Lo scontro tra Zelensky e Trump nello Studio Ovale

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 01.03.2025 – Vik van Brantegem] – Un antico proverbio – chi è cagione del suo mal, pianga sé stesso – mira ad ammonire colui che ha prodotto la causa del proprio danno: costui dovrà prendersela esclusivamente con sé stesso, e non addossare la responsabilità ad altri. Il proverbio è la versione in italiano moderno di un verso di Dante Alighieri: «credo ch’un spirto del mio sangue pianga | la colpa che là giù cotanto costa» (Inferno, versi 20 e 21 del XXIX canto, ove l’autore tratta della decima bolgia, dove si puniscono i falsi fabbricatori di qualunque opera). Detto questo, al di là di quanto giornali e televisioni italiani raccontano, lo scontro tra Zelensky e Trump nello Studio Ovale alla Casa Bianca di venerdì 28 febbraio 2025 è andata come scrive Jaime Manca Graziadei: “Se vi andate a rivedere tutta la conferenza stampa [l’incontro], per 40 minuti tutto si è svolto nella norma. Al 41° minuto Zelensky ha deciso di ricominciare tutta la storia, e la SUA narrazione, dal 2014. Davanti a tutti. Ed in maniera arrogante ed offensiva. Andava casomai fatto a porte chiuse, come sempre si è fatto. E DJT e JD non gliela hanno passata. JD glielo dice pure, due volte”.
Per un approfondimento del dietro le quinte dello scontro tra Zelensky e Trump è utile l’intervista CNN dal Segretario di Stato statunitense Marco Rubio.
Per facilitare una valutazione del clamoroso incontro di venerdì 28 febbraio 2025 nello Studio Ovale della Casa Bianca tra il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il Presidente statunitense Donald Trump, riportiamo alcuni commenti:
- Gigi De Palo: Oltre il tifo: la pace su Facebook
- Luca Delgado: Farsi un’idea di come stiano le cose è un dovere, oggi più che mai su Facebook
- Renzo Puccetti: È Zelensky ad avere combinato un disastro diplomatico su Facebook
- Heather Parisi: Adesso però è venuto il momento di finirla. A qualsiasi costo e Zelensky ha deliberatamente messo in discussione il negoziato e Good luck with that! su X
- Marco Fazzini: Scontro tra Trump e Zelensky a Washington. Casa Bianca: non è stato firmato nessun accordo su Euronews
- Marco Travaglio: Editoriale. Voleva essere un duro su il Fatto Quotidiano
- Emanuele Boffi: Trump e Zelensky litigano. Putin e Xi brindano su Tempi.it
- Marcello Foa: I punti fondamentali dell’incontro tra Trump e Zelensky su Facebook
- Mario Adinolfi: La verità in diretta dallo Studio Ovale su Facebook
- Renzo Puccetti: Lo scontro Trump-Zelensky è andato in scena sotto gli occhi di tutti su Facebook
- Giuseppe Salamone: Trump prende a sberloni Zelensky alla Casa Bianca e Conservare la memoria, sempre. Non è cinismo. È libertà! su L’Anticonformista
- Amedeo Lepore: A Day of American Infamy su Facebook
Inoltre, segue l’intervista di Paolo Rossetti al Generale della Brigata Folgore Marco Bertolini su Il Sussidiario


Oltre il tifo: la pace
di Gigi De Palo
Facebook, 2 marzo 2025
Ho visto e rivisto l’incontro tra Trump e Zelensky nello studio ovale. Ho letto e riletto le traduzioni ufficiali. Ho cercato, trovato e studiato tutti e quaranta i minuti. E se la prima volta, nei video parziali che girano in rete mi ero fatto un’idea, più vado avanti e più sono convinto che, come per ogni cosa, non ci sia da fare i tifosi, ma da abitare la complessità.
È troppo facile parteggiare per Zelensky vista la narrazione che ci è stata fatta negli ultimi tre anni, ma è anche vero (e lo scrivevo pochi mesi dopo l’inizio della guerra) che le guerre raramente finiscono perché uno dei contendenti vince. Le guerre finiscono se i due nemici tornano a parlare, se la comunità internazionale facilita la tregua…
L’incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky ha messo in luce una profonda divergenza di visioni sulla guerra in Ucraina e sul percorso verso la pace.
Da un lato, Trump spinge per una soluzione rapida, pragmatica e basata su compromessi territoriali ed economici, anche a costo di cedere terreno alla Russia.
Dall’altro, Zelensky difende una pace “giusta e duratura”, che preservi la sovranità ucraina e non riconosca concessioni a quella che considera un’aggressione illegittima. Trovare una via di mezzo tra queste posizioni è complesso, ma non impossibile.
Trump vede la pace come un accordo negoziato in cui gli Stati Uniti possano giocare un ruolo di mediatore “super partes”, utilizzando leve come gli aiuti militari e l’accesso alle risorse ucraine (es. terre rare) per convincere entrambe le parti.
Zelensky, invece, insiste su garanzie di sicurezza a lungo termine e sul rifiuto di trattare con Putin come se fosse un partner legittimo, definendolo un “killer” e un “terrorista”. La sua posizione è sostenuta da molti leader europei e da una parte dell’opinione pubblica occidentale, che vedono nella resistenza ucraina una difesa dei valori democratici.
E al di là del tifo, che non serve a nulla e che complica la situazione, riportare la pace in Ucraina richiede un equilibrio tra realismo e giustizia. Trump (e mi fa schifo lo stile con cui lo fa) ha ragione nel dire che senza compromessi non si negozia, ma Zelensky (e non apprezzo nemmeno il suo di stile) ha altrettanto ragione nel chiedere che la pace non sia una resa mascherata. Una soluzione praticabile potrebbe essere un processo graduale: congelare il conflitto sotto supervisione internazionale, garantire sicurezza all’Ucraina con un mix di deterrenza e diplomazia, e usare le risorse economiche come ponte per la stabilità. Non sarebbe una pace perfetta, ma una pace possibile, un punto di partenza che eviti il collasso totale o una guerra senza fine. La chiave sta nel dialogo continuo tra tutte le parti, non solo nello Studio Ovale, ma in un’arena globale che dia voce a chi combatte e a chi media.
Nel frattempo, da innamorato dell’Europa, mi domando: che fine ha fatto? Oltre le prese di posizione contro Putin, che costa sta facendo la comunità europea per facilitare la pace e per trovare una soluzione?
Non mi sembra che continuare a finanziare la guerra e mandare armi in Ucraina sia lavorare per una soluzione pacifica. Non serve a nulla fare le manifestazioni di piazza se poi l’Europa non riesce ad avere una voce comune e contribuisce al dibattito solo con armi e soldi.
Ci piaccia o non ci piaccia in questa situazione gli attori sono molteplici e, come sempre, il bene comune non è la somma degli interessi particolari perché sono divergenti: l’interesse di Zelensky confligge con quello di Putin che confligge con quello della comunità europea che confligge con quello di Trump. E quindi che si fa? La sensazione è che, ormai, ci accontentiamo di essere spettatori sul divano con i pop corn in mano che tifano come nelle partite di calcio. Nel mentre gli innocenti muoiono… ma tanto sono lontani…

È Zelensky ad avere combinato un disastro diplomatico
Renzo Puccetti
Facebook, 2 marzo 2025
“Bullo”, “Bullizzato” è l’etichetta che i commentatori orfani di Biden hanno affibbiato a Trump per commentare lo scontro di venerdì del presidente e del vice-presidente USA con Zelensky.
Ora, se c’è qualcosa che non sopporto, è la falsificazione della realtà in ogni ambito. Sono un estremista del realismo e combatterò sempre i costruttori di menzogne.
Chiunque abbia visto l’intera conferenza stampa, potrà confermare che la prima parte è filata liscia, Trump ha difeso Zelensky dalla critica rivoltagli da un reporter per l’abbigliamento non formale. Ha mantenuto l’aplomb quando il leader ucraino gli ha mostrato le foto dei prigionieri ucraini tornati in patria dopo lo scambio. Insomma niente che non fosse amichevole e cortese.
