Con la sua storia di San Dismas, Tony Gratacós ci trasporta nel cuore della Redenzione. Peto quod petívit latro pœnitens

La canzone di Dismas
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 27.03.2025 – Vik van Brantegem] – Il Buon Ladrone è uno dei due malfattori senza nome nel racconto della crocifissione di Gesù dell’evangelista Luca (Lc 23,39-43): «Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!” Ma l’altro lo rimproverava: “Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male”. E aggiunse: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso”».

Il nome del Buon Ladrone appare per la prima volta nella versione greca del Vangelo di Nicodemo (IV secolo): Dismas (in spagnolo e portoghese, Dimas) mentre nella versione latina (V secolo) compare anche il nome del ladro malvagio: Gesta.

Seconda l’antica tradizione Cristiana, come ricordato da Tertulliano e Sant’Agostino, la morte di Cristo è avvenuto il 25 marzo. Il Martirologio Romano fissa in questa data la morte di San Dismas, il Buon Ladrone: «Commemorazione del santo ladrone, che, avendo professato la fede in Cristo sulla croce, meritò di udire da lui: “Oggi con me sarai nel paradiso”». Il Martirologio Romano colloca la memoria di San Dismas, il Buon Ladrone nella stessa data della solennità dell’Annunciazione del Signore, secondo l’antica tradizione Cristiana, che Cristo e i due malfattori furono crocifissi e morirono nell’anniversario della Sua Incarnazione.

Può esserci salvezza quando tutto è perduto? Sul Calvario erano inchiodate tre croci per la punizione più crudele dei condannati secondo il diritto romano. Uno dei condannati era un malfattore di nome Dismas. Quel giorno cambiò tutto per lui. Cosa vide quel malfattore nell’uomo crocifisso alla sua sinistra? La canción de Dimas. Toda historia necesita salvación (La canzone di Dismas. Ogni storia ha bisogno della salvezza) (2025, 282 pagine; edizione spagnola [QUI] edizione inglese [QUI]) di Tony Gratacós è la storia dell’unico nella storia millenaria della Chiesa a potersi “vantare” di essere stato canonizzato da Cristo stesso prima di morire sulla Croce, grazie alla sua sorprendente professione di fede. Una storia di redenzione e di speranza.

Lo scrittore e giornalista spagnolo Tony Gratacós è nato a Barcellona. Ha conseguito una laurea in giornalismo presso l’Università di Navarra. Ha dedicato la sua vita all’arte della narrazione, sia in televisione che in letteratura. Dopo essersi specializzato in sceneggiatura e produzione presso l’Università della California a Los Angeles (UCLA), ha svolto una brillante carriera in importanti aziende come la rete spagnola Antena 3 TV e The Walt Disney Company. Nel corso della sua carriera, ha prodotto programmi e film come Angels S.A. e ha esplorato il mondo delle storie con un approccio unico, che gli ha permesso di entrare in contatto profondo con i suoi lettori.

Noto per i suoi precedenti lavori di narrativa storica, dopo aver svelato la verità sul primo viaggio intorno alla terra e aver decifrato l’enigmatica figura di Hernán Cortés, Gratacós ha abbandonato il suo personaggio Diego de Soto per intraprendere una nuova avventura, entrando ancora una volta in un contesto cruciale della storia del Cristianesimo, salendo fino la cima del Monte Golgota, sul Calvario.

Il suo primo libro, una narrativa alternativa sulla prima circumnavigazione della terra, fu molto ben accolto, sollevando le sopracciglia dei principali editori spagnoli, che si sono dati da fare per assicurarsi i diritti dell’opera e del suo autore. Il romanzo, una storia in chiave thriller, intitolato Nadie lo sabe (Nessuno lo sa), è stato infine pubblicato nel 2022 dal Gruppo Planeta. Quando Juan Sebastián Elcano completò la prima circumnavigazione del globo con la spedizione di Magellano, raccontò tutta la verità su quanto era accaduto?

