63° viaggio di solidarietà e speranza della Fondazione Santina in Kenya. Dalla cura della manina di Ruwa Kingi riparte il #AnastasiaProgram2024

Ruwa Kingi e Don Gigi
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 12.10.2024 – Vik van Brantegem] – Oggi terminiamo il racconto del 63° viaggio di solidarietà e speranza in Kenya, dal tema Se vuoi essere primo corri da solo, se vuoi arrivare lontano cammina insieme, che Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami, Presidente delle Onlus Associazione Amici di Santina Zucchinelli e Fondazione Santina ha iniziato giovedì 26 settembre, dopo l’intervento chirurgico del 6 settembre 2024 [QUI]. Lasciando il Kenya, Don Gigi ha inviato delle foto e un commovente video della cura della manina del bambino Ruwa Kingi, mentre durante il volo di ritorno da Dubai ad Orio al Serio ha scritto ed inviato il Report 63/7 – Ruwa Kingi.

Sono le immagini e il racconto – che riportiamo di seguito – di una bella speranza che tocca il cuore e spinge ad un gesto di carità. Dalla cura della manina di Ruwa Kingi riparte il #AnastasiaProgram2024. Scrive Don Gigi: “Fino a pochi giorni fa il momento dell’inaugurazione delle grandi cisterne di acqua per la scuola Cattolica di Garissa era stato il momento più bello del viaggio, ma dopo l’incontro con Ruwa Kingi devo dare all’inaugurazione la medaglia di argento e a questo incontro la medaglia di oro”.

Il 29 settembre abbiamo riportato il suo Report 63/2 – Il #AnastasiaProgram2024 riparte alla grande [QUI], con il racconto della visita che Don Gigi e Blanca hanno fatto alla bambina Anastasia, che è all’origine del #AnastasiaProgram2023 dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli Onlus. Per raggiungere 416 bambini con il #AnastasiaProgram2024 in Kenya occorrono 5.000 euro. Ripetiamo la nostra domanda con insistenza: chi aiuterà Don Gigi a raggiungere l’obiettivo?

#AnastasiaProgram2023 su Korazym.org

#AnastasiaProgram2024

Il 28 settembre 2024 abbiamo riportato il Report 63/1 – I miei tre Papi ed un Indiana Jones di Valentina Alazraki [QUI]. Inviato da Dubai, in viaggio verso il Kenya, con la trascrizione dell’articolo pubblicato sul mensile Donne Chiesa Mondo de L’Osservatore Romano, “Il prete che vorrei”. Era il primo report – con un contenuto inconsueto, ma altamente significativo e commovente – del viaggio che Don Gigi ha svolto con un programma intenso in Kenya fino a ieri 9 ottobre.

Il 2 ottobre abbiamo pubblicato il Report 63/3 – L’anello di ematite [QUI]: “Dio ha mandato il suo angelo e mi ha consacrato nuovamente e totalmente a sé per i più poveri e per gli ultimi nel lavoro della nostra Fondazione”.

La mattina del 4 ottobre abbiamo riportato il Report 63/4 – Il cuore dei bambini [QUI], che Don Gigi ha inviato, con un testo di Maria Blanca Casillas Sillo, membro dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli Onlus: “In questi primi giorni di viaggio, nella mia prima volta in Africa, quello che più mi ha impressionato è stato il cuore dei bambini”. Poi, nel pomeriggio del 4 ottobre abbiamo riportato il Report 63/5 – Garissa inaugurazione impianto idraulico con 2 cisterne da 10.000 litri di acqua [QUI], in cui Don Gigi ha raccontato  come in Kenya a Garissa, la Fondazione Santina Onlus ha inaugurato l’impianto idraulico nella scuola cattolica Saint Mary con 800 alunni.

Non vi era giorno migliore che questo per inaugurare un’opera per i poveri, perché era la festa di San Francesco, che, dopo una spensierata gioventù, ad Assisi in Umbria si convertì ad una vita evangelica, per servire Gesù Cristo che aveva incontrato in particolare nei poveri e nei diseredati, facendosi egli stesso povero. Unì a sé in comunità i Frati Minori. A tutti, itinerando, predicò l’amore di Dio, fino anche in Terra Santa, cercando nelle sue parole come nelle azioni la perfetta sequela di Cristo, e volle morire sulla nuda terra. Era sette secoli fa.

Il 10 ottobre abbiamo riportato il Report 63/6 – Agnes: la forza del sorriso, la storia di valore del prossimo libretto #VoltoDiSperanza N. 49 [QUI]. Al termine del loro incontro, Don Gigi saluta Agnes:: “Grazie Agnes, (…) perché mi hai insegnato che quando la vita ti dà mille ragioni per piangere, mi hai dimostrato che hai mille ed una ragione per sorridere e quella ragione è Gesù!”.

