Una visione terrificante e l’origine di una preghiera

Luigi Tussi Vergine Immacolata
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Qualcosa è accaduto oggi 140 anni fa. Domenica 13 ottobre 2024 non è solo il 107° anniversario del Miracolo del Sole a Fatima nel 1917, ma anche il 140° anniversario della Preghiera di San Michele nel 1884. Di estrema importanza spirituale per la Chiesa da allora, fu composta da Papa Leone XIII dopo aver avuto una visione terrificante. Riportiamo di seguito la riflessione di Aurelio Porfiri su questo anniversario, nella convinzione che il trionfo del Cuore della Vergine Immacolata, profetizzato a Fatima, un giorno si avvererà. Nelle parole della profezia, questo trionfo inaugurerà un periodo di pace per il mondo.

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.10.2024 – Aurelio Porfiri] – Il 13 ottobre 1884, il Papa Leone XIII aveva appena concluso la Messa. Mentre si intratteneva con alcuni Cardinali su alcune questioni urgenti per la Chiesa, mentre era ancora nei pressi dell’altare, ebbe una visione mistica. Chi gli era vicino lo vide impallidire. Dopo la visione, confessò ai suoi collaboratori di avere avuto una visione terrificante. Che cosa aveva visto?

“Ho visto i demoni e ho sentito i loro bisbigli, le loro blasfemie, le loro denigrazioni. Ho sentito la voce raccapricciante di Satana sfidare Dio, dicendo che poteva distruggere la Chiesa e portare tutto il mondo all’inferno se gli dava abbastanza tempo e potere. Satana ha chiesto a Dio il permesso di avere 100 anni per influenzare il mondo come mai era riuscito a fare prima”.

Dopo questa visione, che coinvolgeva anche la Città di Roma, il Papa si rinchiuse nel suo studio per scrivere una preghiera. Chiese che questa preghiera fosse recitata alla fine della Messa nell’ambito delle cosiddette “preghiere leoniane”. Il testo di questa preghiera è il seguente:

“Sancte Míchæl Archángele, defénde nos in prælio, contra nequítiam et insídias diáboli esto præsídium. Imperet illi Deus, súpplices deprecámur: tuque, Prínceps militiæ cœléstis, Sátanam aliósque spíritus malígnos, qui ad perditiónem animárum pervagántur in mundo, divina virtúte, in inférnum detrúde”.

Ed ecco la traduzione:

“San Michele Arcangelo, difendici nella lotta; sii nostro presidio contro le perfide insidie del demonio. Perché Dio lo ordini, noi supplichevolmente ti imploriamo: e tu, Principe della Milizia Celeste, fortificato dai doni di Dio, caccia nell’Inferno Satana e gli altri spiriti maligni, i quali a perdizione delle anime vanno errando sulla terra”.

In seguito alla risoluzione del conflitto tra Italia e Vaticano nel 1929 con i “patti lateranensi”, Pio XI chiese che la preghiera continuasse ad essere recitata, ma con l’intenzione per la conversione della Russia. La preghiera sarà tolta in seguito alla riforma liturgica successiva al Concilio Vaticano II. Questa disposizione viene data nell’Istruzione Inter oecumenici del 26 settembre 1964 (quasi 80 anni dopo la visione di Leone XIII), con una semplice frase che dice “le preghiere leoniane siano soppresse”. Quindi per la vasta maggioranza del popolo Cattolico non è più obbligatorio rivolgersi a San Michele Arcangelo con questa preghiera.

Leone XIII compose anche un esorcismo in cui era contenuto questo passaggio:

“Nemici molto furbi hanno messo le loro mani empie su tutto quello che la Chiesa, sposa dell’Agnello immolato, ha di più prezioso e l’hanno saturata di amarezza. Là dove si stabilirono la Sede del Beato Pietro e il Pulpito della Verità per la luce delle nazioni, là hanno posto il trono dell’abominio, della loro empietà; così che colpendo il pastore, possano disperdere il gregge. Sii dunque presente San Michele Arcangelo, capo invincibile presso il popolo di Dio, contro gli assalti delle forze spirituali del male e dà loro la vittoria! Sei tu che la Santa Chiesa venera come suo custode e padrone. Tu che la Chiesa si glorifica di avere come difensore contro le potenze criminali della terra e dell’inferno”.