Con il secondo romanzo, pubblicato nel 2024, intitolato Todos sabrán mi nombre (Tutti conosceranno il mio nome), Gratacós è arrivato al punto di decodificare la leggenda nera della controversa figura di Hernán Cortés, il diabolico conquistatore del Messico. Angelo o diavolo? Il cronista Diego de Soto rischierà la vita per scoprire la verità.

Il terzo romanzo, pubblicato lo scorso 5 marzo, intitolato La Canción de Dimas (La canzone di Dismas), è la storia del buon ladrone, un santo. Ma di cosa era colpevole nella vita? Era capace di amare prima di iniziare ad odiare? Questa è la sua ascesa all’inferno prima di entrare in paradiso. Quest’opera non solo offre una visione della vita di Dismas, ma invita anche a riflettere sul potere del perdono e della misericordia divina. Quest’opera, al di là della narrazione storica, è una testimonianza della capacità di trasformazione spirituale che tutti possediamo, non importa quanto siano state buie le nostre vite.

Un romanzo per gli amanti della storia e della spiritualità

Per gli amanti di romanzi storici e per gli amanti di storie di trasformazione spirituale e di redenzione, questo libro è un viaggio indimenticabile attraverso il dolore, la fede e la misericordia. La Canción de Dimas porta il lettore nel cuore di una delle storie più potenti di redenzione umana: quella del buon ladrone che fu crocifisso insieme a Gesù di Nazareth. Attraverso questa affascinante finzione storica, Gratacós ricorda, che anche negli ultimi respiri, c’è sempre speranza, che la redenzione è possibile. Fa riflettere sulla colpa e il perdono, sulla lotta e la resa, sulla possibilità di cambiare rotta e di trasformazione spirituale, invitando a scoprire la misericordia e la redenzione che solo l’amore di Cristo può offrire.

Il potere della trasformazione nell’ultimo respiro

La canción de Dimas esplora il lato umano del malfattore più famigerato della storia. Nel suo ultimo respiro, appeso ad una croce accanto ad un uomo di nome Gesù di Nazareth, Dismas, il buon ladrone, scopre la verità che gli era sfuggita per tutta la vita. Una vita di risentimento, amore frustrato e violenza lo costringe a percorrere un sentiero di ombre in cui la speranza è solo un miraggio. Ma nell’ora più buia, sul monte del Golgota, uno sguardo cambiò per sempre il suo destino.

Una storia di redenzione dal monte Golgota

In cima al monte Golgota, all’ombra di tre croci, si svolge una storia di sofferenza, speranza e trasformazione. Dismas, un malfattore condannato dalla legge romana, sembra irrimediabilmente perduto. Tuttavia, nel suo ultimo respiro, qualcosa cambia nel suo cuore. Nell’uomo crocifisso alla sua sinistra, vede qualcosa che lo conduce alla salvezza. Uno sguardo. Una parola. Un istante che, durante la morte, trasforma il suo destino.

Un romanzo di trasformazione spirituale

In La canción de Dimas, il lettore si addentra nei momenti più bui della vita del malfattore e nel suo incontro con la verità al suo ultimo respiro. Per tutta la sua vita, Dismas è stato segnato da risentimento, violenza e dolore, ma tutto cambiò quando si ritrova al fianco di Gesù ad affrontare lo stesso destino. Ma il romanzo non parla solo di un uomo che affronta il suo destino, parla anche di una battaglia interiore tra colpa e perdono, tra disperazione e speranza. Quindi, questa storia non è solo la storia di un malfattore. È una storia di fede, dolore e misericordia. È una riflessione sulla possibilità di salvezza, sull’importanza di aprire il cuore nei momenti più disperati e su come, anche alla fine dei giorni, sia sempre possibile trovare la redenzione.

