Aperte nel mondo le Porte sante per vivere un cammino di liberazione

Papa Francesco Porta Santa
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Domenica scorsa sono state aperte nel mondo tutte le porte sante giubilari: nella diocesi di Napoli mons. Mimmo Battaglia ha aperto la porta santa al termine della processione aperta dalla Croce di Lampedusa, realizzata col legno delle barche dei migranti, indicando che essa è la porte del cuore di Dio: “Siamo qui, insieme, come comunità diocesana, perché si apre oggi una porta invisibile, la porta santa del cuore di Dio: una porta che invita, accoglie e abbraccia. In realtà è una porta sempre spalancata ma che spesso, distratti dall’ordinario, affaccendati dietro il tanto da fare, non vediamo. Guardarla insieme, incoraggiarci a vicenda nel varcare la sua soglia, è invece l’inizio di un cammino, di un respiro di grazia, di un tempo in cui le ferite possono divenire spiragli di luce, di un tempo che profuma di libertà, di guarigione, di perdono, di riscatto. Siamo qui perché questo Giubileo è l’eco di una promessa: nessuno è escluso dall’amore, nessuno è dimenticato dalla speranza”.

Ed ha sottolineato che il giubileo è un tempo di grazia: “E’ un tempo di grazia, un tempo di guarigione e di libertà, un tempo in cui il Signore, si piega sulle ferite del mondo, invitandoci a guardare oltre l’orizzonte delle nostre paure… Queste parole di Gesù, lette nella sinagoga di Nazaret, sono le parole di oggi, per questa Chiesa di Napoli, per i suoi vicoli, le sue piazze, i suoi cuori che cercano una luce nuova. Questo è il Giubileo della Speranza: il tempo in cui volgiamo lo sguardo ad un Dio vicino, che si fa medico e guaritore, che ci perdona, che si fa liberatore per ogni uomo e donna”.

Quindi il Giubileo è un invito alla speranza: “Il Giubileo è un invito a sperare. In un mondo spesso segnato dalla sfiducia, Dio ci chiama a guardare oltre, a credere che il futuro è nelle sue mani, che c’è ancora spazio per la speranza. E la speranza non confonde, la speranza non è un’illusione: è un cammino concreto, fatto di piccoli passi, di gesti semplici che costruiscono il Regno di Dio.

Ed allora, con i calzari necessari al cammino, con il camice del servizio e la cuffia del discernimento, entriamo in questo Giubileo con coraggio. Lasciamo che il Signore ci liberi, ci perdoni, ci guarisca, ci renda uomini e donne capaci di speranza. Che questo tempo santo ci trasformi e renda la nostra Chiesa e la nostra città un segno di risurrezione per il mondo”.

Da Palermo mons. Corrado Lorefice ha evidenziato che il giubileo serve a ‘riattivare’ la fede: “Un Anno Giubilare serve a questo: a riattivare in noi la fede, il dono che già Dio ci ha fatto: essere suoi figli, destinatari del suo amore. Essere figli di Dio e vivere da fratelli e sorelle in Dio. Rinsaldare la fede, avere «fiducia in Dio e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quel che è gradito a lui. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato”.

E’ stato un invito ad essere ‘pellegrini di speranza’, guidati dai Santi: “Sulle orme di Gesù, come Gesù. Sul solco dei martiri che, come ci ricorda il papa, ‘saldi nella fede in Cristo risorto, hanno saputo rinunciare alla vita stessa di quaggiù pur di non tradire il loro Signore. Essi sono presenti in tutte le epoche e sono numerosi, forse più che mai, ai nostri giorni, quali confessori della vita che non conosce fine. Abbiamo bisogno di custodire la loro testimonianza per rendere feconda la nostra speranza’.

Nel solco dei nostri martiri e dei nostri Santi: di Mamiliano e Giuseppe Puglisi, di Rosalia e di Benedetto il Moro (in questa Cattedrale noi custodiamo e veneriamo i loro corpi) e di tutti i creativi testimoni della carità di ieri e di oggi, fino a fratel Biagio Conte e a don Maurizio Francoforte che abbiamo appena riconsegnato all’abbraccio del Padre”.

Dalla diocesi di Trieste mons. Enrico Trevisi ha raccontato le difficoltà affrontate dalla famiglia di Nazareth: “Guardo a Maria e Giuseppe nella stalla di Betlemme e penso ai tanti genitori umiliati dalla vita per non aver saputo dare ai propri figli ciò che desideravano, ciò per cui tanto si erano impegnati, ciò che corrisponde al volere di Dio.