Poi è arrivata una domanda in cui a Trump il giornalista ha chiesto se non fosse troppo allineato con Putin. Il presidente USA ha rigettato l’accusa, si è posto come mediatore, ha riconosciuto l’odio tremendo di Zelensky che non aiuta il negoziato, ma ha detto di capirlo, confermando la volontà di arrivare ad un accordo che con la più grande durezza, non sarebbe mai raggiunto.
Vance, intervenendo, ha aggiunto che “Per quattro anni gli Stati Uniti d’America hanno avuto un presidente che si è presentato alle conferenze stampa e ha parlato duramente di Vladimir Putin, e poi Putin ha invaso l’Ucraina e ha distrutto una parte significativa del paese”, ribadendo l’impegno degli Stati Uniti e del presidente Trump per la diplomazia.
Nessun attacco a Zelensky, nessun atto di bullismo, nessun agguato, la semplice illustrazione del nuovo approccio degli USA.
A questo punto Zelensky ha preso la parola per negare di fatto qualsiasi possibilità di negoziato, perché Putin non ha mantenuto i patti sottoscritti dal 2014 al 2015, menzionando alcune violazioni.
Zelensky dimentica di citare le violazioni ucraine di quegli stessi patti, dimentica di dire che lo scambio di prigionieri avvenne da entrambi le parti con 4 anni di ritardo dalla firma degli accordi di Minsk-II, dimentica di citare la legge ucraina che vietava nei luoghi pubblici l’uso del Russo e imponeva multe per i trasgressori, dimentica di dire quello che il suo predecessore Poroscenko ha confessato a maggio 2022 al Financial Times, confermato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel alla rivista Die Zeit nel dicembre del 2022 e dall’ex presidente francese Hollande al Corriere della Sera nel febbraio 2023, che cioè gli accordi di Minsk furono fatti per dare tempo all’Ucraina per armarsi.
Ma soprattutto, non è rispettoso andare a dire al presidente USA nello studio ovale ed in favore di telecamere che il suo progetto sarà un fiasco.
E non è un atteggiamento aggressivo rivolgersi al vicepresidente nella stessa occasione dicendogli: “Di che tipo di diplomazia, JD, stai parlando?”? Quasi a dire: “Ma che caxxo dici?”.
Da qui parte lo scambio con Vance con Trump che continua a restarsene in silenzio, almeno fino a quando Zelensky pretende d’insegnare a Trump a casa sua come dovrebbe governare l’America: “durante la guerra, tutti hanno problemi. Anche voi, ma avete un bell’oceano e non lo sentite ora, ma lo sentirete in futuro”, riproponendo la solita balla dell’Ucraina come baluardo dell’occidente contro le mire espansionistiche di Putin.
È solo a questo punto che Trump non accetta il copione che Zelensky aveva con successo recitato così tante volte con Biden che firmava assegni a piè di lista e ricorda all’Ucraino (che nel frattempo incassa la testa nelle spalle) la situazione disastrosa in cui lo ha messo il suo avere seguito la politica dell’amministrazione Biden, da cui cerca di tirarlo fuori.
Che sia Zelensky ad avere combinato un disastro diplomatico, lo conferma l’atteggiamento delle mani sul volto e del capo muoversi a dire “No, non è possibile” dell’ambasciatrice ucraina a Washington.

Adesso però è venuto il momento di finirla. A qualsiasi costo
di Heather Parisi
X, 1° marzo 2025
Mi sorprende che ci si sorprenda per quello che è successo nel Oval Office. L’America di Trump non è una America migliore ma non è l’America falsa ipocrita e subdola di Biden e Obama. Trump ha parlato da padrone, perché gli Americani lo sono sempre stati dalla fine della seconda guerra mondiale. Zelensky è stato trattato da servo, perché lo è e lo è sempre stato anche con Biden che per tre anni ha gonfiato senza limiti il suo ego e le sue disponibilità, facendogli credere di essere l’eroe del Mondo Libero. Ma non lo è mai stato. Biden & Co. l’hanno preso per i fondelli per provocare e logorare la Russia. E lui ci ha messo del suo con crimini orrendi contro le minoranze Russe. La guerra in Ucraina è sempre stata una guerra per procura degli USA alla Russia. La UE e tutto il mainstream finanziato dai Dem ha fatto finta di non capirlo e a pagarne le conseguenze è stata la gente Ucraina, Russa, europea e Americana. Adesso però è venuto il momento di finirla. A qualsiasi costo.
Zelensky ha deliberatamente messo in discussione il negoziato
Heather Parisi
X, 1° marzo 2025
Tutta la conferenza stampa [l’incontro] senza interpolazione del mainstream EU che vuol far passare l’idea che Trump ha teso un’imboscata a Zelensky [segue il link al video integrale]. Non è così. Zelensky ha fin dall’inizio deliberatamente messo in discussione il negoziato e lo ha voluto fare in mondovisione per smerdare gli USA.
Good luck with that!
di Heather Parisi
X, 1° marzo 2025
Da Americana trovo disgustoso che un pagliaccio travestito da presidente venga nell’Oval Office a dire quello che l’America “sentirà” nel futuro. Non voglio più che un solo centesimo dei tax payers Americani finisca nelle tasche di quest’uomo. Non voglio più che una sola vita Ucraina sia sacrificata con la complicità del mio paese per la stupidità di questo dittatore. Se gli europei, e gli Italiani con loro, vogliono continuare a sacrificare sanità pubblica, pensioni, il loro welfare e il futuro dei loro figli per un pazzo, lo facciano da soli. Good luck with that!
Farsi un’idea di come stiano le cose è un dovere, oggi più che mai
di Luca Delgado
Facebook,1° marzo 2025
C’è un aspetto di questo incontro che passerà alla Storia che in pochi stanno considerando. A me che ci lavoro con le lingue e che passo la vita a mediare tra culture mi è parso subito evidente: l’inglese di Zelensky è buono, ma non è eccellente.
Ho guardato tutti e 50 minuti. Fatelo anche voi. Farsi un’idea di come stiano le cose è un dovere, oggi più che mai.
Trump esordisce così: “È un onore avere qui il Presidente Zelensky, ci conosciamo da molto tempo e abbiamo lavorato bene in passato e continueremo a farlo, apprezziamo il suo lavoro. Abbiamo parlato con Putin e siamo pronti a una negoziazione”.
Zelensky ricambia, con tono molto sommesso elogia Trump e dice che se riuscirà a fermare Putin, questa cosa dovrebbe essere affissa sulle mura della Casa Bianca. Questo esordio già di per sé preannuncia che Zelensky non crede molto nell’impresa.
Dopodiché Zelensky comincia a mostrare foto dei prigionieri ucraini per mostrare quanto sia cattivo Putin.
Trump continua a insistere che lavoreranno per il “cessate il fuoco”, Zelensky continua a dire che sarà impossibile, perché Putin non manterrà la parola. Trump dice che con lui, invece, Putin manterrà la parola.
Ora, se io fossi Zelensky, visto che c’è la stampa davanti, e quindi il mondo intero, stringerei la mano di Trump, mi direi fiducioso sul suo operato, saluterei e andrei via. Invece no. Purtroppo l’incontro va avanti.
Zelensky dice che anche con Trump, in passato, Putin non ha mantenuto la parola. Che per ben 25 volte, Putin ha firmato accordi che non ha rispettato. Da qui in poi si peggiora soltanto. Zelensky comincia uno sproloquio infinito di parecchi minuti in un inglese che peggiora sempre di più, accusa Putin di non volere la pace, perché, testualmente “Putin ci odia” e non rispetterà l’accordo con Trump, è una cosa che si può solo sperare. E non rendendosi contro che ha appena dichiarato davanti a tutta la stampa americana che Trump non verrà rispettato, non capendo che quel suo inglese alle orecchie degli americani suona come un grattare sulla lavagna, arriva al delirio affermando che Putin dovrà pagare tutti i danni perché la guerra l’ha cominciata lui.
