L’ostensione di una copia della Sacra Sindone nell’Anno Santo 2025 presso in santuario del Santissimo Crocifisso in Nemi

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Domenica 9 marzo 2025 I Domenica di Quaresima, la comunità di Nemi ha vissuto un evento di straordinaria rilevanza spirituale nell’ambito dell’Anno Santo 2025 e nel contempo di grande valore storico e culturale. Nello scenario suggestivo e ricco di storia del borgo nel cuore dei Castelli Romani è stata accolta all’inizio della Quaresima una riproduzione della Sacra Sindone, fedele all’originale. Rimarrà esposta per tutto l’Anno Giubilare tutti i giorni dalle ore 08.00 alle 20.00 presso il santuario del Santissimo Crocifisso, custodito dai frati mendicanti detti Mercedari dell’Ordine di Santa Maria della Mercede. L’ostensione rappresenta un’occasione unica di preghiera, riflessione, contemplazione e devozione per i fedeli ed i pellegrini, trasformando Nemi in un punto di riferimento per il cammino giubilare, unendo fede, cultura e tradizione in un’atmosfera ideale di spiritualità autentica.

L’Arcivescovo metropolita di Torino, Cardinale Roberto Repole, Custode Pontificio della Sindone, ha annunciato che quest’anno non ci sarà l’ostensione della Sacra Sindone a Torino. Però, i sindonologi hanno fatto qualcosa. Si sono inventati l’ostensione diffusa in tutte le chiese che lo vogliono. Portano una copia della Sacra Sindone e viene esposta. È una copia, non è l’originale. Anche di fronte ad una copia si può pregare, meditare, contemplare, riflettere e arrivare a compiere una santa Quaresima. un santo Giubileo. Innanzitutto, un periodo di speranza, perché ne abbiamo bisogno.

La Quaresima si apre con il racconto delle tentazioni di Gesù. Poste alla soglia del suo ministero pubblico, in esse è rivelata l’autenticità dell’umanità di Cristo, che, in completa solidarietà con l’uomo, subisce tutte le tentazioni tramite le quali il Nemico cerca di distoglierlo dalla sua completa sottomissione al Padre. “Cristo tentato dal demonio! Ma in Cristo sei tu che sei tentato” (Sant’Agostino). In esse viene anticipata la vittoria finale di Cristo nella Risurrezione. Cristo inaugura un cammino, che è l’itinerario di ogni essere umano, cioè di recuperare per l’uomo la sovranità della sua vita in un libero riconoscimento della sua dipendenza da Dio. È nell’obbedienza a Dio che risiede la libertà dell’uomo. L’abbandono nelle mani del Padre è la fonte dell’unica e vera libertà, che consiste nel rifiutare di venire trattati in modo diverso da quello che siamo. Il potere di Dio la rende possibile.

La solenne celebrazione della Santa Messa in occasione dell’ostensione della riproduzione fedele della Sacra Sindone, domenica 9 marzo 2025 nel santuario del Santissimo Crocifisso a Nemi, è stata presieduta alle ore 09.30 da Mons. Vincenzo Viva, Vescovo della Diocesi Suburbicaria di Albano, concelebranti Padre Ettore Ricci, O.de.M., Superiore del convento dei Mercedari e Prof. Padre Stefano Defraia, O.de.M., docente associato presso la Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, alla presenza del Sindaco di Nemi, Alberto Bertucci; del Comandante della Stazione dei Carabinieri di Nemi, Maresciallo Domenico De Rosa; del Comandante della Polizia Locale, Gabriele Di Bella; dei Vigili del fuoco volontari del locale Distaccamento, rappresentati da Fabrizio Cavatella; di una rappresentanza dell’Associazione Paracadutisti Colline Romane; e di una rappresentanza della Sezione di Castelli Romani della Delegazione di Roma e Città del Vaticano del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.

Dopo la Santa Messa i partecipanti hanno partecipato ad un rinfresco nel chiostro del convento.

L’importanza dell’ostensione della copia della Sacra Sindone è stata sottolineata dal Sindaco di Nemi, Alberto Bertucci: «Accogliere l’ostensione della Sacra Sindone a Nemi è un grande onore e un segno di profonda spiritualità per la nostra comunità. Questo evento rappresenta un messaggio di fede, speranza e tradizione che attraversa i secoli. Il nostro santuario del Santissimo Crocifisso diventerà un luogo di riflessione e accoglienza per i pellegrini, testimoniando la vocazione spirituale della nostra città».

