Ad Enna la protesta contro l’omertà clericale chiede le dimissioni del Vescovo di Piazza Armerina per aver insabbiato il caso Rugolo

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 12.10.2024 – Ivo Pincara] – Ad Enna non si placa la protesta legata alla vicenda del sacerdote di Enna, Don Giuseppe Rugolo, denunciato alle autorità civili da Antonio Messina, che subì i suoi abusi sessuali, e condannato lo scorso 5 marzo dalla giustizia civile a 4 anni e 6 mesi di reclusione ex articolo 609 bis e quater del Codice penale, per violenza sessuale aggravata e tentata violenza su minori di 16 anni, con interdizione per 5 anni dai pubblici uffici e interdizione perpetua dall’insegnamento nella scuola di ogni ordine e grado [QUI].

La serie di proteste nella Diocesi di Piazza Armerina in riferimento al caso Rugolo, riflettono il crescente malcontento pubblico e il desiderio di chiedere all’interno della Chiesa maggiore trasparenza e assunzione di responsabilità, innanzitutto da parte della Santa Sede, e di rimuovere vescovi come Mons. Rosario Gisana, di fronte all’evidenza di coinvolgimento nell’insabbiamento del reato di abuso sessuale da parte di esponenti del clero.

Venerdì 11 ottobre 2024, una cinquantina di persone aderenti al gruppo “Io non accetto prediche da chi copre un abuso” della Rete L’Abuso-Associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero, fondato da Francesco Zanardi, si sono riuniti per una silenziosa protesta pacifica (foto di copertina) davanti alla nuova chiesa di Santa Lucia, ad Enna Bassa, dove il Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana, poco dopo avrebbe celebrando la Santa Messa, con il rito di consacrazione e dedicazione della chiesa e dell’altare.

A far discutere la comunità ennese, animando il dibattito sui social media, che l’accesso alla chiesa era consentito ai soli possessori di un pass rilasciato nei giorni precedenti dal parroco.

È stato diffuso – non solo durante la manifestazione nel pomeriggio, ma anche via i social media al termine del sit-in – un appello con dei volantini sottoscritti da nove associazioni riunite nel Coordinamento nazionale contro gli abusi nella Chiesa Cattolica #ItalyChurchToo, Rete L’Abuso, Laboratorio Re-In-Surrezione, Noi siamo Chiesa, Camini di Speranza, Manifesto 4 ottobre, Ali d’aquila persone cristiane Lgbt+, Cristiani lgbt+ Sicilia e Progetto Cristian3lgbt+). Un appello con cui si chiedono una chiesa pulita e con forza le dimissioni del Vescovo Gisana, che si può anche sottoscrivere in prima persona, con l’adesione alla richiesta di dimissioni tramite la petizione diretta a Papa Francesc, lanciata l’11 ottobre 2024 su Change,Org [QUI].

Vescovo Gisana rassegni le dimissioni
È un dovere di cittadino oltre che di Cristiano

Perché questa petizione è importante
Siamo prossimi di una vittima sopravvissuta agli abusi sessuali di Don Rugolo, un caso terribile raccolto dal podcast La Confessione [QUI], che ha coinvolto i vertici più alti della Chiesa Cattolica. Il dolore e l’umiliazione che Antonio Messina ha dovuto subire sono acuiti dal fatto che la sua sofferenza è stata potenzialmente ignorata e minimizzata per troppo tempo.
Siamo coscienti che molti sopravvissuti subiscono questa sofferenza in silenzio, le loro voci soffocate dalla corruzione e dall’ipocrisia degli uomini di chiesa che non sono uomini di Dio, tutt’altro, anche in casi di abuso di ogni altro tipo, non solo sessuale.
Siamo indignati e come cittadini non possiamo più rimanere in silenzio mentre il Vescovo Gisana copre questi scandali, ignorando ciò che la Magistratura ha già giudicato.
Siamo stanchi dell’ipocrisia e della corruzione che permeano la Chiesa, e chiediamo che si trasformi in verità e onestà di pensieri, parole, opere ed azioni. Questo è un problema sistemico della Chiesa che non può più essere taciuto e nascosto.
Non agiamo da soli, firmiamo la petizione a sostegno di quanto scritto dal Coordinamento contro gli abusi nella Chiesa Cattolica #ItalyChurchToo

