“Scambiatevi un segno della pace”, ma senza scompostezze o creatività

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 17.12.2024 – Veronica Cireneo] – L’invito a scambiarsi il segno della pace, nella Santa Messa antica non si trova. In quel momento della Celebrazione, i fedeli sono inginocchiati in preghiera in attesa della Comunione col Cristo, appena immolato sull’Altare. Nel nuovo rito, invece, seppur non obbligatorio, è molto frequente sentir pronunciare, dal sacerdote, la formula che invita a scambiarsi il segno della pace. E dopo queste parole, abbiamo potuto constatare come tra i banchi, in più occasioni, grazie alla bizzarria di alcuni fedeli, sia potuto accadere e accade ancora, anche l’imponderabile. Ma cosa dicono i documenti ufficiali della Chiesa su questo momento della Celebrazione e qual è l’atteggiamento corretto da tenere durante lo scambio della pace? Ce ne parla Mauro Bonaita in questo articolo didattico e un po’ ironico, che gentilmente ci invia da Reggio Emilia.
Inoltre, segue un articolo pubblicato da La Nuova Bussola Quotidiana nel 2014, sulla Lettera Circolare L’Espressione rituale del dono della Pace nella Messa emanata il 7 giugno 2014 dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, contenente alcune raccomandazioni e disposizioni pratiche su come «scambiarsi il segno della pace», al fine di «moderare le sue espressioni eccessive che suscitano confusione nell’assemblea liturgica».
L’atteggiamento corretto da tenere durante lo scambio del segno della pace nella Santa Messa
Durante il periodo COVID-19, uno dei tanti precetti umani che sono stati imposti ai fedeli, è stato il divieto di scambiarsi il segno della pace: forse l’unico, tra l’assurdità di tutti gli altri, che avremmo dovuto eseguire in modo veramente ligio!
Tuttavia, anche questo precetto, interpretato nel modo modernista è diventato occasione, per molti, di dare sfogo alla solita creatività liturgica, sempre fuori luogo.
Eccoci quindi che abbiamo assistito a: strani inchini da samurai, strizzate d’occhio con smorfia, toccate di gomito, lancio di baci a distanza, saluti muti a una o più mani e chi più si scompone, più inclusivo è.
Allegriiia! Peggio di così ci sarebbe solo il ritorno delle “catene umane” al Padre Nostro, se già in qualche luogo non accade.
Il bello – si fa per dire – fu che la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ci rassicurò sulla temporaneità del provvedimento di eliminazione e/o sostituzione del segno della pace, ma poi le cose evidentemente gli sfuggirono di mano.
Questo momento della liturgia, che si incontra appena prima di ricevere l’Eucarestia era già, anche prima del COVID-19, spesso occasione di varie scompostezze da parte dei fedeli, ma poi giungemmo, ed è ancora così, all’apoteosi del pessimo gusto.
Ma vediamo brevemente cosa dicono i documenti ecclesiali a proposito di questa fase liturgica, considerando in particolare: l’Ordinamento Generale del Messale Romano [QUI] e l’Istruzione Redemptionis sacramentum su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dai Sacramenti del 25 marzo 2004 [QUI].
Ordinamento Generale del Messale Romano
[82] “Conviene tuttavia che ciascuno dia la pace soltanto a chi gli sta più vicino, in modo sobrio”.
Redemptionis sacramentum
[72] “Conviene che ciascuno dia la pace soltanto a coloro che gli stanno più vicino, in modo sobrio. Il Sacerdote può dare la pace ai ministri, rimanendo tuttavia sempre nel presbiterio, per non disturbare la celebrazione”.
Premettendo che la vera Pace è quella espressa nell’atto penitenziale, che si riferisce a Quella col Signore nostro Dio innanzitutto, Colui che dà la Pace non come la dà il mondo, questi metodi bizzarri, quindi indegni di relazionarsi durante la Messa, sviliscono il concetto e il valore stesso della Pace insinuando, ancora una volta, quel falso senso di carità e di fratellanza umana, che esalta l’uomo ed esclude Dio presente sull’Altare.
