Mons. Savino scrive ai ragazzi in carcere: non siete soli

“Carissimi ragazzi, varcare la soglia di questo luogo mi riempie il cuore di emozioni contrastanti. Da una parte, sento il peso delle vostre storie, spesso intrecciate con il dolore, la solitudine, e talvolta la disperazione. A questo si aggiunge, troppo spesso, il peso dello stigma: un giudizio ingiusto che ferisce e separa, ma che non ha il potere di definire chi siete veramente. Dall’altra, intravedo in ciascuno di voi una luce, anche se talvolta nascosta o offuscata dalle ombre del passato. Parla di forza interiore, di un desiderio ardente di riscatto e di rinascita”: così inizia la lettera che il vescovo di Cassano all’Jonio e vicepresidente Cei, mons. Francesco Savino, ha scritto ai giovani del carcere minorile di Catanzaro.
In modo particolare si è rivolto ai giovani migranti africani con l’invito a non perdere la fiducia, in quanto ogni luogo si può trasformare in ‘terra di resurrezione’: “Penso, in particolare, a chi viene da terre lontane, come l’Africa, ricche di storie e culture che portate con voi, spesso intrise di sfide e sacrifici. Questo bagliore, radicato in esperienze profonde, non si spegne, ma attende di essere alimentato dalla fiducia in un domani colmo di opportunità.
Per molti di voi questa terra, la Calabria, rappresenta una tappa forzata, un approdo non scelto, lontano dalle persone care. Eppure, permettetemi di dirvi che ogni luogo, anche il più inaspettato, può diventare una terra di resurrezione. E’ qui, in questo frangente della vostra vita, che avete l’opportunità di trasformare il dolore in forza, le ferite in cicatrici che raccontano non solo la sofferenza, ma anche la guarigione”.
Per questo possono trovare aiuto nelle persone, che offrono percorsi per la crescita personale, in modo da non farli sentire soli: “Non siete soli. La vostra presenza qui è accompagnata da mani pronte ad aiutare, da sguardi attenti e pieni di empatia, anche se talvolta il linguaggio della cura può sembrarvi lontano.
Mi riferisco al personale che, nelle sue diverse e variegate articolazioni, ogni giorno, si impegna con dedizione per offrirvi non solo regole e confini, ma anche opportunità di crescita, percorsi educativi, e soprattutto una speranza. A loro va il mio ringraziamento più sincero: il loro compito è arduo, spesso ingrato, ma è indispensabile per coltivare nuove prospettive e restituire dignità dove sembra non essercene affatto”.
Per questo mons. Savino invita a ricostruire la vita chiedendo di realizzare il loro sogno: “Non lasciate che il passato oscuri la luce del vostro futuro. Ogni uomo è più grande delle sue cadute, voi non siete i vostri errori, i vostri reati, e Dio vi guarda con l’amore di un padre che vede sempre in voi un figlio amato.
Questo è il momento di ricostruire, un passo alla volta, una vita nuova. Dentro di voi c’è una forza che forse non conoscete ancora, capace di guidarvi oltre ogni ostacolo. Avete mai pensato a quale segno volete lasciare nel mondo? Qual è il sogno che non avete ancora avuto il coraggio di inseguire?”
E’ anche un invito a riscoprire il valore di una ‘nuova’ famiglia e della fede: “Permettetemi di dirvi che, anche se sentite il peso dell’assenza o della distanza, qui non siete soli. Questo luogo può diventare una famiglia diversa, dove trovare nuovi punti di riferimento e sguardi che vi incoraggiano a credere in voi stessi e nel futuro.
E nella fede, se lo desiderate, troverete un Padre che non abbandona mai, che cammina accanto a voi anche nelle notti più buie. E’ Colui che accende stelle nel cielo delle vostre inquietudini e che, con mani amorevoli, trasforma il vostro dolore in forza e i vostri timori in nuove possibilità. La Sua luce vi guida, come un faro che illumina il cammino anche nei momenti più incerti”.
