Le caratteristiche della liturgia da tener presente per rispettare la sua dignità

Liturgical Legos
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 05.01.2025 – Vik van Brantegem] – Sul tema della disciplina liturgica, Don Enrico Finotti [*] osservava: «Con la breve locuzione per ritus et preces la Chiesa riconosce la necessità intrinseca della disciplina liturgica per l’identità stessa del culto cattolico, che non può realizzarsi in una libera creatività soggettiva, ma deve sottostare al rigore di preci precise e riti ben definiti. Se ben si pensa l’espressione per ritus et preces non fa che ricondurre ad altre analoghe e ben note locuzioni: gli eventi e le parole che costituiscono la storia della salvezza; la materia e la forma dei Sacramenti; le rubriche e i testi dei libri liturgici, ma ancor più in radice il gesto e la parola del linguaggio umano».

Don Finotti proseguiva: «Come non è possibile prescindere da queste leggi della comunicazione, basate sull’indissolubile legame tra il gesto e la parola, che lo definisce ed interpreta, così non è concesso di poter celebrare un culto liturgico vero e pieno, senza l’apporto congiunto dei riti e delle preci. A questa legge si sottopose il Signore che, mediante l’Incarnazione, assunse il linguaggio umano con gesti e parole intimamente connessi. La liturgia infatti attualizza continuamente quei gesti salvifici e quelle parole di grazia, che il Kyrios, ora nel suo corpo glorificato, pone e pronunzia nell’”Oggi” del nostro tempo».

Quindi, la Liturgia deve tener presente alcune caratteristiche, come osserva Don Enrico Finotti nell’articolo Questo articolo è stato pubblicato dal Maestro Aurelio Porfiri sul suo sito Liturgia e musica sacra [QUI]: la serietà, la nobiltà, sacralità, solennità ed ecclesialità. La liturgia è patrimonio della Chiesa e gli operatori nella liturgia devono rispettare il rito ed essere umili e competenti sevi di esso. In tal modo i fedeli si sentiranno di casa nelle celebrazioni, che risultano come patrimonio comune della Chiesa e non saranno turbati dall’arbitrio dei ministri sacri.

La dignità della liturgia
di Don Enrico Finotti

1. Serietà

Chi vi partecipa deve sentire che la liturgia è importante, è cosa grande, di valore. Si deve lottare contro la banalizzazione, contro una eccessiva ferialità, abitudinarietà, una familiarità a buon mercato, che trasforma la liturgia in espressione soggettivistica e di basso livello.

2. Nobiltà

La Liturgia deve essere nobile nei gesti, nei testi, nei canti e nella musica, nei simboli e abiti, nell’ambiente, ecc.. Mai essa dev’essere disgiunta dall’arte autentica. La liturgia deve educare il cristiano alla nobiltà nel rapporto con Dio e mai deve indulgere ad espressioni, linguaggi e simboli di bassa lega in nome di una presunta incidenza pastorale.

3. Sacralità

Nella liturgia Dio è presente ed agisce, il cielo discende sulla terra, l’uomo è elevato alle realtà celesti. Occorre che ciò venga espresso e percepito, mediante segni, gesti, simboli, che creino un clima di silenzio, di rispetto, di adorazione, di stupore. Una liturgia secolarizzata, ossia ridotta all’umano a semplice assemblea sociologica e a mere espressioni correnti, non eleva l’animo al sacro, ossia non coglie la dimensione soprannaturale che in essa opera. La liturgia deve anche porre la Chiesa davanti al mistero, che trascende ed è incomparabile (senso del mistero).

