Aggiornamenti sul “caso Becciu”. Un grazie a Papa Francesco. I libretti liturgici per la chiusura della bara e le esequie del Romano Pontefice Francesco

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 24.04.2025 – Vik van Brantegem] –Riportiamo di seguite due articoli sul caso Becciu: Un nuovo “caso Becciu” scombussola il prossimo conclave della Prof.ssa Maria d’Arienzo, ordinario di Diritto ecclesiastico e Diritto canonico presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” su La Nuova Bussola Quotidiana di oggi 24 aprile 2025 e Becciu, colpo di scena: il cardinale escluso da Bergoglio potrà votare per eleggere il nuovo Papa. In questo modo i cardinali elettori saliranno a 136 e bisognerà toccare quota 92 per l’elezione di Antonino D’Anna su Affarialiani.it di ieri 23 aprile 2025. Inoltre, riportiamo la riflessione Il mio grazie a Papa Francesco di Renato Farina su Tempi.it di oggi 24 aprile 2025. Infine, alleghiamo i libretti liturgici della cerimonia di chiusura della bara, delle esequie e della tumulazione del Romano Pontefice Francesco.

Un nuovo “caso Becciu” scombussola il prossimo conclave
di Maria d’Arienzo
La Nuova Bussola Quotidiana, 24 aprile 2025
Il porporato sardo si considera reintegrato tra gli elettori e non risulta formalizzata la rinuncia ai diritti cardinalizi. Il parere della canonista Maria d’Arienzo su un rebus esploso in Sede Vacante, che i cardinali dovranno dirimere prima di entrare nella Cappella Sistina.
Il diritto di ingresso in Conclave reclamato dal Cardinale Angelo Becciu è un caso destinato a pesare sull’elezione del nuovo pontefice. Per chiarire i termini della questione pubblichiamo un contributo della Prof.ssa Maria D’Arienzo, ordinario di Diritto ecclesiastico e Diritto canonico presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
Come riportato nella lista pubblicata sul sito Vatican.va, aggiornata al 19 aprile 2025, sono 135 i cardinali elettori. Tra questi non compare il nominativo di S. Em. card. Angelo Becciu, condannato dal Tribunale vaticano in primo grado per le note vicende finanziarie che lo hanno coinvolto in qualità di ex Sostituto della Segreteria di Stato.
Dopo la morte di Papa Francesco, il Card. Becciu, da ultimo convocato anche all’ultimo Concistoro presieduto da Papa Francesco il 7 dicembre 2024, si è recato immediatamente a Roma, rivendicando, come sostenuto in alcune dichiarazioni rilasciate a L’Unione Sarda il 22 aprile 2025, il proprio diritto di voto del nuovo pontefice ed evidenziando che l’elenco pubblicato sul sito del Vaticano non abbia alcun valore giuridico.
Nella successiva giornata di martedì il Card. Becciu ha inoltre regolarmente partecipato alla prima Congregazione generale dei cardinali. Difatti, come stabilito dal punto n. 7 della Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis alle Congregazioni generali «devono partecipare tutti i cardinali non legittimamente impediti, non appena sono informati della vacanza della Sede Apostolica».
Con riguardo, invece, all’elezione del nuovo pontefice, il n. 36 della costituzione apostolica Universi Dominici Gregis esclude dalla partecipazione al conclave soltanto «i cardinali canonicamente deposti o che abbiano rinunciato, col consenso del Romano Pontefice, alla dignità cardinalizia», e stabilisce che «in periodo di Sede Vacante, il collegio dei cardinali non può riammettere o riabilitare costoro».
Sul punto occorre rilevare che nel caso di Becciu l’atto di “rinuncia ai diritti connessi al cardinalato”, avvenuto in udienza innanzi a Papa Francesco il 24 settembre 2020, non è mai stato prodotto in forma scritta, né è mai stata comunicata la relativa accettazione del Romano Pontefice.
Qualora si dovesse ritenere perfezionata la rinuncia ai diritti cardinalizi, la possibilità di ammettere il Card. Becciu alla partecipazione al Conclave discenderebbe, pertanto, dall’interpretazione delle disposizioni della Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis, e specificamente del n. 33, che configura l’elezione del nuovo pontefice come un diritto dei cardinali, e del n. 38, secondo cui, invece, «tutti i cardinali elettori […] sono tenuti, in virtù di santa obbedienza, ad ottemperare all’annuncio di convocazione e a recarsi al luogo designato allo scopo, a meno che siano trattenuti da infermità o da altro grave impedimento, che però dovrà essere riconosciuto dal collegio dei cardinali».