È finita. La stampa presente comincia a prendere in giro Zelensky. Del perché lo comincino a trattare in quel modo potrei scriverci un trattato di antropologia. Ve lo risparmio dandovi come immagine Christian De Sica che col calzino bucato sale sulla barca dei ricchi. Zelensky appare d’improvviso così, come un poveraccio venuto col cappello in mano, che vorrebbe però dire agli Americani cosa debbono fare. Non è un caso che addirittura gli chiedano perché non si sia degnato di indossare un abito decente. Persino qua, ad onor del vero, Trump lo difende dicendo che a lui piace molto come sta vestito.
Zelensky si innervosisce e comincia a perdere la bussola. Diventa tutti contro uno.
Incalzato da Vicepresidente Vance, che molto aggressivamente ma a questo punto anche giustamente gli fa presente che si sta provando la diplomazia e che è inutile continuare a dire che Trump non riuscirà, Zelensky risponde con saccenza, chiedendogli se sia mai stato In Ucraina, come a dire “che ne sai tu dei problemi nostri”.
Qui la faccenda diventa personale. Trump sta per perdere la pazienza, Vance a quel punto gli ricorda la partecipazione di Zelensky alla Convention dei democratici durante la campagna elettorale americana.
Il cortocircuito, i 20 secondi diventati celebri, quando Trump cioè interviene e parla di Terza Guerra Mondiale, accade qui e sono convinto sia avvenuto per il clima instaurato e per una ulteriore incomprensione linguistica.
A proposito della guerra Zelensky dice: “Durante una guerra tutti hanno problemi… anche voi ne avrete, ma avete un bell’Oceano…” Trump (lo interrompe): “Non ci dire cosa avremo e cosa sentiremo, non sei nella posizione di saperlo”.
Da adesso in poi sapete già tutto. Zelensky prova a dire che non intendeva dire che l’America avrà problemi, ma che sentiranno anche loro l’effetto della guerra. Non importa. Alle orecchie stanche di Trump e dei presenti è arrivata la frase spocchiosa di Zelensky che sta dicendo al mondo “avrete problemi anche voi”.
Certamente Trump è un cafone. Certamente l’atteggiamento di superiorità di certi Americani è insopportabile. Ma Zelensky è stato presuntuoso, semplicemente. O ingenuo. Entrambe due le cose sono preoccupanti. Sei a casa loro, sei in minoranza, tieni di fronte le telecamere di tutto il mondo, per quale motivo non capisci che è fondamentale che tu esprima tutto quello che vuoi con precisione nella tua lingua madre? Non vai all’incontro più importante della tua vita e della vita del tuo popolo senza avere la certezza di saper gestire il confronto.
Chi oggi elogia Zelensky, dicendo che è stato bravissimo a non perdere il controllo davanti alle provocazioni di Trump, non sa di cosa parla.
La mia opinione è che se Trump e Putin trovano un accordo, Zelensky ha finito di fare la star. Magari si è sentito così davanti ai media americani, mentre provava il suo show. Peccato che questo non fosse il Saturday Night Live.
Scontro tra Trump e Zelensky a Washington
Casa Bianca: non è stato firmato nessun accordo
di Marco Fazzini
Euronews, 28 febbraio 2025
Trump e Zelensky hanno usato parole pesanti nello Studio Ovale. Si attendeva la firma di un accordo tra Stati Uniti e Ucraina: è finita con minacce tra i due.
L’incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca venerdì non ha avuto l’esito più atteso, con i due presidenti che, anziché arrivare alla firma dell’accordo sulle terre rare in cambio di garanzie di sicurezza, si sono scontrati duramente in diretta tv.
Trump ha accusato il Presidente ucraino di “giocare con la Terza Guerra Mondiale” e di “mettersi in una pessima posizione”, prima di aggiungere “dovete essere riconoscenti”. Poi la minaccia a Zelensky: “O fai un accordo o noi siamo fuori!”, ha detto il Presidente USA. Il suo vice J.D. Vance ha rincarato la dose dando dell'”irrispettoso” al Presidente ucraino.
Il Vicepresidente ha detto a Zelensky che l’Ucraina non ha abbastanza persone per continuare a combattere. Il Presidente ucraino ha risposto che Vance non è stato in Ucraina per fare queste affermazioni, aggiungendo “venga a vedere”.
Lo scambio è avvenuto nello Studio Ovale di fronte ai giornalisti americani e internazionali. Anche i media ucraini danno conto dell’inatteso scontro verbale tra Zelensky, Trump e Vance. Secondo l’agenzia Unian, Zelensky ha detto che l’Ucraina è ancora in grado di difendersi e resistere alla Russia, mentre Vance ha replicato che il suo Paese ha molti problemi.
Trump è intervenuto commentando che l’Ucraina non può dire a Washington “voglio questo, voglio quello”. In risposta il numero uno di Kiev ha detto di non essere andato a Washington “per giocare a carte”.
Dopo il brusco epilogo la Casa Bianca ha confermato che l’accordo tra Washington e Kiev sullo sfruttamento delle risorse minerarie ucraine non è stato firmato.
Annullata anche la conferenza stampa congiunta in programma a seguito dei colloqui nello Studio Ovale. Donald Trump ha chiesto al suo Segretario di Stato Marco Rubio e al suo Consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Waltz di comunicare agli Ucraini presenti alla Casa Bianca, incluso Zelensky, di lasciare l’edificio. Lo riporta la CNN.
“Abbiamo avuto un incontro molto significativo oggi alla Casa Bianca. Si è imparato molto” di ciò che “non si sarebbe mai potuto comprendere senza un dialogo”, ha scritto Trump in un post sul suo Truth Social dopo l’interruzione dei colloqui con Zelensky. “È incredibile ciò che emerge dalle emozioni”, ha aggiunto Trump, “e ho concluso che il Presidente Zelensky non è pronto per la pace se l’America è coinvolta, perché ritiene che il nostro coinvolgimento gli dia un grande vantaggio nei negoziati”. “Non voglio vantaggi, voglio la pace”, ha scritto Trump. Zelensky “ha mancato di rispetto agli Stati Uniti d’America nel loro amato Studio Ovale. Potrà tornare quando sarà pronto per la pace”.
“Grazie America per il sostegno, grazie per questa visita. Grazie al Presidente, al Congresso e agli Americani”, ha scritto Volodymyr Zelensky su X dopo l’incontro con Donald Trump alla Casa Bianca. “L’Ucraina ha bisogno di una pace giusta e duratura, e stiamo lavorando esattamente per questo”, ha aggiunto il Presidente ucraino.
Sulla stessa piattaforma, il proprietario di X Elon Musk ha scritto: “Zelensky si è distrutto da solo davanti agli occhi degli americani”.
Zelensky era stato invitato alla Casa Bianca da Trump che ne aveva sottolineato l’eleganza e la conclusione dell’accordo sui minerali in cambio di sicurezza.
“L’accordo sulla tregua in Ucraina è ragionevolmente vicino”, aveva dichiarato Trump pur specificando che l’Ucraina “dovrà fare compromessi” con la Russia per arrivare ad una tregua.
Trump aveva poi detto che gli Stati Uniti invieranno altre armi in Ucraina ma “speriamo non molte perché la guerra finirà presto”. “Mi auguro che questo documento”, l’accordo sulle terre rare con gli Usa, sia un passo avanti, aveva detto invece il Presidente ucraino. “Putin è un killer, non voglio compromessi”, aveva aggiunto tuttavia Zelensky, esortando Trump a “fermare insieme” il leader russo. L’Ucraina “ha bisogno della difesa aerea statunitense, la migliore difesa aerea al mondo. Anche dopo la guerra, ci vorrà per mantenere la calma”, aveva concluso dopo avere mostrato anche a Trump foto di donne e uomini uccisi in guerra.
Dopo lo scontro alla Casa bianca, non sono mancate le reazioni dei principali leader euopei.
La presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha ricordato su X che l’Unione europea continuerà a lavorare con il Presidente Zelensky “per una pace giusta e duratura”.
“C’è un aggressore russo, bisogna rispettare chi lo combatte dall’inizio”: lo ha detto il Presidente francese Emmanuel Macron. Secondo il Financial Times, Macron ha già parlato telefonicamente col Presidente ucraino.
