Il Cardinal Segretario di Stato Parolin sul Corriere della Sera: il Papa non ha mai smesso di governare la Chiesa

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 29.03.2025 – Jan van Elzen] – In una intervista al Corriere della Sera a cura del vaticanista Gian Guido Vecchi, il Segretario di Stato di Sua Santità, Cardinale Pietro Parolin, spiega che “anche nei giorni più difficili” della malattia Papa Francesco “vedeva i dossier” sui quali “decideva di conseguenza”. Esistono poi questioni, che i Dicasteri vaticani possono gestire in autonomia in base alla potestà che il Pontefice ha affidato loro o per una delega, come nel caso di una canonizzazione.
Il Santo Padre ha rallentato, come la sua salute imponeva, ma “il governo della Chiesa è nelle sue mani”. Il Cardinale Pietro Parolin spiega in che modo il ricovero prima e la convalescenza adesso abbiano modificato nei tempi e nella mole, ma mai interrotto, l’attenzione del Papa su argomenti che richiedevano una sua decisione o un suo indirizzo.
Nell’intervista pubblicata dal Corriere della Sera, il Segretario di Stato entra nei dettagli dell’amministrazione della Santa Sede, sottolineando che se “il Papa non ha mai smesso di governare la Chiesa nemmeno nei giorni del suo ricovero al Gemelli”, è anche vero che ci sono “tante questioni più routinarie sulle quali i collaboratori della Curia possono procedere anche senza consultarlo, sulla base delle indicazioni già ricevute in precedenza e delle normative esistenti”.
Quelle che in questo periodo vengono presentate al Papa, precisa il Cardinal Parolin, sono unicamente le “questioni sulle quali lui e solo lui può e deve decidere”, per il resto c’è una “potestà” che i dicasteri della Santa Sede, che “lavorano a nome del Papa”, possono esercitare assumendo via via decisioni “seguendo le linee guida” tracciate da Papa Francesco, cosa che peraltro – ha ricordato il Segretario di Stato – avviene anche “nei periodi normali”. Una circostanza del genere, dice, è rappresentata dalle canonizzazioni: “È il Papa che pronuncia la formula, ma anche questo, se necessario, può essere delegato ad un collaboratore, che la pronuncia nel nome del Pontefice”. Dunque, prosegue, se il Papa desse l’autorizzazione al Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, potrebbe “leggere in suo nome la formula, nel caso lui non fosse in grado in quel momento”.
Tutto questo, osserva il Cardinal Parolin, “dipenderà anche da come si sentirà il Santo Padre in quei giorni”. Ora l’importante per Papa Francesco, dice, “è che possa riposarsi e recuperare” per i due mesi indicati dai medici, nella speranza che il “periodo di attività ridotta” rispetto ai ritmi precedenti “possa aiutarlo a riprendere appieno il suo ministero”.
Il cardinale Parolin: «Papa Francesco? Anche nei giorni più difficili vedeva i dossier. Al Gemelli firmava solo con la «f»»
Intervista al segretario di Stato vaticano: «Il Papa non ha mai smesso di governare, la Curia lo aiuta nella routine. Se non fosse in grado di leggere la formula delle canonizzazioni, potrebbe delegare il cardinale Semeraro»
di Gian Guido Vecchi
Corriere della Sera, 29 marzo 2025
Eminenza, intorno alla convalescenza di Papa Francesco c’è tanta confusione. Come si può descrivere il governo della Chiesa in questo periodo?
«Il Papa non ha mai smesso di governare la Chiesa nemmeno nei giorni del suo ricovero al Gemelli. Certo, come sappiamo, ha dovuto rallentare la sua attività quotidiana, ora l’importante è che possa riposarsi e recuperare. Come hanno detto i medici, avrà bisogno più o meno di due mesi». Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha appena finito di parlare alla «Cattedra dell’accoglienza» riunita alla Fraterna Domus di Sacrofano, alle porte di Roma. «Quello che dobbiamo fare è accompagnare il Papa con la nostra preghiera», ha detto al pubblico. Ora spiega: «Speriamo che questo periodo di attività ridotta, almeno rispetto al ritmo di prima, possa aiutarlo a riprendere appieno il suo ministero».