Ieri pomeriggio, tra i cartelloni esposti durante la protesta, non c’erano soltanto frasi emblematiche del Vangelo e lo slogan identitario del gruppo “Non accetto prediche da chi copre un abuso”, ma è stata riportata anche un’intercettazione telefonica, in cui il Vescovo Gisana dice a Don Rugolo: “Ora il problema non è solo tuo, il problema è anche mio, perché io ho insabbiato questa storia”.

l gruppo era composto da cattolici praticanti – con un bavaglio viola, simbolo del silenzio imposto dalla Curia vescovile su una vicenda che ha lasciato profonde ferite nella comunità – che chiedono “una Chiesa pulita” e una decisione della Santa Sede circa la posizione di Mons. Gisana, visto che il Papa continua a proteggerlo. Il Vescovo di Piazza Armerina è contestato di aver coperto Don Rugolo. In una conversazione telefonica, intercettata dalla polizia dice a Don Rugolo, poi condannato: “L’unica cosa è pregare il Signore, che freni questo impeto demoniaco e speriamo che il Signore ci aiuti e basta. Picchi ccaà [perché qua], ora il problema non è solo tuo, il problema è anche mio, perché io ho insabbiato questa storia, per cui stanno cercando in tutti i modi di accusarmi”.

La protesta silenziosa contro gli abusi sessuale e l’insabbiamento da parte di esponenti del clero diocesano, era rivolta alla Curia diocesana di Piazza Armerina, nella persona del Vescovo Rosario Gisana, che era a conoscenza degli abusi di Don Rugolo e lo ha coperto, come si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna, pubblicate a 137 giorni dalla sentenza di primo grado lo scorso luglio. In questo documento di 222 pagine, il Vescovo di Piazza Armerina, pur non essendo indagato, è fatto oggetto di pesanti accuse, come quella di aver agevolato l’attività predatoria di Don Rugolo. Vengono citati “elementi chiari e univoci a sostegno di una condotta coscientemente colposa da parte del vescovo monsignor Rosario Gisana, che rendono vieppiù legittima la condanna al risarcimento del danno della Curia, nella sua qualità di responsabile civile, per i pregiudizi cagionati dagli abusi sessuali perpetrati da padre Rugolo”. Secondo i giudici, Mons. Gisana sarebbe stato “ben consapevole da molti anni delle segnalazioni effettuate inerenti gli abusi patiti da un ragazzo ancora minorenne, non solo ritardando volutamente l’incontro con Messina ed i suoi familiari, ma evitando di attuare qualsiasi forma di controllo o di provvedimento a tutela dei fedeli, soprattutto adolescenti, facenti parte della comunità religiosa da lui guidata che pure il suo ruolo gli imponeva”. Inoltre, Mons. Gisana “già nel 2016 e negli anni successivi in cui l’imputato seguitava a perpetrare abusi sessuali” ai danni degli altri due adolescenti vittime di Rugolo “era pienamente consapevole del fatto che p. Rugolo era stato segnalato a lui per avere tenuto, nel recente passato, condotte simili con altri ragazzi giovanissimi”.

Le motivazioni della sentenza da parte del Tribunale di Enna dunque confermano quanto raccontato nel podcast La Confessione dei giornalisti Stefano Feltri, Giorgio Meletti e Federica Tourn, che aveva ricostruito tutto il sistema di insabbiamenti del caso Rugolo sulla base dei documenti e delle registrazioni telefoniche messe agli atti e in seguito nella disponibilità delle parti [QUI]. La Confessione ha presentato, come spiegato da Feltri stesso, una “riproduzione quasi in scala 1:1 del meccanismo di copertura che la Chiesa offre ai sacerdoti che sbagliano”. Un filo rosso che risale da un prete a un vescovo fino al Papa. Il documento con le motivazioni della sentenza di condanna di Don Rugolo ha fornito nuovo materiale per una puntata extra del Podcast, pubblicata il 1° agosto scorso, e ha provocato anche una reazione di Mons. Gisana, che una lunga intervista apparsa su La Stampa il 26 lugllio 2024, ha tentato di sollevarsi da ogni responsabilità: “Ritengo di non aver facilitato l’attività predatoria di alcuno”. “I fatti che hanno riguardato i rapporti tra Antonio Messina e Giuseppe Rugolo si sono verificati prima del mio insediamento a Piazza Armerina come vescovo nel 2014”.

