24 settembre 2020-2024. Il ricordo dell’infamia commessa contro e l’interminabile via crucis percorsa dal Cardinal Becciu
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 24.09.2024 – Ivo Pincara] – Oggi, nell’incredibile – ma vera – storia del complotto contro il Cardinale Giovanni Angelo Becciu [Indice – Caso 60SA [QUI]], è un giorno speciale. Lo rievoca oggi in un post sulla sua pagina Facebook Andrea Paganini, Sono passati quattro anni! Quanto vale la vita di un uomo? Ecco le tappe dell’interminabile via crucis percorsa dal Cardinal Becciu, di cui di seguito riportiamo il testo. Poi, segue l’intervista esclusiva al Cardinal Becciu a cura di Rita Cavallaro su Il Tempo di oggi, “Striano e i corvi vaticani? Qualcuno ha usato il Papa. Ora Cantone mi ascolti”. Inoltre, riportiamo È stata perpetrata un’infamia, un post di Giuseppe Scanni sulla sua pagina Facebook del 23 settembre 2024.
Infine, riportiamo alcuni contributi che dimostrano che il nostro articolo Il caso Striano e la caccia a Becciu, che abbiamo pubblicato Il 17 settembre scorso [QUI], è stato notato e letto con molta attenzione. Abbiamo scritto: «I Rescripta papali, che autorizzavano l’Ufficio del Promotore di Giustizia vaticano ad adottare solo in questo procedimento misure cautelari “anche al di fuori di casi previsti dalla legge” e intercettazioni telefoniche, sono degli inizi di luglio 2019. Dal luglio 2019 il Promotore di Giustizia e il Corpo della Gendarmeria vaticani erano quindi in gran segreto proprio alla ricerca di informazioni sui soggetti attenzionati. All’epoca, l’inchiesta non era ancora pubblica, nemmeno per gli indagati: la prima perquisizione è dell’ottobre 2019. Come faceva Striano a saperlo? Una mera coincidenza è statisticamente impossibile. (…) È evidente che chi ha chiesto queste informazioni a Striano non agiva per un interesse personale. Nel luglio 2019 l’interesse era collegabile solo alle indagini vaticane segrete appena iniziate indirizzate al Cardinale Angelo Becciu, note solo ad un pugno di persone in Vaticano. (…) Forse il filo rosso che emerge in questo affare porterà ai mandanti all’interno dello Stato della Città del Vaticano del complottto ai danni di Becciu. Premesso che le Sos e tutta questa faccenda degli accessi illeciti collegati al Vaticano ci fanno sorridere, possiamo affermare senza temere una smentita, che il nucleo del problema non va cercato nell’Aise o in un operatore come Striano, ma va cercato all’interno dello Stato della Città del Vaticano. Appare evidente che le notizie che arrivano a Fittipaldi non le passa Striano, le passa direttamente a Fittipaldi qualcuno all’interno del Vaticano. (…) Noi vogliamo far capire, che le Sos che Striano passa a Tizian e ai suoi colleghi di Domani non hanno nulla a che fare con quello che da dentro il Vaticano arriva a Fittipaldi ai tempi de L’Espresso, prima che Fittipaldi fosse nominato Direttore di Domani. (…) Per colpire Becciu nel settembre 2020, era necessario colpire prima e mettere fuori gioco Giani nell’ottobre 2019. Le menti raffinatissime interne al Vaticano hanno pianificato bene tutto. Oggi queste menti raffinatissime ci vogliono far credere che i servizi segreti italiani hanno la responsabilità di questa storia. Invece, i responsabili della caduta di Giani e di Becciu poi si trovano all’interno al Vaticano e si stanno adoperando per creare un bel depistaggio dove in tanti ci cascano, vestiti e calzati. (…) in entrambi i casi tutto viene fatto nella stessa modalità, con documenti e notizie passate a L’Espresso, notizie da “nero su bianco” che generano una reazione di pancia di Papa Francesco. Che fa cadere la teste di Giani e poi mette fuori dal conclave Becciu. (…) Infine, in riferimento alle dichiarazioni del Promotore di Giustizia vaticano a Il Tempo (marzo e settembre 2024), è chiaro che si tratta delle “indagini a specchio” come quelle che faceva la banda di magistrati corrotti, per sapere che cosa avevano in mano gli altri inquirenti. Non è comunque previsto alcun “coordinamento investigativo” tra Italia e lo Stato della Città del Vaticano. Se il Procuratore di Perugia, Dott. Raffaele Cantone facesse sapere qualcosa al Promotore di Giustizia vaticano Alessandro Diddi, commetterebbe una rivelazione di segreto d’ufficio».
Sono passati quattro anni! Quanto vale la vita di un uomo? Ecco le tappe dell’interminabile via crucis percorsa dal Cardinal Becciu
di Andrea Paganini
Facebook, 24 settembre 2024
– 24 settembre 2020: il Cardinal Becciu viene costretto dal Papa a dare le dimissioni, con una condanna preventiva avviata da una campagna di diffamazione de L’Espresso, che porta con sé una gogna di proporzioni mondiali e inaudite.
– 3 luglio 2021: dopo nove mesi senza alcuna spiegazione da parte della Santa Sede, ecco il rinvio a giudizio.
– 27 luglio 2021: inizio del processo.
– Luglio 2021-marzo 2022: per più di sette mesi il processo non entra in materia, poiché i Promotori di Giustizia non ottemperano agli ordini del Presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone, vale a dire consegnare il materiale probatorio integralmente («non cominceremo l’esame delle questioni di questo processo finché la difesa non avrà conoscenza completa degli atti»).
– 17 marzo 2022: nonostante questa disobbedienza, il Presidente del Tribunale cede e decide di passare alla fase dibattimentale.
– Marzo 2022-dicembre 2023: al processo le accuse orchestrate contro il Cardinal Becciu non trovano riscontri nei fatti. In aula emerge anzi che il testimone chiave Perlasca, la cui deposizione in istruttoria risulta piena di omissis, è stato manipolato; ma il Tribunale protegge la manipolatrice Chaouqui, tenendo nascosti 120 messaggi su 126 intercorsi tra lei e Ciferri (l’amica di Perlasca).
