Vogliamo la Pace. Non il riarmo

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 18.03.2025 – Jan van Elzen] – «Pur riaffermando il diritto inalienabile all’autodifesa, la guerra è sempre un fallimento dell’umanità tutta e non solo delle singole parti coinvolte». Tutte le guerre sono in contraddizione con la dignità umana e «non sono destinate per loro natura a risolvere i problemi ma piuttosto ad aggravarli». Con queste considerazioni il Segretario di Stato, Cardinale Pietro Parolin, ha aperto il 10 maggio 2024 il Tavolo per la pace presso il Palazzo della Cancelleria a Roma, con circa trenta premi Nobel per la Pace. L’evento ha dato il via alla manifestazione #BeHuman, il secondo World Meeting on Human Fraternity organizzato il 10 e 11 maggio 2024 dalla Fondazione “Fratelli tutti”. «Dio ha creato gli uomini per vivere nella pace e per custodire il Creato, non per distruggerlo», ha detto il Cardinal Parolin, e ha evidenziato come la guerra, colpendo la dignità umana e ponendosi in direzione diametralmente opposta alla creazione, «non attenta solo alla dignità altrui ma anche alla propria». Secondo il Segretario di Stato, oggi va messo in discussione lo stesso concetto di “guerra giusta”, «nato in un’epoca in cui i conflitti avevano portata relativamente limitata. Nell’era contemporanea, con l’avvento delle armi nucleari e di distruzione di massa, questa teoria si presenta come altamente problematica».
Particolare attenzione va poi dedicata alla problematica delle armi: nel 2023 le spese relative a questo ambito ammontavano a 2443 miliardi di dollari, mentre l’aiuto allo sviluppo sfiorava appena i 233 miliardi. «Le guerre continuano a proliferare perché l’industria delle armi sostiene di fatto l’economia di molti paesi», ha osservato il Segretario di Stato, ripetendo le parole di Papa Pio XII: «Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra».
«Quando ci si riarma, prima o dopo le armi devono essere utilizzate, no?» (Cardinale Pietro Parolin, 17 marzo 2025).
Di seguito riportiamo dal blog del fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, l’articolo del 18 marzo 2025 Una pace senza dialogo è premessa di nuove guerre – La diplomazia è stata emarginata. Bisogna restituire autorità alle istituzioni internazionali [QUI] e la Prefazione di Papa Francesco al libro Le parole della pace. 1987-2023 (EDB 2024, 308 pagine [QUI]) di Andrea Riccardi, che raccoglie i discorsi pronunciati dal fondatore della Comunità di Sant’Egidio in occasione degli appuntamenti annuali promossi dopo il grande Incontro interreligioso per la pace di Assisi voluto nel 1986 da Giovanni Paolo II.

Una pace senza dialogo è premessa di nuove guerre
La diplomazia è stata emarginata. Bisogna restituire autorità alle istituzioni internazionali
Siamo in una fase nuova dei rapporti internazionali. Questa fase è stata inaugurata dalla riabilitazione della guerra e della forza come strumenti per risolvere i conflitti e imporre i propri interessi. La guerra in Ucraina ne è un esempio. Un conflitto, voluto dai russi, cui ha risposto un’inaspettata resistenza ucraina, mai affrontato diplomaticamente.
Gli occidentali, che hanno fin dall’inizio appoggiato Kyiv, non hanno lavorato anche per una soluzione della guerra, il cui prezzo è stato pagato dagli ucraini. La diplomazia, in quasi tutte le crisi, è in disarmo o irrisa. Il duro colloquio del presidente Trump con Zelensky alla Casa Bianca ha mostrato la crisi della diplomazia di fronte ai riflettori. La diplomazia è anche riservatezza. Del resto siamo nel tempo della trasparenza assoluta, quindi l’esibizione della forza non viene nascosta.
Non si può negare che Trump abbia reintrodotto il tema della pace, tanto occultato. Il presidente mira forse ad allentare il rapporto tra Cina e Russia, ristabilendo con quest’ultima relazioni strette. Per fare pace, però, ci vuole dialogo.
Una pace senza dialogo umilia una parte, quella ucraina, che ha resistito all’attacco russo. Una pace imposta pone le premesse di nuove guerre, come accadde dopo la Prima guerra mondiale. L’Europa deve agire. Lo hanno fatto non tanto le istituzioni di Bruxelles, ma i Governi di Parigi e Londra. Aspettiamo i primi passi del cancelliere tedesco Merz.
