Rapporto ISMU: stabili i migranti

“Descrivere, comprendere, interpretare, spiegare il fenomeno migratorio. Questo è stato l’intento, o se vogliamo la missione, di Fondazione ISMU ETS nel corso degli ultimi trent’anni attraverso il Rapporto sulle Migrazioni in Italia. Un volume multi e interdisciplinare che ha raccontato e analizzato, innanzitutto, l’evoluzione empirica dei processi migratori e di inclusione nei diversi ambiti in cui si disegna il presente e il futuro della società; e, quindi, una politica pubblica complessa che per di più ha dovuto, nel tempo, fare i conti con una profonda trasformazione della società italiana che, piaccia o meno, è inserita in un contesto planetario sempre più interdipendente dal punto di vista economico, tecnologico, comunicativo, sociale, culturale e finanche politico”: con l’introduzione di Nicola Pasini, segretario generale della Fondazione ISMU ETS, e della prof.ssa Laura Zanfrini, docente di ‘Sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica’ all’Università Cattolica di Milano, è stato presentato il 30^ rapporto dell’ISMU sulle migrazioni.
Un rapporto che ha certificato che in Italia nel 2023 gli stranieri sono stati 5.755.000, 20.000 in meno rispetto alla stessa data del 2023 con una crescita dei residenti, che sono diventati 5.254.000 unità, cioè 113.000 unità in più nei confronti del 2022: “Il periodo di crescita più rapida si è registrato dagli anni 2000. Tra il censimento 2001 e il 31 dicembre 2011 gli stranieri residenti in Italia hanno contribuito all’incremento demografico, essendo aumentati di 2.984. unità nel quadro di un aumento del complesso della popolazione residente di 3.005.000. Negli anni successivi l’apporto migratorio netto è stato più modesto (circa 700.000 unità tra il 1° gennaio 2012 e il 1° gennaio 2022) e si è rivelato insufficiente a compensare il calo della popolazione dovuto al decremento della componente con cittadinanza italiana”.
Nel 2023 le domande d’asilo presentate in Italia erano state circa 130.000 (di cui l’84% da parte di uomini), nei primi nove mesi del 2024 sono state 116.000, con una crescita del 27,1%: “Va precisato che solo una parte delle persone entrate irregolarmente in Italia fa domanda. Tra i richiedenti asilo, crescono le richieste dei cittadini del Bangladesh (+59% rispetto al 2023). Nei primi 9 mesi del 2024 sono aumentate anche le domande da Cina (+882%), Sri Lanka (+335%), Marocco (+115%), India (+137%) e Perù (+119%)”.
Interessante è il tema dei ‘lungo soggiornanti’, cioè persone non comunitarie con un permesso di soggiorno di lungo periodo, titolo concesso a chi soggiorna regolarmente in Italia da oltre 5 anni: 2.139.000, pari al 59,3% di coloro che a quella stessa data hanno un documento di soggiorno valido. Tra i lungo soggiornanti, i moldavi rappresentano l’86%, gli ecuadoriani il 78,8%, i serbi il 78,1%, i macedoni il 76,4% e i bosniaci il 75,9%.
Il rapporto ha evidenziato che continua anche il calo degli irregolari registrato: al 1° gennaio dello scorso ann0 si stima che questi ultimi si attestino sulle 321.000 unità, cioè -137.000 rispetto ai 458.000 dell’anno precedente con la componente irregolare che costituisce il 5,6% del totale dei presenti (nel 2022 erano il 7,9%): “Il consistente e continuo aumento della popolazione straniera residente in Italia non è dovuto solo alle immigrazioni, ma anche alle nascite.
Queste ultime, dopo il record storico di circa 80.000 nati nel 2012, sono diminuite progressivamente sino a scendere ai 50.000 nati del 2023”. Per quel che riguarda gli ingressi via mare, il 2024 si è chiuso con poco più di 66.000 sbarchi (-57,9% rispetto al 2023). In particolare, al 15 novembre 2024 la riduzione degli sbarchi era del 60% rispetto allo stesso periodo del 2023, sia per gli arrivi dalla Tunisia (-80,3%), sia per quelli dalla Libia (-20,2%) e dalla Turchia (-51,1%).
