La (pessima) prassi della Comunione sulla mano. Prima parte
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.01.2025 – Veronica Cireneo] – Sembra strano constatare come proprio coloro che accusano di “indietrismo” chi vorrebbe salvaguardare la Fede Cattolica, tramandata lungo la distesa dei secoli, di generazione in generazione, ricorra all’archeologismo [*], peraltro condannato da Papa Pio XII nell’enciclica Mediator Dei [QUI], quando si tratta di sostenere l’inopportuna pratica della Comunione sulla mano. Affronta l’argomento, in due puntate, Mauro Bonaita che confuta l’articolo di Padre Gianluca Lopez, OP, pubblicato su O Odigos e ripreso da Settimana News, teso invece a sostenere la bontà della Comunione sulla mano.
Sono a scrivere in merito al saggio intitolato La prassi della Comunione sulla mano a firma di Padre Gianluca Lopez apparso sul sito Settimana News in data 9 ottobre 2024 [QUI].
E sono molto rammaricato nel constatare come un Domenicano possa scrivere tanti errori di carattere storico, dottrinale e pastorale tutti assieme. Ritengo quell’articolo un’offesa a San Domenico, al suo Ordine e, innanzitutto, al Corpo di Cristo per la disonestà intellettuale di cui è infarcito.
In nome della Giustizia dovuta a Dio e in qualità di Alleato dell’Eucarestia e del Vangelo mi sento moralmente in dovere di confutare le argomentazioni lì prese in prestito, attraverso la seguente esposizione.
1. Il Concilio di Trullano non è Cattolico.
Buona parte della tesi lì esposta, finalizzata a far passare per buona l’Eucarestia sulla mano e a denigrare Quella sulla lingua, verte sul Concilio di Trullano, che si svolse nel 692, e del quale tenta di far credere ai lettori, che sia vigente il suo canone numero 101. Per completezza di informazione lo riportiamo di seguito: “Colui che vuole comunicarsi durante la sinassi al corpo immacolato di Cristo e diventare uno con lui, deve mettere le mani l’una sopra l’altra in forma di croce ed accostarsi così a ricevere la comunione della grazia. Poiché alcuni, invece di usare le loro mani per ricevere il dono di Dio, si fanno fabbricare dei vasi d’oro e di altra materia e ricevono in questi vasi la comunione immacolata, noi non approviamo affatto questo, poiché essi preferiscono la materia inanimata e schiava al posto dell’immagine di Dio”.
Peccato che il monaco dimentichi di dire che il Concilio di Trullano, voluto dall’Imperatore bizantino Giustiniano II, non fu riconosciuto dalla Chiesa Cattolica come Concilio ecumenico, quindi le decisioni assunte in quella sede, non riguardano la Chiesa Cattolica. Papa Sergio I infatti non partecipò al Concilio e rifiutò di sottoscriverlo. Quindi, a meno che non si voglia professare la fede Ortodossa, già questo basterebbe per far crollare tutto il discorso di Padre Lopez.
Non basta. È noto che al Concilio di Trullano, tra i vari temi si discusse anche di una mitigazione della legge sulla continenza dei consacrati, che permettesse ai preti e ai diaconi sposati di continuare ad avere rapporti coniugali e quindi figli.
Questo Concilio, esclusivo della Chiesa Ortodossa, comportò dunque una radicale separazione dalla fede Cattolica, che invece ha sempre professato la continenza e la castità per i consacrati, dai tempi dei primi apostoli, fino ai nostri giorni.
Oppure si vorrebbe far credere che i problemi che condussero allo scisma del 1054 furono solo quelli comparsi sotto il pontificato di Leone IX? Niente affatto. Ci furono anche i temi appena sopra descritti tra le cause scatenanti lo scisma avvenuto nell’ XI secolo.
Quindi, la seguente citazione, presente nel saggio di Padre Lopez e riferita alla prassi dell’Eucarestia sulla mano, “ha fondamento nella Chiesa indivisa tra Oriente ed Occidente”, è storicamente e sostanzialmente errata, infatti le due Chiese hanno delle divergenze non trascurabili e sono di fatto Chiese separate.
Inoltre, per quanto riguarda il paragrafo ”Diritto comune e particolare”, si può dire che sembra scritto per confondere le idee e per far digerire il canone 101 della Chiesa Ortodossa a noi che siamo Cattolici. Ma sarebbe come far mangiare fieno ad un leone. (Peraltro quel canone 101, mirava solo ad eliminare, tra gli Ortodossi, la prassi di interporre materia inanimata, come vasi o altro, per ricevere il dono di Dio).
La verità è che la questione della comunione in bocca, per noi Cattolici di Santa Romana Chiesa, trova soluzione nelle testimonianze già nel 404 sotto Papa Innocenzo I (Mansi X pagg. 1205-1206 [1]). Il Vescovo di Rouen Sant’Audoeno, durante il Sinodo di Rouen del 650, applicò la pratica descritta e la sancì con il solenne decreto: “CONCILIUM ROTHOMAGENSI” (Cap.2 in Mansi X, pagg. 1199-1200 [2]) dove si stabilisce inequivocabilmente l’obbligo di comunicare i laici direttamente in bocca; pena, per i sacerdoti, la rimossione dall’altare.
