L’illiberale Manifesto di Ventotene e la distrazione di massa dalla follia del ReArm Europe

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 20.03.2025 – Vik van Brantegem] – Tutti a parlare del Manifesto di Ventotene. Ma l’avranno letto? il testo firmato da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni conserva passaggi orribili per un liberale. Comunque, il testo del 1941 non ha più niente di attuale. Basta leggerlo per rendersene conto. Poi, c’è un “dettaglio” che va ricordato, legato indissolubilmente al Manifesto di Ventotene. Nel suo Diario Europeo (1948-1969), Altiero Spinelli scriveva: «Per quanto non si possa dire pubblicamente, il fatto è che l’Europa per nascere ha bisogno di una forte tensione russo-americana, e non della distensione, così come per consolidarsi essa avrà bisogno di una guerra contro l’Unione Sovietica». L’Unione Sovietica non esiste più, ma questo “spirito di Ventotene” sì.
«Ebbene, leggetelo questo benedetto Manifesto di cui tutti parlano ma che quasi nessuno ha letto. Perché se non lo leggete non potete rendervi conto di quale spaventosa distopia anti-democratica avessero in mente i suoi autori. I quali avevano sì in mente un edificio grandioso, un unico super-stato europeo, propedeutico a un futuro stato unico mondiale. Ma pensavano di imporlo dall’alto, con una crisi rivoluzionaria e socialista, attraverso la “dittatura del partito rivoluzionario”, senza libere elezioni, contro le timidezze dei democratici, accusati – tra le altre cose – di non ammettere un sufficiente ricorso alla violenza.
E vi risparmio le idee in materia di funzionamento dell’economia, espropri, limitazioni alla proprietà privata, nazionalizzazioni.
Io capisco che, non essendovi nulla su cui le varie anime della piazza siano d’accordo, si cerchi di trovare qualcosa che le unisca, che dia loro almeno un sentiment comune. Però mi preoccupa enormemente, e mi sconcerta, che nessuno dei tanti intellettuali, scrittori, giornalisti italiani che hanno esaltato il Manifesto di Ventotene (e nemmeno Corrado Augias che ne ha scritto l’introduzione), si siano accorti del suo contenuto anti-democratico.
Perché delle due l’una: o il Manifesto non l’hanno letto, e ne parlano senza conoscerlo; o il Manifesto l’hanno letto, e sono così poco democratici da non rendersi conto del suo contenuto distopico.
Se davvero siamo per gli Stati Uniti di Europa, forse è giunto davvero il momento di concepirlo, un Manifesto che tracci la via. Ma pensare di prendere ispirazione da quello di Ventotene è provinciale, oltre che inquietante. Non è per caso che nessuno dei padri fondatori dell’Europa – né Adenauer, né De Gasperi, né Schuman, né Monnet – lo abbia mai messo al centro del proprio pensiero. Ed è una fortuna» (Luca Ricolfi).«Non ho mai sentito tante parole eurocentriche e suprematiste tutte insieme come in questi giorni dalle bocche di gente di sinistra. Il progressismo globale post-obamiano è stato modificato geneticamente. Un mondo che un tempo aveva vivacità intellettuale e spirito critico è regredito – devo dire da ormai molti anni – fino all’infantilismo. Questo mondo politico mantiene l’involucro linguistico e le abitudini psicologiche che gli fanno pensare di essere come prima, ma è devastato come dopo una grave demenza. Dove c’era pensiero, ora trovo solo slogan vuoti e dannosi, che per giunta ricalcano senza accorgersene il peggio della falsa coscienza occidentale. Ogni speranza che agitano su obiettivi illustrati come nobili è già divorata dall’ombra che la offusca e la spegne. Quando parlano di pace lo fanno spalancando le porte alla guerra» (Pino Cabras).
