Fr. Massimo Fusarelli: il magistero di papa Francesco è stato francescano

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“Con animo commosso e grato, mi rivolgo a tutti voi nel momento in cui la Chiesa e il mondo intero piangono la scomparsa di papa Francesco, il primo pontefice nella storia ad aver scelto il nome del nostro Serafico Padre. Questa scelta, fatta la sera stessa della sua elezione, ha rivelato sin dall’inizio l’orientamento del suo pontificato: un ritorno sempre nuovo alla semplicità evangelica, alla Chiesa vicina ai poveri, al primato della misericordia e dell’incontro con ogni persona umana”: con queste parole inizia la lettera del ministro generale dell’ordine dei Frati Minori, fra Massimo Fusarelli, pubblicata in occasione della morte di papa Francesco.

In questa lettera il ministro generale dei frati minori ha evidenziato i tratti francescani del suo pontificato: “Al cuore della parola e dell’azione di papa Francesco c’è stata una lettura immediata e diretta del Vangelo, quella stessa che spinse Francesco d’Assisi a dire: ‘Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore’. Abbiamo visto nel Santo Padre quella capacità di cogliere l’essenza dell’annuncio evangelico senza sovrastrutture, senza compromessi con le logiche mondane, con un’immediatezza che colpiva direttamente il cuore delle persone.

La spiritualità ignaziana, che ha formato il papa, si è intrecciata mirabilmente con la sensibilità francescana nell’atteggiamento contemplativo verso la Parola di Dio, nella capacità di ‘vedere e toccare’ la carne di Cristo nei poveri e sofferenti di ogni tipo, nella ricerca costante della volontà di Dio attraverso il discernimento”.

Quindi tutto il magistero del papa è francescano: “Tutto questo magistero si traduce in una visione di Chiesa che ricorda da vicino quella primitiva fraternità francescana: una Chiesa in uscita, non autoreferenziale, povera e per i poveri, che cerca di ristabilire la dignità degli scartati, che si fa ‘ospedale da campo’ per curare le ferite dell’umanità piuttosto che fortezza arroccata nelle proprie sicurezze.

Possiamo dire che la visione di Chiesa come popolo di Dio pellegrino nella storia, maturata con il Concilio Vaticano II, ha trovato nel nostro compianto Santo Padre un testimone e un artefice convinto e coraggioso. Come il nostro Serafico Padre, anche Papa Francesco ha tessuto il suo pontificato con gesti che sono parabole viventi, linguaggio senza parole che invita a guardare oltre l’apparenza”.

Anche il suo modo di comunicare è stato semplice ed innovativo: “Il linguaggio di papa Francesco, immediato, concreto, a volte persino colloquiale, ci ha ricordato la predicazione di san Francesco, che utilizzava immagini semplici, parabole comprensibili, gesti eloquenti per raggiungere il cuore delle persone. Come il Poverello che predicava agli uccelli e componeva canti in volgare, papa Francesco ha saputo trovare modalità comunicative capaci di attraversare le barriere sociali e culturali.

I suoi neologismi (‘misericordiare’, ‘primerear’), le sue metafore pastorali (la Chiesa come ‘ospedale da campo’), le sue immagini efficaci (i pastori che ‘hanno l’odore delle pecore’) hanno dato nuova freschezza all’annuncio evangelico di sempre, rendendolo più accessibile alla sensibilità contemporanea”.

Sia per san Francesco che per papa Francesco è stato fondamentale l’incontro con i poveri: “Per entrambi, l’incontro con i poveri non è un’attività tra le altre, ma l’esperienza fondativa della propria conversione, il luogo teologico dove Cristo stesso si rivela. Il povero è ‘segno, quasi sacramento della presenza di Dio’, come affermava il papa, e l’incontro con lui è capace di trasformare ‘in dolcezza d’anima e di corpo’ l’amarezza dell’esistenza.

