“Il diavolo è il genio del sospetto” e “chi insinua il dubbio sulla verginità di Maria e Giuseppe imita il diavolo”

Annunciazione
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 25.03.2024 – Vik van Brantegem] – In occasione dell’odierna solennità dell’Annunciazione del Signore, Vicepresidente dell’Associazione Internazionale Esorcisti (AIE), Padre Francesco Bamonte, ICMS, esorcista nella Diocesi di Roma, ha pubblicato sul sito dell’associazione un’articolata esposizione sulla verginità di Maria Santissima [QUI]. Un intervento molto azzeccata, in questo solenne giorno, in cui si leggono sui social dei commenti blasfemi irripetibili, in riferimento al tema trattato [*].

L’AIE è stata fondata il 30 giugno 1994 da Don Gabriele Amorth, S.S.P., esorcista nella Diocesi di Roma, deceduto il 16 settembre 2016, e Père René Chenesseau, esorcista nella Diocesi di Pontoise, deceduto il 13 novembre 2010. L’AIE è stata riconosciuta dalla Chiesa Cattolica Romana come Associazione Privata di Fedeli nel 2014. San Michele Arcangelo è patrono dell’AIE insieme all’Immacolata Concezione.

Anche a fronte del tentativo di alcuni teologi e teologhe di mettere in dubbio quello che la Chiesa in duemila anni di storia ha sempre creduto, fissandolo in un dogma, e cioè la verginità di Maria, prima, durante e dopo il parto, Padre Bamonte, citando il Magistero e la Dottrina della Chiesa, illustra il tema del concepimento di Gesù nel grembo della Madre quale evento miracoloso, soprannaturale in quanto opera divina “che sorpassa ogni umana comprensione e possibilità”.

Eppure, sempre più spesso negli ultimi tempi, vi sono teologi e teologhe che, nelle loro affermazioni sull’argomento, appaiono incapaci di concepire, o di credere “che a Dio tutto è possibile”. Padre Bamonte commenta perciò, che costoro “privi di umiltà e probabilmente di solida vita di preghiera”, cadono negli stessi errori degli “eretici del passato”. E così continua: “Affermare che i Vangeli non sono interessati alla vita sessuale di Maria e di Giuseppe e quindi non ci dicono nulla a riguardo è blasfemo perché insinua nel lettore il dubbio che forse essi non abbiano vissuto verginalmente”.

Dietro a queste superficiali e dannose affermazioni si nasconde una collaudata strategia, ben sintetizzata da Papa Giovanni Paolo II nella Lettera enciclica sullo Spirito Santo, Dominum et vivificantem, allorché scrisse: “Il diavolo è il genio del sospetto”.

Perciò, scrive Padre Bamonte nel suo articolo, “chi insinua il dubbio sulla verginità di Maria e Giuseppe imita il diavolo. Il fatto che il sesso vissuto rettamente, secondo la volontà di Dio, rende gloria a Dio, non giustifica la diabolica insinuazione che forse Maria e Giuseppe hanno avuto rapporti sessuali. Assimilare poi la Madonna alle odierne femministe è blasfemo. La Madonna non ha pensato all’autodeterminazione personale o all’emancipazione affermata dal femminismo: la Madonna ha pensato solo ed esclusivamente ad accogliere perfettamente, pienamente, con amore e abbandono totale la volontà di Dio nella sua vita perché egli fosse glorificato. La Madonna fu certamente libera nel decidere di sé stessa rispetto alla mentalità e alla cultura del tempo, ma ella aveva consegnato la sua libertà nelle mani di Dio con la consapevolezza che Dio ci dona la libertà per scegliere il bene, e quindi la Vergine Maria comprese che il suo bene e attraverso di lei il bene di tutta l’umanità era dare al mondo il Salvatore e vivere verginalmente il matrimonio con Giuseppe”.

