Le feste e il consumismo

Carta del mondo con soldi
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 01.12.2024 – Aurelio Porfiri] – Quando ci si avvicina ad alcune feste, come ad esempio a Natale, si misura come il consumismo abbia eroso quelli che dovrebbero essere i significati profondi di queste festività, che non dovrebbero essere legati al “consumare” qualcosa ma a ritrovare quel senso profondo della nostra vita cristiana. Invece il capitalismo, il consumismo, hanno ammantato tutto di una patina economica, rendendo tutto, noi e quello che ci circonda, merce di scambio. Per carità, non sto proponendo una specie di comunismo, ma tra questo e l’erosione valoriale portata dal capitalismo, immagino ci debba anche essere una via di mezzo.

San Giovanni Paolo II, nel 1991, scrive nella sua Enciclica Centesimus annus:

“La domanda di un’esistenza qualitativamente più soddisfacente e più ricca è in sé cosa legittima; ma non si possono non sottolineare le nuove responsabilità ed i pericoli connessi con questa fase storica. Nel modo in cui insorgono e sono definiti i nuovi bisogni, è sempre operante una concezione più o meno adeguata dell’uomo e del suo vero bene: attraverso le scelte di produzione e di consumo si manifesta una determinata cultura, come concezione globale della vita. È qui che sorge il fenomeno del consumismo. Individuando nuovi bisogni e nuove modalità per il loro soddisfacimento, è necessario lasciarsi guidare da un’immagine integrale dell’uomo, che rispetti tutte le dimensioni del suo essere e subordini quelle materiali e istintive a quelle interiori e spirituali. Al contrario, rivolgendosi direttamente ai suoi istinti e prescindendo in diverso modo dalla sua realtà personale cosciente e libera, si possono creare abitudini di consumo e stili di vita oggettivamente illeciti e spesso dannosi per la sua salute fisica e spirituale. Il sistema economico non possiede al suo interno criteri che consentano di distinguere correttamente le forme nuove e più elevate di soddisfacimento dei bisogni umani dai nuovi bisogni indotti, che ostacolano la formazione di una matura personalità. È, perciò, necessaria ed urgente una grande opera educativa e culturale, la quale comprenda l’educazione dei consumatori ad un uso responsabile del loro potere di scelta, la formazione di un alto senso di responsabilità nei produttori e, soprattutto, nei professionisti delle comunicazioni di massa, oltre che il necessario intervento delle pubbliche Autorità”.

È ovvio che, ai produttori di consumo, non interessa promuovere un uso responsabile, perché quello che vogliono da noi è di farci consumare il più possibile, in modo di arricchirsi sempre più. “Arricchirsi” è divenuta la nuova parola d’ordine dei padroni del mondo.

Come simbolo di tutto ciò non posso che ricordare un tempo non remotissimo, quando insegnavo in Shanghai come Direttore di coro ospite presso il locale Conservatorio di musica. Ricordo una volta andai durante le feste di Natale e potei così vedere come in questa grande città cinese, sottoposta al controllo religioso che tutti sappiamo, era vissuto il Natale. Bene, ricordo che l’atmosfera natalizia veniva fuori dai negozi, con Jingle Bells e Adeste Fideles che risuonavano qui e là. Eppure se guardavi dentro, ti accorgevi che nel presepe al posto di Gesù bambino mettevano un pupazzo di neve. Mi è sembrata una metafora potente per capire come queste feste all’insegna del consumismo ci offrano un involucro senza il contenuto. Purtroppo, laddove dovrebbero essere i segni forti della religione, stentiamo oramai a vederli. Tutto sembra risolversi in un incontro orizzontale, da cui sembra sfuggire la verticalità che dava senso ad ogni festa e ad ogni impegno Cristiano.

In fondo il Natale è festa che ben si adatta ad essere usata anche da chi non è interessato alla dimensione religiosa dell’esistenza, chi non si commuove davanti ad un bimbo che nasce? Eppure questa non è una nascita come le altre, perché la pretesa Cristiana ci dice che quel bambino è il Figlio di Dio fatto uomo attraverso un parto verginale. Non è una qualunque nascita, ma un evento inaudito nella storia dell’umanità.

In sé non c’è male a gioire anche attraverso un certo consumismo dell’atmosfera natalizia, se si fanno salve le ragioni profonde per cui questa festa esiste. Eppure, come ho detto, a molti, spesso queste ragioni sfuggono perché non le troviamo dove dovrebbero essere. Allora ci accontentiamo di contemplare un’assenza, come se mettessimo tutti i pacchi arrivati in dono da una parte, senza mai aprirli.

Questa riflessione è stata pubblicata dall’autore sul suo sito Traditio, per conoscere tutto su tradizione e tradizionalismo [QUI].

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