L’ostensione a Nemi non solo è un’occasione di devozione religiosa, ma rappresenta anche un ponte tra storia e innovazione della tradizione tessile italiana, grazie alla riproduzione certificata in scala 1:1 della Sacra Sindone, realizzata attraverso un progetto avviato nel 2020 in Val Gandino nella provincia di Bergamo. Qui un campo fu coltivato a lino nell’ambito dell’iniziativa Lino Val Gandino. Il tessuto, la reliquia del mondo [QUI], che ha ricevuto il riconoscimento e il supporto del Centro Internazionale di Studi sulla Sindone (CISS), unico ente ufficialmente riconosciuto dal Custode Pontificio della Sindone, a cui presta la propria attività di consulenza. Questa iniziativa rappresenta una straordinaria sintesi tra scienza, fede e artigianato italiano, conferendo all’ostensione di Nemi un valore ancora più profondo.

La riproduzione fedele della Sacra Sindone è stata donata al santuario di Santa Maria di Carpignano a Grottaminarda in provincia di Avellino, affidato ai Mercedari, ove è in ostensione permanente dal 5 maggio 2021, da Padre Nicola Boccuzzo, O.de.M., già Parroco di Santa Maria del Pozzo a Nemi, e può essere in ostensione presso il Santuario del Santissimo Crocifisso di Nemi durante tutto l’Anno Giubilare, grazie alla gentile concessione di Padre Antonio Venuta, O.de.M., Superiore del Santuario di Santa Maria di Carpignano.

“Con la Sindone non si scappa”

La vista dell’Uomo dei dolori ricorda, a quanti si accosteranno a questa copia, che la fede non si fonda su un uomo potente, ma su una persona umiliata e uccisa che ha vinto la morte. Tutti constatiamo la grande fatica di portare avanti l’esperienza di fede. In tanti, a volte per motivi diversi, come la grande prova della malattia, di un lutto o altro, si allontanano dalla fede in Cristo Gesù. L’auspicio è che la meditazione arriva ad una professione di fede piena, attraverso la conoscenza della preziosissima e più celebre Reliquia acheropita, cioè non fatta da mano dell’uomo. L’unica immagine sicuramente acheropita è la Sacra Sindone, perché nessun scienziato è riuscito a spiegare come il corpo di Gesù l’abbia prodotta.

Ci sono tanti particolari inconfutabili, come per esempio il lino che nelle fonti viene chiamato bisso di lino, un tessuto pregiato fatto a spina di pesce che solo persone ricche si potevano permettere. Un uomo crocifisso che non finisce in una fossa comune, ma viene avvolto addirittura in un lino così pregiato non può essere che Gesù.

Sul sacro lino sono impressi i segni del Calvario e della morte di Cristo. Sono filologici perché la crocifissione non poteva avvenire nel palmo delle mani per questioni fisiche. Si tratta di una vera crocifissione romana del I secolo perché i chiodi sono stati messi nei polsi per sostenere il corpo in quanto, all’epoca di Gesù, non si usava il poggiapiedi. Il poggiapiedi, che poi raffigurano gli artisti, nasce nella seconda metà del I secolo, quando le crocifissioni si svolgono nel circo e si deve rallentare l’agonia per fare spettacolo. Invece la Sacra Sindone ci mostra i piedi di Gesù molto flessi in avanti, perché inchiodati direttamente contro la croce. Per sostenere il corpo c’erano solo i chiodi nei polsi, proprio nel punto dove riuscivano a sostenere il corpo. Ci sono altre tracce: per esempio sulla guancia destra c’è il segno di un colpo di bastone. E sappiamo che Gesù ha ricevuto questo colpo che, nel Vangelo, viene detto schiaffo in latino, ma in greco è detto ράπισμα (rapisma), cioè una specie di bastonata che Gesù riceve gonfiando tutta la guancia e schiacciando il naso. Nella Sindone c’è tutto quello che ci dice il Vangelo e anche di più: non sono ricordati quanti sono stati i colpi di flagello, mentre la Sindone ci dice che ne ha ricevuti 120. E questo trova una spiegazione: Pilato lo voleva salvare, quindi non lo condanna a una classica flagellazione leggera, ma a una flagellazione abbondante che però non riesce a impietosire la folla. Dunque il Prefetto della Giudea si lascia convincere anche a crocifiggerlo. La Sindone ci presenta questa doppia condanna.

Il vaticanista Orazio Petrosillo, coautore con la Prof.ssa Emanuela Marinelli del primo libro dedicato alla Sacra Sindone, definiva la Sindone “foto notizia” dal Calvario, una definizione da giornalista, che pone in evidenza come si debba accettare l’evidenza di ciò che si vede. La Sindone è preziosa anche contro ogni tentativo di smantellare il Vangelo. “Con la Sindone non si scappa”, afferma la Prof.ssa Marinelli.

