Il peccato, questo sconosciuto

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Solo la parola basta per scappar lontano, per capire che non tira una buona aria e che siamo alle prese con i soliti cattolici alle prese con i loro sensi di colpa e con assurdi comandamenti da seguire in modo letterale. Basta solo la parola, la parola “peccato”, ed eccoci già distanti un miglio, schiacciati dalla lontananza di un linguaggio e da quanto di triste e limitante sembra trasparire da esso.

 

 

Parola ormai lontana dal senso comune. “peccato” è termine pericolosamente in crisi anche fra i cristiani, quasi che peccare fosse una caratteristica ormai solamente di chi compie atti particolarmente odiosi e riprovevoli, quasi che il peccato fosse solamente l’attentato, l’omicidio efferato, la violenza sui bambini o su esseri particolarmente indifesi o fragili.

E’ ancora terribilmente vivo, insomma, un approccio completamente moralistico al peccato, pensato come realtà molto lontana dalla vita quotidiana e comunque come la trasgressione ad un Dio particolarmente ostile che ci tratta come dei burattini e ci comanda perentoriamente di fare alcune cose e di non farne altre, magari pure divertendosi nel mettere i bastoni fra le ruote alla nostra vita. Insomma, un Dio un po’ capriccioso che è necessario conquistarsi per fare in modo che non ci crei troppi problemi e magari ce ne risolva lui il numero maggiore possibile.

La scarsa considerazione del peccato oggi è motivo profondo della chiusura in se stessi di molti uomini, cristiani compresi. Il peccato è anzitutto e semplicemente qualcosa che “mi fa male”, è quel un muro al quale vai a sbattere e che ti ferma nel tuo cammino verso la felicità. Non è un elenco di prescrizioni asettiche, è invece un calcio di stomaco, è un treno che ti viene a sbattere contro, è un impedimento a qualcosa di grande che si fa una grande fatica a vedere, anzitutto nel mondo attuale. Perché in mezzo alle mediocrità di questo mondo, in mezzo alla inutilità e assoluta inconsistenza della gran parte delle cose che ci ruotano attorno, le parole di Dio, così come i suoi consigli, non sono altro che un invito grande alla pienezza, alla gioia, alla libertà, alla felicità profonda e duratura. E’ questo il cristianesimo: è la realizzazione della gioia nella tua vita, è vivere la tua vita come un capolavoro di vita, traendo da Dio stesso la forza e la felicità. Questo è il cristianesimo: non adesione ad una religione piena di proclami e di istruzioni da seguire, ma gioia profonda e duratura, che il peccato appunto impedisce di raggiungere.

No, non è un optional il “senso del peccato”, quel senso del peccato che non è mero senso di colpa ma consapevolezza della lotta fra bene e male. E’ essenziale conoscerlo e riconoscerlo, sul versante personale e su quello comunitario, globale. “Peccato” non è una parola inutile, ma essenziale per un vero cristianesimo.

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