Il card. Zuppi ha ricordato papa Francesco annunciatore della salvezza di Dio

“Quanta emozione celebrare in questo luogo, che ci riporta al ministero affidato da Gesù a Pietro, primato indispensabile che serve e rappresenta la comunione, antidoto al banale protagonismo, presidenza nella carità di un popolo che dall’oriente all’occidente è radunato dal Signore. Non è scontato, quando nel mondo una cosa sola è l’individuo, non persone diverse ma unite dall’amore”: ieri il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, ha presieduto una messa che accompagna il popolo di coloro che si reca a rendere omaggio alla salma di Papa Francesco nella basilica vaticana.
Nell’omelia il presidente dei vescovi italiani ha citato una frase di papa Benedetto XVI per raccontare la bellezza della fede: “La nostra concreta umanità, la parzialità del nostro amore segnato sempre dalla nostra fragilità, non solo non impedisce questa bellezza, ma la fa risaltare, perché non è la gloria ipocrita dei farisei o l’esaltazione della propria forza, ma quella di peccatori perdonati nella cui debolezza risalta la grandezza di Dio”.
Una preghiera per un papa che ha incentrato il suo pontificato sul dialogo: “Preghiamo per papa Francesco, insieme alle nostre Chiese in Italia, alle comunità tutte, a un popolo immenso nella casa comune del nostro paese e del mondo intero, segnato da tante divisioni, incapace di pensarsi insieme, di ascoltare il grido dei poveri, che costruisce lance e distrugge le falci e pericolosamente si lascia persuadere dalla logica della forza e non da quella del dialogo, dal pensarsi senza o sopra gli altri e non dal faticoso ma indispensabile pensarsi insieme”.
E’ stato un ringraziamento per aver annunciato la salvezza cristiana: “Ringraziamo per il dono di questo padre e pastore, fratello, che ha speso fino alla fine tutta la sua vita, con tanta libertà evangelica perché obbediente a Cristo, senza supponenza, scegliendo la semplicità così importante nella vita di san Francesco, che la immagina sorella germana della povertà. Non che il Santo approvasse ‘ogni tipo di semplicità, ma quella soltanto che, contenta del suo Dio, disprezza tutto il resto. E’ quella che pone la sua gloria nel timore del Signore e che non sa dire né fare il male. La semplicità che esamina sé stessa e non condanna nel suo giudizio nessuno, che non desidera per sé alcuna carica, ma la ritiene dovuta e la attribuisce al migliore’. La semplicità avvicina tutti e fa sentire possibile e facile farlo”.
Una semplicità per rendere gloria a Dio: “La semplicità è offrire una dimensione normale della vita ma non per banalizzarla, anzi, al contrario per comunicare ancora di più la grandezza di Dio, la gloria dell’umile. Ha voluto la Chiesa credibile perché povera e amica dei poveri, motivo della scelta del suo nome”.
E’ questa semplicità evangelica annunciata da papa Francesco: “E’ questa l’unica forza che permette alla Chiesa di ridare speranza a chi l’ha persa. L’amore si accorge Del povero, della sua attesa, sa guardare e raccoglie e fa sua la speranza dei poveri, proprio perché ha solo amore, vive la compassione di Gesù. Lo prese per la mano destra e lo sollevò, in maniera concreta, aiutando a rialzarsi, come sempre è il servizio e come ha fatto e chiesto papa Francesco”.
Ma oggi siamo come i discepoli di Emmaus: “Oggi siamo noi i due discepoli di Emmaus. La tristezza è molto più pervasiva di quello che pensiamo, avvolge i cuori impedisce come la malinconia di vedere altro, di riconoscere la vita intorno, quel pellegrino di cui pure parlavano e che desideravano. I due tornavano da dove erano venuti. La speranza appare impossibile e non bastano le parole dei discepoli o di alcune donne che dicono che è vivo.
La Parola di Dio si affianca di nuovo e ci dice che l’amore affronta e passa attraverso la sofferenza, che la morte è un inizio, che niente è perduto perché si trasforma, è avanti, non indietro. Sì, stolti e tardi di cuore lo siamo nel comprendere come solo vivendo le sofferenze possiamo entrare nella sua gloria”.
E papa Francesco si è accostato come Gesù ai due discepoli: “Papa Francesco con tutta la sua vita si è fatto pellegrino instancabile e credibile nel nome di Gesù, ascoltando e toccando il cuore. Oggi ci chiede ancora di guardare al futuro, di aprire gli occhi per sognare, di non accontentarsi. Come a Firenze, dieci anni fa, nel discorso alla Chiesa italiana, oggi è lui il pellegrino che ci impedisce di cercare nel passato sicurezza, soluzione, protezione.
Ha indicato e vissuto la gioia, ha messo al centro le Parole di Gesù, il kerigma, liberandolo da tante glosse, personali e ecclesiastiche, che lo rendevano inefficace, tanto da non parlare più al cuore, quasi da pensare di non avere niente da dire a chi, invece, cercava proprio le parole di vita eterna che solo Lui ha e che ci ha affidato”.
Ed ha percorso un tratto di strada insieme: “Oggi sentiamo Papa Francesco che si affianca nel nome di Gesù ai credenti spenti di entusiasmo e dalla paura. Ci ha fatto vedere anche fino alla fine che seguire la strada di Gesù è donarsi, andare nei luoghi dove è umiliato per trovarvi e donare gioia. E ci ricorda di essere nella gioia, come nel suo ministero ha sempre indicato. Prendiamo con noi le sue parole e i suoi gesti, lasciamoci toccare il cuore, farci ardere del suo amore, perché ci aiuteranno ad aprire gli occhi, a non tornare ad Emmaus, a prendere per buona una sicurezza senza speranza, per camminare di nuovo insieme.
Ritroveremo anche noi i fratelli e ci confermeremo a vicenda raccontando come l’avevano riconosciuto, testimoniando, ricostruendo quella frateria e quella comunione che il male vuole dividere e rendere insignificante. Papa Francesco continua a parlarci di questo a noi pellegrini di speranza e ci chiede di esserlo noi, ma insieme, comunità cristiana forte perché al centro c’è la relazione con la parola. E’ stato come l’Evangelii gaudium, da cui partire e che è stato l’orizzonte anche del Cammino sinodale, che dobbiamo tradurre in scelte e prosettore concrete”.
Infine ha invitato ad ascoltare le sue ultime parole di domenica scorsa: “Lo affidiamo al suo Signore e siamo certi che ci affida al Dio della vita. Grazie Papa Francesco per le tue parole, per la fiducia nella forza del Vangelo e nello Spirito che non fa mancare le risposte, perché ti sei affiancato a tanti pellegrini tristi e hai acceso i cuori, indicando la speranza, il futuro. Hai lasciato tanto e porti con te tanto. In pace”.