Dalle Acli un invito a costruire speranza
Emiliano Manfredonia, Presidente uscente, è risultato il primo eletto con il 95% dei voti dopo la mattinata di votazioni del 27° Congresso nazionale delle Acli che si è svolto a Roma dal 29 novembre al 1^ dicembre: “Vi ringrazio per la fiducia e il rinnovo di questa fiducia, che prima di tutto è un premio per la presidenza uscente, per come ha lavorato e si è messa in discussione… Vorrei che le ACLI continuassero a essere un patrimonio che non solo ereditiamo, ma che costruiamo insieme, guardando al futuro e non lasciando sole le persone. In questi tre giorni abbiamo confermato la nostra missione: costruire speranza e fiducia, con lo stesso spirito di Maria che ha detto il suo Eccomi”.
La giornata conclusiva del Congresso è stata aperta dalla celebrazione eucaristica presieduta dal card. Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi: “Voi ACLI siete un insieme di associazioni multiformi e inquiete. Dio ha fatto promesse di bene per il suo popolo, e ora sta per realizzarle. Non possiamo permetterci di vedere tutto nero. Stare da credenti nella storia oggi significa guardare l’umanità con lo stesso sguardo positivo di Dio”.
Un altro momento centrale è stato l’intervento di don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera: “Non si possono fare politiche senza ascoltare le fatiche e le speranze delle persone. Dobbiamo lottare contro la criminalizzazione della povertà e promuovere politiche sociali e ambientali al servizio delle persone. Le ACLI sono un segno di speranza, e insieme possiamo costruire una società più giusta e solidale”.
Simone Romagnoli, riconfermato coordinatore nazionale Giovani delle ACLI, ha presentato la mozione ‘Youth Policy’, approvata durante i lavori congressuali: “Crediamo che i giovani non debbano essere solo ‘dei giovani delle ACLI’, ma protagonisti dentro le ACLI”.
In apertura dei lavori congressuali il presidente uscente, Emiliano Manfredonia, aveva tracciato il bilancio del percorso associativo e delineato le prossime sfide, invitando a non arrendersi al ‘crepuscolo di una società divisa: “Siamo tornati in piazza insieme ad altri per fermare le guerre e i diversi assalti alla Costituzione e ai diritti, per chiedere ‘Pace, lavoro e dignità’. Ma essere movimento educativo che non ha paura di prendere posizione è qualcosa di più.
Negli ultimi decenni il progressivo abituarsi delle democrazie alla guerra, all’esplosione delle diseguaglianze e all’ingiustizia ambientale ha finito per erodere la stessa democrazia. Sempre più in difficoltà ad affermare una società in cui ci sia posto per tutti, dove il ‘salvarsi insieme’ prevalga sulla competizione assoluta e ovunque, la democrazia ha lasciato crescere il potere di nuove od antiche aristocrazie finanziarie e politiche. Ma se la democrazia declina verso l’aristocrazia parte importante della società, sempre più frammentata in tanti ‘io’, finisce per preferirle nuovi autoritarismi che propagandano di poter salvare se stessi contro gli altri”.
E’ stato un invito per ripartire dalla ‘strada’: “Riscoprirci movimento ha significato, prima di tutto, cercare di essere per strada, luogo di incontro, cura e relazioni a partire dalla presenza dei nostri circoli, associazioni e servizi, progetti in Italia e in tante comunità all’estero; la strada crocevia di molteplici forme di povertà, economica, lavorativa, educativa, sanitaria e relazionale, da affrontare con un approccio integrato, nonché a fianco delle vittime e di chi migra o è perseguitato, come Ipsia”.
Ma questa ripartenza avviene attraverso l’ascolto: “Ma non basta ‘esserci’, è necessario trasformare questa presenza in ascolto: una parola, un gesto, una postura da coltivare con attenzione. L’ascolto è il primo atto dell’azione politica, come ha ricordato il Presidente Mattarella: ‘La democrazia non può esistere senza la capacità di ascoltare’. Il nostro ascolto si realizza lungo due dimensioni, sempre riconoscendo la centralità della persona”.
E’ stato un invito ad uscire per stare nelle piazze: “La piazza è il nostro cercare di essere esperienza di pensiero e discernimento, che alimenta formazione e apprendimento sui problemi individuati, sul welfare, sulle famiglie, sulle crescenti disparità, sul lavoro, sull’immigrazione, sull’ambiente e gli stili di vita. La piazza sono le città nelle e con le quali abbiamo animato i nostri Incontri nazionali di studi, sono le occasioni di pensiero (come il lavoro sull’Intelligenza artificiale) sono l’antifascismo e i cammini della memoria. Per non perdere la bussola e orientarsi in questi tempi disorientati”.
Stare nella piazza per combattere le ingiustizie: “In piazza sosteniamo con forza che la discriminazione femminile è una palese ingiustizia. Superare tale discriminazione non riguarda solo l’equità, ma il riconoscimento del valore intrinseco delle donne.
Gli uomini possono contribuire a tale vantaggioso cambiamento, sfidando le norme di genere, sostenendo politiche inclusive e promuovendo un mutamento culturale e formativo. La piazza è simbolo del fare rete e allearsi. Tra la strada e la piazza siamo parte dei percorsi della Chiesa in uscita nelle pastorali delle diocesi, a partire da quella sociale e del lavoro e dal Progetto Policoro”.
Però occorre stare nella piazza con uno stile cristiano: “Abbiamo provato a rileggere il nostro mandato associativo e la nostra realtà attraverso la lente interpretativa dei cinque stili che papa Francesco ci ha consegnato nell’Udienza del 1° giugno e che hanno illuminato il nostro sguardo, rendendolo più limpido e armonico, disincantato e responsabile. I cinque stili delle Acli, popolare, sinodale, democratico, pacifico e cristiano, rappresentano anche il criterio di valutazione dell’impatto sociale e l’orizzonte programmatico per il futuro.
Nella rilettura del noi associativo abbiamo riscontrato il nostro essere e sentirsi parte del popolo. E se la vera essenza del popolo risiede nella solidarietà e nel senso di appartenenza, allora possiamo dire di averla riconosciuta innanzitutto nei valori e nella saggezza di tanta gente semplice, nel passaggio dall’io al noi associativo, nelle porte aperte dei nostri circoli e servizi, in particolare durante la pandemia, elaborando insieme progetti di bene comune”.
Ed ecco la centralità della Parola di Dio: “Logos è la parola che, a fondamento del Vangelo e del nostro stile cristiano, indica quali sono le ragioni profonde che sottendono alla fede applicabili anche alla vita. In questo caso, senza presunzione, ad un incarico di presidenza lungo quasi 4 anni. Quindi, partiamo da qui: da alcune domande fondative (perché? per chi? come?) e da qualche prima imperfetta risposta molto personale.
Non si tratta di un resoconto esaustivo quanto piuttosto del racconto di alcune scelte di fondo che hanno poi generato azioni, contenuti ed oggetti. Uno stile operativo e collaborativo che ha caratterizzato questi anni di lavoro perché tutto ciò che è stato realizzato è frutto del lavoro di molte persone, dirigenti, lavoratori, collaboratori, volontari: grazie a ognuna ed ognuno con tutto il cuore!”
(Foto: Acli)