L’aberrazione giuridica vaticana del caso Becciu e l’enormità giuridica sassarese del caso Ozieri

Vesco e contabilità
Condividi su...

Korazym.org/Blog dell’Editore, 17.02.2025 – Ivo Pincara] – Mercoledì 19 febbraio 2025 si svolgerà a Roma un incontro sulla vicenda giudiziaria clamorosa e oscura, nata in Vaticano e approdato ad Ozieri in Sardegna per volere della magistratura vaticano, che ha fatto il giro del mondo, creando scandalo, incredulità e sconcerto, a cominciare da un dato singolare: per vedere un cardinale a processo bisogna risalire a cinque secoli addietro. Chi interromperà il circolo vizioso della giustizia ingiusta? La domanda viene posta a ripetizione da Andrea Paganini, il curatore della Rassegna Stampa sul “Caso Becciu” [QUI] e che osserva: «Che sia il rancore, la vendetta, l’orgoglio, il servilismo, il clericalismo, la viltà, la ragion di stato… Qualunque sia la motivazione per cui il Vaticano vuole intervenire contro la Diocesi di Ozieri e per cui la giustizia di Sassari s’è asservita alla volontà del Promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, una cosa è certa: chi difende la verità e il Cardinal Becciu entra nel mirino della (mala)giustizia. È una storia scandalosa, per lo Stato come per la Chiesa! Chi aiuta il Papa a uscire dalla trappola in cui è stato fatto cadere?» Il Papa sa che è stato malinformato e che ha sbagliato. Chi lo aiuterà ad ammettere il suo errore, di cui sono vittime innocenti due suoi confratelli nell’episcopato: il Cardinale Giovanni Angelo Becciu, originario della Diocesi di Ozieri e il Mons. Corrado Melis, Vescovo di Ozieri. E non è una coincidenza.

«Spero che il Papa si ristabilisca. Spero anche con tutto il cuore che faccia in tempo a rimediare al suo terribile sbaglio. Prego per lui. E perché riesca a cancellare la macchia del suo pontificato. Finché c’è vita c’è speranza» (Andrea Paganini).

Alle ore 17.30 presso la Libreria Mondadori nella Galleria Sordi verrà presentato il libro di Mario Nanni, Il caso Becciu. (In)Giustizia in Vaticano. Dizionario delle omissioni, anomalie, mistificazioni, misteri e veleni (Media&Books 2024, 240 pagine), che abbiamo presentato il 4 dicembre 2024, con l’articolo Perché, come si fa, come fa, come è possibile… 16 domande giustificate e inquietanti sul caso Becciu che esigono risposta [QUI]. Dialogheranno con l’autore il Prof. Pino Pisicchio, docente di Diritto Pubblico Comparato, ex deputato, e il giornalista Pino Nano, già Capo Redattore Centrale RAI.

Con la verve tipica del pamphlet e il rigore della documentazione, basata su migliaia e migliaia di pagine dei verbali di udienza, e non solo, di Mario Nanni narra il caso Becciu con la modalità del dizionario ragionato e con una tecnica di tipo cinematografco, in quanto gli avvenimenti vengono illustrati di volta in volta dall’angolo visuale e dalle testimonianze dei protagonisti.

L’aberrazione giuridica vaticana denunciata è il risultato delle procedure speciali seguite dalla magistratura vaticano, sotto impulso e con l’autorizzazione del sovrano assoluto dello Stato della Città del Vaticano, pur di trovare, senza riuscirci, di una qualche colpa nell’operato come Sostituto della Segreteria di Stato del Cardinal Becciu. Poi, c’è la degenerazione della giustizia italiano dimostrato con il caso del rinvio a giudizio del Vescovo di Ozieri e altri. Il tutto accompagnato dal silenzio omertoso dei cardinali, dei vescovi, dei vaticanisti e della stampa cattolica.

A seguire riportiamo il lucido contributo di Paolo Maninchedda sulla “enormità giuridica sassarese”, pubblicato su Sardegna e Libertà, dal titolo: Vescovi d’Italia state in guardia: siete diventati pubblici ufficiali. Adesso vi arrestano.

Il 3 febbraio 2025 abbiamo riferito, nell’articolo L’(in)giustizia vaticana. La difesa dei Radicali del Cardinale Angelo Becciu vittima come Enzo Tortora di malagiustizia [QUI]], che mercoledì 29 gennaio 2025 si è svolta a Roma la Presentazione del libro La giustizia nello Stato Città del Vaticano e il caso Becciu – Atti del Forum di Quaderni Radicali (146 pagine [QUI[) a cura di Luigi O. Rintallo, in Agenzia Radicale, 26 gennaio 2025. Alla Presentazione sono intervenuti Giuseppe Rippa, Luigi O.Rintallo, Giovanni Minoli e Mario Nanni.

