Robert Capa in Italia 1943 – 1944, la mostra di Palazzo Braschi

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La mostra di foto della guerra in Italia di Robert Capa (vero nome Endre Ernő Friedmann, 1913-1954) sarà visitabile fino al 6 gennaio 2014 nel bell’allestimento ospitato nelle nuove sale dedicate alle mostre temporanee di Palazzo Braschi. La mostra è stata ideata dal Museo Nazionale Ungherese di Budapest e dai Fratelli Alinari con la collaborazione di Roma Capitale e della Sovrintendenza Capitolina. La cura è di Beatrix Lengyel del Museo Nazionale Ungherese di Budapest. 

Nelle 78 immagini di Capa, in un rude b/n, si vede l’Italia del 1943  e del 1944 nel periodo precedente e successivo alla drammatica svolta dell’8 settembre: le case diroccate, le donne in fuga, l’abbrutimento, la fame, il saluto liberatorio agli Alleati che occupano il Paese. Capa ha accompagnato le truppe americane dallo sbarco in Sicilia nel luglio 1943 – con gli italo-americani che facevano da interpreti nei contatti con la popolazione locale – fino all’arrivo a Napoli e poi all’assalto alla Linea Gotica. La mostra si guarda in silenzio, direi con raccoglimento: la guerra fa paura e quelle immagini parlano ancora a tutti. Nel luglio di quest’anno si è contato il settantesimo anniversario dello sbarco in Sicilia e del cammino degli Alleati anglo-americani in Italia – raccontato anche in “Paisà” di Roberto Rossellini (1946) – ma la drammaticità di ciò che si vede a Palazzo Braschi non conosce tempo.

Il fotogiornalismo è un genere della fotografia, ma è anche il suo territorio di origine: la fotografia è nata per descrivere la realtà, per correre insieme alle cose e alle persone. Lo scarno bianco e nero di Capa è certo meno aggressivo dei colori violenti e saturati delle immagini dei reporters odierni, ma ha il merito di conferire solennità e tragicità alle figure e ai personaggi. Capa non ci proietta negli spazi eterei dell’arte, ma piuttosto nello scabro paesaggio della storia. Su Capa si sono sprecati gli elogi, ma per rendere il giusto merito alla sua opera di fotoreporter basterebbe osservare che mentre gli altri reporters la storia l’hanno “cercata”, Capa l’ha “trovata”: la storia gli viene incontro fin dentro le immagini e lui la cattura leggero, quasi senza toccarla, secondo la ferrea regola di Henry Cartier-Bresson.

Colpisce la voragine provocata dall’esplosione dell’Ufficio Centrale delle Poste di Napoli, minato dai tedeschi che lasciavano la città dopo l’insurrezione popolare del 30 settembre-4 ottobre 1943. Colpisce la foto accigliata del filosofo napoletano Benedetto Croce, ritratto da Capa a Capri dove si era rifugiato con moglie e figlie, fuggito dalla città da poco liberata dai tedeschi e occupata dagli americani. Colpisce la ragazza che fugge dai combattimenti nei pressi di Cassino, in un paesaggio divenuto improvvisamente ostile e ignoto. Tutte immagini che hanno la guerra in filigrana e che apparvero sulla rivista americana “Life”.

Robert Capa fu un grande fotografo di guerra. Ebbe modo di fotografare i cinque maggiori conflitti mondiali del periodo 1936-1954: la guerra civile spagnola, la guerra cino-giapponese, la seconda guerra mondiale, la guerra arabo-israeliana del 1948 e la prima guerra francese d’Indocina. Lì morì, saltando su di una mina in Vietnam nel 1954. Nel 1947 aveva fondato con altri grandi fotoreporters l’agenzia “Magnum”. Gran parte della sua attività ebbe come base operativa gli Stati Uniti e lì, a New York, all’ “International Center of Photography”, sono conservate le decine di migliaia di fotografie dalle quali provengono le 78 immagini della mostra romana.

La mostra si conclude con una grande fotoriproduzione: Robert Capa ed Ernest Hemingway colti sottobraccio durante la Guerra civile di Spagna. Capa ha al collo la macchina fotografica, Hemingway forse aveva nel tascapane taccuino e matita: la guerra ha sempre ispirato nella sua epicità e tragicità le arti e il giornalismo. La fotografia (per quanto sia progettata o costruita) ha, però, un vantaggio netto sulla scrittura: l’immediatezza dell’immagine giunge al lettore molti attimi prima della cronaca dell’articolo di giornale e ancor di più prima della narrazione del romanzo. Ma, dopo di ciò, l’immediatezza delle immagini dei grandi fotografi diventa, con il passare del tempo, percezione etica ed estetica della storia e subisce un incremento di significato e mai una perdita.

 

Nella foto di Robert Capa: Sicilia, luglio 1943.

 

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