– Agosto 2022: Papa Francesco invita il Cardinal Becciu al Concistoro.
– 16 dicembre 2023: dopo due anni e mezzo di processo il Cardinale Becciu viene condannato in primo grado a cinque anni e mezzo di reclusione.
– Dicembre 2023-settembre 2024: nonostante siano passati più di nove mesi dalla sentenza, la Corte non pubblica ancora le motivazioni, anche perché nel frattempo…
– Marzo-settembre 2024: emerge che a partire dal luglio 2019, proprio in concomitanza con la firma del famigerato “rescriptum” papale (modifiche alla legislazione, ovviamente vaticana, adottate unicamente per questo procedimento contro Becciu, in deroga alle comuni regole del processo stabilite per legge!), varie persone coinvolte nel “processo del secolo” sono state vittime di spionaggio e dossieraggio illegittimi in Italia. Chi sono i mandanti?
– Luglio 2024: il Vaticano è chiamato a rispondere davanti alla Giustizia britannica a proposito della medesima compravendita del palazzo di Londra al centro del processo vaticano; ma questa volta è sul banco degli imputati.
– Luglio-agosto 2024: emerge che il Giudice del Vaticano Giuseppe Pignatone è indagato per favoreggiamento alla mafia.
Sul “caso Becciu”, non vi sorge il sospetto che qualcuno abbia montato questo sofisticato e concertatissimo fuoco di artificio – fondato sul nulla, senza un briciolo di prova – esclusivamente per imbrogliarvi e per crocefiggere un innocente?
Esattamente così agisce la mafia, che per far fuori un uomo scomodo non si serve più della lupara o del tritolo, bensì della tecnica del mascariamento.
Chi ha azionato la macchina del fango? Chi ha tramato questa character assassination?
Chi vi ha ingannati? E perché?
La verità ci farà liberi!
Per chi volesse aprire gli occhi, capire [QUI] (Non venite poi a dire che… non potevate saperlo!).
Cardinale Becciu, l’intervista esclusiva: “Striano e i corvi vaticani? Qualcuno ha usato il Papa. Ora Cantone mi ascolti”
di Rita Cavallaro
Il Tempo, 24 settembre 2024
«Il 24 settembre 2020 ha segnato la mia vita. Quella sera avevo l’Udienza di tabella con il Papa e andai gioioso a presentargli le pratiche riguardanti alcuni candidati alla santità. Trovai il Papa corrucciato. E iniziò subito col formularmi la strana accusa di peculato per aver spedito dall’Obolo di San Pietro 100mila euro alla Caritas di Ozieri, la mia diocesi, ma che, secondo quanto gli era stato riferito, erano stati spediti per arricchire i miei familiari. Dichiarò responsabile di storno di soldi mio fratello, Tonino, presidente della Cooperativa Spes. Un uomo che ha dedicato la vita per stare accanto a chi soffre. Caddi dalle nuvole e protestai la mia innocenza. Non volle sentire ragioni. A quel punto, ritenendo che il Papa non aveva più fiducia in me, gli presentai le dimissioni da prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Egli le accettò e aggiunse che dovevo rinunciare anche a tutte le prerogative cardinalizie. Rimasi ancor più sconcertato, ma chinai la testa. Iniziò da quel momento il mio duro e lungo Calvario, che cerco di vivere con serenità, ma che non mi impedisce di combattere per affermare la verità». Parla in esclusiva a Il Tempo, e ribadisce la sua innocenza, il cardinale Angelo Becciu, fedelissimo di Bergoglio condannato nel “processo del secolo” in Vaticano.
Cardinale, il Pontefice ha fatto riferimento a una segnalazione della Finanza riguardo a 100mila euro della Segreteria di Stato inviati alla diocesi di Ozieri?
«Il Papa mi disse: i magistrati vaticani hanno saputo dalla Guardia di finanza italiana che “videro la manina” di mio fratello, Tonino, prelevare somme e deporle nei suoi conti personali, subito dopo aver depositato i 100mila euro della Segreteria di Stato nel conto della Caritas. Chi erano quei finanzieri? Con quale autorità hanno controllato quel conto e hanno poi interloquito con i magistrati vaticani? Badi bene: la rogatoria internazionale per avere dalle Autorità italiane l’autorizzazione a fare controlli nell’amministrazione della diocesi di Ozieri fu inviata dopo il 12 ottobre e non prima del 24 settembre, quando mi furono formulate quelle accuse. Quanto sto dicendo ora, lo dissi già nella conferenza stampa che indissi il giorno seguente l’incontro con il Papa. Lo dissi “a caldo”, nonostante mi trovassi in una condizione di grande sofferenza».
Sebbene non fosse prassi della Curia, Lei volle fare una conferenza stampa?
«In effetti ho saputo che molti, in Curia, mugugnarono per quella mia iniziativa. Lo feci perché quella sera, dopo il comunicato enigmatico della Sala Stampa della Santa Sede, molti giornalisti mi telefonarono chiedendomi quali gravi reati sessuali avessi commesso per meritare una tale condanna. Non volevo che mi addossassero persino quel tipo di infamante reato e decisi di parlare, anche in nome della trasparenza che Papa Francesco ci ha inculcato».
In quella conferenza sembra molto sereno…
«In effetti mi sono meravigliato anch’io di essere apparso così sereno. Non nascondo di aver passato una notte travagliata, ma la mia serenità derivava dalla coscienza di non aver commesso nulla di male. Tanto più che dalla telefonata che feci, dopo il colloquio con il Papa, a mio fratello e al vescovo di Ozieri appresi che quei 100mila euro erano intatti nel conto della Caritas. Non c’era alcuna appropriazione illecita, alcun uso personalistico. Il Vescovo mi tranquillizzò. Ero sicuro che il Papa si sarebbe reso conto dell’inganno in cui era stato tratto e sarebbe tornato sui suoi passi. Immagini che ascoltai gli Angelus delle domeniche successive illudendomi che il Papa dicesse due parole di chiarimento. Sono passati quattro anni e tanti Angelus sono stati recitati, ma quelle parole non sono mai arrivate».