Il Premier polacco e Presidente di turno dell’UE, Donald Tusk ha scritto su X rinnovando la vicinanza: “Caro Zelensky e cari amici Ucraini, non siete soli”.
Parole simili anche dal Premier spagnolo, Pedro Sánchez, che su X scrive “Ucraina, la Spagna è con te”.
Di tenore totalmente opposto le parole dell’ex Presidente russo Dmitri Medvedev, che su X scrive: “Il porco insolente ha finalmente ricevuto una bella sberla nello Studio Ovale. E Donald Trump ha ragione: il regime di Kiev sta giocando con la Terza Guerra Mondiale”.
Supporto per il Presidente statunitense anche dal Premier ungherese Viktor Orban. Con un post su X ha dichiarato che “oggi il Presidente Donald Trump si è schierato coraggiosamente per la pace. Anche se per molti è stato difficile da digerire”.
In Italia, la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni non ha al momento rilasciato dichiarazioni in merito al duro scontro di Washington. Il Vicepremier e Ministro degli Esteri Antonio Tajani è intervenuto su Radio Uno sottolineando che “è un momento di grande tensione, per questo bisogna tenere i nervi saldi, reagire con grande calma e vedere quale sarà l’evoluzione dopo questo colloquio, che certamente non è andato bene”. Tajani ha ricordato che l’Europa deve essere unita e parlare con una voce sola. “È un passaggio delicato, dobbiamo essere molto prudenti”, ha concluso.
Dall’opposizione, la Segretaria del Pd Elly Schlein ha dichiarato che “Trump ha scelto di stare con Putin, ha umiliato con violenza inaudita un popolo aggredito da un dittatore”, prima di interpellare direttamente la Premier, affermando che “Giorgia Meloni non può più procrastinare la scelta: o con Trump, i suoi miliardi e i suoi interessi economici o con la democrazia e l’Europa”.

Editoriale. Voleva essere un duro
di Marco Travaglio
il Fatto Quotidiano, 1° marzo 2025
A Zelensky era già accaduto di beccarsi le lavate di capo di un Presidente USA: era Biden che lo cazziava ora per la pretesa di miliardi e armi a getto continuo senza mai ringraziare, anzi rimproverando l’alleato di fare sempre troppo poco; ora per le bugie sul missile ucraino caduto in Polonia e spacciato per russo per trascinare gli USA e il mondo nella terza guerra mondiale. Ma una scena come il match Trump-Zelensky nello Studio Ovale a favore di telecamere è un unicum nella storia, figlio dell’Èra Donald che sconvolge non solo la sostanza, ma anche le forme della diplomazia mondiale. Zelensky era stato avvertito: o vieni e firmi l’accordo sulle terre rare, prologo della tregua, o stai a casa. Lui è andato senza firmare nulla. Ha anteposto la sua immagine agli interessi del suo Paese, sfidando Trump perché gli Ucraini intendessero. Voleva essere un duro, o almeno sembrarlo agli occhi del popolo che lo ama sempre meno, ricordando di essere il leader coraggioso che tre anni fa rifiutò un comodo esilio e restò a Kiev (anche perché Putin gli aveva garantito l’incolumità via Bennett). Forse s’è rafforzato con i nazionalisti che non vogliono sentir parlare di pace e compromessi. Ma non certo con la maggioranza non ideologizzata degli Ucraini che non vede l’ora di chiudere la guerra e ci penserà bene prima di rivotare un nemico degli USA chiamato “stupido” da Trump e cacciato dalla Casa Bianca.
Così Zelensky ha, se possibile, ancor più indebolito il suo Paese, sconfitto in guerra, spopolato da morti, profughi, disertori e renitenti alla leva, economicamente fallito e ora anche platealmente scaricato dal primo alleato. Che, se non è diventato nemico, poco ci manca. Trump gli ha sbattuto in faccia le verità scomode che tutti conoscono benissimo, ma che lui si era illuso (perché era stato illuso da Biden e continua a essere illuso dall’UE) di poter continuare a ignorare all’infinito: Ucraina e NATO hanno perso la guerra; Kiev senza gli USA non si regge in piedi e ora che dice di no agli USA non ha più carte in mano; Trump non si pone nel negoziato come alleato di Kiev, ma come “arbitro” fra Ucraina e Russia, neppur troppo equidistante visti i rapporti di forza. E ora, giocandosi il rapporto con gli USA, Zelensky si è conficcato in un vicolo cieco: o torna alla Casa Bianca, anzi a Canossa, col capo cosparso di cenere, sottoponendosi a forche caudine ancor più umilianti di quelle subìte finora e firmando qualsiasi cosa Trump gli metta sotto il naso; oppure resta solo, in balia delle truppe russe che avanzano e senza più aiuti dagli USA, mentre Trump si accorderà con Putin. La classica alternativa del diavolo: o un disastro o un disastro. Dopo aver perso la guerra, Zelensky rischia di aver perso anche la pace.
Trump e Zelensky litigano. Putin e Xi brindano
di Emanuele Boffi
Tempi.it, 1° marzo 2025
Servirà molto sangue freddo per recuperare un rapporto tra Europa e Stati Uniti dopo lo scontro di ieri tra il Presidente americano e quello ucraino. La guerra in Ucraina è in stallo da tempo, così però non si raggiunge un accordo ma solo una resa.
Dopo 1.101 giorni dall’invasione russa in Ucraina, occorrerà tenere i nervi ben saldi per non vedere precipitare tutto. Occorrerà cioè seguire più una linea Meloni che una linea Salvini, evitando l’indicibile e cioè una rottura dei rapporti tra Stati Uniti ed Europa. La nostra Presidente del Consiglio ha chiesto «un immediato vertice tra Stati Uniti, Stati europei e alleati per parlare in modo franco di come intendiamo affrontare le grandi sfide di oggi, a partire dall’Ucraina», il secondo si è schierato con Donald Trump.
Non sarà facile ottenere un qualche risultato, soprattutto dopo quanto accaduto ieri in mondovisione nello studio ovale di Washington, dove è andato in scena uno degli spettacoli più incredibili cui si sia mai assistito. Occorrerà non essere emotivi e ragionare freddamente, evitare di far precipitare le cose pensando che basti una manifestazione con bandiere ucraine in piazza (è l’iniziativa lanciata da Repubblica) o qualche tweet su X, come hanno fatto molti Capi di Stato europei, per uscire dal labirinto in cui i Presidenti ucraino e statunitense si sono cacciati.
Volodymyr Zelensky deve rendersi conto che la resistenza all’invasione russa è finita in un vicolo cieco da molto tempo. E che – ma questo lo sa anche lui, come si capisce da certe dichiarazioni rilasciate a Fox dopo lo scontro con Trump – senza il sostegno americano il suo Paese è spacciato.
I soldati ucraini sono stati eroici nel difendere la loro terra dall’aggressione russa, hanno evitato che Vladimir Putin vincesse la guerra in poche settimane, ma non possono ottenere altro, se non subire una sconfitta per logoramento. Gli Stati Uniti di Biden e la riluttante Europa hanno aiutato l’Ucraina ma sempre “fino a un certo punto”, usandola e illudendola che una qualche forma di vittoria fosse possibile.
Dopo tre anni, il conflitto era arrivato a un punto morto e Trump, come ha sempre dichiarato essere sua intenzione, ha deciso di chiuderlo. Ma sta gestendo la vicenda nel peggior modo possibile con modi da bullo, istintivi e ricattatori. A questo punto viene da chiedersi se sia ancora corretto cercare di rintracciare una strategia nelle sue mosse o se si debba arrendersi al fatto che ci troviamo di fronte a un presidente così ubriaco di potere da non obbedire ad altro che alle sue viscere. Trump dice di volere “fare la pace”, ma se è questo è il suo obiettivo lo sta perseguendo in maniera lunatica e controproducente.
Gli Stati Uniti possono pure passare dalla posizione di alleati dell’Ucraina a quella di arbitri nella contesa tra i due Paesi, ma un conto è mirare a un congelamento del conflitto in stile coreano, un altro è imporre al Paese di Zelensky «una capitolazione à la Vichy».
