63° viaggio di solidarietà e speranza della Fondazione Santina in Kenya. Il cuore dei bambini

Blanca con bimbo
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.10.2024 – Vik van Brantegem] – Proseguiamo il racconto del 63° viaggio di solidarietà e speranza in Kenya, dal tema Se vuoi essere primo corri da solo, se vuoi arrivare lontano cammina insieme, che Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami, Presidente delle Onlus Associazione Amici di Santina Zucchinelli e Fondazione Santina ha iniziato giovedì 26 settembre, dopo l’intervento chirurgico del 6 settembre 2024 [QUI]. Oggi riportiamo il Report 63/4 – Il cuore dei bambini, che ha inviato, con un testo di Maria Blanca Casillas Sillo, membro dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli Onlus: “In questi primi giorni di viaggio, nella mia prima volta in Africa, quello che più mi ha impressionato è stato il cuore dei bambini”.

Il 28 settembre 2024 abbiamo riportato il Report 63/1 – I miei tre Papi ed un Indiana Jones di Valentina Alazraki [QUI]. Inviato da Dubai, in viaggio verso il Kenya, con la trascrizione dell’articolo pubblicato sul mensile Donne Chiesa Mondo de L’Osservatore Romano, “Il prete che vorrei”. Era il primo report – con un contenuto inconsueto, ma altamente significativo e commovente – del viaggio che Don Gigi sta svolgendo con un programma intenso in Kenya fino al 10 ottobre.

Il 29 settembre abbiamo riportato il suo Report 63/2 – Il #AnastasiaProgram2024 riparte alla grande [QUI], con il racconto della visita che ha fatto alla bambina Anastasia, che è all’origine del #AnastasiaProgram2023 dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli Onlus. Per raggiungere 416 bambini con il #AnastasiaProgram2024 in Kenya occorrono 5.000 euro. Ripetiamo la nostra domanda con insistenza: chi aiuterà Don Gigi a raggiungere l’obiettivo?

Il 2 ottobre abbiamo proseguito con il Report 63/3 – L’anello di ematite [QUI]: “Dio ha mandato il suo angelo e mi ha consacrato nuovamente e totalmente a sé per i più poveri e per gli ultimi nel lavoro della nostra Fondazione”.

Report 63/4 – Il cuore dei bambini

di Maria Blanca Casillas Sillo, membro dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli Onlus

In questi primi giorni di viaggio, nella mia prima volta in Africa, quello che più mi ha impressionato è stato il cuore dei bambini.  Il primo impatto è stato quello dei bambini che vedendo don Gigi correvano verso di noi che arrivavamo in moto e gridavano: “Coco stai?” che mi ha fatto tanto sorridere e poi rincorrevano le nostre moto… Entrando nelle case nugoli di bambini ti salutano e ti prendono la mano e ti trasmettono tanta energia che tocca il cuore.

Incontrando diverse famiglie siamo giunti a vedere la nostra piccola Anastasia e la sua mamma Nema. Come sapete in questo viaggio vogliamo rilanciare il nostro aiuto ai bambini feriti, scottati o in qualche modo malati con cure di pronto soccorso e quindi siamo partiti da Anastasia.

Mentre Don Gigi prendeva in braccio la nostra piccolina, ho visto che la mamma Nema teneva in braccio un piccolissimo bimbo di soli 4 mesi, sono incuriosita del bellissimo bimbo tutto nero e lo prendo tra le mie braccia teneramente e chiedo come si chiama e chi sia. Jimmy traduce e mi dice: “Blanca, si chiama Joseph ed è il gemellino di Josephina sono i nuovi fratellini della nostra Anastasia, figli di Nema”.

Le parole di Jimmy mi aprono il cuore quando ascolto il nome di Josephina, perché dovete sapere che così si chiamava la mia mamma in Ecuador. Mi commuovo ed alcune lacrime mi scendono dagli occhi, in questi giorni spesso mi trovo a piangere per l’emozione. Sono emozioni forti e contrastanti di gioia o di dolore. Quando ho scelto di sostituire le mie ferie per le quali andavo nelle Filippine con mio figlio e la sua famiglia con il viaggio di solidarietà in Kenya con Don Gigi, sapevo a cosa andavo incontro, ma con i miei pensieri ero molto, molto lontana dalla vera realtà che ho trovato arrivando e vivendo ogni momento con le persone che incontro.

Come dice Don Gigi, è qui la vera vita, cioè una vita ricca interiormente in mezzo a coloro che non hanno nulla, ma hanno un cuore più puro ed aperto all’amore.

In questi primi giorni, in cui ho perso l’orario e non capisco nemmeno quale giorno è. Sto toccando con mano questa realtà che fa bene a me, al mio rapportarmi con il mio prossimo. Spero che anche voi che mi state leggendo possiate venire qui un giorno per usufruire di questa medicina per l’anima. I bambini ci rubano il cuore!

Ho in braccio il piccolo Joseph. Provo l’emozione che solo una mamma prova di tenere il suo piccolino tra le braccia, mentre ti osserva con il suo sguardo puro intensamente, ed anche tristezza per la povera mamma. Jimmy infatti mi fa entrare nella sua misera capanna nella quale vi è un vecchio materasso sporco, all’entrata accese braci mi indicano il luogo dove Nema cucina e dove la piccola bimba si è ustionata la manina. Bacio il mio piccolino: “Sei il bambino più ricco del mondo in questa estrema miseria perché non hai nulla, ma hai la vita intera davanti!“

Il giorno prima incontrando Gastone, un caro amico di Don Gigi, lui aveva detto a me: “Blanca sai quale è la persona più ricca del mondo? Il neonato che è nato oggi, non ha nulla, ma ha la vita davanti e la possibilità di realizzare quello che vuole!” Quanto era vera quella frase mentre tenevo in braccio il mio piccolo Joseph.