Non a caso, ancora nella Redemptionis sacramentum si chiarisce quanto segue:
[71] “Si mantenga l’uso del Rito romano di scambiare la pace prima della santa Comunione, come stabilito nel Rito della Messa. Secondo la tradizione del Rito romano, infatti, questo uso non ha connotazione né di riconciliazione, né di remissione dei peccati, ma piuttosto la funzione di manifestare pace, comunione e carità prima di ricevere la Santissima Eucaristia. È, invece, l’atto penitenziale da eseguire all’inizio della Messa, in particolare secondo la sua prima forma, ad avere carattere di riconciliazione tra i fratelli”.
Le cattive interpretazioni furono già oggetto di tentativi di correzione anche da parte della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti con la Lettera Circolare L’Espressione rituale del dono della Pace nella Messa dell’8 giugno 2014 [QUI], che recita quanto segue: “a) Se si prevede che esso non si svolgerà adeguatamente a motivo delle concrete circostanze o si ritiene pedagogicamente sensato non realizzarlo in determinate occasioni, si può omettere e talora deve essere omesso”.
Ed ancora: “c) Ad ogni modo, sarà necessario che nel momento dello scambio della pace si evitino definitivamente alcuni abusi come:
– L’introduzione di un “canto per la pace”, inesistente nel Rito romano.
– Lo spostamento dei fedeli dal loro posto per scambiarsi il segno della pace tra loro.
– L’allontanamento del sacerdote dall’altare per dare la pace a qualche fedele.
– Che in alcune circostanze, come la solennità di Pasqua e di Natale, o durante le celebrazioni rituali, come il Battesimo, la Prima Comunione, la Confermazione, il Matrimonio, le sacre Ordinazioni, le Professioni religiose e le Esequie, lo scambio della pace sia occasione per esprimere congratulazioni, auguri o condoglianze tra i presenti. “.
Un ulteriore chiarimento, infine, arriva anche da una rivelazione ricevuta da Maria Simma da parte delle anime del Purgatorio. Al quesito espresso dall’intervistatore che le chiese: “Furono le anime a dirle che lo scambiarsi il segno della pace ed il darsi la mano durante il ‘Padre Nostro’ non va bene?”, ella rispose: “Sì, furono loro”.
Concludendo direi – vista l’aria che tira – che l’atteggiamento migliore in questo momento della Messa sia quello di rimanere inginocchiati, a capo chino, come specificato con lode nell’Ordinamento Generale del Messale Romano:
[43] “Dove vi è la consuetudine che il popolo rimanga in ginocchio dall’acclamazione del Santo fino alla conclusione della Preghiera eucaristica e prima della Comunione, quando il sacerdote dice Ecco l’Agnello di Dio, tale uso può essere lodevolmente conservato”.
Gli Alleati dell’Eucarestia e del Vangelo proprio questo punto 43 dell’Ordinamento Generale del Messale Romano mettono in pratica ad ogni Messa Riformata, anche per evitare, che un giorno o l’altro, non si sa mai, qualche ipercreativo non si rivolga a noi con il saluto vulcaniano: “Lunga vita e prosperità”, alla Star Trek.
Dite che sia impossibile?
Mauro Bonaita, Reggio Emilia
Sabato 14 dicembre 2024
Scambiatevi un segno della pace, ma non troppo
La Nuova Bussola Quotidiana, 4 settembre 2014
Più sobrietà e meno effusioni quando ci si scambia la pace. La direttiva è della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti: in essa si chiede di evitare lo «spostamento dei fedeli dal loro posto», o la discesa del sacerdote dall’altare per scambiare il segno della pace coi fedeli. Insomma, qua la mano, ma non troppo.
