L’Aquila non dimentica le 309 vittime del sisma

Nei giorni scorsi, in occasione delle celebrazioni del XVI anniversario del sisma del 2009 nella chiesa di S. Maria del Suffragio de L’Aquila, è stata officiata una celebrazione eucaristica dall’arcivescovo metropolita dell’arcidiocesi, mons. Antonio D’Angelo in suffragio dei 309 ‘martiri’ del sisma del 2009 con una fiaccolata partita dalla Casa dello Studente, attraversando via XX Settembre per raggiungere il parco della Memoria, in cui i parenti delle vittime hanno deposto i fiori, 250 rose, una per ogni famiglia, sui nomi incisi nel memoriale, dove ha preso la parola Vincenzo Vittorini, esponente del comitato dei familiari delle vittime del terremoto:
“Penso che questa città debba essere a fianco di quei genitori che stanno combattendo da anni. Penso che dobbiamo essere tutti insieme con quei genitori per far togliere quell’ignominia di quel 100% di colpa per quei ragazzi che hanno perso la vita. Lo dobbiamo a questi ragazzi, a tutti i 309 morti, ma soprattutto a quei genitori che stanno combattendo una battaglia da anni e che devono avere al loro fianco non solo i cittadini ma tutte le istituzioni di un paese che altrimenti non si può definire civile”.
Nell’omelia mons. D’Angelo ha preso spunto dal Vangelo della quinta domenica quaresimale: “Questo invito al cambiamento non è limitato solo a comportamenti etici, ma restituisce alla donna una nuova prospettiva, la riabilita ad un’esistenza rinnovata, apre dinanzi a lei un nuovo orizzonte, apre alla via della speranza. Il profeta Isaia dice nella prima lettura ‘Ecco io, faccio una cosa nuova. Proprio ora germoglia non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada nuova, immetterò fiumi nella steppa. … per dissetare il mio popolo, il mio eletto’.
Qui ancora una volta ci viene testimoniato che dai luoghi di morte Dio fa germogliare una nuova vita, nel deserto disseta il “suo eletto”, noi siamo i suoi eletti, coloro che sono alimentati da quest’acqua di Speranza. La nostra vita, anche se segnata dall’aridità della sofferenza e del dolore, in Cristo ritrova un nuovo vigore, Lui riabilita il nostro cammino quando si arena”.
Proprio queste letture sono sprono per ‘guardare’ avanti: “Così, in questo giorno di memoria, che dopo 16 anni ci riporta alla ferita mortale subìta dalla nostra Comunità Aquilana, siamo chiamati a guardare in avanti. Il cammino fatto in questi anni è stato faticoso e a volte accidentato, non semplice, ora si sta aprendo nel nostro territorio un nuovo futuro, questo, frutto di un lavoro sinergico e costante che ha richiesto e richiede il contributo di tutti e di ciascuno, ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte”.
E’ stato anche un invito alla ricostruzione della ‘bellezza’: “Nella speranza che nasce dalla fede è possibile guardare in avanti, mettendo in campo la sapienza e l’intelligenza che ha come mèta il bene della Comunità. Certamente siamo impegnati a ricostruire il patrimonio artistico e architettonico, ma soprattutto si è protagonisti nella ricostruzione dello spirito, anima della nostra persona.
La bellezza che troviamo nelle strutture e nella nostra tradizione culturale, ereditata dai nostri padri, è per noi ricchezza di umanità, un dono che ci è stato consegnato e dal quale ne cogliamo i valori più alti e profondi dell’uomo, ma rimane l’impegno di trasmetterlo ai nostri figli”.
Attraverso la vita può avvenire la rinascita: “La Pasqua significa passaggio, nella nostra comunità lo stiamo sperimentando, perché nella fede l’ultima parola non è della sofferenza e della morte ma della Vita. Il processo iniziato testimonia questa rinascita, ma va ulteriormente rafforzato soprattutto nella prospettiva di costruire una Comunità sempre più armonica e serena. Noi siamo irrigati dall’amore del Padre che genera sempre nuova vita e di fronte alla potenza della sua grazia ogni avversità tace, la Sua azione può far germogliare anche il deserto”.
Una rinascita che si completa nella Resurrezione: “Noi siamo toccati nella fede da questa sublimità di Vita, con Lui si apre un nuovo percorso esistenziale, sempre, anche se investiti dalla morte. Infatti per noi la morte non è una porta che si chiude ma una strada che si apre, perché la grazia della Resurrezione è una potenza vitale che abita la nostra persona e non conosce i confini del tempo, ma si affaccia nell’eternità… L’anelito del futuro, la capacità di non cedere, di non arrendersi è dono di Dio; quindi possiamo pensare e progettare il domani grazie all’opera del Signore presente nella storia”.
In questa rinascita tutti sono chiamati a portare il proprio contributo: “Siamo chiamati ad accogliere questo germe di vita, per tradurlo in opere, mettendo a disposizione i nostri talenti, per costruire un futuro migliore, in cui ogni singola persona possa essere valorizzata e tutta la comunità possa trovare un piena armonia e serenità. In questo progetto di rinascita nessuno è escluso, tutti siamo responsabili, ognuno è chiamato a dare il suo personale contributo. Se dentro di noi ascoltiamo e diamo spazio a questo anelito di Vita, sicuramente riusciremo a fare cose straordinarie”.
(Foto: Arcidiocesi L’Aquila)