Ricordando papa Francesco per una Chiesa aperta

Ieri mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, ha celebrato una messa di suffragio per papa Francesco, in cui è stato utilizzato il calice che papa Francesco donò alla diocesi in occasione della sua visita a Milano il 25 marzo 2017: “L’impatto emotivo della morte di papa Francesco ha suscitato molti discorsi, molte analisi, molte confidenze di esperienze. In questi giorni sono pervenuti a tutti noi parole, immagini e riflessioni. Questa sera noi non siamo qui per una commemorazione, per una rievocazione della figura e del pontificato di papa Francesco. Noi siamo qui questa sera a pregare per papa Francesco, a chiedere alle scritture che verranno proclamate di imparare ad ascoltare, a vivere e a celebrare la Pasqua che papa Francesco ha celebrato domenica e ha compiuto lunedì”.
Nell’omelia mons. Delpini ha sottolineato che il cristiano è ‘disturbante’: “Il cristiano che ha fatto Pasqua è irritante, mette a disagio, si rende antipatico perché annuncia in Gesù la risurrezione dei morti. Il cristiano che ha fatto Pasqua disturba perché prende la parola anche se non è autorizzato dalle autorità costituite. E’ fastidioso perché porta un messaggio sconcertante e mette in discussione le consuetudini pigre, la prepotenza dei potenti”.
E’ disturbante perché va al cuore del problema: “Il cristiano che ha fatto Pasqua tocca il cuore di quelli che hanno ascoltato la Parola e credono, ma suscita l’ostilità di coloro che non vogliono più sentir parlare di Gesù. Il cristiano che ha fatto Pasqua sa che la Pasqua sarà motivo di irritazione e di persecuzione dappertutto per coloro che l’annunciano e motivo di gioia indicibile per coloro che credono”.
In questo senso papa Francesco ha ‘fatto’ Pasqua: “In questi giorni si dice molto, si analizzano gli aspetti complessi del suo ministero da Vescovo di Roma, come servo dei servi nella Chiesa universale, come un uomo che si è fatto voce di coloro che non hanno voce, come un profeta che ha invocato ostinatamente (e a quanto pare inutilmente) la pace.
Si può dire molto di papa Francesco, questa sera però io credo che si possa dire semplicemente così: papa Francesco è un cristiano che ha fatto Pasqua e ha sperimentato il timore e la gioia grande e si è dedicato a sostenere la fede e la perseveranza dei fratelli. Ed è stato fastidioso, irritante per la sua parola che, in nome del Vangelo, ha proposto uno stile di vita, una attenzione ai più poveri, un doveroso cammino di conversione. E’ stato fastidioso, però così sono i cristiani che fanno Pasqua: lieti, timorosi, zelanti e irritanti”.
Per questo suo attaccamento alla Parola di Dio la ‘Casa della Carità’ ambrosiana ha ripercorso brevemente il pontificato del papa: “In questi 12 anni, a partire da quel semplice ‘Buonasera’ con cui ha salutato il mondo dopo la sua elezione, Papa Bergoglio ha cambiato il volto della Chiesa e ha saputo parlare a credenti e non credenti. Dalla prima visita a Lampedusa al suo invito a essere ‘Chiesa in uscita’, dalle sue encicliche allo sguardo verso gli ultimi, gli scartati, al costante richiamo a perseguire la pace, ci ha insegnato a vivere il Vangelo nel presente. Per noi di Casa della Carità, le sue parole e i suoi gesti sono stati una guida, in continuità con gli insegnamenti del card. Carlo Maria Martini”.
Il presidente della ‘Casa della Carità’, don Paolo Solmi, ha ripercorso il magistero di papa Francesco: “Attraverso i suoi scritti (come l’esortazione ‘Evangelii Gaudium’ e le encicliche ‘Laudato Sì’ e ‘Fratelli tutti’) papa Francesco ha saputo parlare non soltanto ai cattolici, ma anche ai credenti di altre religioni e ai non credenti, offrendo all’umanità intera un dono prezioso di riflessione e speranza.
In questi dodici anni di pontificato ha incessantemente esortato tutte e tutti a partire dai margini, dalle periferie ‘geografiche ed esistenziali’, ad accogliere le fragilità e a contrastare ogni esclusione sociale, da lui definita ‘cultura dello scarto’. Bergoglio ha posto i poveri al centro della sua riflessione teologica”.
Anche don Virginio Colmegna ha ricordato il suo messaggio per una ‘Chiesa aperta’: “Il suo messaggio ci lascia in eredità una missione: proseguire su questo solco tracciato, con fede, ascolto, umiltà. Un grazie profondo che si trasforma in preghiera e impegno. La sua scomparsa, avvenuta in tempo pasquale, dentro l’annuncio della resurrezione, ci ricorda che la speranza è il centro della nostra fede”.
Una spiritualità aperta alla comunione: “Ci ha affidato un compito che va oltre l’impegno sociale: vivere una spiritualità che apra la Chiesa al dialogo, alla comunione, alla gioia del Vangelo vissuto nella concretezza delle relazioni. In un tempo in cui sembra prevalere il delirio di onnipotenza, papa Francesco ci ha lasciato in dono la coscienza della fragilità e della debolezza come luogo in cui si rivela il senso del nostro cammino”.
Una comunione che porta la gioia della riconciliazione: “Ha riportato al centro la gioia della riconciliazione e del perdono, come ci ha ricordato nella Evangelii gaudium, e ha dato nuova energia alla Chiesa anche attraverso esperienze come il Convegno ecclesiale di Firenze. Ha spronato tutti noi a essere testimoni e pellegrini, Chiesa viva e in movimento”.
Mentre il giornalista e scrittore Biagio Maimone, direttore della comunicazione dell’associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, il cui presidente è mons. Yoannis Lazhi Gaid, già segretario personale di papa Francesco, ha paragonato papa Francesco al santo di Assisi: “Il suo esempio storico è stato Francesco d’Assisi, il quale ha chiamato tutte le creature fratelli e sorelle, sorretto da un forte sentimento di amore cristiano che considera uguali tutti gli esseri viventi. Papa Francesco, avvinto dalla testimonianza evangelica di Francesco d’Assisi, ha voluto riproporre la sua grandiosa magnificenza in quanto espressione di autentica fede in Dio.
Così ha dato corso al discorso sulla pace, che egli lega ad un nuovo concetto di giustizia. Ne scaturisce un altro binomio indissolubile, che è il binomio ‘Pace-Giustizia’, da cui dovrà sgorgare uno scenario di trasformazioni sociali, economiche, giuridiche, umanitarie e spirituali davvero sorprendenti. Papa Francesco ha interpellato le nostre coscienze quando ha sottolineato che la giustizia vera, senza difetti, che va oltre il giudizio soggettivo, oltre le faziosità che conducono ai conflitti, è solo quella fondata sulla misericordia”.