Non agiografia né livore e disprezzo, ma rispetto e discernimento

Papa Francesco
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.04.2025 – Vik van Brantegem] –Condividiamo di seguito due riflessione del Maestro Roberto Bonaventura dalla sua pagina Facebook [QUI e QUI] che ci trovano pienamente d’accordo (poi si sa, sui social e specialmente su Facebook, si trovano le cose più belle e le più grande schifezze, la ragione e la follia, la bellezza e la cattiveria) per la chiarezza, il rispetto, il discernimento, la misura, l’equilibrio e il grande amore per il papato e per la Chiesa che esprimono. È la via che noi percorriamo. “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa” [V.v.B.].

Scorrendo i social, in particolare Facebook, colpisce oggi — giorno della morte di Papa Francesco — la valanga di reazioni contrastanti: una marea incalcolabile di post, alcuni entusiastici fino all’agiografia, altri colmi di livore e disprezzo, come se la morte di Papa Bergoglio fosse l’occasione per regolare conti rimasti in sospeso.

È raro, rarissimo, imbattersi in parole misurate, in un giudizio che sappia tenere insieme il rispetto dovuto alla figura e l’onestà di una valutazione.

Il mondo di coloro che si professano Cattolici pare oggi irrimediabilmente spaccato: o con lui o contro di lui, come se la frase del Vangelo «Chi non è con me è contro di me» — che riguarda Gesù Cristo — dovesse ormai applicarsi anche al Papa.

Ricordo con una punta di atroce nostalgia i tempi in cui, quando moriva un Papa, l’amore e la deferenza venivano da tutti i fedeli, e le critiche più dure dai lontani, dagli atei, dai non credenti, da chi guardava la Chiesa da fuori. Oggi invece il conflitto si è spostato dentro, tra le pieghe stesse del Corpo mistico, come un’ombra che si annida nel tempio.

Come ebbe modo di dire Benedetto XVI, il pericolo più grave per la Chiesa non viene mai dall’esterno, ma dal peccato che si annida dentro di essa, nel cuore dei suoi stessi figli. E del resto — lo sappiamo — il demonio è celebre per la sua arte di dividere: è il seminatore di zizzania, il grande disgregatore. Una casa divisa in sé stessa non può reggere.

Senza entrare nel merito dei giudizi — ché non spetta a noi pronunciarli in modo assoluto — qualcosa si può e si deve dire, con rispetto e discernimento.

Una cosa è certa: i Papi muoiono, ma il papato, così come lo ha istituito Nostro Signore, non deve e non può morire.

Sulla morte di Papa Francesco

Che la morte altrui ci rammenti che si muore, e che tutti dovremo morire. E che ognuno, senza scampo, comparirà al Tribunale giusto, inesorabile e inappellabile del Signore Gesù Cristo.

La Chiesa ha conosciuto, nei secoli, duecentosessantasei Pontefici e un certo numero di antipapi, talvolta ritenuti veri fino al giudizio del tempo. Ciò ricorda che la Chiesa non è creazione né proprietà di alcun uomo, ma Corpo Mistico di Cristo, la cui guida invisibile e infallibile è lo Spirito Santo. Il Papa non è padrone della Chiesa, ma servus servorum Dei. È a Gesù Cristo che si deve obbedienza.

Ora Papa Francesco ha lasciato il mondo, e la sua anima è nelle mani di Dio. Non è tempo di elogi affrettati né di recriminazioni sterili, ma di preghiera. Si preghi per la sua anima, si preghi con sincerità che Dio lo accolga nella Sua misericordia. E, ancor di più, si preghi perché venga scelto un successore capace di custodire, con amore filiale e fortezza apostolica, il depositum fidei, quel tesoro che «non è nostro, ma ci è stato affidato» — come ricordava San Vincenzo di Lérins — e che nessuna epoca ha il diritto di manomettere.

Diceva Santa Caterina da Siena: «Anche se il Papa fosse un demonio incarnato, non dobbiamo sollevarci contro di lui, ma piuttosto sollevarci contro i nostri peccati. Tuttavia, dobbiamo pregare perché egli compia la volontà di Dio, non la propria».

E San Pio X ammoniva: «Quando si tratta di salvare l’anima, bisogna abbandonare il rispetto umano e gridare forte la verità, anche se fosse contro tutti».

La Chiesa, forse, ha attraversato tempeste ben più gravi di quelle odierne. E sempre il Signore ha saputo trarre luce dalle tenebre, verità dall’errore, vita dalla morte. Confidiamo, dunque, in Colui che non abbandona la Sua Sposa. Non chiediamo un Papa che ci assomigli, ma un Papa che assomigli a Cristo.

Roberto Bonaventura

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