Papa Francesco invita a fidarsi del Vangelo
‘l cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno’ è stato il Vangelo di oggi su cui papa Francesco si è soffermato dopo la recita dell’Angelus: “Anzitutto ciò che passa. In alcune circostanze della nostra vita, quando attraversiamo una crisi o sperimentiamo qualche fallimento, così pure quando vediamo attorno a noi il dolore causato dalle guerre, dalle violenze, dalle calamità naturali, abbiamo la sensazione che tutto vada verso la fine, e avvertiamo che anche le cose più belle passano. Le crisi e i fallimenti, però, anche se dolorosi, sono importanti, perché ci insegnano a dare a ogni cosa il giusto peso, a non attaccare il cuore alle realtà di questo mondo, perché esse passeranno: sono destinate a tramontare”.
Però le parole di Gesù restano: “Ci invita così a fidarci del Vangelo, che contiene una promessa di salvezza e di eternità, e a non vivere più sotto l’angoscia della morte. Infatti, mentre tutto passa, Cristo resta. In Lui, in Cristo, un giorno ritroveremo le cose e le persone che sono passate e che ci hanno accompagnato nell’esistenza terrena. Alla luce di questa promessa di risurrezione, ogni realtà acquista un significato nuovo: tutto muore e anche noi un giorno moriremo, ma non perderemo nulla di quanto abbiamo costruito e amato, perché la morte sarà l’inizio di una nuova vita”.
Mentre nell’omelia durante la celebrazione eucaristica per l’VIII Giornata Mondiale dei Poveri papa Francesco ha sottolineato l’eccezionalità della proposta di Gesù: “Gesù ci invita ad avere uno sguardo più acuto, ad avere occhi capaci di ‘leggere dentro’ gli avvenimenti della storia, per scoprire che, anche nelle angosce del nostro cuore e del nostro tempo, c’è un’incrollabile speranza che brilla. In questa Giornata Mondiale dei Poveri, allora, soffermiamoci proprio su queste due realtà: angoscia e speranza, che sempre si sfidano a duello nel campo del nostro cuore”.
Nell’omelia papa Francesco ha chiesto di non lasciarsi prendere dall’angoscia dei quotidiani avvvenimenti: “Se il nostro sguardo si ferma soltanto alla cronaca dei fatti, dentro di noi l’angoscia ha il sopravvento… Così ci condanniamo all’impotenza; vediamo crescere attorno a noi l’ingiustizia che provoca il dolore dei poveri, ma ci accodiamo alla corrente rassegnata di coloro che, per comodità o per pigrizia, pensano che ‘il mondo va così’ ed ‘io non posso farci niente’. Allora anche la stessa fede cristiana si riduce a una devozione innocua, che non disturba le potenze di questo mondo e non genera un impegno concreto nella carità”.
Quindi l’invito di Gesù è quello di uno sguardo diverso: “Spalanca l’orizzonte, allarga il nostro sguardo perché impariamo a cogliere, anche nella precarietà e nel dolore del mondo, la presenza dell’amore di Dio che si fa vicino, che non ci abbandona, che agisce per la nostra salvezza… Con queste parole, Gesù sta indicando anzitutto la sua morte, che avverrà di lì a poco.
Sul Calvario, infatti, il sole si oscurerà, le tenebre scenderanno sul mondo; ma proprio in quel momento il Figlio dell’uomo verrà sulle nubi, perché la potenza della sua risurrezione spezzerà le catene della morte, la vita eterna di Dio sorgerà dal buio e un mondo nuovo nascerà dalle macerie di una storia ferita dal male”.
Questa speranza è raccontata attraverso la foglia di fico: “Allo stesso modo, anche noi siamo chiamati a leggere le situazioni della nostra vita terrena: laddove sembra esserci soltanto ingiustizia, dolore e povertà, proprio in quel momento drammatico, il Signore si fa vicino per liberarci dalla schiavitù e far risplendere la vita. E si fa vicino con la nostra vicinanza cristiana, con la nostra fratellanza cristiana. Non si tratta di buttare una moneta nelle mani di quello che ha bisogno”.
E’ stata una richiesta di semina della speranza: “Siamo noi i suoi discepoli, che grazie allo Spirito Santo possiamo seminare questa speranza nel mondo. Siamo noi che possiamo e dobbiamo accendere luci di giustizia e di solidarietà mentre si addensano le ombre di un mondo chiuso. Siamo noi che la sua Grazia fa brillare, è la nostra vita impastata di compassione e di carità a diventare segno della presenza del Signore, sempre vicino alle sofferenze dei poveri, per lenire le loro ferite e cambiare la loro sorte”.
Con un rimando ad una frase del card. Martini il papa ha chiesto a tutti un contributo: “Fratelli e sorelle, non dimentichiamolo: la speranza cristiana, che si è compiuta in Gesù e si realizza nel suo Regno, ha bisogno di noi, ha bisogno del nostro impegno, ha bisogno di una fede operosa nella carità, ha bisogno di cristiani che non si girano da un’altra parte”.
Ponendo alcune domande il papa ha chiesto di rivedere gli stili di vita: “E non dobbiamo guardare solo ai grandi problemi della povertà mondiale, ma al poco che tutti possiamo fare ogni giorno con i nostri stili di vita, con l’attenzione e la cura per l’ambiente in cui viviamo, con la ricerca tenace della giustizia, con la condivisione dei nostri beni con chi è più povero, con l’impegno sociale e politico per migliorare la realtà che ci circonda. Potrà sembrarci poca cosa, ma il nostro poco sarà come le prime foglie che spuntano sull’albero di fico, il nostro poco sarà un anticipo dell’estate ormai vicina”.
(Foto: Santa Sede)