Il Manifesto di Ventotene afferma che:
- «la rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista»;
- «la proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa, caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio» (in ciò distinguendosi dalla “statalizzazione generale dell’economia” propria del regime comunista sovietico);
- «nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente. La pietosa impotenza dei democratici nelle rivoluzioni russa, tedesca, spagnola, sono tre dei più recenti esempi»;
- «il popolo ha sì alcuni bisogni fondamentali da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere e cosa fare. Mille campane suonano alle sue orecchie, con i suoi milioni di teste non riesce a raccapezzarsi, e si disgrega in una quantità di tendenze in lotta fra loro»;
- «nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti non avendo dietro uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultare di passioni. (…) La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria»;
- «il partito rivoluzionario non può essere dilettantisticamente improvvisato (…). (…) dalla schiera sempre crescente dei suoi simpatizzanti deve attingere e reclutare nell’organizzazione del partito solo coloro che abbiano fatto della rivoluzione europea lo scopo principale della loro vita (…)»;
- «durante la crisi rivoluzionaria spetta a questo partito organizzare e dirigere le forze progressiste, utilizzando tutti quegli organi popolari che si formano spontaneamente come crogioli ardenti in cui vanno a mischiarsi le forze rivoluzionarie, non per emettere plebisciti, ma in attesa di essere guidate»;
- parlando sempre del ruolo del partito rivoluzionario nella costruzione del nuovo Stato europeo, il Manifesto conclude che «esso (il partito) attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte della ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle nuove masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato e attorno a esso la nuova democrazia».
“Ho fatto arrabbiare? Ho letto un testo e non capisco cosa ci sia di offensivo. Un testo si può distribuire ma non leggere? È un simbolo? Non l’ho distorto, l’ho letto. Ma non per quel che il testo diceva 80 anni fa ma perché è stato distribuito sabato scorso. Un testo che 80 anni fa aveva la sua contestualità, se tu lo distribuisci oggi, devo leggerlo e chiederlo se è quello in cui credi”. La risposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, arrivando il 19 marzo 2025 arrivando in hotel a Brussel, alle domande dei giornalisti sulla sua dichiarazione fatta nell’aula della Camera, al termine della replica al dibattito sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo, in merito al Manifesto di Ventotene.
Comunque, anche 80 anni fa, moltissimi avevano capito già, che la dittatura non è lo strumento per educare le persone alla democrazia.
Condividiamo sulla cagnara, seguita alla dichiarazione sul Manifesto di Ventotene del Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, le riflessioni di Marco Nese, giornalista, che ha lavorato per trentacinque anni al Corriere della Sera, ex collaboratore di Rai1, Rai2 e NBC, autore di vari libri, e di Mario Adinolfi, giornalista, politico del Popolo della Famiglia e blogger.
Segue l’intervista a cura di Hoara Borselli per Il Giornale a Pierluigi Battista, giornalista, ex Vicedirettore del Corriere della Sera, studioso di storia, sicuramente liberale: “Giorgia ha ragione: quello scritto sognava come superstato una dittatura illiberale”. “L’oligarchia rivoluzionaria doveva educare il popolo: idea molto antidemocratica”.
Europa
di Marco Nese
Facebook, 17 febbraio 2025
Sono andato a rileggermi il troppo celebrato Manifesto di Ventotene. Altiero Spinelli, che ne fu il principale estensore, viene definito pomposamente padre dell’Europa. Ma ho la sensazione che tutto questo entusiasmo con cui viene osannato sia fuori luogo, probabilmente perché il suo testo lo hanno letto in pochi.
Nel documento, la nazione, direi la patria, è considerata fonte di gravi problemi, perciò se ne auspica il superamento con la creazione degli Stati Uniti d’Europa.
È un progetto per niente liberale, con una marcata impronta socialcomunista, vi affiorano perfino dei profili di puro leninismo. Intanto, “la proprietà privata deve essere abolita”. Quanto alle imprese private, bisogna “procedere senz’altro a nazionalizzazioni su scala vastissima, senza alcun riguardo per i diritti acquisiti”.