Rinviato a giudizio insieme con Antonino Becciu, fratello del Cardinale Angelo Becciu, e altri sette imputati per la gestione dei fondi 8xmille [La Procura di Sassari mette il naso nell’8 per mille alla Diocesi di Ozieri. «Nessuna distrazione di denaro è mai avvenuta per scopi privati» – 10 gennaio 2025 [QUI]], lunedì 3 febbraio 2025, il Vescovo di Ozieri, Mons. Corrado Melis ha pubblicato in apertura sulla home page del sito della diocesi una “Lettera di comunione alla comunità diocesana”, dal titolo Il pastore percosso parla al suo gregge, rivolta ai “sacerdoti, diaconi, religiose, seminaristi, fratelli e sorelle in Cristo” [“Il pastore percosso parla al suo gregge”. La lettera di comunione alla comunità diocesana del Vescovo di Ozieri Mons. Corrado Melis – 3 febbraio 2025 [QUI]].

In questi tempi molto dolorosi per la Diocesi di Ozieri, dopo il messaggio del Vescovo Corrado Melis di fede e di speranza, in questo Anno Santo 2025, che Papa Francesco ha dedicato proprio alla speranza, è arrivata anche l’espressione di solidarietà al Vescovo e alla Caritas della Diocesi di Ozieri dal mondo laico – dopo la nota della Conferenza Episcopale Sarda sul caso di Ozieri [QUI], a seguito della difesa dei Radicali del Cardinale Angelo Becciu vittima come Enzo Tortora di malagiustizia [QUI] – da parte del Vicepresidente della Commissione Giustizia della Camera, l’On. Pietro Pittalis, che ha espresso solidarietà al Vescovo e alla Caritas della Diocesi di Ozieri, sottolineando l’importanza di rispettare l’ordinamento canonico nella gestione dei fondi dell’8xmille, chiedendo rispetto per l’autonomia della Chiesa [QUI]. Riportiamo di seguito l’intervista all’On. Pittalis a cura di di Francesco Mariani, pubblicato su Ortobene il 14 febbraio 2025 dal titolo Le norme della Pubblica amministrazione non sono quelle di una Diocesi.

Ricordiamo anche il Sindaco di Ozieri, Marco Peralta, che ha espresso “solidarietà ed immutata stima verso il Pastore ed i sacerdoti della nostra Comunità Diocesana” in un post sulla sua pagina Facebook [QUI]: «Dietro il dolore e l’inquietudine che prova il nostro Vescovo, anche in questi momenti di tristezza ed umano sconforto, scorgiamo la dignitosa fierezza di un uomo consapevole di essere sempre stato al servizio del prossimo, soprattutto del più debole, del più indifeso, degli ultimi della Terra. Per chi ha la fortuna ed il piacere di conoscerlo, sa che Don Corrado non si è mai risparmiato nel servire il proprio gregge e di questa Sua opera se ne colgono i frutti proprio nella nostra Diocesi, una delle prime per vocazioni e nella vicinanza alle persone, con chiese e funzioni sempre gremite. Così come gli altri pastori della nostra Comunità, anch’essi sempre disponibili ed in prima fila verso i bisognosi ed impegnati nella vita sociale quotidiana. Ozieri ha un cuore grande: il Suo amore giunga a tutti Voi e fortifichi il Vostro spirito».

Vescovi d’Italia state in guardia: siete diventati pubblici ufficiali. Adesso vi arrestano
di Paolo Maninchedda
Sardegna e Libertà. 17 febbraio 2025