[*] Catechesi di Papa Giovanni Paolo II nell’Udienza generale di mercoledì 28 agosto 1996:

1. La Chiesa ha costantemente manifestato la propria fede nella perpetua verginità di Maria. I testi più antichi, quando si riferiscono al concepimento di Gesù, chiamano Maria semplicemente “Vergine”, lasciando tuttavia intendere che ritenevano tale qualità come un fatto permanente, riferito a tutta la sua vita.
I cristiani dei primi secoli espressero tale convinzione di fede mediante il termine greco aeiparthenos – “sempre-vergine” – creato per qualificare in modo unico ed efficace la persona di Maria, ed esprimere in una sola parola la fede della Chiesa nella sua verginità perpetua. Lo troviamo usato nel secondo simbolo di fede di sant’Epifanio, nell’anno 374, in relazione all’Incarnazione: il Figlio di Dio “si è incarnato, ossia è stato generato in modo perfetto da Santa Maria, la sempre vergine, tramite lo Spirito Santo” (Sant’Epifanio, Ancoratus, 119,5; DS 44).
L’espressione “sempre Vergine” è ripresa dal II Concilio di Costantinopoli (553), che afferma: il Verbo di Dio, “incarnatosi dalla santa gloriosa Madre di Dio e sempre Vergine Maria, è nato da essa” (DS 422). Questa dottrina viene confermata da altri due Concili Ecumenici, il Lateranense IV (1215) (DS 801) e il II Concilio di Lione (1274) (DS 852), e dal testo della definizione del dogma dell’Assunzione (1950) (DS 3903), in cui la verginità perpetua di Maria viene addotta tra i motivi della sua elevazione in corpo e anima alla gloria celeste.
2. Mediante una formula sintetica, la tradizione della Chiesa ha presentato Maria come “vergine prima del parto, nel parto, dopo il parto”, ribadendo, attraverso l’indicazione di questi tre momenti, che Ella non ha mai cessato di essere vergine.
Delle tre, l’affermazione della verginità “prima del parto” è, senza dubbio, la più importante, perché si riferisce al concepimento di Gesù e tocca direttamente il mistero stesso dell’Incarnazione. Sin dall’inizio essa è costantemente presente nella fede della Chiesa.
La verginità “nel parto” e “dopo il parto”, pur contenuta implicitamente nel titolo di vergine, attribuito a Maria già ai primordi della Chiesa, diventa oggetto di approfondimento dottrinale allorché taluni iniziano esplicitamente a metterla in dubbio. Il Papa Ormisda precisa che “il figlio di Dio è diventato Figlio dell’uomo, nato nel tempo nel modo di un uomo, aprendo alla nascita il seno della madre (cf. Lc 2, 23) e, per potenza di Dio, non sciogliendo la verginità della madre” (DS 368). La dottrina è confermata dal Concilio Vaticano II, nel quale si afferma che il Figlio primogenito di Maria “non diminuì la sua verginale integrità, ma la consacrò” (Lumen Gentium, 57). Quanto alla verginità dopo il parto, si deve innanzitutto rilevare che non ci sono motivi per pensare che la volontà di rimanere vergine, manifestata da Maria al momento dell’Annunciazione (Lc 1, 34), sia successivamente mutata. Inoltre, il senso immediato delle parole: “Donna, ecco tuo figlio”, “Ecco la tua madre” (Gv 19, 26), che Gesù dalla croce rivolge a Maria ed al discepolo prediletto, fa supporre una situazione che esclude la presenza di altri figli nati da Maria.
I negatori della verginità dopo il parto hanno pensato di trovare un argomento probante nel termine “primogenito”, attribuito a Gesù nel Vangelo (Lc 2, 7), quasi che tale locuzione lasciasse supporre che Maria abbia generato altri figli dopo Gesù. Ma la parola “primogenito” significa letteralmente “bambino non preceduto da un altro” e, di per sé, prescinde dall’esistenza di altri figli. Inoltre l’evangelista sottolinea questa caratteristica del Bambino, poiché alla nascita del primogenito erano legati alcuni importanti adempimenti propri della legge giudaica, indipendentemente dal fatto che la madre avesse partorito altri figli. Ogni figlio unico ricadeva, quindi, sotto tali prescrizioni, perché “generato per primo” (cf. Lc 2, 23).
3. Secondo alcuni, la verginità di Maria dopo il parto sarebbe negata da quei testi evangelici che ricordano l’esistenza di quattro “fratelli di Gesù”: Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda (Mt 13, 55-56; Mc 6, 3), e di diverse sue sorelle.
Occorre ricordare che, in ebraico come in aramaico, non esiste un vocabolo particolare per esprimere la parola “cugino” e che, quindi, i termini “fratello” e “sorella” avevano un significato molto ampio, che abbracciava diversi gradi di parentela. In realtà, col termine “fratelli di Gesù” vengono indicati “i figli” di una Maria discepola di Cristo (cf. Mt 27, 56), la quale è designata in modo significativo come “l’altra Maria” (Mt 28, 1).Si tratta di parenti prossimi di Gesù, secondo un’espressione non inusitata nell’Antico Testamento (CCC, n. 500).
Maria Santissima è dunque la “sempre Vergine”. Questa sua prerogativa è la conseguenza della divina maternità, che l’ha totalmente consacrata alla missione redentrice di Cristo.