La nostra fede nasce da un Crocifisso, da una persona umiliata, sputacchiata, coronata di spine, abbandonata, alla fine messa sul patibolo, motivo di vergogna, sepolta e poi l’esito finale della resurrezione. Ritornando al tema della sofferenza, del dolore, della passione, San Paolo scrisse ai Corinzi, che “alcuni cercano la sapienza, altri cercano la gloria, noi cerchiamo la potenza della croce”. “Ciò che per altri è motivo di vergogna, per noi è motivo di sapienza, motivo di forza”.

Il santuario del Santissimo Crocifisso di Nemi

Il santuario del Santissimo Crocifisso, già chiesa di Santa Maria di Versacarro, a Nemi, in provincia di Roma, nella Diocesi Suburbicaria di Albano, venne edificato tra il 1639 ed il 1645, insieme all’annesso convento, dal Marchese Mario Frangipane, per ospitare i Francescani dell’Ordine dei Frati Minori Osservanti (che arrivarono nel 1645), dopo che i Francescani Cappuccini avevano lasciato Nemi per trasferirsi nel loro convento di Genzano.

I Cappuccini giunsero a Nemi nel 1534, chiamati dal feudatario Ascanio Colonna, per stabilirsi proprio nell’antico sito eremitico di Santa Maria di Versacarro, la cui chiesetta fu dedicata a San Francesco con la consacrazione del 24 febbraio 1579. La sistemazione si rivelò assai precaria, per quanto si cercò di adeguare le vecchie strutture dell’eremo alle esigenze della comunità. Nel 1636 si decise d’abbandonare il convento per costruirne un altro in posizione più conveniente. Divergenze intercorse tra il Marchese Frangipane e il Padre Provinciale dei Cappuccini riguardo la scelta del sito dove erigere il nuovo complesso, indussero i religiosi ad abbandonare Nemi per trasferirsi a Genzano. I Cappuccini furono accolti dai Genzanesi con gioia e giubilo mentre “i poveri Nemesini […] piangevano dirottissimamente gridando misericordia […] si graffiavano la faccia e tutti crudamente si battevano il petto et facevano atti di molta compassione”.

Il Marchese Frangipane decise di costruire ugualmente il convento unito ad una nuova chiesa, e donò poi il complesso ai Frati Minori Osservanti, i quali ne presero possesso il 25 luglio 1645. Il popolo di Nemi, concorde il Parroco Arciprete, volle che nella chiesa fosse posta l’icona di Santa Maria di Versacarro, già trasportata dal vecchio sito giù al lago e collocata nella nuova chiesa, facendo però ad essa l’obbligo del titolo che tuttora mantiene. Tuttavia, da quando il 19 maggio 1669 il Crocifisso ligneo scolpito da Fra’ Vincenzo Pietrosanti da Bassiano fu esposto con solennità, la chiesa è divenuta prima vox populi e poi anche nei documenti, il santuario del Santissimo Crocifisso.

Intorno all’icona bizantina di Santa Maria di Versocarro si sono sviluppate numerose leggende. Il nome deriverebbe da una leggenda popolare secondo cui, mentre dei ladri trafugavano l’immagine nascondendola in un carro di buoi, gli animali avrebbero per intervento divino “voltato” il carro (in latino voltare si dice vertere, da cui il participio versus) e riportato così l’icona alla chiesa. Originariamente l’icona era un trittico, di cui oggi resta solo la tavola centrale, che rappresenta la Madonna col Bambino. Le due laterali, coi santi Pietro e Paolo, furono rubate nell’agosto del 1975.

L’impianto del santuario del Santissimo Crocifisso di Nemi è di una croce latina rovesciata, con l’aula rettangolare, stretta e lunga, quale spazio deputato ai presbiteri. Quest’aula era in origine articolata in due vani di eguali dimensioni, uno riservato al coro e l’altro destinato al presbiterio. Essi erano separati dall’edicola dell’antico altare maggiore che era in legno con quattro colonne tortili, angeli reggenti i simboli della passione e decorato in blu e oro.

Il santuario fu profondamente ristrutturato all’epoca dei Braschi nel 1789 e ricevette un profondo restauro nel biennio 1898-99 dal nuovo proprietario, , l’Ordine di Santa Maria della Mercede.

Il Santissimo Crocifisso di Nemi

Fra’ Vincenzo Pietrosanti da Bassiano, Padre provinciale dei Frati Minori Osservanti, è autore di numerosi Crocifissi presenti nell’area laziale. Nel 1669 Fra’ Vincenzo consegnava il suo secondo Crocifisso al convento di Santa Maria di Versacarro di Nemi, che veniva accolto da tutto il popolo con grande solennità.