Nella richiesta di rinvio a giudizio del Vescovo di Ozieri per il reato di peculato, la Procura della Repubblica di Sassari configura il vescovo come pubblico ufficiale con queste parole: «La Conferenza Episcopale Italiana è ente di diritto italiano. Essa è composta da tutti i Vescovi presenti in Italia, quindi da tutti i titolari delle varie Diocesi (divisioni territoriali). In base alla L. 222/1985 lo Stato Italiano conferisce alla Chiesa Cattolica verso la Conferenza Episcopale Italiana i fondi dell’8×1000 secondo le indicazioni dei singoli contribuenti nelle loro dichiarazioni dei redditi (i quali contribuenti possono alternativamente scegliere per la destinazione verso altre religioni ovvero per lo Stato). Il conferimento dei fondi alla CEI avviene (art. 47 i.cit.) per gestione diretta della Chiesa Cattolica per scopi di carattere religioso. Tali scopi (art. 48 cit.) sono: esigenze di culto delle popolazioni; sostentamento del clero; interventi caritativi della collettività nazionale e dei Paesi del terzo mondo. Tale conferimento di fondi, quindi, non è una donazione, poiché la Chiesa Cattolica, tramite la CEI, agisce come gestore, con obbligo di rendiconto periodico. In sostanza, la CEI tramite i suoi organi, utilizza fondi pubblici per gli scopi detti per conto dello Stato italiano.
(…) È il Vescovo, legale rappresentante di ogni Diocesi e membro dell’Assemblea Generale della CEl, che gestisce direttamente i fondi, anche tramite suoi delegati, destinandoti agli scopi sopra indicati. Trattandosi di gestione diretta di fondi pubblici italiani per scopi propri dello Stato Italiano, è manifestazione di funzione pubblica, disciplinata da norme di diritto pubblico, caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione (nel caso di specie: conseguimento degli scopi ex artt. 47 e 48 cit. con gestione diretta di fondi pubblici)».

A leggere però la legge 222/1985 si respira tutt’altra aria.

In primo luogo perché il legislatore dice espressamente che la somma che i cittadini intendono destinare con l’8xmille «a decorrere dall’anno finanziario 1990 (…), liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica» (art. 47).

Quindi, se vi è una certezza, questa è che la Chiesa Cattolica non è per manco un piffero gestore delle risorse per conto dello Stato e anche che il Vescovo, in quanto gestore di risorse dell’otto per mille non è per nulla un pubblico ufficiale.

Se i Vescovi, in quanto gestori dell’8xmille, sono pubblici ufficiali, lo Stato di fatto governa la Chiesa.

Se questo sta bene a uno stuolo di vescovi vigliacconi che non battono ciglio dinanzi a questa mostruosità, a me non sta bene e io ho titolo a parlare perché ho sempre destinato l’8xmille alla Chiesa e il 5xmille al Bambin Gesù.

Forse non è chiaro il quadro che discende dall’impostazione della Procura, la quale tace sul fatto che i soldi destinati alla Chiesa sono dei cittadini, non dello Stato, e sono di cittadini che non chiedono allo Stato di vigilare sulla Chiesa. Che succede se fosse vera l’impostazione della Procura? Nel momento in cui il vescovo diviene un pubblico ufficiale, non può più scegliere intuitu personae l’impresa cui affidare lavori negli edifici della sua diocesi, ma deve andare a gara. Non può più costituire società o cooperative se non nella forma dell’in house, come fanno gli enti pubblici. Non può decidere di promuovere attività economiche e di sopportarne le perdite perché è difficile far rientrare le attività di impresa in attività caritative. A Cagliari sono diverse le cooperative riconducibile alla Caritas, tutte benemerite, ma secondo il prisma della Procura di Sassari tutte illegittime. Non solo: se la diocesi apre un conto corrente a nome di una propria cooperativa e delega a gestirlo un laico che spende, per esempio, 4mila euro per comprare un macchinario quando sul mercato vi è lo stesso macchinario a duemilacinquecento euro, il vescovo è passibile di essere indagato per culpa in vigilando.

L’enormità giuridica sassarese non può passare come una questioncella di periferia, perché le iniziative della Diocesi di Ozieri, i prelievi dei laici delegati, le domande fatte per cambiare il forno del panificio, i prestiti interni, sono bazzecole dinanzi al mare di denaro che altre diocesi impiegano, per esempio, per improbabili istituzioni culturali, o per complesse operazioni immobiliari, o per imprese sociali inevitabilmente in perdita. I vescovi non possono agire come se fossero sindaci. Più di una diocesi ha anche uno sportello antiusura, che non fa carità, contrasta il crimine, come si giudicano le donazioni a privati così motivate? Peculato? Un vescovo può aiutare una famiglia a comprarsi una casa, sì o no? Se lo fa da pubblico ufficiale, commette un possibile peculato e giustificherebbe la Polizia Giudiziaria a verificare se, secondo la legge bancaria, quella famiglia avrebbe potuto oppure no accedere al credito bancario. Io conosco parroci che si sono tolti il pane di bocca per garantire un tetto a persone finite in disgrazia, persone che per le leggi vigenti, non avevano titolo a ricevere quei soldi perché non erano ufficialmente indigenti.