Anche Roma ha un ruolo per il suo rapporto con Trump, seppure la coalizione governativa fatichi a trovare una comune visione. Ma l’Italia ha una grande storia diplomatica: Paese della Nato, fedele agli Usa, ha avuto un ruolo in Medio Oriente e ha dialogato con l’Urss. In Europa c’è bisogno dell’Italia.
Un mondo complesso, conflittuale, senza ordine, richiede un dialogo permanente. Papa Francesco, scrivendo all’Accademia per la vita, ha parlato di «una progressiva irrilevanza degli organismi internazionali, che vengono minati anche da atteggiamenti miopi, preoccupati di tutelare interessi particolari e nazionali». Chiede la promozione di «un multilateralismo che non dipenda dalle mutevoli circostanze politiche o dagli interessi di pochi… un compito urgente che riguarda l’intera umanità».
La pace si costruisce nel realismo. Questo sconfigge la mancanza di senso della realtà tipica delle passioni nazionalistiche e imperialistiche, che accecano i popoli con una propaganda assolutistica. Ci si deve invece radicare nella convinzione che, malgrado le diversità, si può costruire la via per vivere insieme.
Abbiamo assistito alla riabilitazione della guerra e all’emarginazione della diplomazia. I rapporti oggi sono spesso brutali e bellicosi.
Ma non bisogna essere pessimisti: è il momento di rilanciare il dialogo costruttivo. Si devono ravvivare le istituzioni internazionali, che ricordano l’esistenza di un bene comune mondiale. Del resto non tutto è così negativo. In Turchia, dopo quarant’anni di conflitto, si è aperta una fase negoziale tra il presidente Erdogan e i curdi del Pkk, considerato fino ad oggi un’organizzazione terroristica.
«La storia è piena di sorprese», diceva Giovanni Paolo II che nutriva una grande speranza e per questo credeva nel dialogo. Sulle rovine della società internazionale di ieri si può forse costruire un mondo di pace.
Andrea Riccardi
Il coraggio del dialogo per vincere l’odio e la guerra
La Prefazione di Papa Francesco al libro “Le Parole della pace” di Andrea Riccardi
Questo libro, “Le parole della pace”, testimonia il lungo cammino che si snoda dall’Incontro interreligioso per la pace di Assisi del 1986, voluto da san Giovanni Paolo II, fino ai nostri giorni. Attraverso la raccolta dei testi di Andrea Riccardi, pronunciati nel quadro di quegli Incontri annuali, si avvertono i problemi del momento, le minacce di guerra e le attese di pace. Emergono pure le energie e le speranze suscitate dal dialogo tra le religioni e tra i credenti. Sono quei sentimenti che ci aiutano sempre a non disperare che la pace sia possibile.
L’intuizione di Papa Wojtyla, che convocò le religioni ad Assisi a pregare le une accanto alle altre e non più le une contro le altre, fu audace. C’era ancora la guerra fredda e i tempi sembravano minacciosi. Le religioni potevano rappresentare da una parte risorse di pace ma, dall’altra, alimentare o sacralizzare i conflitti.
L’evento di Assisi stupì il mondo per la sua novità. Chi ha vissuto quel 27 ottobre ad Assisi sa che fu percepito, anche lontano, come un fatto storico dalla gente. Non mancarono però polemiche come spesso di fronte ai fatti storici. Il problema era come continuare quel cammino dopo il grande evento di Assisi. Giovanni Paolo II aveva detto al termine dell’incontro: «Non c’è pace senza volontà indomita per raggiungere la pace. La pace attende i suoi profeti» (Giovanni Paolo II, Assisi, 27 ottobre 1986).
Assisi «non poteva e non doveva restare un evento isolato» come dissi io stesso, ricevendo i leader religiosi a Roma al termine dell’Incontro Internazionale per la Pace il 30 settembre 2013: «Voi avete continuato tale cammino e ne avete accresciuto lo slancio, coinvolgendo nel dialogo significative personalità di tutte le religioni ed esponenti laici e umanisti. Proprio in questi mesi, sentiamo che il mondo ha bisogno dello spirito che ha animato quello storico incontro. Perché? Perché ha tanto bisogno di pace. No! Non possiamo mai rassegnarci di fronte al dolore di interi popoli, ostaggio della guerra, della miseria, dello sfruttamento. Il cammino di Assisi, negli anni successivi al 1986, è stato un atto di fiducia nella preghiera e nel dialogo per la pace».