4. Solennità

Anche se la solennità non può essere una caratteristica di ogni atto liturgico, tuttavia è necessaria la liturgia solenne nelle grandi solennità e nei giorni liturgici in cui essa è richiesta. Mediante la solennità si sottolinea l’importanza di taluni misteri della fede. Senza giorni e celebrazioni solenni si cade nell’appiattimento liturgico. Occorre distinguere tra: liturgia feriale, liturgia festiva e liturgia solenne. Purtroppo in tante parrocchie non vi è più differenza sufficiente e significativa tra una solennità e una normale domenica e talvolta neanche tra domenica e giorno feriale. La solennità è data da elementi quali: – numero di ministri; – ricchezza di simboli (abiti, arredi, incenso, ceri); sacralità e valore dei canti (polifonia sacra); -ricchezza di riti e gesti (processioni, riti tipici); – uso dell’organo e suono delle campane. Non è possibile una liturgia solenne senza le tre scholae: schola degli accoliti (ministranti), schola dei lettori, schola cantorum. Occorrerà segnalare per ogni rito il carattere che riveste (feriale, festivo, solenne). La Messa, ad esempio potrà essere: feriale (nelle ferie), festiva (nelle domeniche e le feste), solenne (nelle solennità). Così se si intende che un rito sia solenne ciò implica che sia celebrato con i crismi della solennità (campane, corale, abiti liturgici, incenso, ceri, addobbi). La solennità è necessaria anche per esprimere la Maestà di Dio, che rimane ineffabile anche se ci ha introdotti alla familiarità con Lui mediante l’Incarnazione del Verbo. La solennità esprime in modo compiuto le caratteristiche della liturgia: la serietà, la sacralità e la nobiltà. Per di più suscita la vera festa religiosa, che non è la banale allegria di una sagra, ma è la solennità liturgica, che anticipa il Regno in linea con le visioni dell’Apocalisse. Ora, affinché la solennità liturgica sia veramente realizzata nella parrocchia, occorre che, non solo sia segnalata e comandata dai libri liturgici, ma che la parrocchia stessa si attrezzi con gli strumenti della solennità, come sempre ci attesta la tradizione secolare. Non è indifferente avere o non avere l’organo, le campane, gli abiti più solenni, determinati arredi più preziosi, ecc.. In questo campo non si deve parlare di povertà, ma ogni comunità, compatibilmente alla sua situazione di vita sociale, deve elevare la qualità e l’arte di ciò che serve alla liturgia. Per i poveri si devono prima ridurre le ricchezze delle nostre case dagli eccessi nella vita familiare e privata dei cristiani, ma non ridurre in nome di una presunta povertà la solennità nella casa di Dio. Questa sarà un’eccezione straordinaria, ma appunto per questo rara. La comunità cristiana è in grado di curare sia le necessità dei poveri, sia la solennità liturgica, senza riduzione dei due ambiti. Con la solennità liturgica si esprime l’adorazione diretta a Dio, l’amore diretto verso di Lui, amato sopra ogni cosa. Con la carità verso il povero si ama il prossimo e Dio in lui. Ma non è riducibile l’amore di Dio all’amore del prossimo. Occorrono tutti e due intrecciati. Celebrare degnamente, santamente e solennemente la liturgia è sublime atto di amore a Dio ed ha valore per se stesso come espressione del primo Comandamento. La liturgia solenne è la massima manifestazione dell’amore a Dio, che è la celebrazione degna e devota della liturgia. Non si può ridurre il cristianesimo ad un amore solo indiretto a Dio tramite il prossimo, ma occorre anche e soprattutto l’amore diretto a Dio espresso dalla preghiera e dalla sua forma più alta e completa, la liturgia. Essa è analoga al primato della vita contemplativa nella Chiesa. La crisi della liturgia, infatti, va di pari passo con la crisi degli Ordini contemplativi. La liturgia non è in primo luogo funzionale alla carità verso il prossimo, ma è un valore assoluto in se stesso, quale necessario atto di amore, di adorazione e di intimità con Dio. Infatti lo scopo della vita umana è questo: Conoscere amare e servire Dio in questa terra per poi goderlo nell’eternità. Non si dà quindi vita cristiana con le sole opere di carità fraterna, ma occorre ancor prima che mediante la liturgia si ami direttamente Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze.

5. Ecclesialità

La liturgia è patrimonio della Chiesa e gli operatori nella liturgia devono rispettare il rito ed essere umili e competenti sevi di esso. In tal modo i fedeli si sentiranno di casa nelle celebrazioni, che risultano come patrimonio comune della Chiesa e non saranno turbati dall’arbitrio dei ministri sacri.