Su tali aspetti si dovrà pronunciare la Congregazione generale, che, dunque, potrebbe anche orientarsi verso l’ammissione di Becciu al Conclave anche in considerazione della circostanza che la sentenza di condanna del Tribunale vaticano è di primo grado e vige nell’ordinamento vaticano il principio della presunzione di innocenza sancito dall’art. 350 bis del codice di procedura penale vaticano introdotto dall’art. 35 della Legge vaticana n. IX dell’11 luglio 2013.
La scelta di ammettere Becciu, inoltre, potrebbe assumere particolare valore simbolico durante l’Anno giubilare in corso, chiamato, come si evince dalla stessa Bolla d’indizione Spes non confundit, a permettere a tutti di «scoprire quanto sia illimitata la misericordia di Dio».
Becciu, colpo di scena: il cardinale escluso da Bergoglio potrà votare per eleggere il nuovo Papa
In questo modo i cardinali elettori saliranno a 136 e bisognerà toccare quota 92 per l’elezione
di Antonino D’Anna
Affarialiani.it, , 23 aprile 2025
Potrà entrare in Conclave a votare. Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, già stasera (o domani, al più) potrebbe esserci il clamoroso annuncio da parte della Santa Sede: Angelo Becciu, il cardinale sardo che era stato “scardinalato” da Papa Francesco nel 2020 e che è stato condannato in primo grado dal Tribunale vaticano per peculato, vedrà riconosciuto dai confratelli la possibilità di entrare in Conclave e votare per il futuro Papa.
A quanto Affari è in grado di apprendere, pare che oggi pomeriggio ci sia stato un confronto tra Becciu e un gruppo di porpore, una discussione a quanto pare molto serena che avrebbe portato al chiarimento: Becciu può votare, le norme canoniche glielo permettono dal momento che ha mantenuto il ruolo cardinalizio e perché del resto Jorge Mario Bergoglio non ha mai preso un provvedimento definitivo su di lui, facendolo anzi partecipare a incontri pubblici e Concistori.
Aveva dunque ragione il porporato sardo: l’elenco che lo indica come “non elettore” non vale niente e dunque lui potrà esprimere il suo voto sotto lo sguardo del Giudizio Universale michelangiolesco.
In questo modo i cardinali elettori saliranno a 136 e bisognerà toccare quota 92 per l’elezione.
Una decisione saggia dei cardinali, va detto, che permetterebbe uno svolgimento senza grossi intoppi dell’elezione papale.
Intanto prosegue l’enorme afflusso di pellegrini in San Pietro, dove oggi è stato esposto il feretro contenente il corpo del Papa. Sono già stati centomila i fedeli che hanno sfilato davanti all’altare maggiore della Basilica per rendere omaggio a Jorge Mario Bergoglio.

Il mio grazie a Papa Francesco
di Renato Farina
Tempi.it, 24 aprile 2025
Scrivo dopo che è già stato scritto tutto su Francesco. Meno male. Sono alleggerito dal compito di inserire la sua figura nel mosaico della storia universale. Devo dire che ci ha pensato lui a liberarmi da questo peso ridicolo e presuntuoso. Negli ultimi mesi – quando si sentivano i passi della morte avvicinarglisi – mi vergogno a dire che avevo soppesato il lascito del suo pontificato, ritrovandomi a segnalare i pro e i contro, pensando a quale articolo avrei potuto scrivere. Mi sono rifiutato di mettermi a scrivere un articolo precotto, cui pure la professione di giornalista talvolta costringe. Avete visto quanti articoli del medesimo vaticanista o intervistatore sono apparsi sullo stesso quotidiano il giorno stesso (sul sito internet) o il mattino dopo (sulla carta) l’annuncio della morte del Papa? Non pezzi improvvisati, trafelati, dove la sintassi è travolta dall’emozione, ma scritti con citazioni perfette, costruzioni ingegneristiche sul significato epocale e rivoluzionario delle novità, l’elencazione dei molteplici primati, eccetera.
Ho fatto bene a non ingessare i miei pensieri. Le cose quando accadono muovono il vento, fanno tremare la terra: l’esperienza è un’altra cosa rispetto al mestiere di prevederla e preconfezionarla.