Dopo il raccoglimento in preghiera durante il volo di ritorno da Dubai ad Orio al Serio, Don Gigi apre a caso il Vangelo e c’è Matteo 25, 31-40:

“Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

Quindi, segue il giudizio finale in Matteo 25,41-46:

“Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna”.

“Seguire Cristo significa incontrare i poveri sulla propria strada. L’aver dato da mangiare all’affamato, vestito l’ignudo, visitato il malato o il carcerato, sarà titolo determinante al momento del giudizio definitivo come ci ricorda Matteo 25,46. E quel giudizio finale è già in atto oggi su ogni nostra giornata. Con esempi tratti dal suo ambiente, Gesù ha voluto far capire che solo chi sente la fame, la nudità, la ristrettezza, il bisogno, l’abbandono sofferto dagli altri e fa di tutto perché ne siano liberati, è l’uomo del Regno. Ma decidersi per i poveri non basta. Gesù chiede di più, e cioè, che ciascuno di noi si faccia volontariamente “povero”. È il programma di vita proposto da lui e che i suoi seguaci dovranno vivere nello spirito delle Beatitudini” (Prof. Cav. Enzo Cantarano).

Report 63/7 – Ruwa Kingi

Sono in aereo, dopo aver trascorso una notte a Dubai, stanco morto al termine di un viaggio meraviglioso, intenso, esigente ed esaltante. Come ogni viaggio, il ritorno riesce a catturare tutta la stanchezza che esplode dopo aver esaurito un programma dettagliato ed accurato per 15 lunghissimi e bellissimi giorni. Mi sembra di essere stato fuori dall’ Italia per mesi. Tanto il lavoro svolto. Mi raccolgo riconoscente in preghiera: recito l’Ufficio divino, poi il Rosario e la meditazione.

Apro a caso il mio inseparabile Vangelo e la pagina è quella del giudizio finale di Matteo 25,31-40: “Ero affamato e mi avete dato da mangiare, ero malato e mi avete curato, ero in carcere e mi avete visitato, nudo e mi avete vestito”. La pagina ha il potere di commuovermi nelle viscere, come per l’intervento chirurgico alla Clinica San Francesco. Nei momenti importanti e nodali il Signore mi parla apertamente e penso che non sia una illusione. Ma questa diosincidencia ha anche un secondo valore ed assume una strepitosa forza perché nelle mie numerose glosse al testo sacro trovo un mio commento: “Volo aereo Acapulco–Città del Messico 21 gennaio 2024 aperta a caso questa pagina!” Quindi questa pagina è con me ostinata nel regalami pace e tanta gioia: ho incontrato Gesù in questi giorni, nei carcerati di Garissa o del carcere di Mtangani, nei malati incontrati nella visita alle capanne, nelle bambine mutilate genitalmente, nei bambini sieropositivi, negli orfani.

Sprofondato nel sedile dell’aereo, con la faccia scottata dal sole, le ossa doloranti per qualche botta presa in moto, in jeep, o tra i campi ed i rovi spinati. Respiro profondamente pace e gratitudine a Dio ed al Vescovo Francesco, che mi concedono di vivere questa vita… ed a tutti voi che mi leggete e seguite che la rendete possibile con la vostra generosità e con il vostro cuore.

Fino a pochi giorni fa il momento dell’inaugurazione delle grandi cisterne di acqua per la scuola Cattolica di Garissa era stato il momento più bello del viaggio, ma dopo l’incontro con Ruwa Kingi devo dare all’inaugurazione la medaglia di argento e a questo incontro la medaglia di oro.

Dio mi ha concesso una forte esperienza spirituale, che pensavo di dominare ed invece si è rivelata bene più profonda del previsto. Avevo chiesto a Jimmy di trovare un primo bambino per dare vita all’#AnastasiaProgram2024, ma non mi aspettavo di venire così coinvolto. E il mio piccolino arriva, è nato nel 2021 ed ha solo tre anni. Si chiama Ruwa Kingi. È accompagnato dalla sorella, che lo tiene per mano e i suoi passettini veloci lo rendono simpaticissimo.