La campagna mediatica contro di lei fu massiccia.
«Fu terribile e planetaria! Fui umiliato e diffamato davanti al mondo intero. L’Espresso, con i suoi dodici servizi settimanali, fu in prima linea. Anche per le modalità e gli argomenti trattati, con collegamenti che spesso nulla avevano a che fare con le reali accuse, sembrava che fosse commissionato da qualcuno. Si determinò così una vera e propria gogna di dimensioni mondiali. Pensi che perfino in Angola, ove sono stato Nunzio per quasi otto anni, la televisione nazionale si occupò del mio caso per una settimana. Da uomo stimato e onorato in tutti i Paesi ove ho prestato il mio servizio diplomatico e nelle varie Nazioni in cui sono stato per presiedere, a nome del Papa, le cerimonie di Beatificazioni, sono diventato il cardinale corrotto che imbrogliava il Papa alle sue spalle. Inaudito! Una deformazione assoluta della realtà e della mia persona».
La campagna ha riguardato preminentemente la questione della compravendita del palazzo di Londra. Eppure non fu proprio il Papa, in quell’incontro, a dirle che non lo accusava di alcuna responsabilità sulla vicenda londinese?
«È falso quanto riportano i media, ovvero che il Papa quella sera mi ha condannato per l’investimento nel palazzo di Londra. Lo voglio dire una volta per sempre: il Papa ha escluso ogni mia responsabilità nelle vicende del palazzo. Non mi ha mai censurato per Londra, ma per il peculato dei 100mila euro inviati alla diocesi di Ozieri».
Nonostante ciò, Lei è stato processato e condannato nel processo sul palazzo di Sloane Avenue, insieme agli altri protagonisti della compravendita…
«Sono successe tante cose strane, come i due gendarmi che vengono a trovarmi a casa e, tra le altre cose, mi consigliano di ritirami in Sardegna e non rischiare un processo. Vista la mia resistenza, i magistrati, addirittura dopo due mesi e mezzo dalla “condanna” del Papa, mi formulano le accuse. Sappiamo poi com’è andato il processo con espedienti e manipolazioni di persone e fatti che sono state dimostrate in modo evidente. Io credo che con la loro sentenza i giudici abbiano smentito in pieno quello che era stato detto al Papa. Mio fratello non si appropriò di niente e la condanna ha finito per basarsi sulla presunta violazione di un canone, mai contestato prima, che censurava il fatto che nella Cooperativa, che operava con la diocesi e di cui la Caritas era socia, figurasse anche mio fratello».
Lei ha sempre detto di non aver avuto nessun vantaggio dalle operazioni contestate e dalle carte risulta che non ha mai sottratto neppure un centesimo. Allora perché è stato condannato in relazione a questi investimenti?
«Guardi, non lo comprendo. Non solo perché non mi sono mai appropriato nemmeno di un centesimo, ma anche perché non conoscevo le persone con cui la Segreteria di Stato ha fatto l’investimento contestato. Avrei dovuto far arricchire sconosciuti? Che interesse avrei avuto? Sono accuse che offendono il buonsenso. Ammesso che siano stati investimenti non andati bene, il processo ha provato che erano stati proposti dagli uffici e io mi limitai a uniformarmi. Non avevo alcun motivo per dubitare della correttezza dell’investimento, che mi veniva espressamente rappresentata anche con appunti scritti, poi prodotti in Tribunale».
Non era monsignor Alberto Perlasca che li proponeva? Eppure è stato archiviato…
«Certo, era il capo dell’ufficio amministrativo che si occupava di quelle attività. Di lui non avevo motivi di dubitare. Lo trovai già al mio arrivo in Segreteria di Stato, si presentava come competente e qualificato. Mai mi furono rappresentate criticità. Ed è davvero assurdo che se lui che proponeva gli investimenti è stato ritenuto non responsabile, lo debba essere io per aver accolto le sue proposte».
Che cosa ha pensato quando nel processo è emerso che proprio Perlasca, che l’aveva accusata, era stato “imbeccato” da altri soggetti?
«Lo avevo sempre sospettato, il processo lo ha dimostrato. Anche per le modalità di inquinamento venute fuori. Messaggi, chat, telefonate, imbeccate varie. Falsità sul mio conto. Quello che è emerso è davvero sconcertante. Finanche lo stesso Promotore, ad un certo punto, ha dovuto ammettere che Perlasca aveva mentito ed era stato reticente. Che sofferenza apprendere quanto si stava tramando alle mie spalle. E lo sa ciò che è ancora più assurdo? Che nonostante tutte queste macchinazioni ai miei danni, nessuno mi ha accusato dei reati per i quali sono stato condannato. Neanche lo stesso Perlasca».
Dopo tutti questi anni di umiliazioni e di sofferenza, com’è il suo rapporto con il Papa?
«È quello di un figlio che si sente ingiustamente cacciato di casa dal proprio padre, per false accuse, e che fa di tutto per dimostrargli il contrario e riavere il suo abbraccio. Da tempo ho deciso di parlare pubblicamente, perché anche i fratelli nella fede, rimasti scandalizzati dalla mia vicenda, siano informati sulla verità dei fatti. La verità, per un credente, è un valore irrinunciabile. Per un innocente condannato, poi, non può che essere l’obiettivo primario da perseguire».
Lei, in quel famoso 24 settembre, rinunciò alle prerogative cardinalizie. Ma poi è tornato a partecipare al Concistoro?
«Sì. Ricevetti l’invito scritto e poi ne ebbi conferma diretta dal Santo Padre: era l’agosto del 2022. Fu un momento molto emozionante di vera comunione».
A marzo scorso, Il Tempo ha rivelato in esclusiva il filo rosso tra la sua vicenda e il presunto dossieraggio all’Antimafia. Il finanziere Pasquale Striano ha effettuato le intrusioni illegali alle banche dati su tutti i coimputati al processo, ma non su di lei, e ancor prima che la storia del palazzo fosse pubblicata da L’Espresso. Ha capito cosa c’è dietro?
