Una Chiesa sinodale?

Papa Francesco al tavolo sinodale
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 14.10.2024 – Andrea Gagliarducci] – Trovare un filo conduttore comune e costante, che attraversi le prime due settimane di discussione al Sinodo, beh, ci vuole tempo e impegno. Chi sostiene il percorso sinodale dirà, che la difficoltà è una caratteristica, non un difetto; che l’apertura allo Spirito Santo richiede anche di non avere piani prestabiliti; che il continuo andare avanti e indietro è positivo. Supponiamo che abbiano ragione, o almeno che lo stato di cose che abbiamo osservato sia ciò che Papa Francesco desidera. Quali sono, allora, le prospettive di un lavoro di questo tipo? A cosa serve il Sinodo per Papa Francesco?

Non è passato molto tempo da quando Papa Francesco è tornato dal suo viaggio in Belgio, affrontando una crisi forse senza precedenti nel suo pontificato. Il viaggio in Belgio ha portato una serie di problemi e controversie che il Papa non era stato in grado di affrontare realmente. La critica all’Università di Leuven sul ruolo delle donne era prevedibile, ma Papa Francesco non è andato in profondità nelle sue risposte; non ha fornito giustificazioni teologiche o argomenti logici, ma si è limitato a dire che la Chiesa è una donna e che ultimamente ci sono donne che hanno ruoli di potere in Vaticano.

Anche le critiche del governo belga alla risposta della Chiesa alla crisi degli abusi e delle insabbiature erano prevedibili. Il Papa le ha accolte con alcune osservazioni improvvisate, che rendevano omaggio alla tolleranza zero. È sorprendente, tuttavia, che abbia dovuto elaborare una risposta, piuttosto che affrontare la questione in osservazioni preparate prima delle prevedibili critiche o almeno tenendole a mente.

Era anche prevedibile, che ci sarebbero state reazioni alla decisione del Papa di citare Re Baldovino come esempio e di prendere una posizione dura contro l’aborto. Niente che il Papa non abbia già fatto, ma che, in una nazione che oggi vuole percepirsi non solo come non cattolica ma anche non religiosa, appare inaccettabile.

Papa Francesco, in breve, è tornato dal Belgio sventolando la sua bandiera reazionaria. È stata la certificazione di un cambio di narrazione, o forse il riconoscimento tardivo che Papa Francesco, su questioni specifiche, non cambierà idea o dottrina dopotutto. La prima settimana del Sinodo dei vescovi ha dimostrato che, alla fine, i cosiddetti “passi indietro” di Papa Francesco erano quantomeno giustificati dal fatto che la maggioranza dei Padri sinodali ha un approccio cauto alle questioni significative.

Del resto, Papa Francesco aveva già rimosso dal dibattito temi controversi, come la pastorale LGBT o i ministeri straordinari per donne e uomini sposati, affidandoli a dieci commissioni, che sono chiamate a concludere il lavoro l’anno prossimo. Anche le relazioni intermedie di questi gruppi hanno testimoniato un approccio cauto. Infatti, il Cardinale Víctor Manuel Fernández ha affermato che Papa Francesco non ha ritenuto maturi i tempi per discutere del diaconato femminile.

Papa Francesco ha risposto a questo clima di controriforma annunciando un Concistoro. Il fatto che ciò fosse previsto da tempo fa capire come, ormai, lo stesso imprevedibile Papa Francesco segua schemi ben precisi e riconoscibili. Papa Francesco non ha solo creato 21 cardinali, di cui 20 elettori. Papa Francesco, con il Concistoro, ha dato un segnale di riunificazione della Chiesa. Ha creato cardinali che hanno dimostrato un approccio particolare al Sinodo, hanno cercato di cambiare la narrazione conservatrice nelle loro nazioni e, ultimo ma non meno importante, sono stati i suoi più fedeli.