Si immagina un’Europa fortemente statalista, con capi politici che compiono scelte senza tenere conto del consenso popolare. Anzi, il popolo va indottrinato, viene prefigurato uno Stato pedagogo con funzione educativa.
Lo scritto contiene anche la parola magica con cui oggi i politici, incapaci di risolvere i problemi, cercano di tenere buoni gli elettori. La parola magica è redistribuzione, cioè togliere a chi ha di più e darlo a chi ha di meno. Facile, no?
Il Manifesto suggerisce di istituire in pratica una forma di elemosina, ma la chiama “provvidenze che garantiscano a tutti” un reddito minimo. In sostanza il reddito di cittadinanza di cui si riempiono la bocca i grillini. l’Europa immaginata da Altiero Spinelli mi sembra orribile, ma purtroppo per certi aspetti si sta già realizzando.
Quel simpaticone di Altiero Spinelli ha scritto anche un Diario europeo (1948-1969), pubblicato da Il Mulino. Vi si prefigura una guerra, necessaria per consolidare l’Europa: “Per quanto non si possa dire pubblicamente, il fatto è che l’Europa per nascere ha bisogno di una forte tensione russo-americana, e non della distensione, così come per consolidarsi essa avrà bisogno di una guerra contro l’Unione Sovietica”.
Se questi è il padre dell’Europa, come sarà la figlia?
Ventotene per distrarci dal Consiglio europeo
di Mario Adinolfi
Facebook, 20 marzo 2025
Il 9 giugno 2022 scrissi e pubblicai proprio dalla piccola isola pontina il “nuovo Manifesto di Ventotene” sottolineando come la versione del 1941 non solo contenesse passaggi inaccettabili ma fosse ormai sventolata come fonte di quella dimensione coercitiva oggi rappresentata dall’Unione europea. Non sapevo di anticipare di tre anni un dibattito che avrebbe improvvisamente fatto prendere fuoco al Parlamento, dove s’è svolta ieri una recita a soggetto: Giorgia Meloni ha scatenato la polemica per deviare l’attenzione dalla scelta cruciale di oggi al Consiglio europeo (stiamo con von der Leyen o no?), l’opposizione si è stracciata le vesti per coprire le sue paralizzanti e persino un po’ ridicole contraddizioni interne. Su Ventotene insomma s’è scritta un’altra pagina che prova a operare una distrazione di massa quando ci sono da prendere scelte cruciali, di solito si usa la dicotomia fascismo e antifascismo, stavolta ci si è scontrati su un manifesto del 1941, lo schema è lo stesso.
Qui il problema vero è il Consiglio europeo che si apre oggi a Brussel e porterà al varo ufficiale di un piano di riarmo che fino al 2030 consentirà agli Stati di innalzare la spesa militare per un punto e mezzo di Pil, con 150 miliardi aggiuntivi in prestiti Ue, per arrivare a un riarmo complessivo di 900 miliardi di euro nel quinquennio. La Germania ha già annunciato un piano nazionale proprio da 600 miliardi in un quadriennio, rompendo il vincolo del pareggio di bilancio. Tutto questo, lo ha detto chiaramente il Ministro Crosetto in una lettera pubblicata oggi dal Corriere della Sera, non concorrerà alla costruzione di una difesa comune europea, che era l’idea degasperiana che spesso molti citano, ma solo ad avere Stati nazionali europei più armati. La difesa comune resta affidata alla NATO, scrive Crosetto, con l’incognita di cosa Trump vorrà fare della NATO.
Ursula von der Leyen ha detto chiaramente e senza mezzi termini a cosa serve questo piano di riarmo: “A preparare la guerra”. Lo ha detto con il tono tedesco, pur riferendosi al motto latino si vis pacem para bellum. In pochissimi anni ci ritroveremo con una Germania armata fino ai denti che spenderà 600 miliardi, una Russia che ha 25 milioni di soldati dislocabili al fronte e una spesa militare superiore al 7,5% del Pil, Francia e Gran Bretagna che dispongono di testate nucleari, gli Stati Uniti disinteressati a fornire un ombrello di difesa all’Europa progressivamente vista come nemica. Chi sarà l’anello debole in tutto questo inevitabile innalzarsi della temperatura? Ovviamente noi, l’Italia.