Il Dottor Abdala mi dice: “Gigi, si tratta di una semplice medicazione, se te la senti vorrei che fossi tu ad eseguirla: sai, è molto diverso aiutare anche economicamente, che coinvolgersi con i pazienti. Ti farà bene, vuoi provare? In questo modo il tuo programma ti vedrà non solo come donatore, ma come attore! È una cosa completamente diversa, vedrai. Prima di tutto ti dico che il piccolino si è ferito il palmo della mano sinistra mentre giocava nella capanna con un grosso coltello. Il fatto è successo tre giorni fa, ma i genitori hanno sottovalutato la ferita e così si è infettato. Sono venuto solo ieri, due giorni dopo. Non avevano i soldi per l’antibiotico e così gli ho detto di tornare oggi, che l’avrei visitato ed avrei pulito la ferita, e che un padre venuto dall’Italia avrebbe regalato loro gli antibiotici. Dunque dovrai togliere la benda dalla manina, pulire bene la ferita, disinfettare e chiudere nuovamente con una benda: ci stai?”

Sono un po’ titubante ed allo stesso tempo lusingato di prestare come attore diretto le mie cure. Vorrei dire di no, ma poi vinco me stesso e dico: “Ci provo volentieri dottore!” Mi lavo accuratamente le mani ed indosso i guanti sterili. E lui, il mio piccolino, entra. I suoi occhioni spaventati sono dolcissimi, di una purezza infinita. Occhi così solo Dio sa dipingere e ci dicono: Dio ancora non si è stancato dagli uomini. Gli occhi di Ruwa Kingi sono due enormi finestre dalle quali vedi davvero Dio.

Il dottore fa sedere il bambino sul lettino del dispensario e chiede alla sorella di tenerlo fortemente. Blanca e Jimmy mi guardano con una certa perplessità e meraviglia. e sembrano intimarmi di non fare stupidaggini, di non sbagliare. Con i loro volti si ergono a protettori del piccolino. Faccio un forte respiro e delicatamente tolgo il cerotto e svolgo la garza attorno alla manina sinistra del bimbo. Il Dottor Abdala mi è vicino e tiene un vassoio chirurgico con delle pinze e garze sterili, i disinfettanti sono pronti.

Ruwa Kingi mentre inizio a svolgere la garza ha un presentimento che potrebbe ora sentire dolore e inizia sommessamente a piangere. Non ho visto ancora la ferita e le lacrime mi prendono il cuore. Mi dico: senti come piange poverino, lo devo fare soffrire il meno possibile, devo essere preciso e cauto nei miei gesti. Ogni gesto da me fatto male per lui è dolore. Sono stato un idiota ad accettare. Poi invece capisco cosa voleva dirmi il saggio Dottor Abdala, voleva che avvertissi nel mio animo questa situazione che ti compromette profondamente nella ricerca di una cura perfetta dell’infezione, senza provocare troppo male. Se ci pensate, è davvero una riflessione che tocca il cuore e che è radicale.

La ferita ora è scoperta, ma il bimbo sente dolore e non vuole che io la tocchi e così con forti urla chiude a pugno la manina e con fatica uno per uno devo aprire le delicatissime e piccolissime dita. Con una certa fatica e con le sue urla ora la manina è aperta: la ferita della punta del coltellaccio è ben visibile, non è molto estesa e grazie a Dio non ci sono lesioni ai piccoli tendini della manina. La ferita è sporca di polvere ed è scura. Per prima cosa detergo la manina con abbondante acqua ossigenata. Il dottore mi passa una pinza con una garza sterile, la prendo ed inizio a pulire la polvere, devo però esercitare una certa pressione con le dita per pulirla bene e il mio piccolo crocifisso urla ed urla a motivo mio, sento uno stridente sentimento, quello di essere superficiale nel pulire per non fare male, oppure di essere accurato nella pulizia creando dolore.

Ancora adesso che scrivo in aereo, noto questo disagio e questo contrasto. È la voce secca e determinata del giovane medico che senza opzioni mi indica la strada: “Gigi, vuoi curarlo, oppure no? In questo momento la priorità non ê il suo dolore innocente ma la sua cura. Dunque non spaventarti, ma rapido e preciso pulisci, lui urlerà ma tu avrai pulito la sua ferita”. Il tono imperioso che non accetta commenti, mi distoglie dal mio disagio. Mi concentro, guardo dove sia la polvere e lo sporco e velocemente ed in rapida successione pulisco una, due, tre, quattro volte. Il bimbo esplode in un pianto disperato di dolore. Le piccole dita diventano quasi artigli per chiudersi, ma Abdalla le tiene saldamente aperte.