La lettera è anche un invito a costruire un futuro ‘diverso’: “La vostra presenza qui è una parentesi, non un punto finale. Ogni giorno è una nuova pagina da scrivere, un capitolo che potete riempire con scelte di speranza e cambiamento. Il passato, per quanto difficile o ingiusto, non ha il potere di definire per sempre chi siete o chi potrete diventare.
Ciò che conta è come decidete di affrontare il presente e costruire il futuro. La vostra vita ha un senso profondo, un potenziale che aspetta solo di emergere. E’ come un campo in attesa di essere coltivato: con impegno e coraggio, potete trasformare ogni sfida quotidiana in un passo verso una meta nuova e luminosa”.
Poi si rivolge anche alle loro famiglie, chiedendo di non lasciarli soli: “Un pensiero speciale va anche alle vostre famiglie, vicine o lontane, e a coloro che, per molteplici ragioni, hanno finito per allontanarsi da voi o lasciarvi soli. A loro voglio rivolgere un appello carico di speranza e fiducia: non smettete di credere in questi ragazzi, che sono sempre i vostri figli.
Anche nei momenti più difficili, il vostro affetto, la vostra preghiera e la vostra fiducia possono fare la differenza. Siate per loro un porto sicuro, una fonte di ispirazione che li incoraggi a credere in sé stessi e nelle loro capacità di rinascere. Non sottovalutate il potere di una presenza, anche silenziosa, che possa ridare forza e dignità ai loro cuori”.
Oltre ai ragazzi ed alle famiglie la lettera si rivolge agli educatori del carcere, chiedendo di aiutare questi giovani nel ‘rifarsi’ una vita: “Ed a voi, operatori, educatori, responsabili di questo istituto, voglio dire: non perdete la fiducia, non vi abbandoni la speranza. So che il vostro lavoro è spesso faticoso, carico di ostacoli e, talvolta, di delusioni. Ma ricordate: ogni gesto, anche il più piccolo, può lasciare un segno profondo nella vita di questi ragazzi.
Il vostro compito non è solo quello di mantenere ordine o di educare, ma di saper credere in un cambiamento anche quando tutto sembra remare contro. Vi siete mai chiesti quale segno lasciate nella vita di questi ragazzi? Ogni parola, anche sussurrata, può essere una scintilla che accende il loro futuro. Non accontentatevi mai di essere solo osservatori: siate protagonisti di una storia di rinascita. Coraggio!”
Infine anche alle Istituzioni ha chiesto di ‘investire’ nei progetti di recupero per il reinserimento nella società civile: “Ed a voi, uomini e donne delle Istituzioni, rivolgo un appello accorato: investite con coraggio e lungimiranza nelle persone, rafforzando le risorse umane e migliorando le infrastrutture carcerarie. Promuovete politiche che vadano oltre la gestione dell’emergenza, attivando percorsi di de-sovraffollamento e garantendo che le persone più fragili trovino risposte adeguate alle loro necessità”.
Un’accortezza particolare è chiesta per chi ha motivi di salute: “Tossicodipendenti, malati psichiatrici e affetti da AIDS meritano progetti di recupero in comunità terapeutiche e strutture specializzate, dove possano essere sostenuti con dignità e cura. Allo stesso modo, non dimenticate di investire nella formazione e nella riabilitazione, strumenti essenziali per restituire speranza e opportunità a chi ha vissuto l’ombra dell’esclusione sociale. Solo così potremo costruire un sistema che non si limiti a punire, ma che sappia anche rieducare, includere e far rinascere”.
Insomma è un invito ad essere ‘costruttori di orizzonti’: “Siate costruttori di orizzonti: insieme possiamo abbattere i muri della diffidenza, del pregiudizio e del dolore. Ricordate che ogni alba porta una nuova opportunità, come il sole che illumina anche il giorno più buio. Abbracciate il domani con coraggio, perché ogni passo in avanti è una vittoria contro il passato. Dio cammina accanto a voi come un padre premuroso che non abbandona mai i suoi figli”.