Il modo di agire compulsivo di Trump, da un lato, e le incertezze e le ambiguità europee, dall’altro, favoriscono solo Russia e Cina. Davanti ai loro televisori, ieri Putin e Xi hanno brindato.
I punti fondamentali dell’incontro tra Trump e Zelensky
Marcello Foa
Facebook, 1° marzo 2025
Ho ascoltato tutta la conferenza stampa [l’incontro] di [tra] Trump e Zelensky e poi le dichiarazioni di Zelensky a Fox News e il nuovo punto stampa del Presidente USA. I punti fondamentali sono questi:
- Trump dice: voglio portare la pace in Ucraina e da mediatore non posso ripetere quel che diceva Biden contro Putin. Mi sforzo di essere diplomatico, però a inizio conferenza [incontro] ha elogiato Zelensky e il popolo ucraino. L’accordo sulle Terre Rare in Ucraina implica ingenti investimenti americani in Ucraina e questa è la miglior garanzia di sicurezza per il popolo ucraino perché è ovvio che Washington non permetterà mai che un investimento strategico e vitale per la sua industria venga minacciato dalla Russia. Questo non lo ha detto espressamente per non compromettere il negoziato in corso ma lo ha lasciato chiaramente intendere.
- La conferenza stampa [L’incontro] è andata avanti bene per 40 minuti seppur tra momenti di tensione, subito riassorbiti. Verso la fine Vance è intervenuto per ribadire la necessità di un approccio diplomatico più volte evocato da Trump. Zelensky ha replicato polemicamente e da quel momento la situazione è degenerata, provocando un disastro diplomatico.
- Zelensky, anche a mente fredda, non si è scusato con Trump, pur esprimendo rammarico per quanto avvenuto. Continua a pretendere garanzie di sicurezza per l’Ucraina, su cui Trump chiaramente pubblicamente non vuole esporsi in questa fase.
- La priorità di Trump è arrivare al più presto a un cessate il fuoco, e giungere progressivamente a un accordo definitivo di pace. Lo ha detto: sono un uomo di business e constato che l’Ucraina militarmente sta perdendo. Gli ha detto “Il tuo Paese è nei guai fino al collo, stiamo cercando di salvarvi, non avete la forza per imporre condizioni”. Messaggio: l’Ucraina stia in scia agli Usa, faremo tutto il possibile e l’accordo sulle Terre Rare la tutelerà.
- Zelensky sta giocando il tutto per tutto, sperando che l’Europa si schieri al cento per cento al suo fianco, permettendogli di continuare la guerra o, nelle migliori delle ipotesi, di essere più forte negozialmente. Ma è una posizione realistica?
- Il vertice sulla Difesa europea e Londra è delicatissimo: è in gioco l’unità dell’Occidente e il futuro dell’Ucraina. Cosa farà davvero l’Europa? Zelensky tirerà dritto o si ricrederà?
La verità in diretta dallo Studio Ovale
di Mario Adinolfi
Facebook, 1° marzo 2025
Non siamo abituati alla verità, alla rottura delle antiche ipocrisie, amiamo i riti del bon ton davanti alle telecamere (che coprono spesso furiosi scontri avvenuti off the record). Zelensky, Trump e Vance hanno tutti e tre il merito di aver frantumato lo schema usuale proponendo in diretta dallo Studio Ovale della Casa Bianca a Washington lo scontro inevitabile oltre che già noto tra i loro conflittuali interessi. Zelensky sa che la pace sarà la sua fine, quindi deve prolungare la guerra e solo il sostegno occidentale può dargli ciò a cui punta: sa in partenza che Trump non collaborerà al suo disegno e allora mira a evidenziare la distanza sperando di provocare una frattura definitiva tra USA e UE, tenendosi gli Europei come alleati nella guerra alla Russia. Trump è giocatore più scaltro di lui e, fiutata l’aria, va con Vance allo showdown: dice a miliardi di telespettatori (e centinaia di milioni di Americani) che Zelensky è uno che “gambla” con le vite dei suoi connazionali, un pericolo per la pace globale e rischia di innescare una Terza Guerra Mondiale, ma non gli sarà consentito perché il Presidente ucraino è in realtà in bluff e si è presentato appunto allo showdown decisivo senza “carte da giocare”. I protagonisti di questo epico scontro nello Studio Ovale si sono semplicemente detti fuori dai denti tutto quello che pensavano, con un carico di verità di cui sono grato e per niente scandalizzato.
Mi ha scandalizzato piuttosto scoprire in un articolo di Repubblica (poi fatto sparire sia dall’home page del sito che dall’edizione cartacea del giornale) che Zelensky da lunedì 3 marzo 2025 ha vietato per decreto qualsiasi viaggio all’estero per i maschi ucraini tra i 18 e i 60 anni. La norma sarebbe in vigore in realtà dall’inizio della guerra, ma venivano concesse deroghe in particolare a giornalisti, artisti e sportivi. Piccolo particolare, uscivano e non rientravano più in Ucraina, per paura di essere spediti al fronte. E allora dal 3 marzo 2025 nessuno potrà più uscire dal Paese. Leggo dall’articolo di Repubblica: “L’elenco di coloro che hanno lasciato scadere la data entro la quale sarebbero dovuti obbligatoriamente rientrare è diventato così lungo da imbarazzare il governo, che per rimpiazzare i caduti e i feriti al fronte è costretto a ricorrere a misure brutali acciuffando in mezzo alla strada e spedendo a combattere anche coloro che di imbracciare un fucile non avrebbero nessuna intenzione. Le proteste per la mobilitazione forzata sono roventi da molti mesi”.
L’articolo di Repubblica, non a caso rimosso, racconta il vero sentimento che attraversa il popolo ucraino: nessuno vuole più morire per Zelensky, manco tra i suoi compatrioti. Trump non vuole più pagare per una guerra che non dà vantaggi a nessuno, se non a Zelensky, che detesta da sempre e qui è Vance a dire ad alta voce la verità: “A ottobre sei venuto a fare campagna elettorale per Kamala Harris”. Zelensky ha sempre saputo che la vittoria di Trump avrebbe interrotto il suo disegno e per anni ha fatto di tutto per dipingerlo come servo di Putin, agevolando il Russiagate. Trump non dimentica e gli ha presentato il conto.
Ernesto Galli della Loggia, con la strepitosa puzza sotto al naso dell’intellò all’italiana che votava comunista negli Anni Settanta e mezzo secolo dopo capeggia i “signora mia” della ricca borghesia milanocentrica, sul Corriere della Sera verga un editoriale di prima pagina intitolato: Una scena orribile. Caro Galli della Loggia con l’inevitabile “d” minuscola, la verità non è mai orribile. Può essere sorprendente per chi non vi è avvezzo, lo ammetto. Può essere persino scioccante per chi non ha ben chiari i contorni di una vicenda. Ma la verità non è orribile, è salvifica.
Ora le carte sono tutte sul tavolo. Zelensky ha ottenuto il suo bravo status di “maltrattato” da Trump e ha incassato l’immediato comunicato di sostegno da Ursula von der Leyen e dai vertici europei, con toni aulici: “Sia forte, sia coraggioso, sia impavido. Non è mai solo, caro Presidente Zelensky”. Attenti, sono parole diametralmente opposte a quelle pronunciate da Trump, ma qui si dimostra quanto la retorica copra l’ipocrisia. E, al dunque, a Zelensky del sostegno di una debolissima e divisa UE resteranno solo le chiacchiere. Nel frattempo ci sorbiremo la manifestazione convocata da Michele Serra comodamente steso sulla sua amaca, che da “una piazza per l’Europa” diventerà “una piazza per Zelensky”. Primi ad aderire: Calenda e Renzi. Niente, fa già ridere così, nulla da aggiungere a quanto vi ho già raccontato su questa mobilitazione farlocca.