La ferita ora è pulitissima e subito il dottore mi dice secco e forte: “Ottimo! Ora devi disinfettare e chiudere con la nuova benda pulita”. Mi passa in successione l’acqua ossigenata con la quale irroro abbondantemente la manina. Le urla del piccolino di tre anni diminuiscono, poi il Betadine rosso scuro, e quindi lentamente e con studiata precisione metto la garza sterile, e lentamente e saldamente la avvolgo in bende pulite e chiudo tutto con un cerotto bianco.

Il piccolino ha smesso di piangere, ma chi sta piangendo sono io. Non avrei mai pensato di provare tutto questo. Mi sento felice e stanchissimo, come dopo una grossa tensione provata in qualche modo, anche orgoglioso di me e al contempo vergognoso della mia meschinità. Davvero il momento più struggente di tutto il viaggio il più profondo, capace di scavarti i il cuore, le budella… l’anima!

Come il piccolo di tre anni, Dio mi ha voluto medicare e pulire il cuore: ogni urla straziante del piccolino erano un passaggio di carta vetrata sul mio cuore di pietra, e poi il disinfettare la ferita era un disinfettare il mio cuore da parte di Dio, renderlo meno duro, restituire al mio cuore la sua carne. In altre parole usando le parole della Bibbia: togliermi il cuore di pietra e darmi un cuore di carne. Se ho pulito la ferita del piccolo e l’ho disinfettata. il mio Ruwa Kingi ha svolto una importante operazione chirurgica, mi ha tolto il mio cuore di pietra e mi ha regalato un cuore di carne.

Sono felice, mi asciugo gli occhi dalle lacrime, tolgo i guanti e il mio piccolino mi sale in braccio con un’infinita tenerezza. Tutti e due siamo felici: lui per essere stato medicato da me ed io ancora di più per essere stato medicato dal suo dolore. Sorridiamo, mi dà un tenero bacione e mi sciolgo come il burro. Davvero dovevo prendere l’aereo venire qui solo per lui. Ho messo nel mio profilo in WhatsApp la sua foto (foto di copertina di questo articolo e foto sopra) e ci starà per un bel tempo.

Il dottore ci porta nella piccola infermeria del dispensario e dall’armadio delle medicine estrae la confezione dell’antibiotico. Dice alla sorella di Ruwa Kingi: “Questa preziosa medicina costa 500 scellini (notate bene, l’equivalente di 3,53 euro). Tranquilli non dovete pagare. Don Gigi vi offre questa medicina con la sua Associazione”.

Arrossisco. tolgo dal portafoglio il denaro e do al dottore 500 scellini. In Italia con 500 scellini ci beviamo un cappuccino al bar, qui con tre euro e mezzo diamo cura ad un bambino. Mi vergogno per tutto questo! .E penso al mio recente intervento di ernia inguinale, costato allo Stato italiano 5.000 euro. Vorrei scomparire davanti a questi 500 scellini per un bimbo che ha soli tre anni, contro i sessantatré di Don Gigi.

Se vi ricordate il report “Quattordici punti” (Attraverso la ferita entra la luce – 22 settembre 2024 [QUI]): 5.000 euro per il mio intervento in Italia, diviso di 12 euro per un costo medio di queste medicine per i bambini Africani fa 416 bambini da curare. Mi sono impegnato a curare 416 bambini e vi chiedo di aiutarmi…

il piccolino mi saluta e si allontana, lascia il dispensario con una manina curata e con nella manina sinistra l’antibiotico. Di spalle lo ammiro, accompagnato dalla sorella con i suoi piccoli passi trotterellante non si ricorda più il dolore sopportato e ha preso già una pastiglia di antibiotico. Lo guardo ammirato e con stupore. Jimmy mi dà una forte pacca sulla spalla, mentre Blanca, come sempre in questi giorni, in un angolo commossa piange a dirotto.

Abbraccio il Dottor Abdalla e gli raccomando il nostro #AnastasiaProgram2024: curare 416 bambini con 5.000 euro. No! No! No! Scusate, curare 415 bambini con 4.996,47 euro. Al primo bimbo ci ho pensato io con soli 3,53 euro.

Una domanda a te che hai finito di leggermi? Vuoi essere il secondo: chiamami ed aiutaci.

Manca una ora e trentanove minuti all’atterraggio ad Orio al Serio. A Bergamo la prima cosa che faccio è quella di inviarti questo ultimo report.

Associazione Amici di Santina Zucchinelli Onlus
via di Porta Pinciana 6
00187 Roma
Telefono: 329 098 52 58
Email: amicidisantinaonlus@gmail.com

Coordinate bancarie:
Amici di Santina Zucchinelli Onlus
Codice IBAN: IT78Y0503403210000000180713

Codice fiscale: 12499711005

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