Come per il Santo di Assisi, anche per papa Francesco questa attenzione ai poveri apre vie nuove alla stessa comprensione della fede. I poveri diventano così non solo destinatari della nostra carità, ma nostri maestri spirituali che ci evangelizzano. ‘I poveri ci salvano’, ha ripetuto spesso il pontefice, perché ci strappano dall’autoreferenzialità, dall’illusione di autosufficienza, dall’idolatria della ricchezza, e ci riportano all’essenziale del Vangelo”.

Il ministro generale nella lettera ha ricordato il pellegrinaggio del papa ad Assisi per ritrovare la ‘purezza evangelica’: “E’ significativo che papa Francesco abbia scelto di compiere il suo primo viaggio apostolico proprio ad Assisi, e che vi sia tornato numerose volte, per sottolineare come la speranza cristiana nasca proprio dalla povertà evangelica, dal distacco che ci rende liberi perché totalmente affidati a Dio.

In questo itinerario spirituale, che va dalla Regola alle Stimmate al Transito, possiamo vedere una sintesi perfetta del cammino che papa Francesco ha proposto alla Chiesa durante il suo pontificato: un ritorno continuo alla purezza evangelica, passando attraverso la conformazione a Cristo crocifisso, per giungere alla pienezza della speranza cristiana”.

Quindi il papato di Francesco è uno sprone per l’ordine francescano: “La vita e il magistero di papa Francesco rappresentano per noi francescani una potente chiamata a riscoprire l’essenzialità del nostro carisma, a tornare al cuore del Vangelo, a vivere con maggiore autenticità la nostra vocazione di fratelli e minori. Il suo esempio ci invita a una conversione continua, a uscire dalle nostre sicurezze per andare incontro agli altri, specialmente ai più poveri, ad abbracciare con coraggio le sfide del nostro tempo, a essere promotori di pace in un mondo lacerato, a custodire la creazione come nostra casa comune”.

Per questo il ministro generale dell’ordine francescano ha invitato a non disperdere questa ‘eredità’: “In questo momento di dolore ma anche di profonda gratitudine, raccogliamo questa eredità spirituale che ci viene consegnata, impegnandoci a viverla con rinnovato slancio nelle nostre fraternità e nei nostri ministeri”.

Concludendo la lettera ha evidenziato la centralità della Madre di Dio nel ministero del papa: “Nel suo ministero, il Papa ha costantemente richiamato alla centralità di Maria nella storia della salvezza, non come figura accessoria, ma come protagonista attiva del piano divino. Si è recato in pellegrinaggio a tanti santuari mariani, dal primo giorno del suo pontificato quando si recò a Santa Maria Maggiore, fino alle visite a Fatima, a Loreto, ad Aparecida e tanti altri luoghi di devozione mariana nel mondo”.

Per questo il papa era ‘affezionato’ a Maria ‘Salus Populi Romani’: “La sua preghiera davanti all’icona di Maria ‘Salus Populi Romani’ prima e dopo ogni viaggio apostolico richiama il gesto di Francesco che, prima di morire, volle essere portato a Santa Maria degli Angeli. In entrambi vibra quell’affidamento totale alla Madre che ha caratterizzato i nostri Santi più autentici.

Papa Francesco ha spesso sottolineato come in Maria si ritrovi la sintesi di ciò che siamo chiamati ad essere come Chiesa: accogliente, generativa, contemplativa, missionaria… La mariologia di papa Francesco, come quella del Poverello, non è mai disincarnata o sentimentale, ma profondamente cristocentrica ed ecclesiale. Maria è la ‘prima discepola’, colei che custodisce la Parola e cammina nella fede; è la ‘Madre della Chiesa’ che genera continuamente nuovi figli nel dolore ai piedi della Croce; è la ‘Stella dell’evangelizzazione’ che guida i nostri passi nell’annuncio del Vangelo fino agli estremi confini della terra”.

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