«Guardi, non so proprio. Sono davvero confuso, sconcertato. Ma ho fiducia nella verità e nel lavoro che la magistratura sta facendo a Perugia. Da quello che leggo sui giornali, vogliono ricostruire i fatti in modo serio, preciso e puntuale».
Lo stesso procuratore Raffaele Cantone ha certificato gli accessi. Il promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, ha un fascicolo aperto sugli spioni e ha avviato una cooperazione con Perugia per capire chi ha spiato il Vaticano. Lei è stato spiato?
«Non posso dire se sono stato spiato, anche questo credo che sarà accertato. Sono convinto, però, che quando, come nel mio caso, siano state dimostrate in modo così evidente le forzature utilizzate per coinvolgermi, niente può essere escluso. Ma non posso avere certezze in assenza di dati precisi».
Che ci possa essere stato un complotto contro di lei, alla luce delle interferenze di alcuni personaggi in vista in Vaticano, lo possiamo dire? Perché anche nel corso del suo processo molti aspetti della vicenda alimentano dubbi. Mi riferisco a quelle chat e agli omissis. Come mai c’è il segreto su quegli atti?
«Guardi la famosa “macchinazione ai miei danni” della quale parlai sin dal primo giorno è stata provata nel processo. Ci sono stati alcuni momenti in udienza, mentre veniva interrogato il monsignore che presentò il famoso memoriale contro di me, che ho pensato che fosse finito il processo. La forza e la capacità dell’accusa è stata quella di silenziare le gravi prove a mio discarico, emerse in modo clamoroso in aula».
Dopo il controinterrogatorio dei suoi avvocati a Perlasca, in cui quest’ultimo non fece una bella figura, avvenne un fatto strano…
«Io direi inaudito, se mi consente. Nella notte, finita l’udienza, la signora amica del monsignore inviò sul cellulare del promotore di giustizia 126 messaggi whatsapp, raccontando la storia di quell’accusa, come era nata e quali menzognere compagne di viaggio l’avevano spinta. Una storia incredibile, degna di una sceneggiatura da oscar. Nella progressione che portò al mio ingresso nel processo ci sarebbe stato addirittura un fantomatico magistrato in pensione che aveva consigliato al monsignore di accusarmi per uscire dal processo e salvarsi. Ma il promotore, di quella lunga chat, ha consegnato al processo solo sei messaggi, gli altri 120 li ha coperti con omissis. E parliamo di messaggi che si riferiscono proprio al periodo che portò il monsignore a depositare quel memoriale, risultante di inquinamenti e pressioni. L’unico obiettivo ero io».
Con quale motivazione vi hanno negato i messaggi?
«Segreto investigativo, ha detto il promotore. Apertura di un fascicolo a carico di ignoti. Ad oggi non sappiamo niente. Ma prima o poi finirà questa indagine e avremo diritto di leggere, ormai è aperta da quasi due anni. I miei avvocati hanno chiesto fino allo sfinimento di depositare i messaggi e di fare copia del contenuto dei dispositivi elettronici. Niente da fare».
La signora che ha mandato i 126 messaggi al promotore era la Genoveffa Cifferri che ha avuto incarichi nei servizi segreti italiani?
«Sì era lei, ed è la stessa che mi minacciò venendo anche a casa mia, quando il suo amico monsignore era indagato per le vicende finanziarie, e mi chiese di intervenire con il Santo Padre per aiutarlo. Poi, ritenendo che non lo avessi fatto, mi disse che sarei stato destituito e mi sarei dovuto procurare un avvocato, mentre il monsignore sarebbe stato reintegrato nel suo incarico in Curia. Davvero inquietante, anche perché quel vaticinio si realizzò in tutto e nei tempi che aveva preannunciato».
Ritiene plausibile che tra quegli omissis possa spuntare il nome di Striano o di qualche altro soggetto coinvolto nei dossieraggi?
«Non so dire cosa ci potrebbe essere. Ma non mi sento di escludere nulla, dopo le nefandezze emerse nel processo. Aggiungo che non è possibile che non siano messi a nostra disposizione elementi che dimostrerebbero come si è arrivati alle accuse infondate nei miei confronti, per di più inviati in piena notte al promotore da una persona che aveva così tanto caldeggiato e difeso la posizione dell’amico monsignore e che in passato aveva lavorato per i servizi segreti italiani. Mi chiedo: è mai compatibile la voglia di trasparenza, e accertamento della verità senza sconti per nessuno, con questa gravissima mancanza?».
Lei sarebbe pronto ad essere ascoltato, qualora il procuratore Cantone lo ritenesse utile?
«Certo, se la mia testimonianza può essere utile per ricostruire la verità, mi rendo pienamente disponibile».
Da una parte l’ombra del dossieraggio, dall’altro una condanna e l’attesa dell’appello. Come sta vivendo questa situazione?
«Le confesso che questa storia dei dossieraggi mi ha totalmente sconvolto. Se sono veri, si avrebbe un’ulteriore conferma che qualcuno voleva la mia distruzione morale. Ed è terribile apprendere che tutto questo sia potuto avvenire in Vaticano, provocando un danno enorme alla Chiesa e al Papa. Gente sconsiderata si sarebbe servita del Papa per chissà quali scopi. Inaudito! Ora attendo l’Appello, con il paradosso che si è fatto tutto molto in fretta nella fase conclusiva in Tribunale, ma da nove mesi attendiamo le motivazioni».
Nel processo è emersa una vicenda molto singolare, quella della famosa cena al ristorante “Lo scarpone”, citata anche nelle chat che la signora Ciferri inviò al promotore.
«Guardi quella è un’altra storia incredibile. Ricordo che monsignor Perlasca mi disse che avrebbe voluto trascorrere con me una “serata rilassante”, scrisse proprio così. Mi invitò con messaggi dettagliati, che i miei avvocati hanno depositato in Tribunale. Ci incontrammo e cenammo insieme. Nel processo si è scoperto che quella cena era successiva alle accuse contro di me e l’invito era un inganno. Gli era stato fatto credere che avrebbe avuto un ruolo nelle indagini, sarebbe stato una sorta di agente provocatore. Chi tramava contro di me non lesinava energie. Anche nei messaggi della Ciferri, nei pochi che ci hanno consentito di leggere, ci sono riferimenti a questa attività che Perlasca avrebbe dovuto svolgere. Leggendo le chat e quanto è stato riferito in aula per la preparazione di questa cena, il “dietro le quinte” è oltre ogni immaginazione».