Lo scambio è della pace, mica di baci, abbracci e allegre pacche sulle spalle. Come succede, invece, (il più delle volte) nelle nostre Messe pop. Il sacerdote non ha ancora terminato la fatidica formula (prima dell’eucarestia nel rito romano, dopo la liturgia della Parola in quello ambrosiano): “scambiatevi un segno della pace” che tra i fedeli è tutto un abbracciarsi: prima a destra, poi a sinistra, poi con il tipo della panca affianco, poi, con veloce torsione carpiata, con tutta la famiglia che siede nella fila dietro. Qualcuno, più temerario, esce dal gruppo e chiede la mano a quelli di due panche più avanti che, presi di sorpresa, abbozzano e ricambiano. C’è anche chi, sopra pensiero o poco pratico e praticante, allo speranzoso augurio risponde con un caloroso: «Grazie, altrettanto».
Libertà eccessive e “strappi” al cerimoniale non del tutto ortodossi, ma tollerati, quando non incoraggiati, dagli stessi officianti. È il momento, forse più ludico e gioioso dell’intera Santa Messa, dopo la tensione e le forti emozioni della transustanziazione: una sorta di “rompete le righe”, tirate il fiato e sgranchitevi un po’ prima di mettervi in coda per la comunione. Esercizio di allegro relax collettivo, a volte sottolineato anche da qualche canto a far da sottofondo, giusto per segnare il ritmo e il tempo della pacifiche effusioni. Troppe, eccessive, fastidiose.
Così deve pensato il Cardinale spagnolo Antonio Cañizares, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti che, dopo lungo studio e confronto con i colleghi vescovi del mondo, ha emanato la “Lettera Circolare”, contenente alcune raccomandazioni e disposizioni pratiche su come «scambiarsi il segno della pace», al fine di «moderare le sue espressioni eccessive che suscitano confusione nell’assemblea liturgica». La direttiva è anche l’ultimo atto di Cañizares che lascerà a breve Roma essendo stato nominato Arcivescovo di Valencia. Varata nel giugno scorso, Papa Francesco l’ha già approvata. Nella missiva, firmata dal Cardinale Prefetto e dall’Arcivescovo Segretario Arthur Roche, si ricorda che lo studio della questione era stato avviato già nel corso del Sinodo sull’Eucarestia del 2005.
Va subito detto che la Congregazione non modifica la collocazione del gesto dello scambio lasciandolo come è adesso nei due riti, ma lo rende più sobrio e meno “invasivo” o invadente. In obbedienza alle osservazioni di Papa Benedetto XVI che già al punto 49 dell’Esortazione Sacramentum caritatis del 2007, ricordava come durante il Sinodo «fosse stata rilevata l’opportunità di moderare questo gesto, che può assumere espressioni eccessive, suscitando qualche confusione nell’assemblea proprio prima della comunione». Papa Ratzinger aveva anche citato esplicitamente la possibilità di spostare lo scambio della pace prima dell’offertorio, come nel rito ambrosiano, ma, alla fine, è prevalsa la tesi di non introdurre ulteriori cambiamenti.
A premessa delle raccomandazioni, la “Lettera Circolare” della Congregazione chiarisce il senso di queste indicazioni: «Se i fedeli non comprendono e non dimostrano di vivere, con i loro gesti abituali, il significato corretto del rito della pace, si indebolisce il concetto Cristiano della pace e la loro fruttuosa partecipazione all’Eucarestia». Insomma, non si tratta solo di ristabilire sobrietà e bon ton a un gesto sfuggito di mano. La posta in gioco è ben più alta: il significato stesso del sacrificio eucaristico. Questo è il “nocciolo” da recuperare e difendere, fino al punto di rinunciare al gesto quando non sussistano le condizioni per un’adeguata comprensione. Dice, infatti la “Lettera”: «(…) è del tutto legittimo asserire che non si tratta di invitare meccanicamente a scambiarsi il segno della pace. Se si prevede che esso non si svolgerà adeguatamente a motivo delle concrete circostanze o si ritiene pedagogicamente sensato non realizzarlo, si può omettere e talora deve essere omesso». Ai sacerdoti, dunque, la responsabilità della scelta.