2. Il modo di ricevere l’Eucarestia deve salvaguardare i frammenti e la Fede nella “Presenza Reale”.
Un’altra incongruenza presente nel saggio storico-archeologista di Padre Lopez è la citazione dallo stesso riportata, appartenente a San Cirillo (+386) che raccomanda: “Con la sinistra fai un trono alla destra, poiché deve ricevere il re!”
Non siamo certi che il padre abbia compreso la postura corretta lì descritta. Infatti, a meno di voler sostenere che San Cirillo volesse rivolgersi esclusivamente a fedeli mancini, ci si dovrà arrendere al fatto (noto) che il modo di ricevere l’Eucarestia sulla mano, nei primi secoli, era cosa ben differente da quello che è diventato oggi, sia da un punto di vista posturale, che di riflesso, dal punto di vista della fede.
I primi Cristiani, infatti, usavano piegare il capo immergendo la bocca nell’incavo delle mani, disposte a croce, per la grande devozione verso il Corpo di Cristo e per la venerazione dei frammenti Eucaristici, che dovevano essere consumati assieme e al pari dell’Ostia Santa. Cosa che attualmente sfiora l’anticamera del cervello spirituale di pochissimi fedeli. Purtroppo.
Bisogna dire che la grande venerazione per i frammenti è in seno alla Chiesa fin dalle origini. Già nell’anno 200 circa Origene recitava nell’Enchiridion Patristicum al numero 490 quanto segue: “Io voglio ammonirvi: sapete voi che siete soliti occuparvi dei Divini Misteri in quale modo, quando ricevete il Corpo del Signore, lo dobbiate custodire con ogni riguardo e venerazione perché da esso nemmeno la più piccola parte cada a terra perché nulla del dono consacrato sia disperso; vi ritenete colpevoli, e lo credete bene, se dunque qualcosa di esso – il Corpo del Signore – cada a terra a causa di trascuratezza”.
Ricordiamo anche il più recente documento Redemptionis Sacramentum (2004). Questa istruzione (regolarmente disattesa) recita così: “[93] È necessario che si mantenga l’uso del piattino per la Comunione dei fedeli, per evitare che la sacra ostia o qualche suo frammento cada”.
Citiamo inoltre la Dichiarazione riguardante i frammenti eucaristici d’Ostie consacrate fatta dalla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede il 2 maggio 1972 (quindi successivamente al nuovo rito), che recita: “Dopo la sacra Comunione, non solamente le ostie che restano e le particelle di ostia che si sono staccate e che conservano l’aspetto esteriore del pane devono essere conservate o consumate rispettosamente, a motivo del rispetto dovuto alla presenza eucaristica del Cristo, ma anche per gli altri frammenti d’ostia si devono osservare le prescrizioni riguardanti la purificazione della patena e del calice come è stabilito in Principi e norme per l’uso del Messale Romano”.
Con quest’ultimo documento si chiede ai sacerdoti di dimostrare venerazione non solo per le particelle visibili, ma anche per quelle invisibili.
Come si può intendere, con limpida onestà, il Magistero della Chiesa Cattolica ha sempre coltivato in modo virtuosamente crescente enorme attenzione e cura verso la caduta e dispersione dei frammenti Eucaristici e la salvaguardia della Fede circa la “Presenza Reale”. Se proprio si volesse fare gli archeologisti, almeno lo si faccia a dovere, sarebbe comunque un “guadagno” per la Fede, e quindi per la “fruttuosità” del Sacramento, visto che l’atteggiamento odierno è irriguardoso verso questi aspetti, certamente non secondari.
