motivo di quanto scrivo, può procedere senza indugio.

Con affetto.

Roberto Bonaventura

Le persone davvero libere
sono quelle disposte a tutto
pur di non perdere la Verità…

Quando ti esponi davvero, quando scegli di non mimetizzarti nella folla, accade qualcosa: costringi gli altri a rivelare ciò che custodiscono nei recessi del cuore. I cuori, sì, proprio loro, iniziano a parlare. Bastano pochi pensieri resi pubblici — una mezza dozzina di post, per l’esattezza — nei quali, mi pare, non ho offeso nessuno. Ho solo osato onorare la dignità del mio pensiero, fondato, ponderato, basato sulla conoscenza diretta di ciò di cui parlo.

Eppure, da quei pochi scritti, si è sollevata una levata di scudi: perfetti sconosciuti si sono affacciati sulla mia bacheca con l’intento di dileggiarmi, di insultarmi, o peggio ancora, di ridicolizzarmi. Non li biasimo. Forse non sanno che quando la verità viene a galla, o la si abbraccia o la si teme.

Poi ci sono stati gli altri. Tanti. Silenziosi nella folla, ma non nella verità. Mi hanno scritto in privato, ringraziandomi. Sono uomini e donne che, insieme a me, in questi anni, hanno sofferto, patito, ricevuto schiaffi da chi avrebbe dovuto essere padre nella fede.

E come accade sempre, quando qualcuno se ne va, una valanga di altri compare. Ma sia chiaro: non siamo qui a conteggiare i contatti. Ogni persona è unica, irripetibile, e preziosa agli occhi di Dio.

Quello che voglio dire — con voce ferma e animo libero — è che ci batteremo. Sì, ci batteremo contro l’idolatria che dimentica Gesù Cristo e che pone su piedistalli d’argilla uomini incensati più della verità.

“Guai a voi, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti” (Lc 6,26).

La verità non ha bisogno di consenso. Ha bisogno di testimoni.

Roberto Bonaventura

[*] “I segni esteriori non valgono nulla nel Cristianesimo”. “Conta solo lo spirito, non i simboli”. E poi ti ritrovi mille post che “santificano” le scarpe nere.

Ditela tutta: i simboli Cattolici confacenti al papato tradizionalmente e rettamente inteso – per voi – non valgono niente, anzi, vi fanno pure un po’ schifo, ma quando si tratta di quelli che con un Papa non c’entrano un bel nulla, allora vi ritrovate emozionati fino al fanatismo. Ditela tutta!

Per secoli, i Papi hanno cercato di nascondere la loro natura umana, quella parte di Simone che si riveste di Pietro, proprio perché le persone hanno bisogno di simboli, di qualcosa di visibile per credere.

La fede, se priva di un veicolo, di un simbolo o di un richiamo alto, perde forza e diventa fragile, perché è attraverso il simbolismo che l’uomo riesce a entrare in contatto con il mistero divino. La stessa liturgia della Messa, con i suoi riti e gesti, non è altro che un modo per palesare la mistagogia eterna, per rendere afferrabile l’indicibile.

Non c’entra nulla l’umiltà dell’uomo, è errore imperdonabile confondere l’aspetto interiore con quello esteriore, che è altrettanto fondamentale. La vera umiltà non è nel mostrarsi piccolo, ma nel mantenere intatta la propria essenza, pur nella grandezza della missione.

E a questo punto, se si ritiene “segno dei tempi” il demolire ogni simbolo, cancellare ogni riferimento, tanto vale abbattere San Pietro, metterci una baracca al suo posto, e allestire una povera capanna del presepe.

Chi capisce, capisce; chi non lo vuole fare, non capirà mai.

Perduto il senso profondo di ciò che è davvero sacro, non resta che la barbarie.

La vera umiltà consiste nell’accettare i simboli del papato anche se, personalmente vanno stretti.
Invece che di fare gli “speciali”, provocando emozioni ai mondani (odiatori seriali del cattolicesimo) che useranno l’ipotizzata umiltà in spirito di odio verso l’istituzione sacra. E i predecessori.
L’umile nasconde la propria umiltà, poiché, come insegna San Francesco di Sales, l’umiltà è quella virtù che nasconde tutte le virtù, a cominciare dall’umiltà stessa. Pio XII, e lo si è scoperto solo dopo la sua morte, ha dormito su una modestissima branda – un letto duro e povero – per spirito di penitenza, posta negli appartamenti papali.

Dio sa… e Lui giudica, siamo d’accordo, ma sarebbe stato molto meglio che noi non sapessimo!
Non è difficile da capire [R.B.].