Massimo Giannini in prima pagina su Repubblica usa toni apocalittici contro un Trump che avrebbe “gettato la maschera” dimostrandosi fautore di una “dottrina imperiale” che certifica la fine del ruolo dell’America buona e democratica. Titolo dell’editoriale: L’America non c’è più. Un testo che è la fotografia perfetta delle contraddizioni di questa sinistra salottiera, che amava la Casa Bianca di Biden che finanziava con centinaia di miliardi di dollari in armi insieme all’Europa una guerra contro la Russia che non si poteva mai vincere e ha causato morte infinita e distruzione. Giannini però detesta il Trump che dice la verità in faccia a Zelensky e che cioè senza i soldi americani la guerra sarebbe durata due settimane, quindi ora i soldi per far morire ancora al fronte i ragazzi Ucraini e Russi, per rischiare la Terza Guerra Mondiale, non ci sono più. Io, all’opposto di Giannini e dei suoi fans che si facevano la guerra tra loro pure nella nota chat, ho trovato questo annuncio certamente esplicito e forte, ma carico di bellezza oltre che di speranza, perché aveva lo splendido sapore della verità, sgradevole solo per chi è sprovveduto o in cattiva fede.
Zelensky esce apparentemente rafforzato dal suo status di vittima della strigliata trumpiana, in realtà sa di aver imboccato il viale del tramonto: disistimato in patria e senza più “carte da giocare” fuori da Kiev. Il popolo ucraino che lui non vuole più far espatriare è diminuito di un terzo negli ultimi tre anni, al fronte disertano a migliaia, il decreto che entra in vigore lunedì è sale sulle ferite e causerà altre ondate di dissenso, ovviamente non raccontate dai media internazionali mentre quelli locali sono stati silenziati dalla sua censura di Stato, che consente in Ucraina la trasmissione di notizie solo da emittenti direttamente controllate dal governo, ovviamente dopo aver cancellato tutti i partiti di opposizione e arrestato i leader. Davvero in questo quadro Zelensky è il campione della democrazia mentre il neoeletto Trump che sta facendo esattamente quello che ha promesso ai suoi cittadini in campagna elettorale è invece il fautore di una “dottrina imperiale”?
La verità emersa dallo Studio Ovale ci racconta anche il futuro. Nel corso del 2025 la guerra finirà, tornerà la pace in Europa, Zelensky concluderà la sua carriera politica. L’Ucraina eleggerà finalmente un nuovo presidente legittimato e sarà probabilmente il Generale Valery Zaluzhny, improvvisamente destituito l’anno scorso da Zelensky dal ruolo di Capo delle forze armate, probabilmente perché ne soffriva la popolarità. Trump ha già fatto il nome di Zaluzhny sottolineando quanto sia amatissimo dagli Ucraini, a differenza di Zelensky. E l’amore se l’è conquistato sul campo di battaglia, non da comico improvvisatosi politico, anche per questo sarebbe il presidente ideale per sancire gli accordi con i Russi che ha combattuto.
Resterà da valutare a questo punto il ruolo svolto da Trump per il raggiungimento della pace e se questa sarà una “pace giusta”. Io credo che quanto abbiamo visto allo Studio Ovale avvicini Trump al Premio Nobel per la Pace, proprio per il carico di irritualità su cui si è mossa la verità. E io non so valutare quali siano perfettamente i contorni di una “pace giusta”, ma so per certo che questa guerra entrata nel suo quarto anno è sommamente ingiusta e ormai insopportabile soprattutto per il popolo ucraino, che Zelensky può tenere in patria e costringere ad andare al fronte solo con decreti dittatoriali come quello che entrerà in vigore lunedì, per la propria salvezza personale e non per quella dei suoi concittadini. Trump ha fatto bene a dirglielo senza ipocrisie, ha interpretato i sentimenti popolari diffusi certamente nella stragrande maggioranza degli Americani che rappresenta e che per questo lo hanno democraticamente votato, oltre che tra molti di noi che hanno definito fin dal febbraio 2022 questo conflitto una “inutile strage”.
Lo scontro Trump-Zelensky è andato in scena sotto gli occhi di tutti
di Renzo Puccetti
Facebook, 1° marzo 2025
Credo che possiamo avere su di esso due approcci: il primo è quello di pancia, che spinge ad essere tifosi di una parte o dell’altra. L’altro è quello di testa, è quello di chi cerca di capire che cosa sta accadendo. Il primo si muove si criteri morali, il secondo usa criteri geopolitici di convenienza.
La chiave di lettura credo sia quella offerta a Monaco dal Vicepresidente Vance in una frase: “C’è un nuovo sceriffo in città” [QUI]. Il nuovo sceriffo non si sente per nulla obbligato da quanto fatto dagli sceriffi che lo hanno preceduto, tanto meno dall’immediato predecessore, che considera un idiota.
Non gli importa di allargare la NATO, gli importa di non gettare nelle braccia del maggiore competitore economico degli USA il più vasto Paese del pianeta con un bacino di risorse naturali immenso. Non vuole rischiare la bancarotta per fare il gendarme e prendere a mazzate chiunque si ribelli, preferisce abbassare i costi con una politica di accordi che i detrattori chiamano mercantilistica.
Immagino che Putin si riveda la scena a nastro facendosi portare i pop-corn e che a Brussel siamo stati svuotati i magazzini di Omeprazolo.
Zelensky vuole le garanzie dall’America che in pratica vuole dire una cosa: se riprende la guerra, l’America deve entrare in guerra con la Russia. Trump non ci pensa nemmeno ad entrare in un trappolone del genere, per questo gli ha detto: “Stai giocando con la Terza guerra mondiale”. Ma senza una garanzia del genere, Zelensky è politicamente morto. È entrato in guerra rifiutando la rinuncia alla NATO e a qualsiasi concessione di autonomia al Donbass e si troverà a dovere spiegare agli Ucraini che centinaia di migliaia di loro figli sono morti ed è fuori dalla NATO e ha perso tutto il Donbass.
Ha dato retta a Biden e Johnson e ora si trova davanti un Trump che ha con lui un conticino personale sulle carte che gli ha rifiutato sugli affari del figlio di Biden in Ucraina durante la precedente campagna elettorale. Zelensky dunque sa che col cessate il fuoco, la scusa per non indire le elezioni viene meno e lui dura come un gatto in autostrada politicamente (e non escluderei anche fisicamente, se la salvaguardia della sua vita non rientrasse nell’accordo globale Trump-Putin).
In tutto questo quadro l’Europa strepita e si agita, ma militarmente non è in grado di fare nulla e Zelensky lo ha ammesso nell’intervista rilasciata a Fox News: “Senza gli Stati Uniti sarà difficile per l’Ucraina respingere la Russia”, ha detto. Dice difficile per non dovere dire impossibile.
L’Ucraina esce da questa guerra in macerie, con una generazione di giovani uomini sepolta o mutilata, con milioni di cittadini che hanno lasciato il Paese e chissà se e quando rientreranno, indebitata fino a più su del collo, con i più ricchi territori ad est persi per sempre e dovendosi guardare ad ovest, dove in Ungheria e nella Romania di Georgescu (il candidato vincente filo-russo che a Brussel cercano in tutti i modi di fare fuori) la leadership attuale non gode di grandi simpatie.
All’inizio di questo conflitto, quando i seguaci dei riflessi pavloviani citavano il diritto internazionale, io preferivo ragionare con la parabola del re che va in guerra del capitolo 14 del Vangelo di Luca.
Hanno iniziato col grido bellicoso nazionalista “Slava Ukraïni!”, ma sta finendo, se finirà, con quello che in Italia conosciamo bene: “Povera Ucraina!”.
Trump prende a sberloni Zelensky alla Casa Bianca
di Giuseppe Salamone
L’Anticonformista, 28 febbraio 2025
Gli sberloni che ha preso Zelensky oggi alla Casa Bianca da Trump e dal suo Vice rimarranno nella storia. Questa è la fine che fanno i fantocci USA quando non obbediscono più a chi li ha creati. L’ennesima lezione di storia anche se Kissinger, a suo tempo, lo aveva detto chiaro e forte: “Essere nemici degli USA può essere pericoloso, ma esserne amici è fatale”.