Cambia qualcosa?
«Non c’è nessun cambiamento, nell’essenziale. Il Santo Padre ha bisogno di stare tranquillo per cui, affinché non si affatichi troppo, gli si presentano le questioni sulle quali lui e solo lui può e deve decidere. Il governo della Chiesa è nelle sue mani. Ma ci sono poi tante questioni più routinarie sulle quali i collaboratori della Curia possono procedere anche senza consultarlo, sulla base delle indicazioni già ricevute in precedenza e delle normative esistenti».
In che senso?
«Nel senso che i dicasteri della Santa Sede lavorano a nome del Papa. Ovviamente, tutte le decisioni più importanti devono essere prese dal Pontefice, ma ce ne sono altre che possono essere adottate all’interno di ciascun dicastero, seguendo le linee guida che il Papa ha tracciato».
Avviene anche nei periodi normali, per così dire?
«Certo, non è che tutto debba passare per il Papa. Il Pontefice ha nella Curia i suoi collaboratori, ai quali egli stesso dà le indicazioni da seguire e la potestà di prendere anche determinate decisioni».
Un passo della «Praedicate Evangelium», la Costituzione che ha riformato la Curia romana, sembra descrivere la situazione: «Nell’esercizio della sua suprema, piena e immediata potestà sopra tutta la Chiesa il Pontefice si avvale dei Dicasteri della Curia romana, che perciò compiono il loro lavoro nel suo nome e nella sua autorità, a vantaggio delle Chiese e al servizio dei sacri pastori». È così?
«È proprio così. Ogni istituzione curiale riceve la potestà dal pontefice e opera in suo nome».
E ora?
«In questa fase, come ho già detto, non si può pretendere che il Santo Padre possa fare tutto quello che faceva prima. Però, anche quand’era ricoverato in ospedale — e dunque anche nei giorni più difficili che ora grazie a Dio sono superati — Papa Francesco vedeva i dossier. Gli si mandavano i documenti e lui poi ne prendeva conoscenza e decideva di conseguenza…».
Si racconta li siglasse con una «f»…
«Sì, lo ha fatto, ma adesso firma anche per intero… Non è la situazione ideale, si capisce, ma torno a sottolineare che il Papa è nella possibilità di governare ancora la Chiesa, e siamo felici che sia potuto tornare a casa».
A volte si parla del governo della Chiesa come se il Papa fosse il ceo di una multinazionale…
«È un paragone del tutto inappropriato, qui siamo totalmente al di fuori di ogni considerazione aziendalistica, la Chiesa è realtà di comunione».
Nessun passaggio di poteri, quindi?
«Alcuni, come dicevo, sono già attribuiti dal Papa ai dicasteri, come prevede la Praedicate Evangelium. Altri poteri possono essere trasferiti in casi particolari. Ad esempio, nel caso delle canonizzazioni: è il Papa che pronuncia la formula, ma anche questo, se necessario, può essere delegato a un collaboratore, che la pronuncia nel nome del Pontefice».
Lo potrà fare il cardinale Marcello Semeraro, il prefetto delle Cause dei santi?
«Sì, solo se il Papa gli darà l’autorizzazione a leggere in suo nome la formula, nel caso lui non fosse in grado in quel momento. Vedremo quale soluzione si troverà, dipenderà anche da come si sentirà il Santo Padre in quei giorni».
Lei fa parte anche del «C9», il Consiglio dei cardinali che Francesco istituì «con il compito di aiutarmi nel governo della Chiesa universale». In questa fase, avrà un ruolo particolare?
«Il gruppo nasce per consigliare il Papa su questioni che egli stesso sottopone all’attenzione dei Cardinali che lo compongono. È un organismo in diretto collegamento con lui, del quale si serve per approfondire certe questioni. Però non ha nessun ruolo specifico in questa situazione».