Guardo a Maria e Giuseppe mentre devono scappare profughi in Egitto o mentre a Gerusalemme cercano Gesù che si è trattenuto nel tempio e faticano a comprendere il mistero di quel Figlio. Oggi l’umiliazione di tanti genitori si ripete per i motivi più diversi. A volte il lavoro precario e poco retribuito; altre volte i limiti che la vita impone con malattie e fragilità, sia dei genitori come dei figli. Se poi è una famiglia numerosa i rischi di povertà aumentano”.

Nonostante tutto la santa famiglia non è mai stata ‘vagabonda’: “Con Maria, con Giuseppe e con Gesù noi siamo pellegrini di speranza. Ovunque, anche dentro le fatiche delle varie stagioni della vita: noi siamo in cammino, ma con la presenza rassicurante del Signore, che mai ci abbandona. In quest’Anno Santo invito ciascuno ad aprire il cuore al Signore, a coltivare il proprio personale rapporto con il Signore. Anche a te ripete: ‘Io sono la via, la verità e la vita’.

Tu hai il potere di aprigli il tuo cuore. Auguro a ciascuno un anno di ininterrotto pellegrinaggio interiore, in cui sempre ci rimettiamo dietro al Signore, con lo sguardo fisso su di Lui, Admirantes Jesum. E anche quando siamo stanchi impariamo a saperlo riconoscere al nostro fianco. E quando siamo caduti lui si fa cireneo e ci rialza”.

Quindi il giubileo è un pellegrinaggio impegnativo: “Il pellegrinaggio non ci esime, anzi ci sprona all’impegno per la giustizia, per una vita in comunione con il Signore ma che passa per la comunione con ammalati, disabili, vicini di casa, familiari, colleghi, poveri, profughi, scartati…. Moltiplichiamo i segni concreti che siamo nel cammino del Signore e non vagabondi pericolosi e inaffidabili”.

Anche a Nazareth il card. Pierbattista Pizzaballa ha aperto la porta santa con un invito a non perdere la speranza: “E’ molto difficile, infatti, parlare di speranza, credere che vi sia speranza, quando attorno a noi tutto parla di guerra, di violenza, di povertà e durezza di vita. Da troppo tempo ne facciamo esperienza qui in Terra Santa, soprattutto in questo ultimo anno.

Ma forse anche prima avevamo poca fiducia nel futuro, e avevamo poca voglia di metterci in gioco. La speranza, infatti è lo sprone e il fondamento di ogni iniziativa. Non iniziamo una nuova attività se non abbiamo fiducia di riuscire, se non accettiamo il rischio che ogni inizio comporta, se insomma non abbiamo speranza di fare qualcosa di bello e grande, di riuscire nell’impresa”.

Quindi la speranza si deve nutrire della fede: “La speranza, infatti, ha bisogno della fede. La fede in Dio, prima di tutto. Non si tratta di conoscere a memoria il Credo, ma di avere coscienza della presenza di Dio nella propria vita. La fede in Dio ci porta ad avere uno sguardo che va oltre se stessi, a credere nell’opera di Dio, che non è lontano o immutabile, ma che al contrario agisce nella vita del mondo e dell’uomo. Avere fede in Dio, significa non porre la propria fiducia solo nella propria azione e nelle proprie capacità, che spesso invece mostrano tutto il loro limite. Significa saper condividere e affidare a Dio la propria vita, la propria passione, nella consapevolezza che, in quell’amicizia divina, quella vita e quella passione diventeranno più luminose e complete”.

Il giubileo è necessario perché consente la liberazione: “Odio, rancore e paura ci tengono bloccati nelle relazioni, nella fiducia l’uno nell’altro. Siamo chiusi, imprigionati dentro le nostre paure, che non ci permettono di avere coraggio, di avere di uno sguardo di fiducia e quindi anche di speranza verso gli altri, verso il futuro. Verso Dio, come Colui che è capace di portare la vita anche dove tutto sembra morto e finito.

Abbiamo proprio bisogno di un giubileo, che Dio cancelli i nostri debiti, che ci tolga dalle spalle e dal nostro cuore il peso insopportabile dei nostri peccati, delle nostre paure, che riporti luce ai nostri occhi, per vedere il compiersi del Suo Regno, che non è di questo mondo, ma che dà senso al nostro stare nel mondo. In fondo è questo il senso dell’indulgenza, che durante questo anno potremo ottenere: ricevere da Dio il perdono, che ci riapra il cuore alla fiducia e alla speranza, che Lui dimentichi del tutto il nostro peccato, e ci consenta di riprendere il cammino verso il cielo con spirito nuovo, con cuore nuovo, e con lo slancio gioioso di chi ha ritrovato un tesoro perduto”.