Non è illogico che il demonio attacchi proprio dove si trova il cuore della Cristianità, che non è certamente soltanto il Vaticano, ma Roma tutta. Quanto dolore ci causano le nostre mancanze, ma anche le mancanze del clero, il clericalismo, il carrierismo, gli abusi. Ecco perché, forse, bisognerebbe ritornare a recitare la preghiera di Leone XIII nella liturgia e fuori di essa.

Del resto i Papi recenti hanno mostrato molta considerazione per questa preghiera.

San Giovanni Paolo II, nel Regina Coeli del 24 aprile 1994 disse:

“Possa la preghiera fortificarci per quella battaglia spirituale di cui parla la Lettera agli Efesini: “Attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza” (Ef 6,10). È a questa stessa battaglia che si riferisce il Libro dell’Apocalisse, richiamando davanti ai nostri occhi l’immagine di San Michele Arcangelo (cfr. Ap 12,7). Aveva di sicuro ben presente questa scena il Papa Leone XIII, quando, alla fine del secolo scorso, introdusse in tutta la Chiesa una speciale preghiera a San Michele: “San Michele Arcangelo difendici nella battaglia contro i mali e le insidie del maligno; sii nostro riparo…”. Anche se oggi questa preghiera non viene più recitata al termine della Celebrazione Eucaristica, invito tutti a non dimenticarla, ma a recitarla per ottenere di essere aiutati nella battaglia contro le forze delle tenebre e contro lo spirito di questo mondo”.

Anche Papa Francesco invitò i fedeli nel 2018 a recitare questa preghiera, unitamente al Sub Tuum Praesidium al termine del Rosario per impetrare la protezione sulla Chiesa.

Una chiesa che è molto cara a me e alla mia famiglia è quella de Santi Quaranta Martiri e San Pasquale Baylòn nel cuore di Trastevere, una popolare zona di Roma, riedificata nel 1744 dai religiosi minori scalzi della riforma di San Pietro d’Alcantara (religiosi che ancora hanno in cura la chiesa), come ci dice Mariano Vasi Romano nel suo Itinerario istruttivo di Roma o sia Descrizione generale delle opere più insigni di pittura, scultura e architettura e di tutti i monumenti antichi, e moderni di quest’alma citta, e parte delle sue adiacenze del 1794. Ora, in questa piccola chiesa ci sono varie cose che possono essere notate, una su cui mi soffermo io spesso è un dipinto di Luigi Tussi, anche ricordata nel libro summenzionato, pittore genovese che fu attivo in questa chiesa anche con altre opere.

Perché mi ha colpito quest’opera? In realtà è per un particolare. C’è la Madonna a mani giunte e ai suoi piedi un angelo che infilza con una lancia il serpente infernale mentre la Madonna sembra tenerlo fermo col piede per aiutare l’angelo nella sua operazione. Certo, si potrebbe anche dire che la Madonna lo schiaccia direttamente, ma a me è sempre piaciuta l’immagine di Lei che aiuta l’angelo a combattere il male.

Io credo il messaggio in questo caso sarebbe come segue: aiutati che Dio ti aiuta (e anche la Madonna). Cioè, per cooperare al nostro bene l’aiuto celeste è certamente fondamentale, ma non lo è meno la nostra opera attiva ed efficace. Nella parola “contemplazione” è inserita la parola “azione”. Il contemplare è comunque una actio, un qualcosa che noi mettiamo in atto così come per ogni operazione della nostra vita dobbiamo cooperare attivamente alla nostra santificazione. Sappiamo che cadremo tante, troppe volte, che la volontà non riesce a franare su certi errori aumentando le nostre miserie. Ecco, ricordiamo la Madonna in questo dipinto di cui parlo, che a mani giunte, e quindi in preghiera, non smette di intercedere, e di agire, per noi.

Questa riflessione è stata pubblicata dall’autore sul suo sito Liturgia e musica sacra [QUI].

Foto di copertina: Luigi Tussi, la Vergine Immacolata in piedi su un drago, che rappresenta il diavolo mentre un angelo colpisce la testa del drago con una lancia, 1700, pala d’altare della prima cappella a sinistra della chiesa dei Santi Quaranta Martiri e San Pasquale Baylòn a Trastevere in Roma, dedicata all’Immacolata Concezione.
Questo è uno dei dipinti preferiti di Aurelio Porfiri, che suggerisce che le mani della Vergine, tenute insieme in preghiera, significano che la Vergine Immacolata aiuta l’angelo a sconfiggere davvero il male, sì, ma che lo fa sempre senza mai smettere di pregare.

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