FC: la revoca della scomunica ai lefevriani meritava ben altra comunicazione
Il settimanale cattolico più venduto in Italia nell’ editoriale sul numero in edicola da domani rilegge la vicenda della revoca della scomunica a quattro vescovi della Fraternità di San Pio X e critica la “regia” e la “comunicazione” della mano tesa del papa. Ecco il testo integrale: “DI FRONTE ALL’ATTUALE CRISI ETICA, SOCIALE ED ECONOMICA DEL MONDO LA CHIESA HA MOLTO DA DIRE SULLA SCIA DEL CONCILIO”.
«Occorre vigilare perché non vengano usate formule che ci riportino indietro rispetto al concilio Vaticano II». Con un articolo apparso il 2 febbraio del 2008 su La civiltà cattolica, il cardinale Carlo Maria Martini elencava “alcune cose da evitare” nel Sinodo dei vescovi convocato per ottobre, e dedicato al tema La parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. Il richiamo del cardinale fu letto come una preoccupazione indirizzata a quanti tendono a relegare il Concilio tra i reperti di un passato ingombrante, da “tradire” più che “tradurre” nella complessa realtà del nostro tempo. A questi “affossatori” del Concilio, che cercano di arruolare abusivamente nelle loro truppe anche papa Ratzinger, vale la pena ricordare le parole che Benedetto XVI, appena eletto rivolse ai cardinali, il 20 aprile 2005, nella Cappella Sistina: «Nell’accingermi al servizio che è proprio del successore di Pietro, voglio affermare con forza la decisa volontà di proseguire nell’impegno di attuazione del concilio Vaticano II, sulla scia dei miei predecessori e in fedele continuità con la bimillenaria tradizione della Chiesa».
«Col passare degli anni», proseguiva il Papa, «i documenti conciliari non hanno perso di attualità; i loro insegnamenti si rivelano anzi particolarmente pertinenti in rapporto alle nuove istanze della Chiesa e della presente società globalizzata». Nelle sue parole si avvertiva l’eco del “testamento spirituale” di Giovanni Paolo II: «Stando sulla soglia del terzo millennio in medio Ecclesiae, desidero esprimere gratitudine allo Spirito Santo per il grande dono del concilio Vaticano II, al quale insieme con l’intera Chiesa mi sento debitore. Sono convinto che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito. Come vescovo che ha partecipato all’evento conciliare dal primo all’ultimo giorno, desidero affidare questo grande patrimonio a tutti coloro che sono e saranno in futuro chiamati a realizzarlo». In un mondo percorso dai brividi di una crisi etica, sociale ed economica di proporzioni inquietanti, la Chiesa ha ancora molto da dire e da dare, proprio sulla scia del Concilio. A proposito dell’economia, ad esempio, la Gaudium et spes riafferma la centralità del lavoro, «di valore superiore agli altri elementi della vita economica, poiché questi hanno solo valore di strumento». Così com’è attualissimo il richiamo che riserva ai politici: «I partiti devono promuovere ciò che è richiesto dal bene comune; mai è lecito anteporre il proprio interesse a tale bene».
E a quanti, per meschini calcoli elettoralistici alimentano e cavalcano le ondate di xenofobia, il Concilio ricorda: «Ogni genere di discriminazione circa i diritti fondamentali della persona, sia in campo sociale che culturale, in ragione del sesso, della razza, del colore, della condizione sociale, della lingua o religione, deve essere superato ed eliminato, come contrario al disegno di Dio». Il recupero degli scismatici lefebvriani (con un vescovo che nega l’olocausto degli ebrei e preti che contestano l’esistenza delle camere a gas) rischia di appannare l’immagine della Chiesa cattolica e del Vaticano II, così come la mano tesa alla Fraternità di san Pio X avrebbe meritato ben altra regia e comunicazione.
Fonte: Famiglia Cristiana