In seminario pure omosessuali, purché casti. Cronistoria di una capitolazione senza precedenti

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 11.01.2024 – Ivo Pincara] – Nostro malgrado siamo costretti a ritornare su temi che non avremmo mai voluto affrontare nuovamente, ma ci troviamo ancora una volta a fare cronaca di una capitolazione vergognosa senza precedenti. L’Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana ha approvato il 9 gennaio 2025, ad experimentum per tre anni (“niente è più definitive che l’interim”, mi sono sentito dire recentemente), dopo anni di lavoro, il documento con le nuove normative CEI sulla formazione dei sacerdoti in Italia.
Il documento di quasi 100 pagine, dal titolo La formazione dei presbiteri nelle chiese in Italia. Orientamenti e norme per i seminari, confermato dal Dicastero per il Clero della Santa Sede, tratta diverse questioni: l’impegno nella tutele delle vittime nei casi di abusi sessuali del clero dei minori e delle persone vulnerabili (un crimine che non si riesce estirpare, con vescovi insabbiatori che rimangono al loro posto), le vocazioni adulte, “forme di collaborazione possibili” nella formazione dei futuri sacerdoti anche con figure femminili e psicologi professionisti, la vigilanza sull’uso dei social media, l’ammissione nei seminari di alunni, anche stranieri, usciti o dimessi da altri seminari o da case di formazione di vita consacrata la questione dei giovani usciti o dimessi da altri seminari e – il tema che scotta – l’ingresso nei seminari di persone omosessuali.
Le nuove linee guida della Cei: “In seminario anche gay, ma è essenziale la castità”
Le regole per la formazione dei sacerdoti
ANSA, 10 gennaio 2025
Per essere ammessi in seminario bisogna fin dall’inizio mostrare “l’orientamento alla vita celibataria”. In quest’ottica non ci sarà uno sbarramento agli omosessuali in quanto tali ma a coloro che “praticano”. E’ quanto è previsto nelle nuove linee guida della Cei per l’ammissione ai seminari. “Nel processo formativo, quando si fa riferimento a tendenze omosessuali” è “opportuno non ridurre il discernimento solo a tale aspetto”. “L’obiettivo della formazione del candidato al sacerdozio nell’ambito affettivo-sessuale è la capacità di accogliere come dono, di scegliere liberamente e vivere responsabilmente la castità nel celibato”. Si ribadisce invece che “la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità”.
Su Vatican News del 10 gennaio 2024, Salvatore Cernuzio riassume la questione dell’ingresso di persone omosessuali nei seminari, secondo la CEI [QUI]: «Nel terzo capitolo si presentano le quattro tappe dell’itinerario formativo proposto dalla Ratio fundamentalis: propedeutica (un anno), discepolare (due anni), configuratrice (quattro anni) e di sintesi vocazionale (un anno). Nella proposta educativa si segnala il rischio che “le tappe si appiattiscano rigidamente agli anni previsti dagli studi teologici e da altri automatismi”. Un riferimento in questo capitolo viene fatto alle persone con tendenze omosessuali che si accostano ai seminari o che “scoprono” nel corso della formazione tale situazione. “In coerenza con il proprio Magistero, la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay”, si legge nel documento. “Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne”. Tuttavia, secondo la CEI, quando nel processo formativo si fa riferimento a tendenze omosessuali è “opportuno non ridurre il discernimento solo a tale aspetto, ma, così come per ogni candidato, coglierne il significato nel quadro globale della personalità del giovane, affinché, conoscendosi e integrando gli obiettivi propri della vocazione umana e presbiterale, giunga a un’armonia generale”. L’obiettivo della formazione nell’ambito affettivo-sessuale del candidato al sacerdozio è “la capacità di accogliere come dono, di scegliere liberamente e vivere responsabilmente la castità nel celibato”. “Non è un’indicazione meramente affettiva”, ma “la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso”, afferma il testo CEI. “La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita”, recita un passaggio. E in un altro si legge: “Chi vive la passione per il Regno nel celibato dovrebbe diventare anche capace di motivare, nella rinuncia per esso, le frustrazioni, compresa la mancata gratificazione affettiva e sessuale”».
Quando è il pastore a creare il caos
dove tutto è il contrario di tutto
“C’è già troppa ‘frociaggine’”
Papa Francesco invita così i vescovi italiani a non ammettere seminaristi gay
di Iacopo Scaramuzzi
la Repubblica, 27 maggio 2024
In un incontro a porte chiuse Bergoglio si lascia andare al commento che ha lasciato sorpreso più di un presule. Il niet del 2016, l’apertura della CEI all’assemblea di Assisi dell’anno scorso, il rinvio dettato dai gruppi di lavoro sinodali.
Dal “Chi sono io per giudicare un gay?” alla “troppa froceria”. La traiettoria del pontificato di Francesco
Il Papa che da undici anni e mezzo tuona contro il chiacchiericcio – “le chiacchiere sono peggio del Covid”, ha detto una volta – parla di “froceria” in un’assemblea sì a porte chiuse, ma aperta ai pettegolezzi una volta che tali porte si sono aperte
di Matteo Matzuzzi
Il Foglio, 27 maggio 2024
Francesco parla ai vescovi e si lascia andare a un lessico non propriamente politically correct. Che dirà il mondo “dei diritti” che fino a oggi l’ha esaltato e laicamente santificato?
