“Non ho un centimetro dove farmi aprire altre piaghe”. Riflessioni su Gesù Crocifisso

Crocifisso
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.02.2025 – Veronica Cireneo] – Il brano che segue è la sintesi di una conversazione svoltasi qualche sera fa, intorno ai dolori di Cristo, tra la scrivente e un caro amico di Napoli: Antonio.  Nata dall’osservazione della foto di copertina, col permesso dell’interlocutore ne riportiamo qualche stralcio, che riteniamo essenziale per la Fede. Buona lettura e meditazione.

Veronica: “Come ben sai, Antonio, tra le scusanti che i falsi pastori avanzano, per giustificare balletti, biciclettate e paninate varie nelle chiese, primeggia quella della Resurrezione di Cristo. “Cristo è risorto” – dicono, quindi -“allegria e stop musi lunghi!” Dimenticano purtroppo – sono ormai più protestanti che Cattolici, gli stessi che considerano la Messa solo come un banchetto – che tra l’Ultima Cena e la Resurrezione, c’è stata la Passione e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo. Ma noi che abbiamo Fede sappiamo che quella Sua morte concreta, ci ha salvato dall’inferno, non l’evento miracoloso della Resurrezione, che pure siamo obbligati a credere per fede. E sappiamo pure che la Morte di Cristo è la stessa Morte che celebriamo nella Messa sull’Altare, che è il Calvario, dove Cristo viene perpetuamente Crocifisso, oltre che dalle nostre colpe, come si vede chiaramente in questa foto”.

Antonio: “Si, ma vedi Veronica. C’è addirittura chi crede che possa essere esagerata una foto del genere, invece proprio questa, più di tante altre è, verosimilmente, l’immagine che si presentò agli astanti sotto la Croce di Gesù Crocifisso sul Calvario, dopo la flagellazione e la triplice coronazione di spine! Se nelle nostre chiese, nelle case, nelle scuole, nelle rappresentazioni foto e cinematografiche non fosse stata sostituita da scialbe e contraffatte effigi, gli uomini avrebbero meglio compreso le atrocità subite da Nostro Signore. Maggiore sarebbe stato il compatimento per il suo infinito dolore e, forse, ci sarebbe stato un numero maggiore di conversioni. Addirittura ora invece stanno eliminando del tutto il Crocifisso dai luoghi pubblici, per non offendere i “fedeli” di altre religioni”.

Veronica: “Non solo questa foto non è un falso, ma lo stato delle Sue Sacratissime Membra è confermato da Gesù Stesso. La Serva di Dio Luisa Piccarreta nell’opera Le ore della Passione, ove riporta le parole che Gesù dalla Croce rivolse al Padre per implorare la salvezza di tutte le anime, scrive: “Guardami oh Padre, non ho più un centimetro dove farmi aprire altre piaghe!” E quel Corpo martoriato è lo Stesso che si fa presente sull’Altare al momento della consacrazione. Se non ti dispiace pubblicherei questa conversazione e questa immagine per ricordare cosa toccano i fedeli che afferrano l’Ostia con le mani”.

Antonio: “Conosco bene Le Ore della Passione. Le medito quotidianamente. Certo Veronica, pubblicate pure questo dialogo. Che la gente riprenda ad inginocchiarsi a mani giunte di fronte a Cristo Ostia e ripensi spesso a quello che il Salvatore delle anime nostre ha patito per i peccati, che commettiamo tutti i giorni. E se non per se stessi, si ravvedano per riparare e compatire quel Cuore ripetutamente trafitto e martoriato. Santa notte, Veronica. Laudetur Jesus Christus”.

Veronica: “Grazie, Antonio. Abbiamo reso felice Gesù, questa sera, con la nostra conversazione. Egli ama che si parli, nei nostri discorsi, della Sua dolorosissima Passione. Tanto più ora che ci avviciniamo alla Quaresima. Santa notte a te. Laudetur nunc et semper Jesus Christus e a presto!”

Postscriptum

Chi desidera unirsi ad un “orologio vivente” per meditare le Sante Ore della Passione, chieda l’accesso al nostro gruppo Corpo Mistico [QUI], che nato col primo lockdown, tra qualche giorno compie 5 anni di vita. Riceverete un messaggio di accoglienza, fornito di maggiori dettagli, dalla responsabile Francesca. Siate i benvenuti.