“Ho disposto io la verifica”, ha detto Mons. Gisana a La Stampa, spiegando che avuta “conoscenza di quanto rappresentato da Messina”, avrebbe “immediatamente disposto una investigatio praevia che ha costituto un doveroso momento di verifica di quanto sostenuto” dalla vittima e “in esito a tale investigatio è stato sospeso l’insediamento a parroco di Rugolo e lo stesso è stato inviato a Ferrara per le ragioni espresse dal provvedimento all’epoca adottato”. “Nessuno degli altri giovani – ha aggiunto Mons. Gisana nell’intervista – ha dichiarato di essersi sentito abusato da Rugolo, né per quanto a mia conoscenza, ha mai palesato condizioni di difficoltà o lamentato traumi, né avanzato richieste di sorta”.

È vero che l’allontanamento di Rugolo dalla Sicilia avviene nel 2019 su decisione del Vescovo Gisana, e che la prima denuncia ecclesiastica di Messina risale al 2018, quando ormai era maggiorenne, in cui vengono portati alla luce i fatti accaduti tra luglio 2009 e maggio 2011. In seguito, Messina denuncerà a dicembre 2020 tutto alla polizia. Da qui parte l’inchiesta, e saltano fuori altri episodi, come la tentata violenza di Don Rugolo a due minorenni tra il 2015 e il novembre 2019, “reiterati anche dopo” che le vittime avevano “compiuto sedici anni” e affidati al sacerdote “per ragioni di istruzione ed educazione alla religione cattolica e di vigilanza”. Questi ultimi episodi avvengono mentre Mons. Gisana è Vescovo di Piazza Armerina, ed è per tale motivo che i giudici ritengono “la condotta coscientemente colposa da parte del vescovo”, rendendo “legittima la condanna al risarcimento del danno della Curia nella sua qualità di responsabile civile per i pregiudizi cagionati da padre Rugolo”.

Nell’intervista a La Stampa, Mons. Gisana dice che la frase, “Ora il problema non è solo tuo, il problema è anche mio, perché io ho insabbiato questa storia, per cui stanno cercando in tutti i modi di accusarmi”, sarebbe stata “decontestualizzata dal dialogo”. Eppure, è sempre lo stesso Mons. Gisana che parlando con un altro prelato, minimizza sugli abusi subiti da Messina, considerandoli una vicenda tra “omosessuali” finita male: “Li conosci anche gli omosessuali, sono fatti così, amano in maniera viscerale o odiano in maniera viscerale, cioè chiesta [questa] è una pura vendetta di una persona innamorata che è stata respinta”.

Nell’intervista a La Stampa, Mons. Gisana si è fatta scappare una notizia, quando dice che “è in corso una distinta ed ulteriore investigatio praevia per la valutazione in sede canonica di quanto è avvenuto”. L’investigatio è nei confronti di Rugolo per le violenze sugli altri due minori.

L’intervista ha portato però alla reazione di Mons. Michele Pennisi, Arcivescovo emerito di Monreale, che è stato Vescovo di Piazza Armerina. Ha ribadito all’ANSA: “Io non ho mai ricevuto alcuna segnalazione in merito a Rugolo. Perché quando sono stato informato, come in un caso di Gela, ho preso immediatamente seri provvedimenti. Se durante il mio vescovato alla Diocesi di Piazza Armerina fossi venuto a conoscenza di questi fatti che, preciso, per me costituiscono reato, non avrei esitato a prendere provvedimenti”.

La protesta continuata dei fedeli di Enna ha efficacemente concretizzato e condensato quella presa di coscienza della realtà dei fatti già espressa la scorsa primavera con l’enorme affluenza della popolazione alla presentazione del podcast La Confessione ad Enna, che aveva visto la partecipazione di più di 150 persone, incredule e indignate [QUI]. Anche qui sembra registrarsi uno scatto di consapevolezza, perché solo qualche mese fa, il podcast La Confessione aveva rilevato come l’amministrazione comunale non si fosse costituita parte civile nel processo contro Don Rugolo.

Quella di ieri, non è la prima azione di protesta contro il Vescovo di Piazza Armerina. Il 14 settembre scorso, un gruppo nutrito di persone, alcuni dei quali provenienti da altri comuni della provincia, si era riunito davanti alla chiesa di San Marco. Il 2 settembre precedente, una manifestazione analoga era stata organizzata in due chiese, ad Enna e a Piazza Armerina. Furono esibiti cartelli, tra cui: “Non accetto prediche da chi copre un abuso”. In un altro fu riportata una frase di Mons. Gisana, intercettata dagli inquirenti.