Mauro Bonaita, Reggio Emilia
4 gennaio 2025
Note
[1] Anno 404. Ecclesiae Romanae canones, convicinis etiam sacerdotibus intimandos ad Innocentio I. Susceperat Rothomagensis Ecclesia, modo Eucharistiam ad os laicis porrigendi ritum amplexata est, ac in Synodo sua, auctore ipsomet Audoeno, qui Romae positus ita fieri perspexerat, solemni decreto sancivit [Anno 404. I sacerdoti accusati furono intimati anche da Innocenzo I dei canoni della Chiesa Romana. La Chiesa di Rothomagensis aveva accettato il rito dell’offerta dell’Eucaristia per bocca dei laici, e nel suo Sinodo, sotto l’autorità dello stesso Audoeno, che aveva vistolo fare a Roma, lo sancì con un solenne decreto]
[2] Sed ipse cum reverentia sumat, et Diacono aut subdiacono qui ministri sunt altaris, colligenda tradat, illud etiam attendat ut eos propria manu communicet, nulli autem laico aut feminae Eucharistiam in manibus ponat, sed tantum in os ejus cum his verbis ponat: “Corpus Domini et Sanguis prosit tibi ad remissionem peccatorum et ad vitam aeternam”. Si quis haec transgressus fuerit, quia Deum omnipotentem contemnit, et quantum in ipso est inhonorat, ab altari removeatur [Ma lo prende con somma reverenza e lo porge al diacono o suddiacono che sono i ministri dell’altare, e ha anche cura di comunicarlo loro di propria mano, ma non mette l’Eucaristia nelle mani di qualunque laico o donna, ma glielo mette soltanto in bocca con queste parole: «Il corpo del Signore e il sangue vi saranno utili per la remissione dei peccati e per la vita eterna. Se qualcuno trasgredisce queste cose, perché disprezza Dio onnipotente e disonora ciò che è in lui, sia rimosso dall’altare]
Segue la seconda parte [QUI]
Questi i collegamenti per conoscere ed unirsi agli Alleati dell’Eucarestia e del Vangelo, movimento Cattolico formativo/informativo e di coordinamento a difesa del Santissimo Sacramento e contro gli abusi eucaristici e liturgici:
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[*] La Chiesa “progressista” impone la Comunione in piedi e sulla mano “perché così facevano i primi Cristiani e così fece Gesù con gli apostoli”.Non soltanto tale pratica si è diffusa a macchia d’olio, ma non pochi sacerdoti e persino vescovi l’hanno resa obbligatoria, ignorando completamente quanto la Chiesa ha stabilito mediante l’Istruzione pontificia Memoriale Domini, l’istruzione della Sacra Congregazione per la Disciplina dei Sacramenti Immensae caritatis, come pure il rituale De Sacra Communione o il più recente documento dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. In tutti questi documenti si dice chiaro e tondo che il modo consueto con il quale è preferibile comunicarsi è in ginocchio e sulla lingua, che la comunione sulla mano è da ritenersi una eccezione e non la regola, mentre in ogni caso il pane consacrato deve essere trattato con «massimo rispetto e somma prudenza», cosa che – per inciso – nelle parrocchie dove ci si comunica in piedi non avviene quasi mai.
Ma qui vogliamo portare all’attenzione dei lettori una palese contraddizione da parte dei fautori della Comunione sulla mano, per lo più appartenenti a quella Chiesa “progressista”, aperta al nuovo e al dialogo con l’uomo contemporaneo e per questo desiderosa di emanciparsi da “vecchie” pratiche devozionali, “esteriori formalismi” e dottrine vecchie e superate.
Costoro giustificano il ricevere l’Eucaristia sulla mano perché ciò rappresenta un ritorno alle origini, secondo quanto facevano le prime comunità Cristiane e fece lo stesso Gesù nell’ultima cena, quando egli stesso spezzò il pane e lo diede agli apostoli.
A parte il fatto che gli apostoli non erano laici qualsiasi ma i primi sacerdoti della Chiesa di Cristo e che molto presto ci si rese conto di quanto fosse inopportuna la pratica di ricevere il pane consacrato sulla mano, tanto è vero che Sant’Agostino giunse a dire che solo mani consacrate potevano legittimamente toccare il Corpo e Sangue di Nostro Signore, il che è avvenuto per 1.500 anni.
Quello che vogliamo far notare è come questo palese archeologismo – la definizione è di Papa Pio XII – collida con cotanto zelo “progressista”. Voler tornate indietro di mille e più anni nel modo di comunicarsi non è forse un palese arretramento e una negazione di quanto la Chiesa ha voluto “aggiornare” e adeguare ai tempi nuovi? Si criticano tanto i “tradizionalisti”, così attaccati al “vecchio” e al passato e poi si vorrebbe tornare alla Chiesa degli apostoli? Evidentemente per certuni il nuovo va bene solo quando fa comodo…
Papa Pio XII, al N. 51 della Mediator Dei condannava l’archeologismo come anti-liturgico con queste parole: “Non sarebbe animato da zelo retto e intelligente colui il quale volesse tornare agli antichi riti ed usi, ripudiando le nuove norme introdotte per disposizione della Divina Provvidenza e per mutate circostanze. Questo modo di pensare e di agire, difatti, fa rivivere l’eccessivo ed insano archeologismo suscitato dall’illegittimo concilio di Pistoia, e si sforza di ripristinare i molteplici errori che furono le premesse di quel conciliabolo e ne seguirono, con grande danno delle anime, e che la Chiesa, vigilante custode del Depositum Fidei affidatole dal suo divin Fondatore, a buon diritto condannò” (Pietro Licciardi, Informazione Cattolica).
Foto di copertina: L’Eucaristia in ginocchio. “Ogni ginocchio si piega”. Dipinto della scuola fiamminga del XVII secolo raffigurante la Beata Vergine che riceve la Santa Comunione da San Giovanni.
«Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2,6-11).