Nel Crocifisso, che presenta un incavo a cui si accede dal dorso, vennero inserite alcune reliquie che fanno della scultura non una semplice raffigurazione ma piuttosto una teca, e via via altri documenti, che Fra’ Vincenzo egli stesso inserì nel Crocifisso nel 1674: «In questo SS.mo Crocifisso vi sono l’infrascritte Reliquie ed io, P. Vincenzo da Bassiano, Custode di questa Provincia Romana, con ogni riverenza et humiltà, con le mie proprie mani ve l’ho poste. Un frammento del legno della Santissima Croce del legno dritto e traverso. Della Colonna dove Nostro Signore fu flagellato. Del Sacro Sepolcro dove seppellito. Della Pietra del monte Calvario. Della Pietra dove sedé quando fu coronato di spine.  Della fossa dove fu piantata la Croce».

La scultura esprime un forte realismo, tale da giustificare la credenza che il volto del Cristo non sia stato realizzato per mano dell’artista, il quale per miracolo l’avrebbe trovato già scolpito. Osservando la magnifica scultura lignea, notiamo i particolari dei tratti del volto, capaci di conferire espressioni vive e profonde. La tragicità dell’espressione e le particolarità che il volto del Crocifisso presenta – il verismo della resa dei capelli ritorti perché intrisi di sangue e la bocca semiaperta con la lingua e il palato mirabilmente veri – diede subito adito al leggendario: si narra che la testa sia stata fatta in modo miracoloso. Ecco quanto scrive a proposito il Padre Casimiro da Roma nel 1744: «Fu questa lavorata dal divoto F. Vincenzo da Bassiano nei soli giorni di Venerdì, nei quali macerava il proprio corpo con pane, ed acqua, e flagellavalo con aspre discipline, pregando istantemente il Signore che questa di lui immagine riuscisse di benefizio alle anime: ed è fama costante ch’egli un dì ritrovasse il di lei volto perfettamente compiuto di mano invisibile».

La ragione di tale leggenda va senz’altro rintracciata nel fatto che il Crocifisso, opera di un semplice frate “perito nella scoltura” – così si parla di lui nella registrazione della sua morte avvenuta a Roma nel 1694 -, trova nel volto del simulacro di Nemi una potente carica espressiva, che suscita profonde emozioni; Gesù crocifisso è ritratto nella tragicità degli spasmi della morte di Croce seguendo la cifra tipica della spiritualità del tempo, orientata a profondo amore per l’umanità sofferente di Cristo. Animato da una continua contemplazione della Passione del Signore, Fra Vincenzo’ fa emergere dalla sua opera il dramma della sofferenza del Crocifisso: la corona di spine ferocemente infissa sul capo, il corpo straziato da evidenti piaghe –vistosa quella del costato dal cui fuoriesce un notevole fiotto di sangue rappreso, e quella sulla spalla causata dal peso della croce trasportata verso il Calvario -, le ferite dei chiodi nelle mani e nei piedi fortemente deformati dal peso del corpo che sopportano, il torace inarcato che evidenzia la fatica nel trarre il respiro, lo marcano abbondantemente. Ma ciò che più evidente emerge dal simulacro è un momento della Passione che certamente Fra’ Vincenzo ha voluto e saputo mirabilmente esprimere: il Cristo che si rimette alla volontà del Padre mutando una espressione di dolore in un abbozzo di sorriso; egli riesce a comunicarci la consapevolezza di Cristo morente che nel totale abbandono al progetto di Dio sarà operata la salvezza per l’intera umanità. L’intento del pio frate nello scolpire un crocifisso a beneficio delle anime appare perfettamente compiuto.

Fin dalla prima esposizione del Crocifisso, il santuario è stata meta di tantissimi pellegrinaggi e le cronache del tempo narrano della presenza di numeroso popolo e personalità nonché di prodigi e guarigioni miracolose di cui restano a testimonianza i numerosi ex voto – piccola parte rimasta dei tantissimi andati dispersi per le vicissitudini patite nel tempo. Il santuario è stato onorato anche della visita di diversi Pontefici: Clemente XI nel 1711; Benedetto XIV nel 1741; Clemente XIII nel 1763; Pio VI che vi si recò più volte e adornò la chiesa di indulgenza plenaria; così i suoi successori Pio VII e Gregorio XVI; tre volte vi si è recato Pio IX, e in occasione del Secondo Centenario della prima esposizione del Crocifisso nel 1869 lasciò in dono al Crocifisso i paramenti e il calice col quale celebrò la Santa Messa; in occasione del Terzo Centenario della prima esposizione del Crocifisso nel 1969, Paolo VI onorò con la sua presenza i festeggiamenti; il Crocifisso fu venerato due volte da Giovanni Paolo II, nell’Anno Santo straordinario del 1983 e nel 1997; il 22 agosto 2006 Benedetto XVI ha pregato di fronte al Crocifisso, implorando la pace nella Chiesa e per il mondo.

Le note sul Santissimo Crocifissi sono state prese dal saggio di Claudio Mannoni pubblicato sul sito della Confraternita del Ss.mo Sacramento e delle Cinque Piaghe [QUI].

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