Napolitano al Papa: Italia e Santa Sede hanno responsabilità comuni, ma con distinte competenze
La crisi economica, la crisi politica e la crisi antropologica. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano li delinea uno dopo l’altro nel suo breve discorso indirizzato a Papa Francesco. Sorpreso “dall’assenza di ogni dogmatismo” nelle posizioni del Papa, Napolitano parla della responsabilità che la Chiesa si prende in questo contesto di crisi. Una responsabilità che, “liberandosi da ogni residuo temporalismo”, si dispiega soprattutto nelle istituzioni “che ad essa si richiamano sul terreno solidaristico ed educativo che è loro proprio”.
Il presidente, da buon ospite, prende la parola per primo. Negli scorsi giorni, sono arrivati vari input ai giornalisti riguardo una vicinanza tra Vaticano e Italia, ma anche riguardo una sorta di rinuncia della Chiesa ad usare i valori non rinunciabili come una clave. Come se la difesa dei valori non rinunciabili sia qualcosa che la Chiesa applica solo alla realtà italiana, circoscrivendo in qualche modo le attività della Chiesa ai soli rapporti con l’Italia.
Sono temi che Napolitano riprende nel suo discorso. Delinea i rapporti tra i due Stati sottolineando la scelta “illuminata” dell’Assemblea Costituente di inserire i Patti Lateranensi nella Costituzione. Perché il fatto che questi Patti furono firmati “quando in Italia dominava il regime fascista” non impedì alla Costituente di comprendere “il valore non contingente della Conciliazione non conseguita”.
Napolitano ricorda poi la revisione del Concordato (il prossimo anno se ne celebrerà il trentennale), che Napolitano non esita a ricordare, in un discorso che sembra tutto teso a definire la distinzione tra Chiesa e Stato, e la distinzione dei loro compiti.
Napolitano mostra di apprezzare lo stile di Papa Francesco, ne sottolinea “l’assenza di ogni dogmatismo”, mette in luce la sua “presa di distanze da posizioni non sfiorate da un margine di incertezza, il richiamo a quel lasciare spazio al dubbio proprio delle grandi guide del popolo di Dio”. Del Papa, Napolitano ama “il saper comunicare con i semplici, il saper trasmettere a ciascuno e a tutti i valori del messaggio cristiano – innanzitutto quello dell’amore per gli altri – sprigiona potenzialità nuove per combattere il dilagare dell’egoismo, dell’insensibilità sociale, del più spregiudicato culto del proprio tornaconto personale”.
Lo stile di Papa Francesco si inserisce in una situazione generalizzata di crisi, in cui il ruolo dell’Europa è fondamentale, in quanto “si fonda su quei valori di rispetto della dignità umana, di tolleranza, giustizia, solidarietà, che portano il segno del retaggio cristiano”. Sottolinea Napolitano che è “in effetti, sollecitando un nuovo spirito di solidale e responsabile comunanza che bisogna dedicarsi – guidati dalla speranza – al superamento dei mali più gravi che affliggono oggi il mondo”.
Napolitano riprende i temi di Papa Francesco, sottolinea i mali provocati nelle periferie e nei luoghi “ai margini di un moderno sviluppo economico e benessere sociale”, parla della solitudine dei vecchi e degli emarginati.
Ci sono responsabilità comuni tra Italia e Santa Sede. “Responsabilità – afferma Napolitano – che la Chiesa si assume ‘esprimendo e diffondendo i suoi valori’, liberandosi da ogni residuo ‘temporalismo’, e dispiegando l’iniziativa delle istituzioni che ad essa si richiamano sul terreno solidaristico ed educativo che è loro proprio. Responsabilità che nel campo, ben distinto, in cui sono chiamate ad operare, si assumono a loro volta le istituzioni politiche, laiche e indipendenti per definizione”.
L’emergenza – afferma Napolitano – è soprattutto politica. “La politica ha però – esposta com’è non solo a fondate critiche ma ad attacchi distruttivi – drammatica necessità (lo vediamo bene in Italia) di recuperare partecipazione, consenso e rispetto, liberandosi dalla piaga della corruzione e dai più meschini particolarismi. Può riuscirvi solo rinnovando – insieme con la sua articolazione pluralistica – le proprie basi ideali, sociali e culturali. E credo che in questo senso la politica possa, Santità, trarre uno stimolo nuovo dal Suo messaggio e dalle Sue parole”.
Un messaggio e delle parole cui il Quirinale è voluto andare incontro, semplificando il protocollo (non ci sono stati i corazzieri a cavallo a scortare l’auto del Papa da piazza Venezia al Quirinale) sia predisponendo un incontro con una rappresentanza di quanti operano nel sociale. Napolitano ha marcato più volte la distinzione delle competenze tra Stato e Chiesa. E c’è quasi l’idea che l’Italia ormai voglia mostrare di prendere le distanze. Ma in realtà è il Vaticano che in questi ultimi anni, stimolato dalle visioni di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, è diventato sempre più internazionale.