Quali sono state le cose da salvare in questo tempo d’attesa nella sua vita?
«Le devo dire che questa prova mi ha avvicinato ai tanti che soffrono ingiustizia anche all’interno della Chiesa, ma soprattutto mi ha avvicinato ancor più a Dio. Prima o poi nella vita si sperimenta il crollo di punti di forza su cui si appoggiava, come per me le attività ecclesiali che ritenevo essenziali. Crolla persino una certa visione di Chiesa, l’unica certezza che rimane è Dio. Ci si aggrappa a Lui e da Lui si riceve forza, serenità, capacità di andare oltre il buio e spalancare il cuore anche verso chi ti ha fatto del male! È il paradosso e la bellezza della fede».
Ora lei frequenta una parrocchia di Roma?
«Tre giorni a settimana mi metto a disposizione per le confessioni. È stata una mia scelta ed è un’esperienza unica vedere un penitente riacquistare il sorriso dopo l’assoluzione. Dopo tanti anni di “burocrazia”, mi mancava questa dimensione sacerdotale e il toccare con mano la fede della gente e la fraternità dei sacerdoti. Una bella esperienza, di vita cristiana e di comunità».
Con lei hanno sofferto in tanti. Chi le è stato particolarmente vicino?
«Devo riconoscere che la mia vicenda ha scosso molta gente, ma nello stesso tempo la solidarietà fin dal primo momento è stata tanta. È andata sempre più crescendo, specialmente qui in Vaticano, man mano che andava avanti il processo ed appariva chiara la mia estraneità ai reati addebitatimi. Da tutti i Paesi in cui ho lavorato ho ricevuto attestati di stima. Proprio avant’eri sono passati a trovarmi a casa tre Vescovi cubani per manifestarmi affetto e vicinanza. Mi sono stati vicini ovviamente i miei familiari, anch’essi purtroppo coinvolti nella sofferenza, il mio vescovo di Ozieri e sono grato ai miei avvocati che con passione e impegno mi sostengono».
Come immagina la fine di questa incredibile vicenda giudiziaria?
«Con il trionfo della verità. Con una pronuncia che rispecchi la realtà dei fatti. Io ho sempre servito la Chiesa e il Santo Padre con lealtà e devozione. Non mi rassegno. Finché vivrò, ho il dovere di urlare al mondo la mia innocenza».
È stata perpetrata un’infamia
di Giuseppe Scanni
Facebook, 23 settembre 2024
Un articolo de Il Tempo, apparso il 23 settembre 2024, spiega dettagliatamente come fu ingannato Papa Francesco per procedere alla incriminazione ed infine alla ingiusta condanna del Cardinale Becciu. Secondo l’articolo, assai preciso su luoghi, motivazioni, date, protagonisti è stata perpetrata una infamia, quella “grave vergogna pubblica per qualcosa ritenuta disonorevole” (Treccani) cioè quella “speciale riduzione del cittadino per cui chi ne è colpito incorre in particolari incapacità stabilite per Legge”. Ed infatti l’infamia è prevista come crimine sia dal Codice Penale italiano che dal Diritto Canonico. A rigor di logica chi commette una infamia è un infame. Gli infami nel caso sono indicati nel MONSIGNOR PERLASCA; in chi guida l’Ufficio di Promotore di Giustizia (una sorta di pubblico ministero), prima del settembre 2022, all’epoca cioè in cui avvenne l’infamia descritta da Il Tempo, il Professor Gian Piero Milano e il Promotore di Giustizia Aggiunto era Alessandro Diddi, che istruì il processo e a partire dal 24 settembre 2022 sostituì il Professor Milano e gestì il processo, certamente avvalendosi della esperienza maturata come aggiunto e come professore di Diritto processuale penale (proprio così) all’Università della Calabria; la Gendarmeria del Vaticano ed i Servizi Segreti, chiamati “Entità” o “ Santa Alleanza”, nomi che appaiono ridicolmente misteriosi ed occulti – al punto da fare persino dubitarne della sussistenza che esperti invece assicurano -. Nel mentre la Procura di Perugia gode dell’indesiderato privilegio d’essere divenuta la quasi quotidiana destinazione delle trasferte di Gendarmi vaticani, alle dipendenze di Diddi, per capire come le informazioni inviate dal luogotenente della Guardia di Finanza Striano possano mettere in crisi il raffinato tentativo , che sembrava completamente riuscito, di togliere dal campo sia un Cardinale, italiano e rispettatissimo, prima del futuro Conclave, sia, in data non smentibile ed antecedente il falso scoop de L’Espresso (2 ottobre 2019), di un efficiente e galantuomo capo della Gendarmeria che stava lavorando alacremente per scoprire chi era il “corvo” che passava notizie riservate all’allora inviato speciale de L’Espresso ed oggi Direttore del Domani.
Il giornalista Ivo Pincara (17 Settembre 2024) in un articolo titolato Il caso Striano e la caccia a Becciu, pubblicato sul quotidiano online Korazym.org (che io personalmente trovo ben informato su questioni interne o interessanti ai servizi operativi dipendenti dal DIS), racconta con precisione i dettagli della deposizione di Fittipaldi sul caso suo personale e su quelli dei suoi giornalisti del Domani riguardanti ciò che accade in Vaticano. Per inciso, e con tutto il rispetto che si deve a valenti giornalisti, ho una certa allergia verso i complotti o le grandi trame, e la mia convinzione dell’onestà di intenti e di opere del Cardinale Becciu nasce semplicemente da fatti: l’incredibile gestione del processo, la palese modifica per ben quattro volte del codice canonico per permettere di giudicare in assenza di prove o con prova di inesistenza di reati, dalla sentenza di una Corte terza, quella di Londra la quale ha in corso un ulteriore procedimento nel quale il sostituto Segretario di Stato ha fatto una ben magra figura, la certezza, appurata dal procuratore di Perugia, che un funzionario di grado semi-elevato dell’AISE, che niente ha a che fare per le mansioni che svolge (o svolgeva?) col Vaticano, ha consegnato a qualcuno, attualmente sconosciuto, informazioni illegittime ricevute dal luogotenente Striano.