L’ultimo atto di Francesco mi ha scombussolato, non era prevedibile nelle sue conseguenze di grazia, perché la grazia non si prevede, accade se vuole. Ed essa, anzi, Lei, la Grazia, ha rovesciato la scacchiera dove erano disposti in bell’ordine di battaglia le pedine bianche e quelle nere. La formidabile attitudine di rendere presente la misericordia di Dio, con parole e gesti, l’instancabile richiamo alla pace e a curare i poveri e i migranti; e, sull’altra riva, i territori desolati che la Chiesa ha abbandonato, un manicheismo che ha ferito anche poveri Cristiani che si sono sentiti maltrattati e incompresi dal loro “dolce Cristo in terra” (Santa Caterina), dolce ma non per loro, considerati farisei e indietristi, con le conseguenti criticità e lacerazioni che sono visibili nel tessuto delle comunità.
Eppure, tutti questi sono fatti sì, ma cambiano colore, diventano increspature del mare, che resta profondo, azzurro, com’è il mistero dell’Incarnazione del Cristo presente, con tutti i limiti di chi è stato afferrato dalla Provvidenza e messo al timone della barca di Pietro, piena di sporcizie e nefandezza, ma non ce n’è altra dove ci sia posto e una carezza di Dio e di Sua Madre per noi disgraziati.
Come tutti, anch’io ondeggiavo tra due pensieri ascoltando i resoconti dei medici delle ultime settimane. Due volte era stato più di là che di qua, preso per i capelli dai medici e insieme da qualche angelo perché doveva ancora finire il suo lavoro. Poi il ritorno per la convalescenza, con il trasferimento dal Gemelli a Santa Marta, e il rapido dietrofront per il pellegrinaggio a Santa Maria Maggiore, all’icona della Salus Populi Romani, e l’impossibilità fisica di accedervi, per gli scalini; e il miglioramento continuo ma francamente invisibile in quel volto gonfio, le mani che non riuscivano a sollevarsi dalle gambe su cui erano posate in carrozzella, infine era andato a trovarla, ci era riuscito, dato un occhio alla tomba già scavata e pronta, credeva di aver finito il proprio compito nel mondo. Ma no. Venerdì Santo, Sabato Santo, avanti e indietro, con il vento di primavera, di morte e di risurrezione. Infine la Pasqua. Ha benedetto impercettibilmente, ma le parole erano chiare, ha dettato anche il nome di Armenia, con mia grande gioia. E poi subito in giro in jeep mobile a stare in mezzo al popolo dei poveri cristi, arrivati all’alba con lo scartozzello del panino e frittata, e i bimbi piccoli con il pannolino da cambiare. Riesce a carezzarli, a sorridere. È come Giovanni Paolo II il 13 maggio del 1981, due colpi deviati dalla Madonna di Fatima, aveva ancora da fare.
Allo stesso modo, Francesco. Non è stata la sfida di Prometeo, che vuole chiedere troppo al suo fisico, così da morire da eroe. Poteva abbandonarsi alla morte, ma è stato chiamato a quel gesto dalla folla che suscita compassione in Pietro, come accadde a Gesù. Capisco: anche di lui si diceva che era divisivo, agitava il popolo, sconvolgeva la legge mosaica, si credeva superiore, anche se veniva da un Paese disastrato come Nazaret, provincia dell’Argentina.
E poi in un istante, all’alba dell’Angelo, l’ictus, il transito, che non è morte se non per gli appositi certificati del Camerlengo, ma è vita da vita. È stato il suo un microscopico infinito atto di donazione. Non è stato un espediente, ma l’incedere dell’Amore gratuito, fragrante, inetto, fiorito in un vecchio Papa malato.
Il resto? Le pedine bianche e quelle nere? Resta tutto vero, il bene e il male fatto da Jorge Mario Bergoglio, ma quel Fatto del Cristo Risorto assume tutto, gli è stato offerto da quel tipo che come il predecessore cui aveva chiesto in riva a un lago “mi ami più di costoro?”, e restituisce nuova ogni cosa.
Alla fine, in attesa della sua sepoltura, vorrei che Francesco vedesse nella luce del Padre le cose che può raddrizzare con l’aiuto della madre ai cui piedi ha lasciato seppellire il suo corpo prima che risorga. Sappia che lo ringrazio per tutto, ma vorrei seminare sulla pagina dei miei amici di Tempi un pugno di piccole cose che sono diventate mie grazie a papa Francesco, alla sua testimonianza fattuale, o al racconto fattomi da suoi amici che hanno condiviso la sua quotidianità di battezzato (i Papi dopo morti sono spogliati del loro abito teatrale).
1. Ho imparato a toccare la mano dei poveri cui porgo una moneta, a guardarli in volto. Cambia tutto. Non risolve niente quella moneta. Ma quella mano, la mano di quella persona, mi insegna tanto. Non mi fa sentire a posto, come fosse un’elemosina meglio riuscita secondo le regole della bontà. Mi ricorda chi sono io e chi è lui. E lui è Lui, come diceva dei poveri Madre Teresa, e Francesco (entrambi i Francesco).