Foto di copertina: Fra’ Giovanni da Fiesole, detto il Beato Angelico, L’Annunciazione del corridoio Nord, 1438-1446, affresco, 230×321 cm, Museo Nazionale di San Marco ospitato nella sezione monumentale del convento domenicano medievale di San Marco a Firenze.
Si tratta una delle opere più famose del maestro ed uno dei migliori esiti in assoluto su questo soggetto, che rappresenta l’episodio raccontato nel vangelo di Luca (1,26-38). «Solennità dell’Annunciazione del Signore, quando nella città di Nazareth l’angelo del Signore diede l’annuncio a Maria: “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo”, e Maria rispondendo disse: “Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola”. E così, compiutasi la pienezza dei tempi, Colui che era prima dei secoli, l’Unigenito Figlio di Dio, per noi uomini e per la nostra salvezza si incarnò nel seno di Maria Vergine per opera dello Spirito Santo e si è fatto uomo» (Dal Martirologio).
Il Beato Angelico ha ambientata l’Annunciazione del Signore in un portico che dà su un cortile su un giardino chiuso da una palizzata (allusione all’hortus conclusus che simboleggia la verginità di Maria), oltre il quale si vede un boschetto con cipressi, similmente agli sfondi delle Annunciazioni degli anni 1430 (del Prado, di Cortona e di San Giovanni Valdarno).
L’architettura è più che mai impostata alla semplice eleganza rinascimentale, con il punto di fuga all’interno del portico stesso e con le colonne più massicce del solito. L’ambientazione è spoglia ed essenziale, come la stanzetta che si apre alle spalle della vergine. L’unica nota decorativa è data dai capitelli, resi con un forte accento sulla luce, e sono sia ionici che corinzi.
Un elemento di innovazione è la disposizione dei protagonisti lungo una diagonale, che partecipano così in maniera più efficace allo spazio, l’umile gesto di Maria, in bilico tra accettazione e soggezione, e la sobrietà dell’Arcangelo Gabriele, che risponde al gesto di Maria con una posizione analoga delle braccia in segno di sottomissione.
Le parole dell’Annunciazione sono dipinte in basso, vicino alla base della colonna centrale, più o meno all’altezza degli occhi dello spettatore. Poco sotto, sullo spessore del gradino, si trova un’incitazione alla preghiera: VIRGINIS INTACTAE CUM VENERIS ANTE FIGURAM PRETEREUNDO CAVE NE SILEATUR AVE (Quando passerai davanti alla figura della Vergine intatta, stai attento di non dimenticare di dire l’Ave Maria).
Il pittore usò la costosa azzurrite e mise anche inserti in oro. Notevole è la monumentalità delle figure, isolate nello schema prospettico del porticato, con un forte senso di silenziosa spiritualità.