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Dettaglio del Crocifisso di Stigliano di Frate Umile da Petralia, al secolo Giovanni Francesco Pintorno.
Nacque a Petralia Soprana, in Sicilia, intorno al 1600. Giovanni Francesco apprese il mestiere del padre falegname nella bottega di famiglia, e in seguito si recò a Palermo in una bottega di scultore al fine di perfezionarsi in quell’arte. Presto maturò in lui la vocazione religiosa che si concretizzò, alla fine del 1623, con l’ingresso nell’Ordine dei Francescani presso il Convento di Santa Maria di Gesù di Palermo. Da allora Giovanni Francesco Pintorno prese il nome di Frate Umile da Petralia Soprana. Fu durante la sua vita monastica che realizzò pregevoli Crocifissi lignei policromi dalla sovrumana bellezza e dalla possente drammaticità. La tradizione vuole che ne scolpisse 32. Successivi studi hanno permesso di catalogare almeno altri 10 Crocifissi che, se non proprio di Fra’ Umile, sono da attribuire alla sua scuola. Nella chiesa di Sant’Antonio di Stigliano, ex convento dei frati francescani di Santa Maria la Nova, è conservato uno tra i più bei Crocefissi scolpiti dal frate. L’opera è in legno di perastro.
Fino a pochi anni fa i toni dell’incarnato, nonostante l’ossidazione delle vernici e il fumo delle candele, erano leggibili nella loro chiarezza; la copiosità delle ferite, dei tagli e delle scorticature mostravano la cura dei particolari evidenziata con le diverse tonalità di uno stesso colore; l’anatomia studiatissima, la perfezione dei tendini e delle vene ingrossate furono realizzate con spago e poi stuccate; le lacerazioni con l’effetto della carne squarciata fatta con la pergamena; il sangue in ceralacca sciolta e lavorata per rendere più verosimile il suo sgorgare.
Lo scriteriato e inesperto restauro effettuato nel 2002 da parte della Soprintendenza per il Patrimonio Artistico di Matera ha deturpato irrimediabilmente l’opera.
“Gabriele Scarcia, storico dell’arte, sostiene che il Crocifisso è stato orrendamente mutilato: sono state abrase, infatti, le caratteristiche e originali aggiunte in pergamena e in ceralacca, utilizzate dall’autore per riprodurre più realisticamente le ferite, le scorticature e l’abbondante fuoriuscita di sangue; è stata rimossa la corda del perizoma; risulta ridipinto tutto l’incarnato, originariamente più scuro. A seguito del restauro l’esile figura del Cristo morente ha perso molta della sua peculiare espressione di sofferenza” (da “Storia di Stigliano” – di Mario e Giovanni Sansone). La croce, in ramino, fu rifatta alla fine degli anni sessanta, l’originale era in abete. Secondo Gabriele Scarcia il Crocifisso è opera di frate Innocenzo da Petralia, conterraneo e allievo di frate Umile. Secondo la soprintendente Agata Altavilla, invece, l’autore potrebbe essere frate Angelo da Pietrafitta, anch’esso discepolo di Frate Umile.
Al Crocefisso la tradizione popolare attribuisce un miracolo accaduto durante la peste del 1656 e riportato su pergamena incollata a due tavolette lignee conservate nella chiesa di Sant’Antonio. Ecco il testo originale: “Nel tempo della peste essendo concorso il Populo di Stigliano ad invocar gratia al SS. Crocefisso, che l’avesse liberato dalla detta peste nella quale terra era attaccata, et essendovi anco gionti venticinque battenti a sangue, li quali ad alta voce gridavano misericordia Signore liberateci dalla peste, dopo essersi battuti un pezzo, ecco, miracoloso portento, si vidde dentro la Chiesa una nube che quasi ombrò gli occhi di detto Populo, e dispersa detta nube si vidde muovere, miracolosamente, il panno di taffettano, che vela detto SS. Crocefisso, e gridando detto Populo alli Padri che discoprissero detta Immagine, si vidde che il capo di detto Crocefisso era chinato dalla parte sinistra, da dove si tiene per certo a fede viva che detto SS. Crocefisso avesse fatta gratia, e che avesse liberato detto populo dalla peste. Nel medesimo istante, divulgatosi detto miracolo per la terra, Paolo Giafia disse, in presenza di più persone, dubitando della fede, se il SS. Crocefisso ha fatto detto miracolo io mi voglio andare a fare la disciplina, e corse verso la Chiesa et nell’intrare che fece la porta l’allesirono li braccia e li mani, et subito incominciò a gridare misericordia; e dimandato dalli Padri che cosa havesse, rispose il fatto che stava, et essendosi confessato, e ricevuto l’olio del SS. Crocifisso ne fu libero. Questo fu il 1° ottobre 1656”.
Il mosaico dell’abside dell’altare maggiore che fa da sfondo al Crocifisso è ispirato al dipinto della tavoletta del miracolo ed è opera dell’artista napoletano Lucio Del Pezzo, esponente del movimento di Avanguardia (Salvatore Agneta).

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