Era chiaro che sarebbe finita così, con una figura da imbecille da parte di Zelensky enorme, che ratifica la sua fine politica. Sapete benissimo che non stravedo per Trump, ma stasera è riuscito a far passare un messaggio rilevantissimo: il primo personaggio a opporsi a un cessate il fuoco e alla fine della guerra è proprio Zelensky, sostenuto dai guerrafondai dell’Unione Europea e del Regno Unito.
Perché se è vero che l’accordo proposto dagli USA è un furto con scasso delle terre rare ucraine, è altrettanto vero che Zelensky come negoziatore e come spessore politico è il nulla assoluto. Purtroppo è stato abituato così, ad avere qualsiasi cosa, a essere acclamato in tutte le tv e in tutti i giornali. È ancora convinto che abbia qualche parola in capitolo nonostante abbia perso senza appello la guerra.
Ma come dicevo all’inizio, il fantoccio di Washington non serve più e addirittura oggi rappresenta un pericolo per gli affari statunitensi in Europa e non solo. E come diceva Kissinger, questa cosa è fatale. Chissà quanto stia oggi rimpiangendo gli accordi di Istanbul e come si mangi le mani per averli fatti saltare. Chissà se gli passi in mente tutti gli insulti quando gli dicevamo testualmente: “Zelensky, negozia subito perché più vai avanti e più si avvicina il tuo patibolo”.
Ma chi è causa del suo male, pianga sé stesso…
Conservare la memoria, sempre. Non è cinismo. È libertà!
di Giuseppe Salamone
L’Anticonformista, 28 febbraio 2025
La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa. Mi stupisco di chi si stupisce del trattamento riservato da Trump a Zelensky. Gli Usa hanno sempre fatto così con tutti i loro fantocci. Nel corso della storia sono cambiati i modi ma non i risultati. Quanti capi di Stato trasformati in fantocci hanno fatto finire con la testa spappolata mentre davanti alle telecamere facevano i visini da angioletti? Quante volte si sono nascosti dietro la narrazione della democrazia per creare fantocci, scatenare guerre e poi lasciare Popoli alla fame depredati da tutto? Sempre! L’unica cosa di diversa tra Trump e chi lo ha preceduto è solo il modo di fare in pubblico. Perché, ripeto, i risultati sono sempre gli stessi. Sei da invitare a Hollywood fino a quando servi per la Casa Bianca. Quando non servi più verrai scaricato. Anziché indignarvi solo per i modi di Trump, indignatevi per ciò che hanno fatto Clinton, Obama, Biden e compagnia. E se vi resta tempo ricordatevi anche che Zelensky, che oggi sembra sia passato per il poveretto preso per il culo e quindi meritevole di compassione, è stato quello che ci ha insultati solo perché gli dicevamo di accordarsi quanto prima perché altrimenti avrebbe fatto la fine dei fantocci Usa. Quello che pur di portare avanti una guerra per procura targata Stati Uniti d’America, ce ne ha dette di tutti i colori pappandosi centinaia di miliardi delle nostre tasse e mandando al macello un paio di generazioni di suoi connazionali. Conservare la memoria, sempre. Non è cinismo. È libertà! P.S: per chi pensa che queste righe fanno di me un Trumpiano, mi spiace ma è totalmente fuori strada. Se avete dubbi basta scorrere indietro per capire cosa pensi realmente di uno come Trump. Soprattutto sulla causa Palestinese!
A Day of American Infamy
di Amedeo Lepore
Facebook, 1° marzo 2025
Nel mese di agosto del 1941, circa quattro mesi prima dell’attacco giapponese a Pearl Harbor, Franklin Roosevelt incontrò Winston Churchill a bordo di una nave da guerra nella baia di Placentia, a Terranova, e concordò la Carta Atlantica, una dichiarazione congiunta delle principali potenze democratiche del mondo sui “principi comuni” per un mondo postbellico.
Tra i suoi punti chiave: “nessuna espansione territoriale o di altro tipo”; “diritti sovrani e autogoverno restituiti a coloro che ne sono stati forzatamente privati”; “libertà dalla paura e dal bisogno”; libertà dei mari; “accesso, a parità di condizioni, al commercio e alle materie prime del mondo necessarie alla loro prosperità economica”.
La Carta, e l’alleanza che ne scaturì, rappresentano un momento di alto valore per la diplomazia americana. Venerdì, nello Studio Ovale, il mondo ha assistito all’opposto. Volodymyr Zelensky, il leader democratico ucraino sotto assedio, è arrivato a Washington pronto a cedere tutto ciò che poteva offrire al presidente Trump, tranne la libertà, la sicurezza e il buon senso della sua nazione. Per questo, è stato ricompensato con una lezione di buone maniere impartita dal più mendace volgare e inospitale individuo che abbia mai abitato la Casa Bianca.
Se Roosevelt avesse detto a Churchill di trattare la pace con Adolf Hitler a qualsiasi condizione e di cedere le riserve di carbone britanniche agli Stati Uniti in cambio di nessuna garanzia di sicurezza americana, sarebbe stato paragonabile a ciò che Trump ha fatto con Zelensky. Qualunque cosa si possa dire su come Zelensky abbia giocato male le sue carte — sia per non essersi comportato con il livello di servilismo che Trump esige, sia per non aver mantenuto la calma di fronte alle provocazioni disoneste di JD Vance — questa è stata una giornata infame per l’America. E ora, dove si va da qui?
Se c’è un aspetto positivo in questo fiasco, è che Zelensky non ha firmato l’accordo sui minerali ucraini che gli è stato imposto questo mese da Scott Bessent, il segretario al Tesoro che rappresenta il personaggio alla Tom Hagen in questa amministrazione da racket. Gli Stati Uniti hanno diritto a qualche forma di ricompensa per aver aiutato l’Ucraina a difendersi — e la distruzione da parte dell’Ucraina di gran parte della potenza militare russa dovrebbe essere in cima alla lista, seguita dall’innovazione ucraina nel pionierismo di forme rivoluzionarie di guerra con droni a basso costo, che il Pentagono sarà desideroso di emulare. Ma se l’amministrazione Trump cerca un ritorno finanziario, il posto migliore per ottenerlo è sequestrare, in collaborazione con i partner europei, i beni congelati della Russia e metterli in un fondo con cui l’Ucraina possa pagare armi di produzione americana. Se gli Stati Uniti non lo faranno, dovrebbero farlo gli europei: lasciamo che gli ucraini si riforniscano di armi da Dassault, Saab, Rheinmetall, BAE Systems e altri produttori europei di difesa e vediamo come la prenderanno i sostenitori di “America First”. Forse ciò potrebbe servire anche da stimolo per gli europei a investire, il più rapidamente e massicciamente possibile, nelle loro forze armate indebolite, non solo per rafforzare la NATO ma anche per cautelarsi contro la sua possibile fine.
C’è una seconda opportunità: sebbene gli abusi di Trump nei confronti di Zelensky possano deliziare la folla del MAGA, probabilmente non saranno ben accolti dalla maggior parte degli elettori, compreso quasi il 30% dei repubblicani che, ancora oggi, ritengono che sia nel nostro interesse sostenere l’Ucraina. E sebbene la maggior parte degli americani voglia vedere la guerra in Ucraina finire, difficilmente vorranno che finisca alle condizioni di Vladimir Putin.
Nemmeno l’amministrazione Trump dovrebbe volerlo. Una vittoria russa in Ucraina, compresa una tregua che permetta a Mosca di consolidare le sue conquiste e di riorganizzarsi per il prossimo attacco, avrebbe esattamente lo stesso effetto della vittoria dei talebani in Afghanistan: incoraggiare i nemici dell’America a comportarsi in modo più aggressivo. Non a caso, mentre Trump ha intensificato la pressione sull’Ucraina nelle ultime settimane, Taiwan ha segnalato un aumento delle esercitazioni militari cinesi intorno all’isola, mentre navi da guerra cinesi hanno condotto esercitazioni con fuoco vivo al largo delle coste del Vietnam e si sono avvicinate a 150 miglia nautiche da Sydney.
