Card. Scola: vivere la santità nella vita quotidiana
Lunedì 4 novembre il card. Angelo Scola ha presieduto nel Duomo di Milano il Pontificale nella solennità di san Carlo Borromeo, compatrono della Diocesi: un Santo che ancora oggi parla sia ai laici che ai ministri ordinati. Il cardinale ha iniziato proprio da questi ultimi, o meglio da chi sarà presto sacerdote, recitando insieme ai seminaristi i Vespri. Lo fa nello scurolo che custodisce il corpo di San Carlo.
Da sotto l’altare del Duomo, l’Arcivescovo di Milano, al termine della preghiera al Santo, ha avviato il corteo che lo ha accompagnato sulla cattedra. L’esistenza di San Carlo, ha affermato Scola, “fu un’esistenza santa, cioè capace di vivere in pienezza tutta la realtà, circostanze e rapporti, ed operosa, cioè intraprendente nell’edificazione. Il 4 novembre 1962, nella solennità del nostro Santo Patrono, il beato Papa Giovanni XXIII parlò di ‘genio pastorale’ di San Carlo per descriverne ‘l’impegno di un’esistenza santa e operosa’. La sua fu un’esistenza santa, cioè capace di vivere in pienezza circostanze e rapporti, ed operosa, cioè intraprendente nell’edificazione.
Del resto San Carlo, traendo ispirazione per il suo indefesso ministero dal nostro padre Ambrogio, ebbe a dire di Ambrogio stesso che nel suo ufficio non era mai stanco di travagliar giorno e notte, ora scrivendo, ora insegnando e predicando, ora orando, ora ascoltando, ora intercedendo nella cause dei miserabili, ora amministrando i santi Sacramenti, ora formando e instaurando i riti, le cerimonie ecclesiastiche a ornamento e splendore di questa Chiesa di Milano”.
Rivolgendosi ai ‘suoi’ sacerdoti ha sottolineato come l’operosità e la preghiera hanno caratterizzato lo stile del Santo: “Carissimi sacerdoti, guardando a San Carlo impegniamoci a verificare i nostri ritmi di preghiera: la preghiera quotidiana, la preghiera settimanale, la preghiera dei tempi liturgici, i momenti di preghiera annuali (esercizi spirituali, pellegrinaggi). Ricordiamoci, in particolare, che la liturgia fa spazio alla creatività, ma non all’arbitrio.
Gli spazi per la creatività sono indicati nelle rubriche: chi prepara e presiede la celebrazione deve interpretarli con umiltà, intelligenza e fedeltà. La cura del buon Pastore è per tutto il popolo di Dio, perché ha come scopo l’edificazione dell’unico corpo di Cristo. Papa Francesco, nella sua prima Enciclica, ci ricorda che la fede è un bene per tutti: ‘Sì, la fede è un bene per tutti, è un bene comune, la sua luce non illumina solo l’interno della Chiesa, né serve unicamente a costruire una città eterna nell’aldilà; essa ci aiuta a edificare le nostre società, in modo che camminino verso un futuro di speranza’”.
Poi riprendendo le parole con cui il card. Montini descriveva l’opera di san Carlo nel creare una ‘santità di popolo, santità collettiva, fare santa tutta la comunità’, il card. Scola si è rivolto al popolo di Dio, affinché non dimentichi la ricorrenza ‘civile’ del 4 novembre per non vivere da ‘smemorati’: “Per questo scopo la proposta pastorale ‘Il campo è il mondo’ chiama a servizio tutti i cristiani della nostra Arcidiocesi. Il ‘cattolicesimo di popolo’, per certi versi ancora vitale sul nostro territorio, non avrà futuro se non passa dalla ‘convenzione’ alla ‘convinzione’.
Il rinnovamento, nella vita della Chiesa, ha sempre avuto come attori principali i santi. Nel loro quotidiano dialogo con il Signore, che è il vero protagonista della storia della Chiesa e di ogni suo processo di purificazione, i santi diventano co-agonisti. Radicati, attraverso la preghiera nel Crocifisso risorto, con diversi doni (carismi), educativi, di carità, di coinvolgimento sociale e culturale, i santi sono preziosi edificatori di una civiltà dal volto umano. Di essa anche oggi avvertiamo tutti, credenti e non credenti, l’urgente necessità”.
Concluso il Pontificale il card. Scola ha benedetto il nuovo museo del Duomo: “La nuova realtà che viene oggi proposta dalla Fabbrica a tutta la Chiesa ambrosiana e all’intera città ha un profondo significato. Per i fedeli ambrosiani, per credenti di diverse fedi e religioni, per i non credenti e le persone con visioni culturali diverse, per tutti il Duomo rappresenta un centro. Mi auguro che da questo percorso possa trarre grande giovamento tutta la realtà educativa italiana e internazionale, e sarà molto importante accompagnarvi i giovani e i ragazzi: per loro potrà essere per loro una straordinaria occasione didattica.
Abbiamo benedetto questa struttura, seppure civile, perché il riferimento a Dio che attraversa ognuno delle migliaia di reperti esposti, è un’occasione straordinaria per avvicinarsi, attraverso al bello, al bene e al vero. Se ci si ferma solo all’estetismo non si arriva fino al cogliere il vero, né il bello raggiunge il suo autentico scopo. L’augurio è di mettersi in gioco anche in questo contesto”.