Nella Repubblica Democratica del Congo situazione in deterioramento

Dopo alcuni giorni di calma relativa i combattimenti sono ripresi a Ihusi, a circa 70 chilometri dal capoluogo di provincia Bukavu secondo le fonti di sicurezza, mentre diversi testimoni locali hanno riferito di ‘forti spari’. Secondo alcune dichiarazioni nel mirino dell’M23 ci sarebbe anche Bukavu, ed un’avanzata verso la capitale Kinshasa, quale obiettivo finale.
La tregua proclamata nei giorni scorsi, secondo una fonte dell’Agenzia Fides, “in realtà è servita all’M23 e all’esercito ruandese di far riposare le proprie truppe e di rifornirle in armi, munizioni e vettovaglie per poi proseguire la loro avanzata verso sud… L’M23 ha ripreso ad avanzare nel sud Kivu attaccando il villaggio di Ihusi. Attualmente ruandesi e guerriglieri dell’M23 si trovano a circa 60 chilometri dal centro di Bukavu. Probabilmente il loro obiettivo è molto più vicino; si tratta dell’aeroporto di Kavumu che si trova a circa una trentina di chilometri dalla città e che è strategico per alimentare in uomini e mezzi le truppe dell’esercito congolese”.
Sempre all’Agenzia Fides il segretario generale della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), mons. Donatien Nshole, che faceva parte della delegazione della CENCO e della Chiesa di Cristo in Congo (ECC) che mercoledì, 12 febbraio, ha incontrato a Goma, i leader dell’M23, il gruppo di guerriglia filo ruandese che ha preso il controllo della città a fine gennaio, ha sottolineato il motivo di tale incontro: “L’obiettivo era convincere che la lotta armata non è la soluzione, ma che noi arriviamo con una proposta che può contribuire alla costruzione di una pace duratura, da qui il Patto sociale per la pace e la convivenza nella RDC… Gli operatori stranieri che lavoravano per le diverse Ong e agenzie internazionali se ne sono andati. Rimangono al loro posto missionari e missionarie oltre al clero locale”.
Inoltre la direttrice generale dell’Unicef, Catherine Russell, ha denunciato l’aumento delle violenze contro i minori: “Sono profondamente allarmata dall’intensificarsi della violenza nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo e dal suo impatto sui bambini e sulle famiglie. Nelle province del Nord e del Sud Kivu, stiamo ricevendo orribili rapporti di gravi violazioni contro i bambini da parte delle parti in conflitto, tra cui stupri e altre forme di violenza sessuale a livelli che superano qualsiasi cosa abbiamo visto negli ultimi anni”.
Infatti dal 27 gennaio al 2 febbraio i partner dell’Unicef hanno riferito che il numero di casi di stupro trattati in 42 strutture sanitarie è quintuplicato in una settimana: “Il 30% di quelli trattati riguardavano bambini. Le cifre reali sono probabilmente molto più alte, perché molti sopravvissuti sono riluttanti a farsi avanti. I nostri partner stanno esaurendo i farmaci utilizzati per ridurre il rischio di contagio da Hiv dopo una violenza sessuale… Una madre ha raccontato al nostro staff come le sue sei figlie, la più giovane delle quali aveva appena 12 anni, siano state sistematicamente violentate da uomini armati mentre cercavano cibo”.
I bambini e le famiglie in gran parte della Repubblica Democratica del Congo orientale “continuano a subire bombardamenti incessanti e spari. Negli ultimi mesi, migliaia di bambini vulnerabili nei campi di sfollamento sono stati costretti a fuggire più volte per sottrarsi ai combattimenti. Nel caos, centinaia di bambini sono stati separati dalle loro famiglie, esponendoli a maggiori rischi di rapimento, reclutamento e utilizzo da parte di gruppi armati e violenza sessuale. Nelle ultime due settimane, più di 1.100 bambini non accompagnati sono stati identificati nel Nord Kivu e nel Sud Kivu, e il loro numero continua ad aumentare.
Anche prima della recente intensificazione della crisi, il reclutamento di bambini nei gruppi armati era già in aumento nella regione. Ora, con le parti in conflitto che chiedono la mobilitazione di giovani combattenti, i tassi di reclutamento probabilmente accelereranno. I rapporti indicano che bambini di 12 anni vengono reclutati o costretti a unirsi ai gruppi armati”.
Ed infine l’appello ad un ‘cessate il fuoco’: “Le parti in conflitto devono immediatamente cessare e prevenire le gravi violazioni dei diritti contro i bambini. Devono inoltre adottare misure concrete per proteggere i civili e le infrastrutture fondamentali per la loro sopravvivenza, in linea con gli obblighi previsti dal diritto umanitario internazionale.
I partner umanitari devono avere un accesso sicuro e senza ostacoli per raggiungere tutti i bambini e le famiglie in difficoltà, ovunque si trovino. L’Unicef continua a chiedere maggiori sforzi diplomatici per porre fine all’escalation militare e per individuare una soluzione politica duratura alla violenza, in modo che i bambini del Paese possano vivere in pace”.
Anche la Chiesa italiana, nei giorni scorsi aveva chiesto di fermare il conflitto: “Lanciamo il nostro accorato appello affinché si fermi il massacro a Goma e nelle altre aree della Repubblica Democratica del Congo in preda alla violenza: basta! In stretto contatto con le Chiese locali e i missionari presenti sul territorio, riceviamo quotidianamente notizie e immagini di uccisioni, mutilazioni, distruzioni e sfollamento di grandi masse di popolazione, che si svolgono nel silenzio quasi totale dei media. Una strage che miete vittime soprattutto tra i civili, senza risparmiare bambini, anche neonati, donne e persone inermi. Non possiamo tacere di fronte a questo scempio, all’annientamento dell’umanità”.
I vescovi hanno ribadito la vicinanza alla popolazione: “Esprimiamo vicinanza alla popolazione locale e a quanti nel Paese sono impegnati per far fronte a una crisi umanitaria senza precedenti… Come Chiesa in Italia, da anni, siamo presenti nel Paese con operatori e missionari e non smettiamo di stare accanto alla popolazione e alla Chiesa locale, che continua a essere bersaglio di violenze e attacchi”.
Dal 1991, la CEI ha sostenuto interventi nella Repubblica Democratica del Congo per € 136.000.000. Attraverso il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli e grazie ai fondi 8xmille, sono stati finanziati 1.236 interventi: si tratta di progetti in risposta a emergenze, come per gli sfollati a Goma, e di sviluppo socio-economico in vari settori. Per affrontare questa ulteriore emergenza, è stato deciso lo stanziamento di un milione di euro dai fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica.