In aumento la fame nel mondo
Una persona su undici nel mondo, una persona su cinque in Africa: è il numero di quanti soffrono di insicurezza alimentare nel mondo, emergenza che eventi climatici estremi e guerre hanno fatto crescere di oltre il 26% in quattro anni. I progressi mondiali nella lotta alla fame stanno rallentando in modo preoccupante, allontanando sempre più l’obiettivo ‘Fame Zero’ entro il 2030, come ricorda l’Indice globale della Fame 2024 (Ghi), tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da Cesvi per l’edizione italiana e redatto annualmente da Welthungerhilfe e Concern Wordlwide.
Nel 2023 sono state 733.000.000 persone hanno sofferto la fame; quasi 3.000.000.000 non hanno potuto permettersi una dieta sana a causa dell’aumento dei prezzi alimentari e della crisi del costo della vita. Secondo il GHI (Indice Globale della Fame) di quest’anno la fame risulta ancora allarmante o acuta in 42 Paesi. Quest’anno il punteggio GHI del mondo è di 18.3, ovvero fame a livello moderato. In 6 Paesi (Somalia, Burundi, Ciad, Madagascar, Sud Sudan e Yemen), nonostante i miglioramenti in alcuni di essi, è stato riscontrato un livello di fame ancora allarmante e in ulteriori 36 un livello di fame grave.
Nello scorso anno si sono verificate 399 catastrofi naturali, più di 1 al giorno. Questi eventi hanno provocato 86.473 morti e colpito 93.100.000 persone, causando 202.700.000.000 di perdite economiche. Gli eventi meteorologici estremi, in particolare, nell’ultimo anno hanno peggiorato i livelli di fame in 18 Paesi, facendo precipitare in condizioni di insicurezza alimentare acuta oltre 72 milioni di persone, 15.000.000 in più rispetto al 2022.
A peggiorare la situazione alimentare mondiale anche le guerre e i conflitti armati, come dimostra il caso emblematico della Striscia di Gaza, che in meno di un anno ha visto il 96% della popolazione (2.015.000 persone) precipitare nell’insicurezza alimentare catastrofica o acuta.
Le operazioni militari hanno rapidamente devastato le infrastrutture agricole e di pesca del territorio e inferto un duro colpo anche all’allevamento in Terra Santa, secondo il racconto degli operatori del CESVI: “Quasi il 68% dei terreni agricoli di Gaza è stato danneggiato, riducendo drasticamente la produzione di cibo. Il 52,5% dei pozzi agricoli (1.188) e 44% delle serre sono stati gravemente compromessi, le attività agricole sono quasi totalmente interrotte e molte aree sono contaminate da ordigni inesplosi: si stima che ci potrebbero volerci fino 14 anni per eliminare tutte le minacce esplosive.
Le attività di pesca sono state gravemente compromesse a causa del blocco navale e degli attacchi alle imbarcazioni, riducendo notevolmente la disponibilità di pesce, una risorsa alimentare cruciale per Gaza. Gravissima anche la situazione degli allevamenti con il 95% del bestiame andato perduto. La distruzione di infrastrutture vitali come le riserve idriche e le strutture di trattamento dell’acqua ha ulteriormente aggravato la crisi: l’accesso limitato all’acqua potabile ha aumentato il rischio di malattie legate alla malnutrizione e alle condizioni igieniche carenti.
Inoltre nell’ultimo anno i conflitti armati hanno peggiorato i livelli di fame in ben 20 Paesi, trascinando quasi 135.000.000 persone nell’insicurezza alimentare acuta a causa della combinazione di scontri prolungati, blocchi economici e distruzione di terreni agricoli: “La situazione è poi particolarmente critica in Sudan, Paese che sta affrontando un’emergenza fame di dimensioni mai viste dai tempi della crisi del Darfur dei primi anni 2000: l’escalation del conflitto, la distruzione deliberata del sistema alimentare del Paese, la perturbazione dei meccanismi di adattamento della popolazione e la difficoltà di accesso degli aiuti umanitari hanno portato il Paese sull’orlo della carestia.
Attualmente sono oltre 20.300.000 le persone che affrontano alti livelli di insicurezza alimentare acuta, con un aumento di 8.600.000 in un solo anno. Qui CESVI sta intervenendo con l’obiettivo di fornire assistenza salvavita alle popolazioni vulnerabili colpite dal conflitto attivo garantendo sicurezza alimentare, nutrizione, acqua e servizi igienico-sanitari, oltre a fornire una programmazione integrata multisettoriale a lungo termine”.
Il devastante effetto dei conflitti sulla malnutrizione non risparmia l’Europa: anche l’Ucraina a causa della guerra nell’ultimo anno ha visto peggiorare il proprio punteggio GHI sulla malnutrizione.