Papa Francesco: la carità è strumento di evangelizzazione
Oggi papa Francesco, ricevendo i membri della Caritas della diocesi di Toledo in occasione del 60° anniversario dell’organismo caritativo, istituito il 2 giugno 1964, ha richiamato i principi di carità e giustizia per risvegliare ‘una coscienza più fraterna’ nella società: “Ricevendovi in questa casa dell’Apostolo, ho voluto unirmi al vostro ringraziamento per i sessanta anni di servizio caritativo nella Chiesa di Toledo. Un impegno che, come ho potuto constatare, va oltre il bene concreto che si può fare alla persona, assumendo la sfida di essere motore del cambiamento all’interno della società diffondendo lo spirito di carità e giustizia, per risvegliare in tutti coloro che hanno buona volontà una coscienza più fraterna”.
Nel saluto il papa ha sottolineato che le opere di carità sono ‘strumenti’ per l’evangelizzazione: “In questo modo non siete solo esempio di civiltà o di filantropia, ma divenite strumenti di evangelizzazione, attraverso il linguaggio universale delle opere di carità. E’ curioso, le opere di carità non hanno bisogno di traduttore, non c’è un dizionario per tradurre, è una lingua universale, la lingua universale delle opere di carità, tutti lo capiscono, è una lingua comprensibile a tutti, scritta con la testimonianza e l’impegno di tutti gli operatori della Caritas, impegnati in Gesù Cristo e nel suo Vangelo”.
E tali opere si realizzano attraverso la sinodalità: “Un traguardo, sicuramente alto, che si realizza attraverso l’abilità artigianale di ciascuno dei responsabili dell’azione socio-caritativa, fondata su una formazione umana e spirituale che consenta di affrontare con fermezza i problemi sociali, in continua evoluzione, alla luce della Dottrina Sociale. della Chiesa. Senza mai dimenticare lo spirito di collaborazione e sinodalità con tante realtà pastorali che compongono l’intera Chiesa diocesana”.
E’ un incoraggiamento ad essere ‘maestri artigianali’ attraverso la preghiera: “Sorelle, fratelli, vi incoraggio a proseguire in questo sforzo, imparando sempre dal Signore, nel libro vivo della preghiera, e nella lettura della sua Parola, nel libro vivo del vivere i sacramenti, e nell’ascolto attento della voce dei loro Pastori. e la loro presenza nell’Eucaristia ed in coloro che servono. Una cosa che vi chiedo è che siate maestri di questa saggezza, di quella saggezza di cui il mondo ha tanto bisogno. La stupidità è impressionante, la stupidità si vende e si compra, e i prezzi non sono occasioni, prezzi di liquidazione, sono prezzi stagionali, prezzi cari”.
Inoltre alle suore canonichesse dello Spirito Santo in Sassia ed alle altre comunità legate al carisma di Guido di Montepellier, beatificato nello scorso maggio, il papa ha evidenziato l’impegno del religioso francese verso poveri e malati e si sofferma sulla vita rigorosamente sobria e distaccata’ dei consacrati dell’ordine ospedaliero da lui fondato:
“La Regola del Beato Guido inizia nel nome della Santissima e Individuale Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, per proporre a tutti i fratelli e sorelle presenti e futuri, dell’Ordine, un appassionante progetto di vita. E qual è il progetto?: dedicarci principalmente alla cura e al servizio dei poveri”.
La cura dei poveri è stato il suo progetto all’interno della Chiesa: “Si tratta di un progetto che si allinea con la riforma che Innocenzo III promosse nella vita religiosa e che si sarebbe poi cristallizzata nei nuovi Ordini mendicanti. Un interesse del Pontefice che lo Spirito Santo ha saputo guidare nell’ascolto di alcuni santi come il Beato Guido e San Juan de Mata, con i quali ha coinciso agli albori del suo pontificato, essendo promotori di questo progetto”.
E’ un progetto con il sapore della cucina: “E’ interessante come il disegno di Dio marci nella cucina del cuore (e le suore e le suore lo sanno bene) e le note di sapore e di colore permeano le regole della vita, per poi diffondere il loro profumo su tutta la Chiesa. E tra queste note vorrei evidenziarne tre: comunione, sine proprio e servizio”.
E’ la regola dell’Ordine, basandosi sull’esempio della Chiesa di Gerusalemme: “Nella vostra Regola il voto di povertà è espresso in modo particolare: vivere senza nulla di proprio. Questa espressione non significa semplicemente una vita vigorosamente sobria e distaccata, come oggi viene definito il voto, ma piuttosto comprendere che siamo ospiti nella Casa di Dio, Casa della Trinità che ci accoglie, condividendola con i poveri che siamo chiamato a servire”.
Ciò significa privilegiare la fraternità: “In questo modo la vita fraterna va oltre la condivisione di spazi, compiti, servizi, la vita fraterna è fare una donazione di noi stessi a Dio nel fratello, una donazione senza riserve. Senza più nulla di suo nella camera delle sicurezze mondane, nascosto nella cella, in tasca o, peggio ancora, nel cuore. Senza niente di nostro, lasciato nella camera delle sicurezze mondane, o niente di nostro nascosto lì nella cella, o in tasca o, peggio ancora, nel cuore, perché solo da quella libertà, senza niente di nostro, possiamo iniziare un progetto in quello che portiamo avanti insieme e di cui siamo segno escatologico, il cammino verso dove il Signore ci chiama, il cammino verso il Cielo”.
Tale fraternità è un cammino che conduce alla santità: “Che è un cammino verso Dio, che è guidato dallo Spirito Santo, che ci rende seguaci di Gesù. E quando parliamo di Gesù non dimentichiamo che Lui non è venuto per essere servito, ma per servire. Questo è il nostro modello. La nostra santità sarà nella misura in cui sapremo diventare piccoli e servitori di tutti”.
(Foto: Santa Sede)