Ben vengano altre interpretazioni ma per quel che mi riguarda ce n’è abbastanza di fatti oggettivi per dichiarare che la condanna al Cardinale Becciu è ingiusta. Ora, l’articolo apparso oggi su Il Tempo ci spiega come è stata confezionata l’infamia. Il diritto canonico, come immagino ben sappia l’illustre docente di Diritto penale processuale Alessandro Diddi, distingue l’infamia “di diritto”, dall’infamia “di fatto”. La prima è contemplata – corredata da pene – in ben otto articoli del Codex Iuris canonici (2314, 2320, 2328, 2343, 2351, 2356, 2357, 2358, 2359), la seconda negli articoli 2293-2295. Dinnanzi alla pubblica denuncia de Il Tempo di infamia commessa in un qualsiasi Stato la magistratura guiderebbe delle indagini. Ho qualche dubbio che il Promotore di Giustizia vaticano apra una istruttoria su se stesso, accusato d’essere un infame, assieme ad un altro accusato d’essere anche lui un infame, il Monsignor Perlasca. Inutile aspettare il ben noto “Giudice a Berlino”, anche se sappiamo che, processo in corso, il Papa può sempre, in qualità di monarca assoluto – come peraltro ha ricordato puntigliosamente l’Avvocatessa Paola Severino nella sua requisitoria in quanto parte civile del Vaticano contro Becciu – modificare il libro sesto del Codice di diritto canonico, introducendo nei processi già in corso nuove configurazioni dei reati. Come a dire: Su, Infami, un paracadute si trova, magari con un piccolo pentimento (privato si capisce)!
Ombra dossier sul Vaticano e le bugie a Papa Francesco per incastrare Becciudi Rita Cavallaro
Il Tempo, 22 settembre 2024
Le due bugie dette al Papa per incastrare il cardinale Angelo Becciu e quei dossier della pista vaticana. Che il processo del secolo abbia origine da un gruppo di spioni, che sussurrava falsità all’orecchio del Pontefice, è documentato negli atti di quel processo. E c’è una data, che diventa il cardine del complotto contro il cardinale: il 24 settembre 2020. In quel momento Becciu era ormai da tempo nel mirino de L’Espresso, che nell’ottobre 2019 aveva rivelato la trattativa tra la Segreteria di Stato e il finanziere Raffaele Mincione per l’acquisto di un palazzo a Londra, con un articolo corredato da un “documento segretissimo”, al fine di gettare ombre sulla gestione dei fondi dell’Obolo di San Pietro.
Un’inchiesta che oggi sappiamo essere nata a seguito delle intrusioni illegali alle banche dati effettuate, mesi prima dell’esclusiva, dal finanziere Pasquale Striano sui principali protagonisti della trattativa, ma non su Becciu. Il cardinale diventa oggetto dell’attacco mediatico del settimanale, mentre Oltretevere un gruppo di persone vicine al Pontefice convince Bergoglio che Becciu rubava soldi del Vaticano, al punto che il Santo Padre, giovedì 24 settembre 2020, convoca il suo fedelissimo e gli sbatte in faccia l’accusa di essere un ladro, mentre tiene in mano una copia in anteprima de L’Espresso, in uscita in edicola solo la domenica successiva. Il Papa dice apertamente al cardinale che non si tratta dell’affare del palazzo di Londra, per il quale Becciu non avrebbe avuto responsabilità, e gli contesta esclusivamente la falsa accusa di aver intascato 100mila euro dell’Obolo di San Pietro. Una vicenda basata su due bugie, che è lo stesso Papa a portare alla luce senza saperlo.
La prima riguarda appunto la sottrazione di quei 100mila euro, trasferiti dalla segreteria di Stato alla cooperativa Spes, destinati alla costruzione della Città della Carità, fortemente voluta dalla diocesi di Ozieri per i poveri. Gli spioni raccontano a Bergoglio che un finanziere avrebbe scoperto che quei soldi sarebbero stati prelevati per questioni personali dal fratello di Becciu, il quale poteva operare sui conti della cooperativa. Una falsità macroscopica, emersa in tutta la sua drammaticità nel corso del processo, in cui è stato dimostrato che sul conto della cooperativa c’erano ben 500mila euro e lo stesso vescovo di Ozieri ha garantito che i 100mila euro non erano stati assolutamente sottratti, ma si trovavano regolarmente in banca. Alla prima grande bugia segue la seconda, ovvero che la Finanza aveva accertato il prelievo e informato la magistratura vaticana. Eppure non esiste alcuna indagine ufficiale delle Fiamme gialle sui conti né alcuna rogatoria dei magistrati vaticani per l’acquisizione delle risultanze della fantomatica indagine.
E allora, chi sarebbero i finanzieri, a cui si riferisce il Papa, che avrebbero illegalmente effettuato l’accesso alle banche dati per spiare Becciu? Un enigma che potrebbe ora essere risolto dagli inquirenti che indagano sul dossieraggio all’Antimafia e che, da pochi giorni, cooperano con il Vaticano. D’altronde l’inchiesta del procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, ha ormai certificato che in Italia un gruppo di spioni, tra finanzieri, magistrati e giornalisti, utilizzavano informazioni dai conti correnti per mettere in atto presunti dossieraggi. Senza contare che le nuove risultanze investigative hanno tracciato i contatti in Vaticano di Striano, il quale aveva una tessera per accedere alla Santa sede e si metteva a disposizione di agenti dei servizi che chiedevano Sos su religiosi influenti, come dimostrano le intrusioni illecite su monsignor Giovanni Ermes Viale, effettuate su richiesta dello 007 Silvio Adami nel momento in cui c’erano tensioni tra il Papa e Viale, anch’egli defenestrato dopo le spiate di Striano. Tanto più che è dall’attività illecita dello stesso Striano che scaturisce appunto il processo del secolo per Becciu e per gli altri dossierati. E che sempre da oscure spiate, rivelatesi bugie, il Papa si sarebbe convinto che Becciu avesse rubato i soldi dell’Obolo di San Pietro.