Questo cammino ha raccolto personalità diverse da un punto di vista religioso; ha pellegrinato in luoghi differenti del mondo. Prima due volte a Roma, a Trastevere, poi a Varsavia nel 1989, quando il Muro stava per cadere o a Bucarest. Nel 1998, aprendo la strada al primo viaggio apostolico di un papa, Giovanni Paolo II, in un paese ortodosso. Lo «spirito di Assisi» nella pratica del dialogo e dell’amicizia, ha formato uomini e donne di pace provenienti da religioni diverse, lontane o ostili da secoli.
La via seguita «ogni anno ci suggerisce la strada: il coraggio del dialogo»: I leader religiosi sono chiamati ad essere veri «dialoganti», ad agire nella costruzione della pace non come intermediari, ma come autentici mediatori. Ciascuno di noi è chiamato ad essere un artigiano di pace, unendo e non dividendo, estinguendo l’odio e non conservandolo, aprendo le vie del dialogo e non innalzando nuovi muri!
Dialogare, incontrarci per instaurare nel mondo la cultura del dialogo, la cultura dell’incontro. Lungo questa strada, i mondi religiosi si sono avvicinati. Se pure persistono aree e situazioni di fondamentalismo che preoccupano, nel XXI secolo è avvenuto un cambiamento profondo nel rapporto tra i credenti delle diverse Religioni, che hanno cominciato a considerare il dialogo come decisivo.
Penso, in particolare al Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, che ho firmato con il Grande Imam di Al Azhar, Ahmad Al-Tayyeb nel 2019. Tuttavia oggi c’è bisogno di più dialogo. Proprio in questo periodo, con tanti conflitti aperti e minacce di guerre, ci rendiamo conto che «il mondo soffoca senza dialogo» (Papa Francesco, 15 giugno 2014).
C’è bisogno di un dialogo aperto, franco e costante. Le Religioni sanno che «dialogo e preghiera crescono o deperiscono insieme. La relazione dell’uomo con Dio è la scuola e l’alimento del dialogo con gli uomini» (Papa Francesco, 30 settembre 2013). Per questo, nel cammino intrapreso nello spirito di Assisi, con l’impulso della Comunità di Sant’Egidio, la preghiera è stata sempre una dimensione centrale. Crediamo infatti nella forza umile e mite della preghiera.
Dopo il 1989, il mondo si è globalizzato, unificandosi in tanti aspetti, come finanza e commercio, comunicazioni. Tuttavia è rimasto ancora profondamente diviso. La divisione è stata nutrita da uno spirito di sospetto che ha fatto non solo conservare, ma aumentare i dispositivi militari. È l’idolatria della forza armata: A partire dallo sviluppo delle armi nucleari, chimiche e biologiche, e delle enormi e crescenti possibilità offerte dalle nuove tecnologie, si è dato alla guerra un potere distruttivo incontrollabile In verità, mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene (Fratelli Tutti). Scrive in queste pagine giustamente Andrea Riccardi: «Siamo in un tempo in cui troppi possono fare la guerra, avendo a disposizioni terribili armamenti».
Ma non siamo paralizzati dalla paura, pur essendo preoccupati. Non ci rassegniamo al dominio della forza e della prepotenza. Non rinunciamo al dialogo, lasciando che lo spirito di odio e di guerra invada i mondi religiosi e gli animi dei credenti. Non torniamo indietro nel cammino ecumenico e interreligioso di tanti anni, come vorrebbe lo spirito della divisione e del male! «Le Religioni non possono essere utilizzate per la guerra. Solo la pace è santa e nessuno usi il nome di Dio per benedire il terrore e la violenza», ho detto partecipando a uno di questi Incontri (Papa Francesco, Roma 25 ottobre 2022).
Questa è una consapevolezza acquisita nel cammino di dialogo, amicizia e preghiera: che la pace è santa e il nome di Dio non può essere utilizzato per combattere o terrorizzare! Tale consapevolezza è diffusa e radicata nel popolo dei semplici credenti che vogliono la pace. La loro preghiera e quella di quanti soffrono per la guerra sostiene il dialogo. Così, formati dall’amicizia di tanti anni, i credenti e, in particolare i leader e i responsabili religiosi, costituiscono «una rete di pace che protegge il mondo e soprattutto i più deboli» (Papa Francesco, 30 settembre 2013). Questo libro segue i momenti costruttivi di questa rete. Per questo ripeto quanto dissi, partecipando a uno degli Incontri nello spirito di Assisi, promosso da Sant’Egidio, di fronte al Colosseo: «Se vedete attorno a noi le guerre, non vi rassegnate! I popoli desiderano la pace!».