Maria Santissima non è nostra sorella. L’Immacolata e sempre Vergine è solo Madre
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 18.09.2024 – Veronica Cireneo] – Riceviamo e doverosamente pubblichiamo questo nuovo studio, vero e proprio omaggio all’Immacolata di Don Giuseppe Agnello, che spiega come Maria Santissima sia Madre di Dio e Madre nostra, e niente affatto “nostra sorella”, titolo, come vedremo, del tutto fuori luogo, che invece negli ultimi tempi Le è stato attribuito erroneamente.
Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre
«Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (Gv 19,25-27).
Rifiuto di un altro vangelo
«Mi meraviglio che così presto voi passiate da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo a un altro vangelo; ché poi non c’è un altro vangelo, però ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema. Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema. Vado forse cercando il favore degli uomini, o quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo» (Gal 1,6-10).
Buona lettura e riflessione… Ave, Maria!
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Venerando in modo superlativo e specialíssimo la Madre di Nostro Signore Gesù Cristo, la Chiesa ha nei secoli meditato il mistero che La riguarda e che ci ha raggiunto tramite il Suo “Sì”, attribuendo a Maria Santissima tanti titoli di origine biblica, ecclesiastica e storica.
In essi si manifesta la fede di sempre, l’affetto filiale del popolo redento, e l’esperienza della Sua presenza nella storia di tutti i tempi. Chiunque vada a rispolverare i vari tipi di litanie che attestano tutto questo, non potrà non notare l’assenza di un titolo mariano che da qualche decennio circa ha preso piede nel mondo Cattolico: Maria, nostra sorella.
Una novità che tenta di consegnarci un’insolita Maria, affatto sconosciuta ai credenti, e ai credenti non contaminati da idee protestanti.
Un libro del 2002, della Dott.ssa protestante Basilea Schlink, il cui titolo e “Maria nostra sorella”, ci riporta proprio alla necessita di verificare una tale affermazione, tanto più che reca la prefazione del nostro Raniero Cantalamessa e fa l’elogio della marianità di Martin Lutero.
Vogliamo allora con voi riflettere su questa novità, per capire se ha o no un fondamento; o se piuttosto debba essere rigettata, non importa per bocca di chi sia cominciata a circolare.
Sappiamo dalla Genesi che Eva, la cui integrità prelapsaria era in tutto simile a quella di Maria Santissima Immacolata, e detta «la madre di tutti i viventi» (Gn 3,20). Questo ruolo, innestato nel suo essere Donna, la colloca insieme ad Adamo all’origine della nostra storia umana come progenitrice.
Il peccato originale commesso, poi, fa entrambi i progenitori trasmettitori di quelle conseguenze e inclinazioni che dichiarano esplicitamente che ogni uomo ha bisogno della salvezza di Dio. Dice il Catechismo: «La Rivelazione ci dà la certezza di fede che tutta la storia umana e segnata dalla colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori» (CCC 390).
Come una madre ha trasmesso a tutti i figli la colpa del cattivo uso della libertà umana, un’altra Madre doveva trasmettere a tutti i figli, rigenerati dalla Grazia, l’Immacolatezza e la Santità nell’Amore.
Anche questa Madre e anzitutto annunciata o chiamata come “Donna” nel protovangelo genesiaco (Gn 3,15), nel Vangelo (Gv 2,4; Gv 19,26), in San Paolo (Gal 4,4) e nell’Apocalisse (Ap 12); e come Vergine e Madre nell’Antico Testamento (Mic 5,2; Is 7,14) e in vari passi del Vangelo.
La genealogia di Gesù Cristo riportata da San Matteo, che e anche il brano evangelico che da sempre accompagna la festa della Natività di Maria nella liturgia latina, evidenzia la cesura (e la non partecipazione di un uomo nel suo concepimento verginale) segnata da Maria rispetto agli antenati elencati per arrivare al Suo Sposo Giuseppe: «Giacobbe genero Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale e nato Gesù, chiamato Cristo» (Mt 1,16).
Ciò che Maria dica di se stessa lo sappiamo dal Magnificat (Cfr Lc 1,46-56), dove si definisce umile “serva” del Signore, ma anche “beata” fra tutte le generazioni (v.48). Donde spunti il suo essere sorella, dunque, resta un mistero… o quasi.
Sappiamo però qual e il brano (dopo quello delle nozze di Cana) che tanto piace ai protestanti per contestare ogni onore alla Madre di Dio e per fare di Gesù stesso il duro e freddo contestatore della Madre: «Mentre Egli parlava ancora alla folla, Sua Madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlarGli. Qualcuno Gli disse: “Ecco, di fuori Tua Madre e i Tuoi fratelli che vogliono parlarti”. Ed Egli, rispondendo a chi Lo informava, disse: “Chi e mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: “Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che e nei cieli, questi e per me fratello, sorella e madre”» (Mt 12, 46-50).