Foto di copertina: Giovanni Orsi, Ritratto di Papa Pio IX, 1847, olio su tela, 240×173 cm.
Il Romano Pontefice Pio IX è rappresentato in età giovanile, volto di tre quarti a sinistra e a mezza figura, in atto di firmare. Indossa la mozzetta di velluto rosso carminio bordata di ermellino sopra la quale porta la stola ricamata.
Nelle Carte Bernicoli (Busta XIV 92/4) conservate nell’Archivio Storico Comunale di Ravenna si fa menzione di un dipinto raffigurante il ritratto di Pio IX che, in data 22 dicembre 1846, era quasi ultimato (in quell’anno Mastai Ferretti era salito al soglio pontificio assumendo, appunto, il nome di Pio IX) dal pittore forlivese Giovanni Orsi. Negli stessi appunti si ricorda, alla data 18 marzo 1847, che Orsi a Roma stava per terminare il quadro facendo aggiustature ispirate dal ritratto fatto dal pittore Podesti. Il quadro di Orsi, dice la nota, “rappresenta il Papa che segna l’amnistia”. La collocazione del quadro di Osi attualmente non è conosciuta. Nell’appunto di Bernicoli, databile agli inizi di questo secolo, lo si dice allocato nel Gabinetto di Studio dell’Arcivescovo di Ravenna.
Il viso dolce e mansueto di questo Papa caratterizzerà anche tutte le altre sue raffigurazioni, costituendo dunque un vero e proprio tratto iconografico.
Nato il 13 maggio 1792 a Senigallia col nome di Giovanni Maria Battista Pietro Pellegrino Isidoro Mastai Ferretti da Girolamo (membro della nobile famiglia dei Conti Mastai Ferretti) e Caterina Solazzi, fu ordinato sacerdote nell’aprile del 1819, eletto Arcivescovo di Spoleto nel 1827. Nel 1832 fu nominato Arcivescovo di Imola. Fu creato cardinale da Papa Gregorio XVI nel Concistoro del 14 dicembre 1840.
Il 16 giugno 1846 venne eletto 255º Vescovo di Roma e Romano Pontefice come successore di Papa Gregorio XVI. Il suo pontificato, di 31 anni, 7 mesi e 23 giorni, rimane il più lungo della storia della Chiesa Cattolica dopo quello tradizionalmente attribuito a San Pietro. Muore il 7 febbraio 1878.
Fu terziario francescano ed è stato beatificato nel 2000 da Papa Giovanni Paolo II.
Fu il 164º e ultimo sovrano dello Stato Pontificio dal 1846 al 1870, l’ultimo Papa a risiedere nel Quirinale. Sotto il suo pontificato la Chiesa Cattolica Romana perse ogni dominio temporale all’infuori della Città del Vaticano, considerata “prigione dorata” dei Papi fino al 1929.
Il Conclave del 1846, che seguì la morte di Papa Gregorio XVI, si svolse in un periodo molto turbolento per la storia della penisola italiana. Per questo motivo molti cardinali stranieri decisero di non partecipare al Conclave. Soltanto 46 dei 62 cardinali erano infatti presenti. Secondo gli storici, il Cardinal Ferretti era a quel tempo considerato un liberale, avendo supportato cambiamenti amministrativi negli anni passati alla guida delle Diocesi di Spoleto e di Imola. I cardinali si separarono subito nella fazione conservatrice, che supportava il Cardinale Luigi Lambruschini (Segretario di Stato del precedente pontefice), e in quella progressista, che supportava due candidati: il Cardinale Tommaso Pasquale Gizzi e il 54enne Cardinal Ferretti. Al primo scrutinio i voti si divisero egualmente fra i diversi candidati, ma a quel punto i favoriti Lambruschini e Gizzi sembravano fuori gioco. Il 16 giugno, secondo giorno di conclave, Ferretti fu eletto al soglio pontificio assumendo il nome di Pio IX: scelse questo nome in onore a Papa Pio VII che aveva incoraggiato la sua vocazione al sacerdozio. In ogni caso il nuovo Papa era assai inesperto in questioni diplomatiche. Per questo motivo l’impero asburgico aveva mandato a Roma l’Arcivescovo di Milano, il Cardinal Gaisruk, per porre il veto all’elezione di Ferretti. Ma Gaisruk arrivò troppo tardi: Ferretti era già stato acclamato Papa. Pio IX fu incoronato il 21 giugno e scelse subito il Cardinal Gizzi come Segretario di Stato. L’Europa liberale applaudì alla sua elezione. Il suo pontificato è stato il più lungo della storia (seguito da quello di Giovanni Paolo II e quello di Leone XIII). Nei primi due anni del suo pontificato governò lo Stato Pontificio con una progressiva apertura alle richieste liberali della popolazione, concedendo una costituzione. Ma la sua posizione si spostò ben presto su linee molto conservatrici. Comunque, il 24 novembre 1848 la rivolta che portò alla costituzione della Repubblica Romana lo costrinse a rifugiarsi a Gaeta presso i Borbone delle Due Sicilie (ebbe modo di ricambiare ospitandoli a sua volta a Roma dopo l’assedio di Gaeta del 1861). Nell’aprile del 1850 fece ritorno a Roma grazie alla protezione delle truppe francesi di Napoleone III. Durante il Risorgimento, Roma venne risparmiata dalla campagna del 1860 di Vittorio Emanuele II, ma nel 1870, alla caduta di Napoleone III, le truppe del Regno d’Italia entrarono a Roma (con la breccia di Porta Pia) ed il Papa si ritirò nel Vaticano, rifiutando di riconoscere il nuovo stato. Questa situazione, indicata come Questione Romana, durò fino ai Patti Lateranensi del 1929. Fino alla sua morte il Papa continuò a definirsi “prigioniero dello stato italiano”.
Dal punto del suo insegnamento, l’8 dicembre 1854 Pio IX proclamò con la Costituzione apostolica
Ineffabilis Deus il dogma dell’Immacolata concezione della Vergine Maria. Nel novembre del 1864 promulgò l’Enciclica Quanta cura sui mali della modernità, seguita l’8 dicembre 1864 dal Syllabus con una lista di errori del liberalismo e delle altre ideologie nascenti (socialismo e comunismo). Si dichiaro nemico del secolarismo, del razionalismo e del modernismo in tutte le sue forme, ergendosi a paladino dei conservatori. Nel 1869 convocò il Primo Concilio Vaticano, che come principale risultato enunciò il principio dell’infallibilità del Papa. Il dogma a quel tempo fu contestato sia in ambienti laici che religiosi. Nel 1874 istituì il “non expedit”, locuzione latina con la quale espresse il divieto ai Cattolici di partecipare alla vita politica italiana. La sua tomba è nella chiesa di San Lorenzo fuori le Mura.

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