Ma una volta lanciato l’invito, sono tre le cose che la “Lettera Circolare” della Congregazione chiede al sacerdote: «si eviti l’introduzione di un canto della pace, inesistente nel rito romano», lo spostamento dei fedeli dal proprio posto e «l’abbandono dell’altare da parte del sacerdote per dare la pace ad alcuni fedeli». Inoltre, si raccomanda di evitare che in alcune circostanze, come le solennità di Pasqua o Natale, i battesimi, le prime comunioni, le cresime, i matrimoni, le ordinazioni sacerdotali, le professioni religiose, le esequie – il darsi la pace sia occasione «per felicitarsi o per esprimere condoglianze tra i presenti». Le Conferenze Episcopali, vengono poi invitate a «preparare catechesi liturgiche sul significato del rito della pace nella liturgia romana e sul corretto sviluppo nella celebrazione della Messa». Infine, si rileva l’opportunità che nella pubblicazione della nuova edizione del messale in corso le Conferenze Episcopali cambino in meglio le modalità suggerite precedentemente: passando ad esempio da «gesti familiari e profani di saluto a gesti più appropriati». Tutto qui, ma non è poco.
Dell’esistenza della “Lettera Circolare” si è saputo in Spagna, dove è stata trasmessa in questi giorni a tutti i vescovi. Ora si vedrà come essa verrà applicata nei vari Paesi. In Italia? Beh, c’è da immaginare che le raccomandazioni del prefetto faranno storcere molti nasi e alzare altrettanti sopraccigli. Soprattutto a quelli che in questi anni hanno infarcito la Celebrazione Eucaristica di gestualità imbarazzanti e arrangiamenti festivalieri. Trasformando così le Messe in parrocchia in sgangherati concertini pop, inframmezzati da ripetuti siparietti stile “Peace and Love”. Dopo la “Lettera Circolare” sullo scambio della pace, occorrerebbe pure un solenne editto per 1) mettere al bando chitarristi e coretti della domenica, 2) far riaprire i preziosi organi di cui quasi tutte le nostre chiese sono fornite, 3) obbligare i parroci (pena la scomunica) a cacciare gli strimpellatori dal tempio e 4) istituire Scholae Cantorum con tanto di maestro.
Oggi, invece, sono solo canzonette, con melodie disco dance e testi new age che gridano (a volte anche stonati) vendetta al cospetto di Dio. Superati, ma appena un po’, da quella specie di “girotondo” attorno al fuoco che è diventata la recita del Padre Nostro. Passino i palmi alzati in segno di offerta, ma quelle catene umane, mano nella mano, tra le panche, hanno l’effetto di un micidiale colpo di grazia. Paiono un gigantesco “gioco della scossa” e potrebbero segnare il definitivo limite di non ritorno per il povero fedele sopravvissuto alle torture dell’omelia e alle imboscate degli scambi non richiesti. Occorre pure qui una radicale e coraggiosa riforma, all’insegna dello sloga: “Il Vangelo ci invita a porgere l’altra guancia, mica l’altra mano”. Ma per tutto questo, non basterà una “Lettera Circolare”, ci vorrà almeno un’Enciclica.
Postscriptum
Questi i collegamenti per conoscere ed unirsi agli Alleati dell’Eucarestia e del Vangelo, movimento Cattolico formativo/informativo e di coordinamento a difesa del Santissimo Sacramento e contro gli abusi eucaristici e liturgici:
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Foto di copertina: Leonard Nimoy, il Signor Spock di Star Trek. Si è congedato dal pubblico il 23 febbraio 2015, con un post su X: «La vita è come un giardino. Si possono avere momenti perfetti, ma non conservarli, eccetto nella memoria. Llap». L’acronimo Llap significa: “Live long and prosper”, il tradizionale saluto vulcaniano dai mille significati, che in italiano era stato tradotto con “Lunga vita e prosperità”.