Papa Francesco ha trasformato la sua riforma in una dinastia. Non ci sono mai stati così tanti cardinali con diritto di voto nella storia della Chiesa: 140 alla fine di quest’anno e 127 alla fine del 2025, quando 13 cardinali perderanno il diritto di voto in Conclave perché avranno superato la soglia di età di 80 anni. Ciò significa che un potenziale nuovo Papa dovrà aspettare almeno un paio d’anni prima di creare nuovi cardinali, se vuole rispettare il limite di 120 elettori stabilito da Paolo VI. Ma anche se non volesse rispettare il limite legale, sarebbe costretto a tenere un Concistoro che altererebbe definitivamente l’equilibrio del Sacro Collegio, aumentando a dismisura il numero dei cardinali. In questo modo, Papa Francesco ha trasformato il suo pontificato in una dinastia. Il prossimo Papa potrà prendere decisioni, ma questo significa semplicemente che non potrà prenderle senza alterare l’equilibrio. Papa Francesco ha così invertito le proporzioni.

Paradossalmente, potremmo ritrovarci in una Chiesa che avrà, tutto sommato, più cardinali che vescovi. Forse è un’esagerazione, ma il punto è lì. Mentre Papa Francesco continua inesorabilmente l’opera di fusione delle diocesi, continua anche la sua decisione di dare il cappello rosso a chi non ha un ruolo definito o non ha un ruolo che richiederebbe un titolo cardinalizio. Il cardinalato diventa così un premio per la fedeltà o l’area geografica, un simbolo estraneo al ruolo e all’opera svolta, una decisione del tutto arbitraria del Papa. Non che le decisioni dei Papi non fossero arbitrarie prima, ma seguono criteri definiti nei secoli che richiedevano un certo equilibrio. Papa Francesco, invece, ha altri criteri e li ha dimostrati.

Se ci sono meno vescovi, ci troviamo di fronte alla necessità di avere più laici coinvolti nella vita della Chiesa. Passo dopo passo, il ruolo sacramentale del sacerdozio viene messo da parte e il lavoro dei sacerdoti nella Curia romana o in altre organizzazioni rimane semplicemente una funzione. In precedenza, i sacerdoti venivano cercati, perché si credeva che la loro ordinazione li rendesse partecipi del munus di governo della Chiesa. Proprio come in precedenza, si è deciso che i capi dei dicasteri della Santa Sede dovessero essere almeno arcivescovi perché i collaboratori del Papa, in comunione con il Papa, dovevano condividere l’ordine episcopale con il Papa.

Ora, invece, tutto è ridotto a una funzione. Il Papa è al centro e comanda. I cardinali sono alla periferia. Rappresentano il Senato del Papa. A volte, agiscono come consiglieri, ma semplicemente non possono far parte del governo perché non sono vicini. I vescovi sempre più isolati devono rinegoziare il loro ruolo, mentre i laici acquisiscono un nuovo protagonismo proprio in base alle loro funzioni.

E il Sinodo, si potrebbe dire? Il Sinodo discute, a lungo, del ruolo del vescovo in una Chiesa sinodale. Nel Sinodo, si cerca di riproporre i temi che erano stati esclusi dalla discussione – è stato detto che il lavoro dei gruppi fa parte del lavoro del Sinodo; è stato detto che è vero che i temi sono fuori dal dibattito, ma se qualcuno vuole parlarne, non glielo impediranno. Il Sinodo mostra, in ultima analisi, una crisi all’interno della Chiesa. La crisi di una Chiesa che vorrebbe rimanere quella che è ma è costretta a riflettere e a cercare di essere quella che non è.

Il prezzo da pagare per Papa Francesco è quello di affrontare un tribunale laico e mediatico che lo accusa di secolarizzazione. Ma c’è anche il rischio di affrontare il giudizio di chi nella Chiesa ha scommesso sulla sua rivoluzione. Ecco perché il futuro del Sinodo non può essere altro che il Sinodo. Una piattaforma di discussione continua, in cui Papa Francesco interverrà solo poche volte. E, quando interverrà, lo farà solo per prendere decisioni personali.

Si è parlato molto dei nuovi cardinali provenienti dalle periferie, ma tutti i cardinali sono in periferia, ora. I vescovi sono diminuiti, sia in numero che in importanza, tranne quello nel centro a Roma. È lui che prende le decisioni.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

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