Da queste ultime parole sembrerebbe che Gesù stesso faccia di Maria sua sorella oltre che sua madre, perché inserisce tutti coloro che fanno la volontà di Dio in questa “parentela” spirituale più forte dei legami di sangue.
In realtà Gesù non e un distruttore del principio di non contraddizione e nemmeno un ammucchiatore di stati di vita: chi è madre resta madre e chi è sorella o fratello resta tale (non esiste nemmeno in natura che una madre sia contemporaneamente sorella dei propri figli; oppure che una singola persona sia fratello, sorella e madre contemporaneamente).
Gesù rivela alle folle il vero privilegio di essere Suoi “familiari” nel compiere la Volontà di Dio. Inoltre di Maria, Madre di Gesù, di Cristo, di Dio, ma sempre “Madre” dell’Unigenito Figlio del Padre, la festa più importante nelle Chiese Ortodosse resta quella dell’Annunciazione, perché, come spiega Elisabeth Behr-Sigel, e «festa contemporaneamente del Figlio di Dio che si fa uomo e di Colei attraverso la Quale avviene l’umanizzazione del Verbo divino, l’irruzione di Dio nella storia umana».
Prima dell’Incarnazione, dunque, Maria è “sorella” in senso molto lato (o nel significato che davano gli Ebrei a tutti i parenti prossimi della propria tribù) di quanti l’hanno preceduta ed erano imparentati con i suoi genitori Gioacchino ed Anna. Basti citare questo uso del termine greco, secondo il semitismo di cui è calco, in 1 Cr 23,22, dove sono chiamati “fratelli” i cugini primi: «Eleazaro morì senza figli, avendo soltanto figlie; le sposarono i figli di Kis, loro fratelli».
Dopo l’Incarnazione, questo uso scompare riferito a Maria, anche nell’incontro con Sant’Elisabetta, che e detta Sua “parente”, ma non viene indicata col semitismo “sorella”. Perché? Perché è proprio nell’Incarnazione del Verbo che avviene il passaggio e l’effetto dell’accoglienza di questa Donna nel suo nuovo e definitivo status di Vergine e Madre, come tutta l’Eucologia Cattolica ricorda indissolubilmente.
Il “sì o fiat” di Maria, all’Angelo, genera il Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo, ma genera anche noi con Gesù, in quanto figli nel Figlio per il dono del battesimo.
Sant’Elisabetta, senz’altro ispirata, (o, se volete, l’evangelista senz’altro con le idee chiare) La riconosce in questo suo nuovo e definitivo status: «A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?» (Lc 1,43).
Da adesso in poi Ella è Madre e Madre è confermata da Gesù sulla Croce al discepolo prediletto: «Ecco tua Madre» (Gv 19,27). Certo, ab aeterno Ella è Vergine e Madre nei progetti di Dio, ma l’Incarnazione compie il mistero e tutto in vista della Pasqua.
Come Eva non ha sorelle o fratelli, ma solo figli; cosi la Nuova Eva non ha sorelle o fratelli, ma solo figli nel Figlio. Volere dunque essere accompagnati da Lei come sorella, da pari a pari, anziché per mano o sotto la sua protezione come si conviene ad una Madre, non solo è strano e peregrino, ma va contro la volontà di Cristo stesso, che e «il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29) e tali ci ha resi sulla Croce.
E arriviamo adesso al modo in cui tutti gli uomini si potrebbero dire “fratelli in Cristo” o al modo che li rende davvero “fratelli in Cristo”.
Per i non battezzati, questo mistero è dipendente dall’assunzione del Verbo dell’umanità di tutti gli uomini, la quale rende “fratelli” che non possono riconoscere il Padre (che solo il Figlio è venuto a rivelare) e non vogliono riconoscere la Madre (ossia la Chiesa, che sola al mondo ci può rigenerare). Ragione per cui «in interiore homine habitat veritas», come dice Sant’Agostino, ma la carne, quando domina senza lo Spirito, non può farla emergere. Questi fratelli e sorelle, tra peccato originale e assenza di Genitori, restano dotati della dignità di creazione, ma ignorano i doni della Redenzione.
Per i battezzati, invece, Cristo sulla Croce compie perfettamente l’innesto nel Suo Corpo, perché distrugge il peccato, che è il vero ostacolo alla comunione e alla fraternità Cristiane.
La Pasqua di Cristo trasforma la comunione creazionale in Comunione salvifica e ci dona con chiarezza i Genitori, che solo lo Spirito Santo ci può fare riconoscere.