Ma l’aspetto più insidioso del ragionamento della Procura è che, a suo dire, giacché la CEI elabora un rendiconto, evidentemente riconosce di essere gestore. Anche in questo caso, però, la norma restituisce uno spirito della legge che non è quello “forzato” della Procura. Recita l’art. 44: “La Conferenza Episcopale Italiana trasmette annualmente all’autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull’organo ufficiale della stessa Conferenza“.

La norma vuole solo verificare che le somme siano utilizzate, non come vengano utilizzate e l’unica precisazione richiesta nei commi successivi riguarda le risorse per il sostentamento del clero.

In ogni caso, siccome io sono padrone di una minima parte dell’8xmille, ma pur sempre padrone, se capirò che destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica significherà far diventare i Vescovi come i Sindaci e metterli sotto gli stivali della Guardia di Finanza e sotto le scarpe di vernice dei magistrati, allora non firmerò più l’8xmille e farò ai vescovi un bonifico di pari importo, con la seguente motivazione: «I Cristiani non sacrificano a Cesare».

Le norme della Pubblica amministrazione non sono quelle di una Diocesi
di Francesco Mariani
Ortobene, 14 febbraio 2025

Il Gup del Tribunale di Sassari Sergio De Luca ha rinviato a giudizio Antonino Becciu, fratello del Cardinale Angelo Becciu, il Vescovo di Ozieri, Corrado Melis, e altri sette imputati, accusati di peculato e riciclaggio nella gestione di circa 2 milioni di euro dei fondi dell’8xmille destinati alla diocesi. L’apertura del processo è stata fissata per il 9 aprile prossimo. Il giudice ha accolto la richiesta avanzata nell’udienza dell’8 gennaio scorso dal pubblico ministero Gianni Caria.

Sei imputati, Tonino Becciu, il Vescovo Corrado Melis, il Direttore della Caritas Don Mario Curzu, il Parroco di San Nicola ed Economo della Diocesi, Don Francesco Ledda, Giovanna Pani e Maria Luisa Zambrano, sono accusati di peculato e riciclaggio. Agli altri tre, il Parroco di San Francesco, Don Roberto Arcadu, Franco Demontis e Luca Saba, sono contestati i reati di false dichiarazioni al Pm e favoreggiamento.

Molto critico verso questa decisione è stato sin da subito l’On. Pietro Pittalis, avvocato e membro effettivo della Commissione Giustizia.

Secondo il Pubblico Ministero di Sassari, Vescovo e Diocesi sono pubblici ufficiali.
«È una tesi illogica prima che infondata. Negli affari di governo della Chiesa cattolica i Vescovi non rispondono allo Stato italiano, ma esclusivamente alla Chiesa stessa, in virtù del principio di indipendenza e sovranità dei reciproci ordinamenti (art. 7 Cost.); e ciò vale anche per l’articolazione della Chiesa nel territorio dello Stato italiano, attraverso, per esempio, le Diocesi, i Tribunali cclesiastici, ecc.».

La gestione dei fondi dell’8xmille è soggetta al controllo dello Stato italiano?
«Non c’è alcuna disposizione del Concordato o del diritto canonico che lo preveda e, anzi, a ben vedere, vi sono disposizioni di segno contrario proprio nella legge italiana (v. legge 20 maggio 1985, n. 222). Sulla base dell’art. 47, le somme provenienti dall’8×1000 dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidate dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali dei contribuenti, divengono patrimonio della Cei e non sono più dello Stato italiano: infatti, fatta salva la scelta del contribuente di destinare tali somme allo Stato per scopi di interesse sociale o di carattere umanitario (a diretta gestione statale), quelle destinate alla Chiesa cattolica per scopi di carattere religioso sono a diretta gestione di quest’ultima. Ciò significa che la Chiesa ha piena autonomia nella gestione delle somme ed è tenuta a risponderne esclusivamente secondo i principi dell’ordinamento canonico. Anche i termini utilizzati dalla normativa depongono in favore di un trasferimento della titolarità delle somme alla Chiesa: nella disposizione, infatti, è scritto che lo Stato “liquida”, “corrisponde” e, dunque, la finalità indicata nell’art. 48 rileva esclusivamente per la destinazione delle somme non per le modalità di utilizzazione, né tantomeno per realizzare in capo alle Diocesi la qualifica di Pubbliche Amministrazioni».

