“L’ultima cima” un successo ma non in Italia?

“Dio sbanca il botteghino”. Il titolo di un film di fantascienza? No, il titolo di un articolo pubblicato da ABC a seguito dell’uscita di una pellicola “che parla bene di un prete”. “La última cima” in Spagna è rimasto in cartellone sei mesi ed è stato visto da 150 mila spettatori, diventando tra l’altro il documentario spagnolo più visto in assoluto nella penisola iberica ed infine il dvd spagnolo più venduto nel 2010. Come? Grazie alla bellezza della santità ordinaria del suo protagonista, don Pablo, e il web – blog e social network in primis. “La última cima” – “il fenomeno di passaparola del XXI secondo” secondo El Pais – è costato infatti in termini di pubblicità solo 2 mila euro alla casa di produzione “Infinito mas uno”: il costo di realizzazione del sito web.
“L’ultima cima” è arrivato lo scorso mese di marzo anche nella nostra penisola, sottotitolato da un giovane insegnante fiorentino che, dopo aver visto il film in spagnolo, si è detto: “Questo deve uscire anche in Italia!”. E’ ancora una volta grazie al passaparola quindi che la pellicola è stata proiettata – ad oggi – per ottanta volte anche in Toscana, Lombardia, Lazio, Piemonte, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sardegna e Campania. Tredici le proiezioni già fissate per i prossimi mesi, mentre il momento in cui il film uscirà dalle sale per essere distribuito in doppio dvd sembra non essere ancora all’orizzonte.
Entusiasti i commenti che gli spettatori hanno lasciato nel sito web italiano del film, definito “uno tsunami di grazia” “da vedere tutti, giovani, famiglie, sacerdoti”; una pellicola “coinvolgente al massimo, che mette a nudo i nostri bisogni, le nostre aspettative” e che “mette l’entusiasmo di trasmettere immediatamente, a staffetta, il profondo messaggio di una vita santa”.
“Ho conosciuto un sacerdote bravissimo – racconta il regista, Juan Manuel Cotelo, proprio nei primi secondi della pellicola – e mi piacerebbe parlarne. A prima vista, si potrebbe pensare che la vita di Pablo non sia adatta per farne un film, perchè non è un pedofilo, non è un donnaiolo, non è un ladro, non è esorcista, nè missionario nella giungla, non è il fondatore di una nuova istituzione ecclesiale e non è neanche un parroco. Eppure, sono convinto che la sua vita meriti di essere conosciuta. Perchè Pablo è semplicemente un buon prete”. Una santità “ordinaria”, quella di don Pablo Domínguez Prieto, protagonista del film. Una santità vissuta nella quotidianità, giorno dopo giorno, senza gesti e azioni eclatanti, ma forse proprio per questo ancora più credibile e attraente. “Pablo era conosciuto e amato da un numero incalcolabile di persone, che hanno lasciato una testimonianza di questo dopo la sua morte. L’ultima cima mostra l’impronta profonda che può lasciare un buon sacerdote nelle persone che incrocia”.
Di persone ne ha incrociate davvero tante il giovane prete – nato a Madrid nel 1966 e ordinato sacerdote a 24 anni – tanto che al suo funerale hanno partecipato in tremila. Dottore in filosofia e teologia, ha pubblicato sette libri (“Hasta la cumbre”, postumo, è diventato un successo editoriale), scritto decine di articoli e tenuto più di cinquanta conferenze, ma soprattutto è sempre stato innamorato di Dio, e in modo contagioso.
Nel febbraio 2009, in un convento cistercense di Tulebras (Navarra), don Pablo parlò della morte con allegria. Il giorno dopo salì sul Moncayo (2.300 metri), l’ultima cima spagnola che – da appassionato scalatore qual era – voleva conquistare. “Sono arrivato alla cima” le ultime parole che disse alla sua famiglia per telefono, alcuni minuti prima di morire. Con lui anche Sara de Jesús Goméz, una giovane professoressa e consacrata laica. Entrambi desideravano morire in montagna. Don Pablo poi, più di una volta aveva “avvertito” i parenti che sarebbe morto giovane.
“Andai a una sua conferenza senza voglia – ricorda il regista nei primi minuti del film – però quel prete mi colpì: era provocatorio, era ironico, era incisivo. Alla fine della conferenza, parlai con Pablo per un minuto, e mi disse: “Se ti posso aiutare in qualcosa, chiedi”. Pensai: “Che gentile… ci incontreremo di nuovo!” Però dopo dodici giorni accesi la tv per guardare le notizie, e scoprii che Pablo era morto. Era andato in escursione in montagna, ed era morto. A 42 anni. Senza rendermene conto, mi ero messo in un pasticcio”.
“Investigare su un prete è rischioso – continua Juan Manuel Cotelo – perchè prima inizi con uno, poi inizi a farti domande su tutti i preti. Ne vuoi sapre di più sulla fede, vuoi scoprire più cose sulla Chiesa e finisci col chiederti cosa c’entra Dio in tutto questo. Il problema è che poi vuoi raccontarlo, perchè quello che scopri è molto forte.”
“Potrei vivere anch’io così?”, questa la domanda che il regista, attraverso la pellicola, desidera provocare nello spettatore. “Affrontare la morte di due persone giovani, eppure uscire con la gioia dentro e tanta voglia di essere migliori” riporta intanto un altro commento sul sito. Una domanda quindi – quella suscitata dal film – che riesce concretamente a dischiudere lo spettatore all’orizzonte della vita buona, all’“accessibilità” della santità nell’ordinario.
Ecco “L’ultima cima”: “una meraviglia” secondo chi ha già avuto modo di vederlo. “Non voglio che il film abbia successo, – aveva dichiarato il regista a Credere – ma desidero che almeno uno degli spettatori possa cambiare la propria esistenza, vivendo con più amore”. Don Pablo aveva assicurato agli ultimi esercizi spirituali da lui predicati: “I grandi miracoli sono dentro ciascuno. Dio vuole compierli. Contiamo sulla grazia di Dio”.
Per avere informazioni sul film e sulle prossime proiezioni, per guardare i trailer e proporre una nuova proiezione: www.laultimacima.it, pagina Facebook L’Ultima Cima Italia, mail francesco@infinitomasuno.org.