Padre Raniero Cantalamessa, nel Venerdì Santo del 2021 diceva: «La Pasqua segna una tappa nuova e decisiva. Grazie ad essa, Cristo diventa “il Primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29). I discepoli diventano fratelli in senso nuovo e profondissimo: condividono non solo l’insegnamento di Gesù, ma anche il suo Spirito, la Sua Vita Nuova di Risorto. È significativo che solo dopo la sua risurrezione, per la prima volta, Gesù chiama i suoi discepoli “fratelli”: “Va’ dai miei fratelli – dice a Maria di Magdala – e di’ loro: ‘Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro’” (Gv 20,17). “Colui che santifica e coloro che sono santificati – si legge nella Lettera agli Ebrei – provengono tutti da una stessa origine; per questo [Cristo] non si vergogna di chiamarli fratelli” (Eb 2,11).
Dopo la Pasqua, questo è l’uso più comune del termine fratello; esso indica il fratello di fede, membro della comunità Cristiana.
Fratelli “di sangue” anche in questo caso, ma del sangue di Cristo! Questo fa della fraternità in Cristo qualcosa di unico e di trascendente, rispetto a ogni altro genere di fraternità ed è dovuto al fatto che Cristo è anche Dio.
Essa non si sostituisce agli altri tipi di fraternità basati su famiglia, nazione o razza, ma li corona. Tutti gli esseri umani sono fratelli in quanto creature dello stesso Dio e Padre.
A ciò la fede cristiana aggiunge una seconda decisiva ragione. Siamo fratelli non solo a titolo di Creazione, ma anche di Redenzione; non solo perché abbiamo tutti lo stesso Padre, ma perché abbiamo tutti lo stesso fratello, Cristo, “primogenito tra molti fratelli”».
Come ci entra, in queste considerazioni del Cardinale Cantalamessa, Maria Santissima?
Si può usare quanto dice in questa occasione per comprenderla come “sorella nella fede”? Ritengo di no, in forza di tutti i privilegi che Nostro Signore ha voluto dare a Maria e per le ragioni già espresse sopra, che sono chiaramente bibliche.
Maria non è una discepola che ha dovuto aspettare la Pasqua per avere la Sua Umanità riconciliata con Dio e in Comunione perfetta con Dio.
Ella non ha un’umanità adamitica postlapsaria, che la renda sorella delle generazioni precedenti.
È Piena di Grazia e non ha dovuto aspettare il dono dello Spirito Santo nelle modalità degli altri redenti e credenti; non e nemmeno al pari di un qualsiasi beneficiario della Redenzione, essendo Corredentrice dell’umanità secondo la profezia di Simeone; e in ultimo, e in maniera decisiva, in forza dell’Incarnazione del Figlio diventa solo Madre, nel permanere della sua verginità: Madre del Figlio, Madre dei credenti, Madre che ci genera alla fede, ma anche e di nuovo “Madre dei viventi” nel senso più soprannaturale che si possa dare all’espressione veterotestamentaria.
Gesù non l’ha mai chiamata “Sorella mia” nel Vangelo. L’espressione à nel Cantico dei cantici (Ct 4,9; 5,2), e può riferirsi a Maria solo nel significato più lato che ci sia, «nella dimensione del Regno di Dio, nel raggio salvifico della paternità di Dio», dove anch’ella è figlia del Padre come ogni creatura, per usare il N. 21 della Redemptoris Mater (R.M.) di San Giovanni Paolo II, ma cessa di essere come ogni creatura se la consideriamo nel mistero di Cristo Salvatore.
In questa enciclica, infatti, è ben approfondito il ruolo di Maria che ci precede nel nostro peregrinare, nella fede, verso Dio; e il Papa insiste sul suo essere Vergine e Madre (com’è la Chiesa prima dell’incontro escatologico con Dio); approfondisce il concetto conciliare di Maria “compimento escatologico della Chiesa”, quanto a perfezione, santità, e gloria; spiega che e in cammino con noi come Stella Maris e Madre amorevole; subordina il ruolo di “discepola” e di “sorella” (il Papa non usa mai questo termine, ma con un inciso nomina la “fraternità”) a quello di Madre (Cfr R.M. NN. 20-21), che ab aeterno le è proprio, perché Ella «eternamente è stata presente nel mistero di Cristo» (R.M. N.19) ed infine spiega il ruolo di Maria “mediatrice” in quanto Madre.
Pertanto, sostenuto da così alto magistero, torno alle Litanie lauretane, testimoni fedeli di cristallina dottrina: in esse trovo Maria, la Madre, La Vergine, la Regina, e posso stare certo di non trovare la “sorella”.
P. Giuseppe Agnello
12 settembre 2024
Foto di copertina: Rogier van der Weyden, Cristo sulla Croce con Maria e San Giovanni, circa 1457-1464, olio su legno di quercia, 323×192 cm, Real Monastero di San Lorenzo de El Escorial, Madrid.
Al centro c’è l’immagine di Cristo Crocifisso, la Croce è a forma di T e posta sotto un falso baldacchino rosso. Ai lati della Croce ci sono la Vergine Maria e San Giovanni, che contrastano per il candore delle loro vesti.