Se ha ragione la von der Leyen e dobbiamo prepararci a uno scenario di guerra in cui l’Europa si contrappone alla Russia il primo Paese ad essere attaccato sarà il nostro e non avremo modo di difenderci, pure se triplichiamo la spesa militare. In pochi hanno notato che ormai Russi e Bielorussi hanno posizionato basi militari e navi in Cirenaica accordandosi con Haftar. Una volta la Libia era italiana, ora la zona di Tobruk è militarmente consegnata a Putin e Lukashenko. Da lì in quarto d’ora missili russi e bielorussi possono radere al suolo tutte le principali città italiane e mandare così un messaggio all’Europa che volesse continuare a “preparare la guerra”, visto che lo step successivo sarebbe di tipo nucleare.
Le politiche di riarmo in Europa servono solo a Germania, Francia e Regno Unito non a caso sono sostenute da von del Leyen, Macron e Starmer. Sono invece del tutto contrarie all’interesse nazionale italiano e Giorgia Meloni dovrà dirlo con chiarezza al Consiglio europeo di questi due giorni dove non verrà avanzata nessuna proposta di impossibile difesa comune, ma si blinderà un piano di spesa militare a carico degli Stati nazionali per noi sia economicamente insostenibile che politicamente controproducente.
L’Italia deve lavorare in senso totalmente opposto: ridurre la distanza con Trump, cercare un appeasement con la Russia, chiudere la stagione delle armi e della guerra in Europa, varare un grande piano di rinascita dell’unica vera caratteristica continentale che ci fa diversi e grandi nel mondo: il welfare. Più sanità pubblica, più istruzione per tutti e più cultura, previdenza, assistenza agli ultimi, sostegno alle nascite per uscire dall’inverno demografico. Questa è l’utilità per l’Italia di stare in Europa, veder partire un piano che sostenga i bisogni di famiglie e imprese, non un’ennesima operazione calata dall’alto che finirà per metterle ulteriormente in difficoltà.
A Brussel in questi giorni ripeteranno che “bisogna preparare la guerra” perché la Russia dopo l’Ucraina estenderà i suoi appetiti ai Paesi baltici (Lettonia, Estonia, Lituania) e poi chissà a Polonia e Finlandia. Riarmarsi e puntare tanti nuovi missili verso Mosca è il modo per evitarlo? Non immagino ci sia uno solo dei miei lettori disponibile a credere a questa panzana. La guerra si evita riannodando i fili, con pazienza, specie se sei il vaso di coccio tra vasi di ferro.
Con il dibattito su Ventotene sono riusciti a distrarci nel giorno della scelta decisiva. L’Italia non può sostenere ReArm Europe, è totalmente contro i suoi interessi e ci espone a concreti rischi di annientamento. Dobbiamo lavorare nella direzione opposta, verso il disarmo concordato e una politica di equilibrio tra le diplomazie, incassando un risultato alla volta come ha fatto Trump con la lunga telefonata a Putin. Certo, non è ancora un pieno cessate il fuoco, ma meno bombe è sempre meglio di più bombe. Questa è la direzione giusta, non il riarmo di Stati nazione che nella storia hanno sempre causato le guerre peggiori.

“Giorgia ha ragione: quello scritto sognava come superstato una dittatura illiberale”
Lo storico Pierluigi Battista: “L’oligarchia rivoluzionaria doveva educare il popolo: idea molto antidemocratica”
di Hoara Borselli
Il Giornale, 20 marzo 2025
Giorgia Meloni ha detto che l’Europa immaginata da Altiero Spinelli non è la sua Europa. Sacrilegio?
«No. Da sincero liberale e da persona che ha un grande rispetto per Spinelli e Rossi, che stavano a Ventotene al confino e non in vacanza, credo che Giorgia Meloni abbia ragione».