Dal “chi sono io per giudicare un gay?” alla constatazione che “qui in Vaticano e in qualche diocesi è tutta una froceria”. Di acqua ne è passata tanta, molta più del previsto, sotto i ponti di Roma. Da Francesco che finiva in copertina come uomo dell’anno per la rivista lgbtq+ Advocate alle bordate contro “gli omosessuali che non sanno controllarsi”. La battuta, sfociata poi in un ragionamento più complesso, il Papa l’ha pronunciata in apertura di Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, lunedì scorso a Roma. Era stato il sito Dagospia, domenica, a darne conto. “Non mettete checche isteriche in seminario”, avrebbe aggiunto poi, secondo due fonti interpellate dal Foglio. E davanti all’obiezione di un coraggioso vescovo che avrebbe ricordato a Francesco la pubblicazione della Dichiarazione Fiducia supplicans [QUI], solo pochi mesi fa, il Pontefice ha risposto che “è solo una benedizione di neanche venti secondi che non si nega a nessuno”. Derubricando così la faccenda a contentino – cosa peraltro poi già evidente dalle incaute precisazioni del loquace Cardinale Victor Manuel Fernández, il Prefetto del Dicastero per la Dottrina della fede, vera mente del documento e uomo dal lessico non propriamente forbito (vedasi la reductio a “cazzate” delle fandonie promosse da pseudoveggenti certe che la Madonna passa il tempo a moltiplicare gnocchi in padella). Francesco dopotutto è colui che pochi mesi dopo l’elezione, davanti a una delegazione di religiosi sudamericani ammise l’esistenza di “una lobby gay in Vaticano” promettendo rapidi provvedimenti. Non proprio in linea con tale promessa fu la repentina chiamata in Vaticano di Mons. Gustavo Zanchetta, già Vescovo di Orán, nominato Assessore dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, incarico creato ad hoc, mentre le procure argentine lo indagavano per violenza sessuale su due ex seminaristi. Anni dopo, la giustizia argentina l’avrebbe condannato a quattro anni e mezzo di carcere.
Resta da capire come il Papa, gran conoscitore dei mezzi di comunicazione e abile come pochi a servirsene per bypassare “gli organi di partito” (media vaticani) e le burocrazie curiali, si sia lasciato andare a considerazioni non proprio politically correct davanti a una platea di più di duecento vescovi, non tutti convinti seguaci del modello “Chiesa di periferia” e non desiderosi di guidare il gregge avendo “l’odore delle pecore”. Il Papa che da undici anni e mezzo tuona contro il chiacchiericcio – “le chiacchiere sono peggio del Covid”, ha detto una volta – parla di “froceria” in un’assemblea sì a porte chiuse, ma aperta ai pettegolezzi una volta che tali porte si sono aperte. Resta da vedere se il mondo che finora ha lodato le “aperture” di Francesco, il suo capire “lo spirito del tempo”, la sua misericordia tout court e che gli ha perdonato il “no” alla benedizione delle coppie omosessuali che pure lui stesso aveva approvato – la colpa venne affibbiata a Mons. Giacomo Morandi, firmatario del non placet, poi spedito a Reggio Emilia – sarà disposto a comprendere lo scivolone del Papa che piace quasi a tutti. E come ciò s’inserisca nel pontificato che – per citare qualche titolo del passato più o meno recente – “apre alle unioni civili tra le coppie gay”. In attesa, naturalmente, di smentite, precisazioni, inquadramenti contestuali.
Pro memoria
L’11 luglio 2024 abbiamo scritto, nell’articolo La diga è stata rotta. A proposito di omoeresia e scismi [QUI]: «A seguito della nostra presentazione dal titolo Il saggio “La Diga Rotta”. La storia di una capitolazione il 18 giugno 2024 [QUI] del libro La Diga Rotta. La resa di Fiducia supplicans alla lobby omosessuale (TFP-Tradizione Famiglia Proprietà 2024, 117 pagine [QUI]) in cui gli autori José Antonio Ureta e Julio Loredo raccontano la storia di una capitolazione della Chiesa di fronte allo scandalo della lobby omosessuale al suo interno, ritorniamo sulla questione con alcuni contributi significativi:
– La diga contro l’omoeresia si è rotta. Il nuovo libro di Loredo e Ureta di Stefano Fontana per l’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan sulla Dottrina Sociale della Chiesa del 19 giugno 2024
– Orgoglio e pregiudizio di Fra’ Thomas G. Weinandy, OFM, Cap. per The Catholic Thing del 2 luglio 2024
«Voi udrete parlare di guerre e di rumori di guerre; guardate di non turbarvi, infatti bisogna che questo avvenga, ma non sarà ancora la fine» (Mt 24,6).
Un’altra diga che è rotta, riguarda gli scismi nella Chiesa. In un articolo dal titolo A proposito di scismi e di voci di scismi, il sito argentino Caminante-Wanderer [QUI] osserva: «Una delle prove più indiscutibili del clamoroso fallimento del pontificato di Papa Francesco è la sconcertante situazione di stress e divisione in cui ha condotto la Chiesa. Raramente nella storia della Chiesa romana si sono verificati così tanti scismi più o meno palesi e più o meno occulti». Poi, partendo da alcuni casi che riportiamo di seguito, il Caminante-Wanderer conclude, che la Santa Sede, tollerante e colluso con i veri scismatici, accusa di scisma chi ha a cuore la Tradizione».