[*] Don Enrico Finotti è nato a Rovereto nel 1953. Dopo il liceo ha seguito gli studi teologici presso il Seminario Diocesano di Trento. Ordinato sacerdote nel 1978, attualmente è parroco a Rovereto. Collabora con l’Ufficio Liturgico Diocesano di Trento nei percorsi di formazione liturgica. È curatore della rivista formativa Liturgia «culmen et fons» [QUI].
È autore di numerosi testi sulla liturgia e sulla retta applicazione della riforma liturgica successiva al Concilio Vaticano Secondo: L’anno liturgico. Mistero, grazia e celebrazione. Sussidio per la catechesi e la celebrazione dell’Anno Liturgico (Nuove Arti Grafiche 2001), La centralità della Liturgia nella storia della salvezza. Le sorti dell’uomo e del mondo tra il primato della Liturgia e il suo crollo (Fede&Cultura 2010), La liturgia romana nella sua continuità. Nova et vetera (Sugarco 2011), Vaticano II, 50 anni dopo (Fede&Cultura 2012), Vaticano II 50 anni dopo (Collana Teologica Vol. 1, Fede e Cultura 2012), Il mio e il vostro Sacrificio: Il liturgista risponde (Chorabooks 2018), La spada e la parola: Il liturgista risponde (Chorabooks 2018), Nell’attesa della tua venuta: Il liturgista risponde (Chorabooks 2018), Se tu conoscessi il dono di Dio: Il liturgista risponde (Chorabooks 2018, con Aldo Maria Valli), La dottrina del Concilio. Per una retta interpretazione del Vaticano II (Leonardo da Vinci 2018), La centralità della liturgia nella storia della salvezza: Le sorti dell’uomo e del mondo tra il primato della Liturgia e il suo crollo (Fede e Cultura 2018), Messa a punto: Viaggio intorno alla forma ordinaria del rito romano (Liturgia e musica sacra Vol. 3, Chorabooks 2019, con Aurelio Porfiri), Per ritus et preces. Il liturgista risponde (Chorabooks 2024), Liturgia virale: Il liturgista risponde (Chorabooks 2024), Il munus docendi nell’ordinazione episcopale (Fede e Cultura 2024).

Per approfondimento

“Per ritus et preces. Il liturgista risponde”. Il nuovo libro di Don Enrico Finotti edito da Chorabooks – 15 giugno 2024 [QUI]

Un canto nuovo: La musica sacra nel sesto capitolo della Sacrosanctum Concilium (Chorabooks 2021, 144 pagine [QUI]) di Aurelio Porfiri

«Periodicamente si fanno commemorazioni su commemorazioni di discorsi, documenti, eventi. La Chiesa, naturalmente, non sfugge a tutto questo. Uno dei documenti più commemorati è la Costituzione Conciliare sulla liturgia Sacrosanctum Concilium. Ma di cosa facciamo memoria? Cosa abbiamo ritenuto, per usare il linguaggio paolino nella prima lettera ai Corinzi, quando sono state richiamate alla nostra memoria le vie che la Chiesa (attraverso i padri conciliari) ci ha indicato in Cristo? Cosa abbiamo perduto?
Naturalmente, terrò in primo piano la mia personale prospettiva, che è quella del musicista di chiesa, ma anche mi sfuggiranno alcune considerazioni sul panorama liturgico generale; considerazioni modeste e fatte con spirito di modestia, senza pretendere di dire cose fondamentali, ma esposte solo con il desiderio di “solleticare” lo spirito critico dei molti amanti della liturgia che con attenzione seguono quello che scrivo. Infatti qui vorrei focalizzarmi proprio sul capitolo VI della SC, commentando i passaggi che si riferiscono alla musica sacra. Ma questi passaggi non possono comprendersi senza avere sullo sfondo l’intero documento conciliare.
Al paragrafo 10 della SC viene detto: “Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia. Il lavoro apostolico, infatti, è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore“. Culmine e fonte e quindi indispensabile fare senso suo modo in cui il documento ci parla.
Documento spesso usato per portare avanti visioni unilaterali e personali. Mi è sembrato, per esempio, molto singolare che da parte di alcuni ci sia una difesa strenua di alcuni paragrafi della SC ma non delle istanze e dello spirito traboccanti dall’intera costituzione conciliare. L’ermeneutica portata avanti da Benedetto XVI e dagli studi di Mons. Agostino Marchetto è quella della continuità. I documenti del Vaticano II vanno letti in continuità con il magistero precedente e non come rottura con la storia e con la Tradizione della Chiesa, “Tradere” non tradire» (Aurelio Porfiri).

La Messa cattolica: Passi per ripristinare la centralità di Dio nella liturgia (Chorabooks 2022, 208 pagine [QUI]) di Mons. Athanasius Schneider e Aurelio Porfiri

«La liturgia è al centro della nostra vita di cattolici. Abbiamo ricevuto questo grande dono da Dio, il nostro Creatore, che ci dà l’opportunità di lodarlo in bei riti, preghiere e canti, durante le belle cerimonie che la Chiesa deve conservare per il bene dei suoi fedeli. Questo libro del Vescovo Athanasius Schneider, coadiuvato dal Maestro Aurelio Porfiri, è una grande risorsa per riscoprire la bellezza della Messa e per metterci in guardia dai tanti abusi che la liturgia della Chiesa deve subire in troppe chiese nel mondo. È un libro che ci fa pensare a ciò che possiamo avere e anche a ciò che potremmo aver perso» (Cardinale Joseph Zen).

