Oggi il ricordo del miracolo per l’intercessione di San Filippo Neri al Palazzo Massimo alle Colonne

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 16.03.2025 – Vik van Brantegem] – Il 16 marzo di ogni anno, Roma ricorda un avvenimento che, pur lontano nel tempo – accadde nel 1583 – conserva intatto il suo ricco significato e mostra la potenza della preghiera di Padre Filippo Nero (Firenze, 21 luglio 1515-Roma, 26 maggio 1595) e la sua affettuosa partecipazione alla vita dei penitenti, che gli affidavano la cura della loro anima.
Filippo Romolo Neri nacque a Firenze il 21 luglio 1515 e si trasferì a Roma all’età di vent’anni, ove fu ordinato sacerdote nel 1551 ed entrò nella Comunità dei sacerdoti della chiesa di San Girolamo. Si accorse di trovarsi in una città popolosa e pericolosa, motivo per cui cominciò a organizzare delle riunioni, in chiesa, tra giovani, sia maschi che femmine, all’insegna del gioco e della preghiera, pur di sottrarli ai pericoli del mondo e avvicinarli alla fede e alle celebrazioni liturgiche. Questa attività era incentrate attorno alla chiesa di Santa Maria in Vallicella, in quello che poi venne detto Oratorio, ritenuto e proclamato come vera e propria Congregazione da Papa Gregorio XIII nel 1575.
L’esperienza dell’Oratorio consisteva nella creazione di una comunità religiosa composta da persone di diverso status che, religiosi o laici, poveri o nobili, non fossero uniti da nessun voto o giuramento ma solo dalla volontà di fornire servizio di carità e assistenza e di avvicinarsi ai sacramenti e alla lettura delle Scritture in un clima di gioia e fratellanza. Questa attività fu particolarmente importante e innovativa, tanto che lì venne affidato il rinnovamento spirituale del centro di Roma. La Congregazione ebbe particolar cura nella sua attività di carità specie verso infermi e morenti con l’accompagnamento alla “buona morte”.
Padre Neri fu una delle figure più influenti a Roma durante il periodo della Controriforma, noto per aver convertito molte persone influenti alla santità come Cattolici praticanti, perché Padre Neri soleva riunire nel proprio Oratorio non solo i poveri figli della strada, ma anche giovani di famiglia benestante e nobili. Fra di essi vi era il quattordicenne Paolo, figlio di Fabrizio, della famiglia nobile dei Massimo.
Padre Neri aveva rapporti stretti con la famiglia Massimo, infatti era lui che aveva convinto Fabrizio Massimo ad acquistare, nel 1574, il castello e il feudo di Arsoli. I Massimo furono poi nominati Principi di Arsoli.
Paolo Massimo si ammalò e per sessantacinque giorni versava in grave pericolo di vita. Padre Neri lo visitava ogni giorno, ma non potè assistere Paolo negli ultimi istanti della sua vita, poiché Il 16 marzo 1583 stava celebrando la Messa quando lo avvertirono della fine imminente. Il ragazzo morì quella stessa mattina. Al suo arrivo in Casa Massimo il ragazzo già era spirato e fu richiamato in vita per un breve periodo da Padre Neri che poi ascoltò la sua confessione. La storia è un vivo promemoria dell’importanza del sacramento della penitenza.
Padre Neri, commosso, si accostò al petto il corpo esanime di Paolo, gli mise una mano sulla fronte, e con il tremito soprannaturale che caratterizzava la sua preghiera, invocò Dio intensamente, per lo spazio di sette, otto minuti; quindi lo asperse con l’acqua benedetta, e ricominciò ad accostarselo al petto chiamandolo per nome. Paolo riaprì gli occhi.

La storia del miracolo è riportata da Don Pietro Giacomo Bacci nella sua Vita di San Filippo Neri:
«Padre Filippo entrò allora nella stanza dove si trovava il ragazzo morto, e si gettò sul bordo del letto, pregando per mezzo quarto d’ora con il solito palpitare del cuore e tremare del corpo; e poi prese l’Acqua Santa e la spruzzò sul volto del figlio e gliene gettò un po’ in bocca; poi soffiandogli in faccia, ponendogli la mano sulla fronte, lo chiamò con voce forte e sonora due volte: “Paolo? Paolo?” Alla cui voce il giovane subito, come se si fosse svegliato da un sogno, aprì gli occhi e rispose: ‘Padre’, e poi aggiunse: ‘Mi ero dimenticato di un peccato, e perciò vorrei confessarmi’. Allora il Santo Padre fece scostare un poco quelli che erano intorno al letto, e ponendogli un Crocifisso in mano lo riconciliò.
Poi, quando tutti tornarono nella stanza, cominciò a parlare tra sé di sua sorella e di sua madre, che erano entrambe morte, continuando la discussione per lo spazio di mezz’ora, rispondendo sempre il giovane con voce chiara e franca, come se fosse sano. Infatti, il colore gli tornò sul viso, e a tutti coloro che lo guardavano, sembrava che non avesse affatto cattiva salute.
Infine il Santo Padre gli chiese se moriva volentieri: rispose di sì. Quando Filippo gli chiese la seconda volta se moriva volentieri, rispose anche che moriva molto volentieri, specialmente per andare a vedere sua madre e sua sorella in Paradiso; al che il Santo Padre, dandogli la benedizione, gli disse: “Va’, sii benedetto e prega Dio per me”. E subito con viso placido e senza alcun movimento tornò a morire nelle braccia del Santo Padre; essendo presenti a tutto questo Fabrizio con due sue figliuole, allora monache in Santa Marta, e Violante Santacroce, sua seconda moglie, e la serva che lo assisteva nella sua infermità, chiamata Francesca, e altre».
In settembre 1595, il processo canonico sull’evento offre anche la commossa testimonianze del più che ottantenne Principe Fabrizio Massimo, fedele ed intimo discepolo di Padre Neri, e padre del giovane Paolo, a favore del quale l’intercessione di Padre Neri ottenne da Dio il miracolo che oggi si commemora.

La camera del miracolo, al secondo piano del Palazzo Massimo alle Colonne, che si affaccia sull’attuale Corso Vittorio Emanuele II, venne successivamente trasformata nella cappella, visitabile ogni anno nella ricorrenza dell’avvenimento.
La cappella è un vero e proprio deposito di arte sacra, con un’incredibile esposizione di stucchi e marmi colorati di fine Cinquecento. Le pareti sono drappeggiate in un ricco damasco cremisi di seta realizzato sui telai di San Leucio a Caserta, dove i tessuti venivano realizzati su misura per le famiglie nobili di Roma, una tradizione di lunga data nell’antico Regno delle Due Sicilie. Il vasto assortimento di reliquie in mostra, rende la cappella un sito impressionante, persino per gli standard di Roma. Degni di nota sono i vari candelabri.
Nella cappella si trova una statua di San Filippo Neri e una statua di San Pietro sotto un baldacchino, simbolo della lealtà della famiglia Massimo alla Santa Sede attraverso i secoli, incluso il periodo difficile della rivolta massonica durante il Risorgimento italiano, quando Roma fu assediata e infine presa nel 1870. La statua è modellata sulla versione molto più grande nella Basilica Vaticana.
Foto di copertina: Il miracolo di Palazzo Massimo alle Colonne, incisione di Pietro Bettelini su disegno di Luigi Agricola, 1758 o 1759-1821.