Papa Francesco: preghiera e predicazione per l’annuncio della Parola di Dio
“E, per favore, continuiamo a pregare per la pace! La guerra è una sconfitta umana. La guerra non risolve i problemi, la guerra è cattiva, la guerra distrugge. Preghiamo per i Paesi in guerra. Non dimentichiamo la martoriata Ucraina, non dimentichiamo la Palestina, Israele, Myanmar… Tanti bambini morti, tanti innocenti morti! Preghiamo perché il Signore ci faccia arrivare alla pace. Preghiamo sempre per la pace”.
Anche oggi, a conclusione dell’udienza generale papa Francesco ha chiesto pace ed ha pregato per tutti i deceduti a causa delle guerre. Inoltre, per la prima volta, ha rivolto un saluto ai fedeli di lingua cinese, in quanto la catechesi sarà tradotta anche nella loro lingua: “Oggi, con grande piacere, diamo avvio alla lettura, della sintesi della catechesi in cinese. Desidero, perciò, rivolgere il mio cordiale saluto alle persone di lingua cinese qui presenti e a quelle collegate tramite i mezzi di comunicazione. Su tutti voi e sulle vostre famiglie invoco la gioia e la pace. Che Dio vi benedica”.
E nel prosieguo del ciclo di catechesi ‘Lo Spirito e la Sposa’ papa Francesco ha incentrato la meditazione sul tema ‘Annunciare il Vangelo nello Spirito Santo. Lo Spirito Santo e l’evangelizzazione’, spiegando che nel Nuovo Testamento, la parola ‘Vangelo’ ha due significati principali: “Nel Nuovo Testamento, la parola ‘Vangelo’ ha due significati principali. Può indicare ognuno dei quattro Vangeli canonici: Matteo, Marco, Luca e Giovanni, e in questa accezione per Vangelo si intende la buona notizia proclamata da Gesù durante la sua vita terrena. Dopo la Pasqua, la parola ‘Vangelo’ assume il nuovo significato di buona notizia su Gesù, cioè il mistero pasquale della morte e risurrezione del Signore”.
E’ stato un invito a ‘ripartire’ sempre dall’annuncio della Parola di Dio: “La predicazione di Gesù e, in seguito, quella degli Apostoli, contiene anche tutti i doveri morali che scaturiscono dal Vangelo, a partire dai dieci comandamenti fino al comandamento ‘nuovo’ dell’amore. Ma se non si vuole ricadere nell’errore denunciato dall’apostolo Paolo di mettere la legge prima della grazia e le opere prima della fede, è necessario ripartire sempre di nuovo dall’annuncio di ciò che Cristo ha fatto per noi. Per questo nell’Esortazione apostolica ‘Evangelii gaudium’ si insiste tanto sulla prima delle due cose, cioè sul kerygma, o ‘proclamazione’, da cui dipende ogni applicazione morale”.
E per mettere in pratica questo sono necessarie due situazioni: “Facile a dirsi (si potrebbe obbiettare), ma come metterlo in pratica se non dipende da noi, ma dalla venuta dello Spirito Santo? In realtà, c’è una cosa che dipende da noi, anzi due, e le accenno brevemente. La prima è la preghiera… Dunque, la prima cosa che dipende da noi è pregare, perché venga lo Spirito Santo. La seconda è non volere predicare noi stessi, ma Gesù Signore”.
Per tale ragioni le omelie devono essere brevi: “Questo riguarda la predicazione. A volte ci sono predicazioni lunghe, 20 minuti, 30 minuti… Ma, per favore, i predicatori devono predicare un’idea, un affetto e un invito ad agire. Oltre gli otto minuti la predica svanisce, non si capisce. E questo lo dico ai predicatori… A volte vediamo gli uomini che quando incomincia la predica vanno fuori a fumare una sigaretta e poi rientrano. Per favore, la predica dev’essere un’idea, un affetto e una proposta di azione. E non andare mai oltre i dieci minuti. Questo è molto importante”.
L’altra cosa importante è quella di ‘raccontare’ Gesù: “La seconda cosa è non volere predicare noi stessi ma il Signore. Non occorre dilungarci su questo, perché chiunque è impegnato nell’evangelizzazione sa bene che cosa significa, nella pratica, non predicare sé stessi. Mi limito a un’applicazione particolare di tale esigenza. Non volere predicare sé stessi implica anche non dare sempre la precedenza a iniziative pastorali promosse da noi e legate al proprio nome, ma collaborare volentieri, se richiesto, a iniziative comunitarie, o affidateci dall’obbedienza”.
Mentre, prima dell’udienza generale, il papa aveva ricevuto le suore della Santa Famiglia di Nazareth all’inizio delle celebrazioni del 150° anniversario della Congregazione: “Ed è bello e propizio che il vostro anniversario cada all’inizio del nuovo anno liturgico. Il tempo di Avvento, con la sua attesa paziente, piena di speranza nelle promesse del Signore, può servire da modello per accrescere la nostra fiducia nella provvidenza di Dio. Prego perciò che i vostri festeggiamenti aiutino i membri della Congregazione e tutti coloro che collaborano nelle sue diverse missioni a crescere nella fiduciosa contemplazione del Figlio di Dio incarnato, specialmente nel Santissimo Sacramento e nelle persone che servite”.
Ed ha sottolineato questo loro giubileo: “l tempo stesso, il vostro giubileo coincide felicemente con l’Anno Santo, nel quale la Chiesa intera sta per entrare. I Giubilei sono momenti preziosi per fare il punto della nostra vita, sia come singole persone che come comunità. Sono inoltre occasioni di riflessione, di raccoglimento e di ascolto di ciò che lo Spirito Santo oggi ci dice. Con il cuore aperto all’incontro ‘autentico e personale con il Signore Gesù, la ‘porta’ della nostra salvezza’, le vostre comunità siano sempre come ‘soglie’ attraverso le quali le famiglie, che sono al centro del vostro carisma, possano trovare rifugio, speranza e pace in Cristo Salvatore”.
Infine ha chiesto loro di essere ‘segno’ di speranza per le famiglie colpite dalla guerra: “E a questo proposito, non possiamo dimenticare le tante famiglie devastate dalla guerra e dalla violenza, sfollate dalla propria casa, o fuggite dal loro paese. La vostra preghiera e le vostre generose opere di carità manifestino sempre l’amore di Gesù, affinché possiate essere segni di speranza per quanti vivono in ogni genere di difficoltà”.
(Foto: Santa Sede)