Il Tribunale vaticano indagherà sui “presunti accessi abusivi compiuti” in Italia durante la vicenda Becciu. Come mai? – Ora sembra più plausibile l’esistenza di un legame teleguidato tra il dossieraggio Striano e la montatura vaticana contro il cardinale. – Si conosceranno un giorno i nomi dei mandanti in Vaticano del processo-farsa contro G. Angelo Becciu?
di Luis Badilla e Robert Calvaresi
Osservazioni casuali N. 35, 14-21 settembre 2024
Martedì 17 settembre scorso, la Sala Stampa della Santa Sede ha diffuso il seguente comunicato: “Si è svolto in data odierna presso gli Uffici della Procura della Repubblica di Perugia un incontro tra il Procuratore, dott. Raffaele Cantone, il Sostituto Procuratore, dott.ssa Laura Reale, il Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano, prof. Alessandro Diddi e il Comandante del Corpo della Gendarmeria Vaticana, dott. Gianluca Gauzzi. L’incontro si è reso necessario per concordare l’avvio di un’attività di collaborazione tra i due Uffici giudiziari a seguito dell’apertura, anche da parte del Promotore di Giustizia, di un fascicolo sui presunti accessi abusivi compiuti durante lo svolgimento delle indagini nell’ambito della nota inchiesta riguardante l’acquisto del palazzo di Londra”.
Esiste un complotto e un mandante?
È un comunicato più che curioso. Ha tutte le caratteristiche di chi cerca di applicare un cerotto prima della ferita. Un fascicolo aperto per fare verità su questa questione – “accessi abusivi” – condotto con onestà potrebbe portare certamente al mandante di ciò che oggi appare sempre più evidente: un complotto contro il cardinale Becciu all’interno della Città Stato del Vaticano. E perché? Per motivi, ora sconosciuti ai più esiste alla base del presunto complotto contro il cardinale Becciu e le operazioni dell’ufficiale italiano della Guardia di Finanza tenente Pasquale Striano, una data fondamentale per capire la vicenda: luglio 2019.
Il giornalista Ivo Pincara, conoscitore di questa complessa e misteriosa vicenda, scrive: “Ora si inizia a capire che l’Ufficio del Promotore di Giustizia e il Corpo della Gendarmeria vaticani probabilmente si sono rivolti a qualcuno dell’Aise (servizio segreto italiano chiamato: Agenzia informazioni e sicurezza esterna). (…) Nel luglio 2019 su Mincione, Torzi, Capaldo, nel marzo 2020 sulla Marogna, nel 2022 su Botti, nel marzo 2022 su Viale: questi sono i nomi finora noti. Potrebbero essercene altri. È evidente che chi ha chiesto queste informazioni a Striano non agiva per un interesse personale. Nel luglio 2019 l’interesse era collegabile solo alle indagini vaticani segrete appena iniziate indirizzate al Cardinale Angelo Becciu, note solo ad un pugno di persone in Vaticano. (…) I Rescripta papali, che autorizzavano l’Ufficio del Promotore di Giustizia vaticano ad adottare solo in questo procedimento misure cautelari “anche al di fuori di casi previsti dalla legge” e intercettazioni telefoniche, sono degli inizi di luglio 2019. Dal luglio 2019 il Promotore di Giustizia e il Corpo della Gendarmeria vaticani erano quindi in gran segreto proprio alla ricerca di informazioni sui soggetti attenzionati. All’epoca, l’inchiesta non era ancora pubblica, nemmeno per gli indagati: la prima perquisizione è dell’ottobre 2019. Come faceva Striano a saperlo? Una mera coincidenza è statisticamente impossibile” [QUI].
Se questo scenario ipotetico diventerà sempre più veritiero e reale, vuol dire che al Vaticano conviene “stare dentro” e che la collaborazione del Tribunale della Città Stato del Vaticano con la Procura di Perugia è utile. Resta da capire il vero perché di questo interessamento che coinvolge, per ordini superiori, il Promotore di Giustizia e il Corpo della Gendarmeria.
Dunque le prime ipotesi, da noi illustrate nella Newsletter precedente [*], su un probabile legame tra lo spionaggio dell’ufficiale Striano (e collaboratori) della Guardia di Finanza e oscure manovre in certi ambienti della nomenklatura vaticana, appaiono ora attendibili o almeno da approfondire. È chiaro che dal Vaticano, con ogni probabilità, è stato chiesto a persone con accesso ad alcuni database dello stato italiano di reperire informazioni fiscali e finanziarie specifiche. Chi ha risposto positivamente alle richieste? Chi erano le persone attenzionate illegalmente? Chi dal Vaticano voleva queste informazioni e perché? Se ottenute quale uso si è fatto di un materiale prelevato illegalmente e protetto dalle leggi sulla privacy? E, soprattutto, chi erano i mandanti ultimi di una tale operazione? Infine c’è ancora un’altra domanda rilevante: lo scandaloso ritardo della pubblicazione delle motivazioni della sentenza di dicembre scorso contro Becciu e altri – senza la quale non si può fare l’appello – ha qualche legame con questa storia degli “accessi abusivi”?
[*] Luis Badilla e Robert Calvaresi, Il processo e la condanna del card. G.A. Becciu ha qualcosa a che fare con lo scandalo “Striano e il dossieraggio” e Quattro anni fa, il 24 settembre, a sorpresa, l’allora Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi card. Becciu a richiesta di Papa Francesco presentò le sue dimissioni, in Osservazioni casuali, N. 34, 7-14 settembre 2024 [QUI].
Vaticano e Procura di Perugia, al via collaborazione per indagini nella vicenda Londra, in Vatican News, 17 settembre 2024 [QUI].