«”La liturgia non riguarda noi, ma Dio”, scriveva nel 2004 il Cardinal Ratzinger. Questo non è ancora più vero per quello che riguarda al Santo Sacrificio della Messa: è opera di Dio, non nostra―anche se per grazia del Battesimo noi siamo partecipanti privilegiati alla sua azione salvifica. La profonda riverenza del vescovo Schneider per la Messa e la Santissima Eucaristia è nata dalla sua esperienza della loro privazione nella persecuzione. Se riusciremo ad assorbire anche un po’ della fede e dell’amore da cui è emerso questo libro, non solo capiremo perché è essenziale restituire la centralità di Dio alla liturgia, ma ci occuperemo noi stessi di questo necessario lavoro senza ulteriori indugi» (Cardinale Robert Sarah).

«Con la Santa Eucaristia o Santa Messa è sempre con noi il Signore Gesù, Colui che sulla Croce ha trasformato l’atto di violenza compiuto dagli uomini contro di Lui in atto di donazione e di amore. Quello che gli uomini hanno fatto a Cristo è il culmine del male che si commette in ogni tempo: un male più grande non sarà mai commesso. Questo libro è un aiuto prezioso per entrare in un così grande Mistero» (Mons. Nicola Bux).

«Questo libro proclama un messaggio che tutti noi abbiamo bisogno di ascoltare. Ed è questo: vivere con la nostra vita centrata su Dio è l’unico modo sicuro di vivere. Lo facciamo nel modo più completo quando preghiamo la Messa con profonda riverenza, in cui ogni dettaglio proclama la grandezza e la misericordia di Dio. Il vescovo Athanasius Schneider attinge abbondantemente dalla Sacra Scrittura, dai santi e dai Dottori della Chiesa. Leggere e meditare su questo libro sarà trasformativo e unitivo» (Scott Hahn).

«Il Vescovo Athanasius Schneider, che trascorse i primi anni nella Chiesa clandestina sovietica, presenta con grande chiarezza il nucleo della missione della Chiesa: permettere ai fedeli, in questo mondo, di prendere parte alla liturgia celeste. Ciò avviene principalmente attraverso i sacramenti della Chiesa e si manifesta in modo particolarmente espressivo attraverso la tradizionale liturgia della Santa Messa. Nella presente opera, Mons. Schneider sottolinea in modo convincente la forza di questa liturgia cristocentrica, che è in grado di superare ogni ostacolo in un ambiente fissato su questo mondo. La Chiesa del nostro tempo non può che essere grata per la voce di questa coraggiosa testimonianza» (Martin Mosebach).

Appendemmo le nostre cetre ai salici: La tragedia della musica sacra cattolica (Chorabooks 2023, 127 pagine [QUI]) di Mons. Athanasius Schneider, Aurelio Porfiri e Guido Milanese

Viviamo in un tempo di grandi sconvolgimenti, un tempo in cui dobbiamo affrontare una pandemia, guerre, crisi energetiche. Ci sembra di non aver vissuto mai tempi così difficili e cerchiamo di immaginare il futuro cercando di non cedere alla disperazione e al pessimismo sistematico. Previsioni nefaste si affacciano sulle colonne dei giornali, che adombrano la possibilità di una guerra nucleare che renderebbe la distruzione dell’umanità una prospettiva del tutto realistica; dall’altro lato, l’estinzione dell’umanità a causa del mutamento del clima è prospettata da alcuni come un’ipotesi non irrealistica.
In un contesto globale come quello che stiamo vivendo, la domanda sulla sensatezza di alcuni argomenti di riflessione è sicuramente non priva di sue ragioni. A che cosa serve, in un mondo frammentato e disperato, ragionare sull’arte, sulla letteratura, sulla musica? E quale sensatezza può avere presentare uno studio sulla musica sacra cattolica, che costituisce un aspetto della pratica musicale che riguarda una minoranza sempre più esigua di persone, quelli che ancora frequentano la chiesa, e in realtà una minoranza di questa minoranza? Non si tratta di un argomento irrilevante, sia nel contesto della cultura generale, sia all’interno di un mondo cattolico che sembra sempre più affaccendato negli interessi di tipo sociale, umanitario, lasciando al margine il contenuto della Rivelazione e quindi necessariamente la liturgia, che della dimensione propriamente religiosa è espressione diretta, e quindi la musica sacra, che rappresenta a sua volta l’espressione della liturgia. Sembra, in sostanza, che ci siano cose più importanti di cui occuparci, anche all’interno dello stesso mondo cattolico.
In realtà l’importanza della musica sacra, che non appare a prima vista, è assai notevole e può svolgere un ruolo quasi rivelatorio nell’attuale situazione culturale e religiosa dell’Occidente (ex)-cattolico.

Foto di copertina da Liturgical Legos.

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