Anche in Ucraina, altro fronte di guerra, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina (Ugcc), ha aperto le porte della Cattedrale Patriarcale della Resurrezione di Cristo a Kiev: “La nostra speranza è nel Signore Gesù, per questo ci rallegriamo oggi, andiamo avanti in questo Nuovo Anno, confidando nel nostro Signore Salvatore. Ti chiediamo, Gesù, che sei nato dalla Vergine Maria e riposi in pienezza nella tua Chiesa, apri le porte a tutte le benedizioni celesti in questo nuovo anno”.

Nel messaggio Sua Beatitudine ha affermato che la speranza può essere vista nei volti di chi ogni giorno muore: “Nella nostra storia moderna, la speranza cristiana si rivela in modo nuovo, talvolta addirittura eroico. Siamo testimoni della speranza cristiana quando vediamo i nostri eroi che ogni giorno vanno incontro alla morte in nome dell’amore per Dio e per la Patria: la speranza allora ha il volto di un soldato. Quando vediamo i nostri medici e paramedici che non si stancano di curare ogni giorno le ferite della nostra gente, pur sapendo che la guerra domani potrebbe causarne di nuove, la speranza qui ha il volto di un medico.

Quando vediamo operatori e soccorritori che ogni giorno smantellano macerie e lavorano per ripristinare le infrastrutture energetiche delle nostre città e villaggi, pur sapendo che domani, forse, un nuovo attacco missilistico distruggerà il loro lavoro, allora la speranza prende il loro volto. La speranza assume anche il volto della nostra gioventù, che in mezzo alla guerra sa amare, creare nuove famiglie e far nascere figli, pur consapevole di appartenere a una generazione che più probabilmente sarà presente ai funerali di loro coetanei che ai matrimoni.

La speranza cristiana è il segreto della stabilità e dell’invincibilità del nostro popolo, che in mezzo alla guerra sa difendere la libertà a costo della propria vita, sogna un futuro migliore e costruisce oggi un mondo migliore per i propri figli. E la fonte di questa speranza è Cristo risorto, che in questo regno della morte ci indica la fonte della vita eterna che pulsa dentro di noi”.

Mentre l’agenzia ‘Asia News’ ha riferito che a Shanghai la messa di apertura dell’Anno Santo è stata presieduta dal vescovo della città, mons. Shen Bin nella cattedrale di Xujiahui, che ha esortato tutti i sacerdoti e fedeli a mettere in pratica l’invito alla speranza: “Siamo pellegrini di Dio, ogni passo della nostra vita ci avvicina a Lui. Con il pellegrinaggio, ci convertiamo, rinnoviamo la nostra vita e approfondiamo la nostra relazione con Dio. Attraverso il pellegrinaggio, diventiamo strumenti dell’amore di Dio e, nella nostra ricerca di fede, speranza e salvezza, portiamo speranza a chi ci sta intorno”.

Anche nella capitale vietnamita Hanoi il Giubileo è stato aperto con una celebrazione eucaristica, presieduta dall’arcivescovo, mons. Joseph Vu Van Thien: “Ad Hanoi abbiamo designato sette grandi parrocchie come luoghi di pellegrinaggio per l’Anno Santo. Abbiamo anche un programma di catechesi per l’Anno Santo. In concreto, stiamo ponendo l’accento sulla riconciliazione e sulla carità: le attività caritative sono una condizione necessaria per contribuire all’evangelizzazione della società vietnamita. Ci auguriamo che l’Anno Santo sia fruttuoso per la comunità cattolica in Vietnam. Ci saranno certamente grandi eventi a livello nazionale e alcuni vietnamiti stanno preparando anche pellegrinaggi fuori dal Paese, a Roma. Sta diventando possibile per molti vietnamiti”.

A Tokyo il card. Tarcisio Isao Kikuchi ha presieduto la celebrazione di apertura del Giubileo nella cattedrale di Santa Maria: “La Chiesa apre con larghezza le sue porte, cercando di offrire pace ai pellegrini che continuano il loro cammino. Nel continuare il nostro cammino, siamo chiamati non solo a ringraziare per la presenza del Signore Gesù che cammina con noi, ma anche a condividere con gli altri la luce della speranza che Egli ci dona, una luce che brilla nell’oscurità”.

Nella Filippine il card. Pablo Virgilio David, vescovo di Kalookan e presidente della Conferenza episcopale, ha lanciato un appello per la liberazione almeno dei prigionieri: “Considererò un gesto meraviglioso da parte del governo se all’inizio dell’anno giubilare della speranza 2025, agli ultimi prigionieri politici che ancora languono in carcere dopo diversi decenni di attesa del processo, verrà concessa l’amnistia, l’indulto o la liberazione definitiva per motivi umanitari”.

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