Diddi puntuale come un orologio svizzero. Commento di Ivo Pincara all’ultima precipitosa mossa di Diddi: «A che titolo il Promotore di Giustizia e il Comandante del Corpo della Gendarmeria vaticani si presentano ad un Procuratore della Repubblica italiano per “coordinarsi” con lui nelle indagini? Manco il negoziato ha aperto lo Stato della Città del Vaticano. E adesso chiedono e ottengono collaborazione. Il CPP non prevede alcun coordinamento con entità estere. Lo possono prevedere accordi internazionali che con lo Stato della Città del Vaticano non sono mai stati conclusi. Ci sono solo i Patti lateranensi del 1929» (Il caso Striano e la caccia a Becciu di Pincara in Korazym.org/Blog dell’Editore, 17 settembre 2024 [QUI]).
Diddi ha fatto di tutto e di più per tener nascosta la verità nel processo (proteggendo Perlasca e Chaouqui, ad esempio). Ora il mondo dovrebbe credere che lui voglia far luce a Perugia, mentre chi da dentro il Vaticano ha commissionato il lavoro sporco a Striano certamente sapeva che Diddi aveva avviato l’inchiesta e che aveva fatto firmare, proprio negli stessi giorni, il famoso Rescripta al Papa.
«L’unica cosa certa è che Alessandro Diddi nei giorni precedenti si è recato a Santa Marta al fine di far firmare al Pontefice dei Rescripta che sono contrari a qualunque principio di legalità. (…) Il procedimento penale Sloane Avenue, come più volte abbiamo spiegato, è partito con gravissime violazioni di legge e anomalie procedurali che sono state possibili proprio perché il Papa ha seguito le richieste dell’avvocatino romano Alessandro Diddi che evidentemente non ha neppure chiaro cosa sia il principio di legalità. (…) Chi mai avrebbe avuto interesse, qui dentro, a conoscere aspetti riservati della vita del Cardinale Angelo Becciu? Forse le stesse persone che, illecitamente, videoriprendevano chi entrava ed usciva da casa sua? Forse le medesime persone che, illecitamente, assistevano alle perquisizioni della Guardia di Finanza italiana alla Caritas Diocesana di Ozieri? Perquisizioni anch’esse illecite in quanto non è compito della magistratura italiana questionare sulla destinazione dei fondi dell’otto per mille. (…) Ora, però, possiamo stare tranquilli perché se Gauzzi e Diddi indagheranno sicuramente verrà fuori chi ha fatto accesso o chi ha richiesto l’accesso a determinati dati. Qui dentro abbiamo una sala degli specchi da allestire?» (Vaticano. Diddi apre un altro fascicolo fuffa di D.L.S. in Silere non possum, 18 settembre 2024 [QUI]).
«È una delle vicende più gravi! Una democrazia è fatta così: c’è la politica, poi c’è la giustizia, le altre istituzioni, l’industria, il giornalismo… Questo tipo di meccanismo, di cui parliamo stasera, è una specie di “lama” che attraversa tutto, attraversa tutto. E non può essere guidata da una sola persona. Qui c’è un sistema, c’è un mercato, basato non tanto sul danaro, quanto sul potere». «Lei ci sta dicendo che questa è una cosa gravissima». «Sì. Più grave di quanto non appaia sinora». «Non può essere una “mela marcia” all’interno di un sistema potentissimo?» «No. C’è un sistema che è marcio dentro. Vede: avere informazioni è importante per queste ragioni: 1) per screditare una persona, 2) per accreditarla, 3) per vincere una gara, un appalto per esempio, 4) per determinare posti di potere, 5) per dimostrare di avere potere, di poter condizionare… Io credo che sia difficile trovare un corrispettivo in danaro. Ma quello che conta, qui, è far parte di un giro di potere che gestisce informazioni e sa tutto delle persone che contano, o può sapere tutto delle persone che contano. Questo è quanto di peggio possa accadere a una democrazia». «Questa è una vicenda particolarmente grave, perché inquina – o è possibile che inquini – ogni aspetto della vita politica, giudiziaria, industriale, finanziaria, e così via. Perché nel momento in cui io posso utilizzare qualcuno per avere notizie che danneggiano il concorrente, capisce che la democrazia salta». «Lei mi sta descrivendo la P2 del 2020». «Io non so se questa sia la P2 del 2020. Certamente la P2 era un luogo nel quale si incontravano persone di potere e si scambiavano informazioni (e non solo). L’idea che ci siano circoli riservati in grado di ottenere qualunque tipo di informazione e usarla contro Tizio o contro Caio, o a favore di Tizio e a favore di Caio, è quello che emerge dai documenti sinora noti». «Questi documenti sono impiegati contro un governo di destra perché in questo momento c’è un governo di destra, ma in futuro contro un governo di sinistra se dovesse esserci un governo di sinistra? Non hanno una connotazione politica». «No. Qui c’è potere e basta». «L’importante è non distogliere l’attenzione! Stare attenti, seguire, non mollare!» (Luciano Violante, ex magistrato e politico, già Presidente della Camera e Presidente della Commissione parlamentare antimafia, intervistato da Nicola Porro in Quarta Repubblica, 16 settembre 2024).
«L’accesso a quel tipo di informazioni è non solo delicato, ma è ovvio che rappresenta qualcosa di importante per qualcuno. Naturalmente dipende da quale informazione, da chi la sta chiedendo e qual è lo scopo per cui la sta chiedendo: se è per una macchina del fango, se è per ricattare, se è per “muovere delle pedine”… in base a questo l’informazione acquisisce anche un valore e sul mercato questo valore viene riconosciuto. L’informazione è la merce più importante nel trading di oggi.» «In questi casi l’hacker non ha bisogno di accedere attraverso espedienti tecnici. Basta fare un favore a qualcuno che già ci accede, è il modo più semplice, migliore, che usano tutti: andare direttamente da chi utilizza queste informazioni per lavoro e chiedergli di fare… un’eccezione. Questo mercato c’è da sempre. (…) O con soldi, o favori, o ricatti: ci sono mille espedienti che possono essere utilizzati» (Fabio Ghioni, esperto di cybersicurezza, intervistato da Nicola Porro in Quarta Repubblica, 16 settembre 2024).