Perché?
«Perché quel manifesto va letto. E se lo leggi ti accorgi che non c’è scritto viva l’Europa. C’è scritto cosa loro volevano che diventasse l’Europa».
Cosa volevano?
«Un superstato che abolisse per decreto gli stati nazionali, diretto da una dittatura rivoluzionaria, c’è scritto proprio così. Cioè da una oligarchia che si autonominava depositaria dei valori da incarnare a prescindere da qualsiasi forma di consultazione popolare».
Escludendo il voto?
«Sì, perché si dice nel manifesto che il popolo è immaturo (testuale) e che la normale metodologia democratica non può funzionare finché il popolo non diventa maturo. Il compito della oligarchia rivoluzionaria è di educare il popolo alla Ragione. È il vecchio mito di Platone, del re filosofo. È la cosa più antidemocratica che esista al mondo».
Il governo dei migliori?
«Sì, l’idea che esista una categoria di ottimati, di filosofi, che sanno qual è il bene del mondo e lo impongono».
Lei dice che questo manifesto non è molto liberale
«L’idea del liberalismo democratico è il pluralismo, il conflitto di opinioni. E questa idea è costituiva dell’Europa. Non Ventotene».
Poi c’è la questione della proprietà privata
«Già. Il manifesto dice: no alla statalizzazione comunista. Però saranno gli ottimati a dire dove deve stare e come debba funzionare la proprietà privata. Saranno gli ottimati a dire ai capitalisti: devi fare così, devi fare così».
Gli autori del manifesto sono antifascisti?
«Sì, ma c’è l’antifascismo liberale e c’è un antifascismo illiberale. Il loro è illiberale. C’è una parte della Resistenza che era convinta che la guerra partigiana avesse due tappe. La prima per liberarsi del fascismo, la seconda per liberarsi del capitalismo. Il comunismo è antifascismo ma non è democratico. Ci sono comunisti ammirevoli che erano contro la dittatura fascista ma non per un modello antagonista a ogni dittatura».
Spinelli era comunista?
«No, era un giacobino azionista».
L’azionismo che ruolo ha avuto nella costruzione della democrazia italiana?
«Molto minoritario. Gli azionisti fiancheggiavano il Pci. Lei forse conosce questa battuta di Cossiga: peggio dei comunisti ci sono solo i filocomunisti…. Il partito d’Azione ebbe un ruolo molto minoritario. Alla fine la lotta politica è stata tra i due partiti popolari: Dc e Pci. Nel 1948 l’Italia sancì il suo ingresso nelle democrazie occidentali con la vittoria della Dc».
Una data da ricordare?
«Sì. Il 18 aprile 1948. La democrazia italiana ha due date di nascita: il 25 aprile 1945 e il 18 aprile 1948».
Questo discorso di Giorgia Meloni significa che il governo rompe con l’obbligo dell’europeismo?
«No. Perché nessuno in Europa vuole Ventotene. Merz, che ha appena vinto in Germania, non è un giacobino. I socialisti europei non vogliono Spinelli e Rossi, vogliono solo un’Europa spostata a sinistra. Si può essere europeisti senza Spinelli».
Meloni ha riunificato la sinistra?
«No. I Cinque stelle pensano che… Beh, dai diciamo la verità; i cinque stelle stanno con Putin. E il problema nel Pd resta. Il Pd non ha più una bandiera sua. Cerca di sventolare Ventotene. Però prima di sventolare devi arrotolarla e leggerla la bandiera. Io non credo che Paolo Gentiloni e neanche la vecchia guardia dell’ex Pci voglia la dittatura rivoluzionaria».
E allora perché questa rivolta?
«Ma perché i giovani politici non sanno. Non conoscono la storia, non sanno cosa succedeva nel ’41. Non sanno neppure che nel ’41 l’Urss era ancora alleata di Hitler e l’unico che si opponeva al nazismo era Churchill».