Questi sono punti su cui i conservatori onesti dovrebbero insistere: il senatore Mitch McConnell del Kentucky e il deputato Don Bacon del Nebraska — due repubblicani che non hanno svenduto la loro anima sulla questione ucraina — potrebbero guidare una delegazione di conservatori con idee simili a Kyiv? Ancora di più, questo dovrebbe essere un momento di opportunità per i Democratici. Joe Biden aveva ragione quando ha definito questo un “decennio decisivo” per il futuro del mondo libero; il problema è che si è rivelato un messaggero troppo debole e cauto.
Ma ci sono Democratici determinati, con esperienze militari e di sicurezza — il deputato Jason Crow del Colorado, il deputato Seth Moulton del Massachusetts e la senatrice Elissa Slotkin del Michigan ad esempio — che potrebbero riportare lo spirito di Harry Truman e John F. Kennedy nel Partito Democratico. È un messaggio di forza e libertà che potrebbero riuscire a vendere almeno ad alcuni elettori di Trump, che voteranno a novembre per un’America migliore, non per una Russia più grande.
Tuttavia, non si può negare che venerdì sia stata una giornata terribile — terribile per l’Ucraina, per il mondo libero, per l’eredità di un’America che un tempo rappresentava i principi della Carta Atlantica.
Roosevelt e Reagan devono rivoltarsi nella tomba, così come Churchill e Thatcher. Tocca al resto di noi riconquistare l’onore dell’America dai gangster che lo hanno infangato alla Casa Bianca.
Zelensky vs Trump
Intervista di Paolo Rossetti
al Generale della Brigata Folgore Marco Bertolini
Il Sussidiario, 1° Marzo 2025
“Francia e UK dietro la rottura, ora l’Ue deve ricucire con Washington. E a Kiev…” La clamorosa lite Zelensky-Trump non fa altro che indebolire il presidente ucraino e l’Europa. È una frattura che va ricucita subito
Doveva arrivare la firma sull’accordo per lo sfruttamento delle risorse naturali dell’Ucraina, invece lo spettacolo che si è presentato al mondo è stato quello di una lite fra Volodymyr Zelensky e l’amministrazione americana, con in testa Donald Trump e il suo vice J.D. Vance. Uno scontro nel quale il Presidente ucraino si è sentito rinfacciare la sua resistenza a raggiungere un’intesa con gli Stati Uniti, nonostante la pesante situazione in cui si trova il suo Paese, incapace di continuare la guerra e persino di reclutare altri soldati.
E così l’incontro che doveva segnare un primo passo verso un accordo di pace si è concluso senza nessuna intesa e con il Presidente USA che prospettava il pericolo di una Terza Guerra Mondiale.
Chi ne esce indebolito, naturalmente, spiega Marco Bertolini, Generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, è principalmente Zelensky, ora talmente isolato da rischiare anche sul fronte interno.
Il Presidente ucraino è arrivato a questa clamorosa rottura con Trump dopo essersi sentito sostenuto, se non dall’Europa, almeno da Francia e Gran Bretagna. Ma la UE, e i Britannici con lei, non ha la forza per affrontare situazioni difficili senza gli Stati Uniti. Un contesto sempre più complicato da cui sembra trarre vantaggio solo Putin, che da stasera vede il suo nemico di questi tre anni più debole che mai.
Come si spiega questa clamorosa rottura fra Zelensky e Trump?
Bisogna vedere quali sono gli esatti termini dell’accordo che doveva firmare Zelensky. Ha un’opposizione interna che, di fronte a una cessione di terre, avrebbe potuto eccepire, tenendo conto del fatto che un accordo del genere sarebbe già stato siglato con la Gran Bretagna, quando è stato sancito il partenariato per cento anni fra i due Paesi.
Adesso cosa succederà?
Trump, almeno dal punto di vista formale, ha preso una posizione contraria a Zelensky. E in diplomazia la forma è sostanza. Per la Russia questo è un grosso colpo, perché conferma l’estrema debolezza di Zelensky. Adesso ci sono Paesi europei che gli esprimono solidarietà, ma rimangono parole vuote senza un apporto significativo da parte degli Stati Uniti.
Non è che Zelensky è andato alla Casa Bianca un po’ spinto a opporsi da parte almeno di una certa Europa?
Credo che si sia sentito appoggiato dalla Francia e, soprattutto, dalla Gran Bretagna, che già ai tempi di Boris Johnson ha impedito ogni pacificazione, e ancora adesso ritengo stia operando contro la fine del conflitto. Non perché voglia la guerra, ma perché, se la situazione si risolvesse ora, Londra risulterebbe indebolita, sbugiardata a livello internazionale: insomma, sarebbe una sconfitta.
Zelensky potrebbe pagare la sua debolezza anche sul fronte interno?
La situazione interna è estremamente difficile per lui, perché ci sono pretendenti al trono come Zaluzhny e Arestovich. Non so se rischi una sostituzione a breve, ma non credo che un Paese in guerra come l’Ucraina possa permettersi di affrontare il futuro, che è già difficile di suo, con un presidente così indebolito. Penso che un cambio, a questo punto, sia il minimo che ci si possa attendere. Anche l’Europa, però, esce indebolita da questa situazione.
Perché?
Deve fare i conti con il fatto che l’Atlantico pare essersi allargato, e noi Europei non possiamo permettere che si allarghi più di tanto, perché senza l’appoggio americano non siamo in grado di gestire situazioni più difficili.
Zelensky dovrà tornare a Canossa e parlare ancora con Trump?
Ho quasi l’impressione che ci sia chi sta puntando sul fatto che Trump non duri. Però il Presidente americano ha messo in moto un movimento che è legato certamente alla sua persona, ma non più di tanto: ha un vice carismatico come Vance, che non ha usato mezze parole con i rappresentanti dei Paesi europei a Monaco [QUI], e ha elaborato una politica che sarà difficile per chiunque smentire. Anche i Paesi europei dovranno fare i conti con questa realtà: avevano scelto la subordinazione nei confronti di Biden, ora Trump ha deciso che devono essere comunque subordinati nei confronti degli USA. Per noi non cambia niente. Sempre di subordinazione si tratta.
Trump ha paventato addirittura la possibilità di una Terza Guerra Mondiale. Un rischio che corriamo?
Penso che Europa e Zelensky dovranno tornare da Trump, a meno che, appunto, non si verifichi una situazione tale da aprire le cateratte della Terza Guerra Mondiale. Sarebbe veramente terribile. Trump l’ha evocata, sa che la Russia non può permettersi di perdere. E se anche l’America fosse tirata in una situazione per cui non può permettersi una sconfitta, la prospettiva potrebbe essere anche la guerra mondiale. Se Zelensky insistesse, appoggiato dall’Europa, andremmo a sbattere: non siamo in condizione di affrontare una situazione del genere. Questa è la realtà.
Postscriptum
1. «Prima li hanno mandati al massacro e ora li umiliano in mondovisione. Qui siamo ben oltre il cinismo, questi sono dei sadici malati. Ho sentito profonda pietà per Zelensky e per la sua gente, non si meritavano di finire in pasto a queste belve fameliche. Il tutto grazie a Macron che avrebbe mediato. Siamo schiacciati tra la nullità dei politici europei e la saprofagia di quelli anglosassoni. Provo orrore e schifo per questo spettacolo indecente» (Giorgio Bianchi).
2. «Chi ha contribuito a causare il disastro ucraino non può rifarsi una verginità scaricando le colpe di tutto sul semplice pedone. Trump é espressione e coartefice del disastro ucraino. Ora se ne tirano fuori dopo aver arraffato tutto ciò che potevano ottenere, riprendono a fare affari con la Russia come se nulla fosse e ci mollano i cocci a noi, utilizzando gli imbelli politici europei piazzati da loro stessi. Geniali. E le folle schiumanti di bava se ne stanno sugli spalti dell’arena-divano a godersi lo spettacolo del povero pirla gettato in pasto alle fiere. E fanno il tifo per gli artefici del disastro ucraino e europeo. Uno spettacolo raccapricciante» (Giorgio Bianchi).
Foto di copertina: Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il Presidente statunitense Donald Trump nello Studio Ovale della Casa Bianca, 28 febbraio 2025.