Per la Procura della Repubblica di Sassari invece non è così.
«Intanto sgombriamo il campo dagli equivoci e dalle ricostruzioni frettolose. Vi è un solo caso in cui il clero assume la qualità di pubblico ufficiale: nell’atto in cui il ministro del culto Cattolico provvede alla celebrazione del matrimonio concordatario. Fatta questa eccezione, nell’esercizio del ministero di culto il clero risponde esclusivamente all’ordinamento canonico e alla gerarchia ecclesiale. Se così non fosse, le conseguenze sarebbero paradossali: non sarebbero infrante, infatti, le sole prerogative della Chiesa Cattolica, ma inevitabile sarebbe la confusione delle finalità istituzionali tra Stato e Chiesa, anche nelle ipotesi in cui siano analoghe o coincidenti nei risultati perseguiti. Le modalità di attuazione di finalità solidali non sono necessariamente eguali tra Stato e Chiesa Cattolica; anzi, sono proprio diverse, dovendo lo Stato italiano uniformarsi al dettato costituzionale, e segnatamente agli artt. 3 e 97, e la Chiesa ai principi dell’ordinamento canonico. Se lo Stato italiano pretende trasparenza nell’operato delle Pubbliche Amministrazioni, l’ordinamento canonico può, invece, richiedere il segreto, soprattutto se si tratta di tutelare la riservatezza delle persone cui è offerta la carità. Ove dovessero comportarsi come Pubbliche Amministrazioni, le Diocesi dovrebbero bandire gare pubbliche per i sussidi alle povertà, nominare i responsabili del procedimento, designare commissioni giudicatrici, stilare graduatorie, con buona pace del riserbo evangelico che si pone a protezione della dignità delle persone aiutate».

Il paradosso è evidente e altrettanto evidente è la conseguenza.
«Ove fosse accolta la tesi della Procura sassarese non sarebbe più necessario verificare nel merito la bontà o meno dell’uso delle somme, ma l’applicazione, da parte delle Diocesi, delle regole di formazione della volontà secondo i principi che governano la Pubblica Amministrazione italiana. Tutte le Diocesi verserebbero in situazioni di responsabilità penale per il solo fatto di aver gestito le risorse provenienti dall’8×1000 senza l’adozione di procedure di evidenza pubblica. Tutte le Diocesi verrebbero chiamate a rispondere di peculato, in quanto i fondi dell’8×1000, in assenza del rispetto dei principi che governano l’Amministrazione italiana, risulterebbero destinati, utilizzati e spesi illegittimamente: per la rilevanza penale dell’operato basterebbe l’erogazione a persona individuata come bisognosa di un solo euro di tali risorse senza il rispetto delle procedure di evidenza pubblica.Ma vi è di più: le Diocesi dovrebbero applicare le prescrizioni imposte alle Pubbliche Amministrazioni in materia di anticorruzione (l. 6 novembre 2012, n. 190), di comunicazione delle erogazioni per somme oltre Euro 10.000,00 a persone indebitate nei confronti dello Stato affinché lo Stato stesso intervenga con il pignoramento, di scelta del contraente per l’esecuzione di opere secondo procedure di evidenza pubblica, di non discriminazione di genere, ecc. La Chiesa Cattolica non può essere chiamata ad attuare tali principi semplicemente perché la sua missione universale richiede modalità diverse di azione, conformi al proprio ordinamento, ossia quello canonico».

Che dire delle contestazioni fatte ai sacerdoti sulle “false informazioni al pubblico ministero”?
«Lo Stato italiano non può ingerirsi in questioni relative alle nomine dei titolari degli uffici ecclesiastici (art. 3, c. 2, Concordato: “La nomina dei titolari di uffici ecclesiastici è liberamente effettuata dall’autorità ecclesiastica. Quest’ultima dà comunicazione alle competenti autorità civili della nomina degli Arcivescovi e Vescovi diocesani, dei Coadiutori, degli Abati e Prelati con giurisdizione territoriale, così come dei Parroci e dei titolari degli altri uffici ecclesiastici rilevanti per l’ordinamento dello Stato”). Dunque, non può chiedersi ad un ministro del culto di riferire in merito a informazioni acquisite nella sua qualità di religioso, perché questo è vietato, in quanto le autorità italiane non possono obbligare i titolari di uffici ecclesiastici a riferire in merito a informazioni apprese nell’esercizio del loro Ministero».

Indice – Caso 60SA [QUI]

Foto di copertina: foto di Sardegnaeliberta.it.

151.11.48.50