Poi, anche il 22 agosto scorso si sono svolte una serie di manifestazioni di protesta in due delle chiese più importanti di Enna, la chiesa parrocchiale di San Giuseppe e il santuario di Valverde, per esprimere il dissenso nei confronti di alcuni sacerdoti coinvolti nel caso Rugolo. Durante le celebrazioni della Santa Messa, in un gesto del valore simbolico molto forte, i partecipanti alla protesta abbandonarono le chiese non appena sono entrati i sacerdoti coinvolti nel caso Rugolo. All’esterno, i fedeli hanno esposto dei cartelli con citazioni evangeliche e lo slogan dell’iniziativa: “Non accetto prediche da chi copre un abuso”. Il flash mob di protesta contro l’insabbiamento del caso Rugolo è stato ripreso da un video, che è diventato virale sui social media. La manifestazione silenziosa si era spostata poi nel piazzale della cattedrale di Piazza Armerina.

Ad Enna la seconda “panchina viola” dell’Italia contro gli abusi clericali

Tutto questo indica che forse il sistema di omertà e di coperture degli abusi sessuali nella Chiesa comincia a creparsi e che la base Cattolica sta attraversando una fase di profondo cambiamento: “non ci sta più” e non è più disposta a stare dalla parte del clero.

Un segno che forse qualcosa sta cambiando – e che Enna può diventare la capofila di una più massiccia consapevolezza sul tema degli abusi sessuali in Italia – è anche l’installazione, al Belvedere Marconi a Enna, la seconda città in Italia dopo Savona, di una panchina viola contro gli abusi sessuali perpetrati sacerdoti, autorizzata dal Comune su richiesta di Francesco Zanardi, Presidente della Rete L’Abuso-Associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero, e sponsorizzata anche da ECA-Ending Clergy Abuse e dal Coordinamento contro gli abusi nella Chiesa Cattolica #ItalyChurchToo-. «Questa installazione rappresenta un’importante passo avanti nell’impegno di questa amministrazione nella lotta alla violenza sui minori – ha detto il sindaco Maurizio Dipietro all’ANSA il 28 agosto 2024 – e uno strumento efficace per sensibilizzare la comunità e promuovere una cultura del rispetto e della protezione dei più deboli».

L’Assessore comunale alla comunità educante e alla tutela dell’infanzia, Giuseppe La Porta, ha espresso la sua soddisfazione: «Questa iniziativa, simbolo, fra altri, della lotta contro la violenza sulle donne e a sostegno dei diritti, e contro l’abuso dei minori si inserisce in un percorso più ampio di sensibilizzazione che l’amministrazione comunale sta portando avanti. La panchina va a completare, insieme a quella rossa dedicata alla violenza contro le donne e quella gialla, dedicata a Giulio Regeni il parco della Sensibilità della Comunità». Non si tratta solo «di un semplice arredo urbano», ha aggiunto: «È un segnale forte e chiaro, un invito alla comunità tutta a riflettere su tematiche fondamentali come il rispetto, l’uguaglianza e la tutela dei più deboli. La nuova panchina sarà un punto di riferimento, un luogo dove fermarsi a pensare e a confrontarsi, contribuendo a creare una cultura della non violenza e dell’inclusione e contro ogni abuso in particolare sui minori», e intende essere espressione dell’«impegno per una società più giusta ed equa, dove ogni individuo possa sentirsi libero di esprimere se stesso e di vivere la propria vita senza paura».

Anche per Francesco Zanardi, ideatore della campagna, la panchina viola ad Enna rappresenta il segno di un cambiamento: «Un nuovo gesto fortissimo per la Città che non può che lasciarmi soddisfatto e per cui esprimo grande stima e che spero si ripeta ovunque».

#OndaViola STOP all’abuso sessuale su minori e persone vulnerabili

La campagna nazionale di sensibilizzazione L’Onda Viola, l’iniziativa “consapevole” contro la violenza sessuale su minori e persone vulnerabili può essere portata in tutti i Comuni italiani. Si può aiutare a diffonderla nel proprio luogo di residenza, contattando la Rete L’Abuso-Associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero, attraverso l’apposito form [QUI].

Indice – Caso Rugolo [QUI]