Una storia di seconde possibilità

La premessa iniziale era quella di un uomo condannato a morte, un criminale, che viene crocifisso sul Golgota e all’improvviso si gira a sinistra e vede un altro condannato nella stessa situazione, che sembra un verme sanguinante. Come fa quest’uomo, Dismas, a riconoscere questo condannato accanto come il Figlio di Dio? Come il Messia promesso? Fatto è, che nei suoi ultimi momenti di vita, riconobbe Gesù come Figlio di Dio e il Messia promesso e chiese la sua salvezza. Gesù, vedendo la sua fede, gli promise che sarebbe stato con Lui in paradiso.

È una storia che simboleggia la speranza, anche alla fine della vita. Tutta la nostra storia, la nostra storia personale, alla fine della giornata, ha bisogno di salvezza, e spesso pensiamo che la salvezza possa esserci data dal denaro, dal potere, dalla fama, ma in ultima analisi, la salvezza può venire solo da qualcun altro che non siamo noi, e quel qualcuno può essere solo Dio. Questa è la chiave di Dismas: che non dobbiamo disperare e che, fino all’ultimo momento, c’è sempre un’opportunità di pentimento e di salvezza.

Gratacós confessa che leggere questo libro fornisce una lezione fondamentale per la vita quotidiana, che non è mai troppo tardi per trovare la strada e che c’è sempre una seconda possibilità: «Ho scritto La canción de Dimas con l’idea di contestualizzarlo ai giorni nostri. In altre parole, credo che il salto di fede che Dismas ha dovuto fare per riconoscere Dio in un uomo morente al suo fianco, in un verme crocifisso al suo fianco, quel salto di fede che ha fatto Dismas è lo stesso salto di fede che noi Cristiani, Cattolici, dobbiamo fare oggi per riconoscere Dio in un pezzo di pane. In altre parole, per riconoscere Dio nell’Eucaristia. È lo stesso salto di fede che Dismas ha dovuto fare per riconoscere Dio nella sua umanità».

Da criminale a santo: San Dismas insegna che ogni storia ha bisogno di salvezza

Sebbene siano ben noti gli ultimi momenti del buon ladrone che, crocifisso alla destra di Gesù sul Calvario, riconobbe il Figlio di Dio e si pentì dei suoi peccati, pochi lo associano al nome di San Dismas o conoscono i dettagli della sua vita. Tuttavia, egli è l’unica persona a cui Gesù di Nazareth assicurò esplicitamente che sarebbe stato in cielo: “In verità ti dico: oggi sarai con me in paradiso” (Lc 23,43) e la sua breve ma decisiva apparizione nelle Sacre Scritture confermò che “ogni storia ha bisogno di salvezza”.

Gratacós, celebrando la figura di questo uomo canonizzato da Gesù, mette in luce la sua attualità e come il suo “salto nel vuoto” sia lo stesso che tutti i Cristiani sono chiamati a compiere.

In un’intervista rilasciata ad ACI Prensa, Gratacós ha chiarito che ci sono diversi dettagli romanzati sulla vita di San Dismas e confessa scherzosamente, che forse la storia di Gesù e di questo criminale avrebbe dovuto rimanere privata: «Non so se, quando arriverò in Paradiso, Dismas mi darà un abbraccio o un pugno», scherza.

Rivela che la sua vita di fede ha preso una svolta decisiva dopo aver visto il film La passione di Cristo di Mel Gibson. «Il Signore veglia sempre su di noi con tanto affetto che mi ha toccato attraverso il cinema, perché sa quanto lo amo», dice.

Sottolinea come Dismas, pur essendo un criminale, sia stato capace di riconoscere «la divinità di Gesù nella sua umanità». E questo, dice, è stato un atto di fede che noi Cristiano dobbiamo imitare oggi: «Riconoscere il Figlio di Dio in un pezzo di pane».