Sul fronte del lavoro si segnala che nel 2023 gli occupati stranieri di età tra i 15 e i 64 anni sono stati 2.317.000. Tra il 2005 e il 2023 il tasso di attività degli italiani è cresciuto dal 61,9% al 66,4%, mentre la componente straniera è passata dal 73,4% al 69,6%. Il tasso di occupazione per gli italiani è cresciuto dal 57,2% al 61,2%, mentre per gli stranieri è diminuito dal 65,8% al 61,6%. L’incidenza degli stranieri sul totale dei disoccupati è pari al 15,5%
All’inizio degli anni ‘90, Fondazione ISMU ETS stimava, sulla base dei versamenti Inps, che gli occupati stranieri di età compresa tra i 15 e i 64 anni fossero circa 160.000. Nel 2023 sono 2.317.000 (dati Eurostat), esito di una crescita che ha raggiunto l’apice negli anni pre-pandemia, in particolare nel 2017 (2.387.000), per poi calare nel 2020. Superata l’emergenza sanitaria, il volume dell’occupazione straniera ha ripreso a crescere, raggiungendo poco più del 10% dell’occupazione complessiva (ma il peso effettivo degli occupati con background migratorio è sottostimato a causa del numero di residenti stranieri che ogni anno acquistano la cittadinanza italiana ‘scomparendo’ dalle statistiche sull’occupazione).
Inoltre tra il 2005 e il 2023 il tasso di attività degli italiani è cresciuto costantemente (dal 61,9% al 66,4%), mentre la componente straniera è passata dal 73,4% al 69,6%. Analogo il trend del tasso di occupazione, che per gli italiani è cresciuto dal 57,2% al 61,2%, mentre per gli stranieri è diminuito di 4,2 punti percentuali (dal 65,8% al 61,6%), con un crollo di 6,4 punti per gli uomini e 4,3 per le donne.
L’incidenza degli stranieri sul totale dei disoccupati è pari al 15,5%, quasi 6 punti percentuali in più rispetto al loro peso sulle forze lavoro, nonostante il numero di disoccupati stranieri sia significativamente più basso rispetto ad alcuni anni fa, quando arrivò a sfiorare il mezzo milione. Particolarmente critica la situazione delle donne straniere: la riduzione di un solo punto tra il 2005 e il 2023 si è accompagnata a un ampliamento del divario con le italiane, passato da 5,5 punti percentuali a 5,9.
Per quanto riguarda la scuola, nell’anno scolastico 2022/23 il numero degli alunni con CNI (cittadinanza non italiana), nati all’estero e nati in Italia, si attesta a 914.860 presenze, corrispondenti all’11,2% sul totale degli iscritti (8.158.138) dalle scuole dell’infanzia alle secondarie di secondo grado.
La ricostruzione fatta da Fondazione ISMU ETS del trend di alunni CNI (con cittadinanza non italiana) negli ultimi trent’anni ricostruisce quattro fasi. La prima, di avvio, iniziata con poco più di 31.000 presenze nell’anno scolastico 1992/93, ne raggiunge 70.000 nell’anno scolastico 1997/98. Segue, fino al 2012/13, una accelerazione esponenziale, dove il totale di iscritti con background migratorio si decuplica in circa 15 anni e supera le 700.000 unità.
Negli anni successivi, fino al 2019/20, i ritmi di crescita rallentano e si attestano in media sui +12.000 all’anno, nonostante la ‘crescita zero’ del 2015/16 (+641), una percentuale media oscillante tra i 9 e 10 studenti di origine immigrata ogni 100 durante tutto il periodo. Infine, l’attuale fase oscillante (2020/21-2022/23), in cui si registra il primo anno scolastico segnato dal ‘segno meno’, con la perdita di oltre 11.000 alunni di origine immigrata (2020/21) nella fase pandemica, così come la grande crescita del 2022/23 (+42.500 presenze), con l’inserimento scolastico dei profughi ucraini e il superamento della soglia del 10%.
Dopo la crescita rallentata degli ultimi anni, nell’anno scolastico 2022/23 il numero degli alunni con CNI, nati all’estero e nati in Italia, si attesta a 914.860 presenze, corrispondenti all’11,2% sul totale degli iscritti nelle scuole italiane (8.158.138) dalle scuole dell’infanzia alle secondarie di secondo grado.
Il 44% degli alunni stranieri è di origine europea. Per quanto riguarda la provenienza, gli studenti sono originari di circa 200 Paesi diversi. In particolare, il 44% è di origine europea; più di 1/4 è di origine africana; attorno al 20% asiatica e quasi l’8% dell’America latina. La cittadinanza più numerosa è rappresentata dalla Romania, con quasi 149.000 studenti; seguono Albania con 118.000 presenze e Marocco con 114.000 presenze.