2. L’importanza dei vecchi, la loro essenzialità per una vita buona. Non sono scarti, ma tesori, piagati e piegati, ma oro per la vita di tutti. Mi fa piacere non solo perché lo sto diventando io, ma perché questo offre al mondo e alla politica un altro paradigma. L’ultimo scritto a sua firma è stato pubblicato ieri da La Stampa ed è la prefazione al libro del Cardinale Angelo Scola in uscita nei prossimi giorni (Nell’attesa di un nuovo inizio. Riflessioni sulla vecchiaia, Libreria Editrice Vaticana). Scrive Francesco: «Angelo Scola ci parla della vecchiaia, della sua vecchiaia, che — scrive con un tocco di confidenza disarmante – “mi è venuta addosso con un’accelerazione improvvisa e per molti aspetti inaspettata”. Già nella scelta della parola con cui si auto-definisce, “vecchio”, trovo una consonanza con l’autore. Sì, non dobbiamo aver paura della vecchiaia, non dobbiamo temere di abbracciare il diventare vecchi, perché la vita è la vita ed edulcorare la realtà significa tradire la verità delle cose. Restituire fierezza a un termine troppo spesso considerato malsano è un gesto di cui esser grati al cardinale Scola. Perché dire “vecchio” non vuol dire “da buttare”, come talvolta una degradata cultura dello scarto porta a pensare. Dire vecchio, invece, significa dire esperienza, saggezza, sapienza, discernimento, ponderatezza, ascolto, lentezza… Valori di cui abbiamo estremamente bisogno! È vero, si diventa vecchi, ma non è questo il problema: il problema è come si diventa vecchi. Se si vive questo tempo della vita come una grazia, e non con risentimento; se si accoglie il tempo (anche lungo) in cui sperimentiamo forze ridotte, la fatica del corpo che aumenta, i riflessi non più uguali a quelli della nostra giovinezza, con un senso di gratitudine e di riconoscenza, ebbene, anche la vecchiaia diventa un’età della vita, come ci ha insegnato Romano Guardini, davvero feconda e che può irradiare del bene.
Angelo Scola evidenzia il valore, umano e sociale, dei nonni. Più volte ho sottolineato come il ruolo dei nonni sia di fondamentale importanza per lo sviluppo equilibrato dei giovani, e in definitiva per una società più pacifica. Perché il loro esempio, la loro parola, la loro saggezza possono instillare nei più giovani uno sguardo lungo, la memoria del passato e l’ancoraggio a valori che perdurano. Dentro la frenesia delle nostre società, spesso votate all’effimero e al gusto malsano dell’apparire, la sapienza dei nonni diventa un faro che brilla, rischiara l’incertezza e dà la direzione ai nipoti che possono trarre dalla loro esperienza un “di più” rispetto al proprio vivere quotidiano».
3. Pregare i Santi. La devozione al Sacro Cuore di Gesù. Mi disse una sua antica amica: «Lui mi ha in segnato a pregare San Giuseppe, con fiducia. Mi ha spiegato che Giuseppe, come sempre i falegnami, è sempre in ritardo a consegnare il suo lavoro, ma arriva sempre. Così il suo aiuto e le sue grazie per noi. E quando veniva a trovarmi facevo in modo trovasse per lui le rose bianche, che subito riferiva alla promessa di Santa Teresina del Bambino Gesù di concedere la grazia richiesta. E il suo sguardo si apriva». E il Sacro cuore! L’enciclica Dilexit nos (Ci ha amati), l’ultima con il suo nome, ha al centro il Cuore di Cristo. Non è la semplice, stupenda raccomandazione di una devozione popolare, ma coincide con il mettere al centro di tutto-tutto-tutto il cuore di Gesù, che è Cristo in corpo anima, umanità e divinità. Lo dico male. Lo direte meglio voi ai vostri figli e nipoti.

Postscriptum
Si nota, che non c’è più Guido Bertolaso a gestire la cosa.
«Il flusso dei fedeli che vogliono andare a San Pietro è gestito malissimo. L’obbligo di metal detector rende le attese lunghissime anche se la gente non è moltissima, e ieri sera non si passava per via della Conciliazione ma per percorsi strani e tortuosi. Colpa della gestione dei flussi messa su per il Giubileo….un disastro. Ieri sera alle 8 solo 20 mila fedeli erano andati a San Pietro. Vedremo come va oggi. Speriamo che la gestione migliori» (Angela Ambrogetti).