«Non è che abbiamo tutti diritto ad una possibilità, ma è vero che nel corso della sua vita, una persona può cambiare. Ogni vita ha bisogno di essere illuminata, abbiamo bisogno di essere salvati. Non possiamo giudicare una persona da una fotografia, finché il film non finisce», riflette Gratacós, invitando i lettori del suo libro a scoprire il potere trasformativo della fede.

Per Gratacós, il suo romanzo non solo consente al lettore di immergersi nella Galilea del primo secolo, ma offre anche un nuovo modo di vivere la Quaresima e la Settimana Santa «con una nuova prospettiva». Sottolinea: «Questo libro può aiutarci a scrollarci di dosso la routine in cui spesso rinchiudiamo la nostra fede. Non si tratta di rinchiuderla, ma di mettere fuoco, cuore e sangue in una storia di redenzione che abbiamo vissuto molte volte. I soldi in banca o una bella casa non ci salveranno, non importa quanto provino a venderci. L’uomo non può salvare sé stesso. Dismas avrebbe potuto essere uno qualsiasi di noi».

Per Gratacós, La canción de Dimas è un romanzo che qualsiasi lettore, Cattolico o no, può apprezzare. Tuttavia, come sottolinea lui stesso, coloro che hanno familiarità con il Vangelo apprezzeranno ancora di più la storia raccontata.

Peto quod petívit latro pœnitens

Peto quod petívit latro pœnitens (Cerco ciò che desiderò il ladro pentito) è un verso di Adoro te devote, uno dei cinque Inni eucaristici attribuiti a San Tommaso d’Aquino, messa in dubbio da alcuni studiosi, però, ricerche più recenti hanno messo a tacere tali perplessità. Probabilmente, San Tommaso utilizzò l’inno, che affronta il tema teologico e mistico dell’inabitazione trinitaria e dell’unione con Dio nell’Eucaristia, anche come preghiera privata, per l’adorazione quotidiana del Santissimo Sacramento.

A differenza degli inni che furono composti e musicati per la solennità del Corpus Domini del 1264, su commissione di Papa Urbano IV, in occasione dell’introduzione della solennità del Corpus Domini nel 1264, l’Adoro te devote non fu composto per una funzione liturgica e non compare in nessun testo liturgico dell’epoca, al punto che alcuni studiosi ritengono che sia stato scritto da recitarsi ad uso privato. L’inno fu inserito nel Messale Romano del 1570, voluto da Papa Pio V. Le prime due strofe sono citate nel Catechismo della Chiesa Cattolica (N. 1381) per spiegare teologicamente e poeticamente il mistero eucaristico. Questo inno eucaristico veniva generalmente cantato genuflessi davanti al Santissimo Sacramento, mentre attualmente viene cantato durante la distribuzione della comunione, la benedizione con il Santissimo Sacramento, le adorazioni eucaristiche o nelle preghiere di ringraziamento al termine della Santa Messa.

Dopo la riforma del Concilio Vaticano II, l’inno fu collocato all’inizio della Celebrazione Eucaristica e fu per la prima volta adottata una versione critica definitiva del testo, ad opera di Dom André Wilmart, che fu pubblicata nel 1932. Nel Messale promulgato da Papa Giovanni XXIII nel 1962, l’Adore te devote è elencato nelle preghiere per ottenere l’indulgenza. Fu il primo caso ufficiale nel rito romano di un inno associato all’indulgenza. Fu soppresso dal messale del 1969.

Venerdì 24 dicembre 2004, Papa Giovanni Paolo II citò l’Adoro te devote nell’omelia della sua ultima Messa di mezzanotte: «“Adoro Te devote, latens Deitas”. In questa Notte, mi risuonano nel cuore le prime parole del celebre Inno eucaristico, che mi accompagna giorno dopo giorno in quest’anno particolarmente dedicato all’Eucaristia».  Nello stesso anno firmò con mano tremante una cartolina che recitava: «Adoro te devote […] in nativitate Domini 2004».