Saliamo in moto, ma mentre ripartiamo è molto duro per me lasciare quella capanna perché non avevo potuto fare molto per loro… Con la moto partiamo e giungiamo alla casa di Patricia, che è nel nostro programma di adozione a distanza, quella piccolina che ha messo al dito l’anello di ematite a Don Gigi. Arrivando, la piccola riconosce da lontano Jimmy e gli corre incontro abbracciandolo. Entriamo nella loro abitazione, che si compone di una sola stanza dove vivono le sorelle maggiori di Patricia che la accudiscono e dei cuginetti. Sono molto triste. perché per la prima volta incontro una bimba sieropositiva, anche se confrontandola con le foto di marzo è più in carne e molto sorridente.

Vicino a Patricia si siede una bellissima bambina di due anni, che la tira per il vestitino e reclama cibo. Mentre Don Gigi parla con la sorella di soli 18 anni, che la accudisce vedo che Patricia si alza e va a preparare il pranzo per la bimba. Vedo in una grande scodella ugali, la polenta di questa terra, poi dei vegetali con i quali dare sapore, non resisto e mi avvicino e come per gioco aiuto Patricia a servire la cena. Lentamente mettiamo ugali nel piatto, poi io aggiungo le verdure e poi mescoliamo, la bimbetta felice si avventa sul piatto e nel suo vestito rosa inizia felice a consumare il suo pranzo in terra in mezzo allo sporco e al fatiscente.

Mi accorgo che la piccola Patricia deve mangiare anche lei e così preparo a lei il pranzo servendo ugali nel piatto e mettendo le verdure. La mia Patricia mi sorride felice, forse in me vede la mamma che l’ha abbandonata per il vizio… Oppure è semplicemente contenta.

La bimba di due anni tira nuovamente il vestitino alla Patricia e lei subito si alza in piedi e corre a prendere un bicchiere che riempie di acqua. Rimango ammirata dalla sollecitudine di Patricia e regalo a lei un grosso bacio sulla fronte. Subito mi alzo dal suolo e vado a prendere acqua per Patricia, lei per ringraziarmi mi stampa sulle guance un solenne bacione.

Il fatto che più mi ha commosso è stata la sobria “cerimonia” in cui Patricia mette l’anello di ematite all’anulare di Don Gigi. Ero molto dispiaciuta per l’anello di Felix che Don Gigi aveva perso nuotando quella mattina presto nell’Oceano Indiano, ma pensavo che dietro questo fatto ci fosse un significato, quello di un impegno più forte con il sangue dell’Africa. Dopo aver pregato il Padre nostro, Patricia guarda lungamente l’anello, poi guarda il dito ed infine il suo sguardo felice si posa sugli occhi verdi cristallo di Don Gigi. Lentamente infila l’anello e quando l’anello giunge in fondo al dito sorride felice come se stesse compiuto un gesto meraviglioso. Scoppia da tutti noi un forte applauso per la felicità della piccola e per il forte gesto di aver sigillato un impegno per la vita nel segno del povero anello di ematite. Lascio questa volta la casa di Patricia con una infinita nostalgia nel cuore.

Il terzo bambino di cui vi voglio parlare è il figlio di due anni di una carcerata. Vi devo raccontare prima della mia forte esperienza in un carcere africano. Al nostro arrivo al penitenziario ci riceve il Direttore regionale delle carceri, un uomo carismatico, comunicativo e sorridente, che abbraccia forte Don Gigi. Ci fa sedere per un breve incontro e noto che il suo ufficio è l’unico luogo dove ho trovato aria condizionata in Kenya.

Scortati da alcune guardie carcerarie andiamo a vedere i prigionieri al lavoro nei campi irrigati dal sistema idrico di Fondazione Santina, inaugurato lo scorso anno. Arrivata nei campi il mio cuore si straccia in mille pezzi. Vedo i prigionieri tutti vestiti uguali in sporche e consumate divise carcerarie a strisce nere e bianche. Mi viene in mente la seconda guerra mondiale ed i prigionieri di Auschwitz, e dei campi di concentramento, …e tutto quel dolore. Penso a quanto sono fortunata: sono libera e stringo la mano a coloro che non hanno la libertà e lavorano duramente in un caldo che cuoce. Di seguito entriamo nella sezione femminile del carcere: una differente e grave sofferenza è la presenza di cinque bambini, che pur allietando la prigione, suscitano compassione per la loro tenera età. Le 31 donne sono sedute nel patio, un piccolo bimbo mi viene spontaneamente in braccio. Iniziamo a distribuire i pezzi di sapone alle carcerate e le confezioni di latte ai cinque bambini.

Finita la distribuzione, vado a dare ai bimbi dei lecca-lecca che avevo comperato per loro. Il bimbo che era venuto nelle mie braccia prima, prende il dolcetto ed io chiedo alla mamma il nome e lei mi risponde: “Il mio bimbo si chiama Liam ed ha due anni”.

Appena sento il nome Liam, ho un tuffo al cuore perché quel nome è lo stesso nome del mio nipotino Liam, che ha invece sette anni. Chiedo il permesso di scattare una foto. Ed adesso non vedo l’ora di mostrare al mio nipote, come nonna orgogliosa, la foto di un bambino che pur portando lo stesso nome non è felice come lo è a Bergamo il mio nipote.

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